Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Devo premettere che ho faticato e non poco a terminare la visione di "Le Situazioni di Lui e Lei": in particolare mi sono bloccato all'episodio 24, dopo l'ennesimo riassunto delle puntate precedenti. Ero arrivato al punto di "droppare", e preciso che mai mi è capitato di abbandonare la visione di un'opera, sebbene non mi avesse entusiasmato: ho sempre portato a termine tutto, per poi farmi un'idea dell'opera.
E di fronte a quella che è considerata un "cult" o "must watch" degli anni '90 (e non solo) mi sono fatto l'idea che sia una serie tanto "originale" quanto "schizofrenica".
Visto oggi, nonostante siano passati anni dal suo lancio e conclusione (a cavallo tra il 1998 e il 1999), "Le situazioni di lui e lei" è un prodotto "fuori scala", nel bene e nel male, rispetto a quanto ho potuto visionare fino ad oggi nel panorama delle opere rom-com, scolastiche, shoujo.

La trama in sé non ha nulla di particolarmente originale o innovativo: narra della vita di una serie di studenti delle scuole superiori, approfondendo i loro caratteri con un elemento peculiare: l'introspezione psicologica dei protagonisti (e anche di alcuni personaggi secondari).
Tale approfondimento risulta tuttavia "didattico/didascalico", in quanto esplicitato nell'anime dagli stessi personaggi, che raccontano agli spettatori i loro pensieri, fobie, angosce, drammi e il perché delle loro azioni e sentimenti... Allo spettatore non resta che prendere atto delle spiegazioni dettagliate fornite nell'anime, senza quasi possibilità di provare a capire e a dare la propria interpretazione personale e autentica delle motivazioni in base alle quali si comportano.

Tale aspetto è poi ripetuto soprattutto per i due protagonisti, Yukino Miyazawa e Soichiro Arima, in modo ridondante al limite del fastidioso: che Yukino ripeta più volte nei ventisei episodi che l'aver conosciuto e poi essersi innamorata di Soichiro sia stata la chiave di volta della sua evoluzione personale da finta ragazza perfetta a una persona che finalmente riesce ad essere sé stessa anche nel mondo esterno, relazionandosi con esso in modo più completo e vero (vedasi le amicizie che inizia ad allacciare e la vita più "social"), lo ha fatto capire enne-mila volte nell'anime tra riassunti e puntate un po' "random".
Tuttavia devo riconoscere che dal punto di vista affettivo e della consapevolezza di sé Yukino fa dei passi significativi in avanti che si esplicitano nell'episodio finale, in cui, parlando con l'amica Maho, riconosce che il suo amore per Soichiro non potrebbe funzionare se si limitasse a frequentare solo lui e chiudendosi nella loro personale "torre d'avorio", ma concedendosi degli interessi personali e degli spazi in cui possa realizzare sé stessa anche attraverso il rapporto con altri che non siano Soichiro. Riflessione piuttosto "matura" e un po' "lontana" dall'amore "totalizzante", "fisico" e un po' "egoista" degli adolescenti alle prime armi quali proprio Yukino e Soichiro...

Idem per Soichiro Arima. È rappresentato come un ragazzo in apparenza speculare a Yukino: studente modello, molto popolare e corteggiato fin dalle scuole medie. Un ragazzo "perfetto", almeno, in apparenza.
Mentre Yukino, studentessa modello, molto carina, super gentile e disponibile con tutti, ma anche molto "impostata" ad arte per apparire perfetta, popolare e benvoluta/desiderata da tutti, quando torna a casa o è fuori dalla scuola ritorna ad essere quello che è veramente (una ragazza incurante del suo aspetto, un po' acida/cinica/egocentrica e molto pigra), Soichiro Arima è un ragazzo affascinante, gentile e intelligente che adotta una maschera non per affermarsi e pavoneggiarsi, ma, al contrario, per proteggere il proprio ego dalle sofferenze patite da piccolo. Traumi che l'hanno reso disilluso sulla natura umana e tanto insicuro nel suo ego: a causa del suo smisurato senso di responsabilità è ossessionato dall’idea di non deludere nessuno, e in particolare i suoi genitori adottivi, cercando di eccellere in tutto ciò che fa.

Tra i due nasce prima la rivalità, ma, da quando Soichiro e Yukino iniziano a intravedere il loro vero io e si comprendono, si trasforma prima in amicizia e poi in un sincero amore.
La differenza tra i due è evidente anche per il contesto familiare: Yukino ha due genitori molto giovani, un po' infantili (soprattutto il padre) e due sorelle simpatiche e particolarmente argute con Yukino. Insomma, l'immagine di una famiglia affiatata, simpatica, in cui i membri si vogliono bene.
Soichiro vive con lo zio paterno e la zia, è stato abbandonato dai genitori e conduce una vita molto impostata, formale, in un ambiente quasi "asettico", freddo, in cui spicca in particolar modo la solitudine di Soichiro e il suo dramma di farsi accettare da tutti i parenti che lo considerano una sorta di reietto a causa delle malefatte dei suoi genitori naturali.
La loro storia di amore è tanto tenera quanto immediata: in pochi episodi entrambi tendono a rivelare i propri sentimenti, a comprendersi e a farsi forza l'un l'altra. In questo frangente Yukino manifesta una forza d'animo non comune, tanto da superare tutte le invidie delle ragazze che a vario titolo erano invaghite di Soichiro, e "addomestica" letteralmente due ragazze che poi diventeranno le sue migliori amiche: Tsubasa e Maho.

Molto particolare, e in anticipo di dieci anni su un altro anime simile ("Toradora!"), il tema del "dramma" pirandelliano delle "maschere" degli studenti, ossia la necessità di dover apparire nell'approccio al mondo "sociale" (la scuola, gli studenti, i professori, le famiglie, gli amici, ecc.) assumendo forzosamente un atteggiamento che non corrisponde a quanto si è e si vuole realmente, per ottenere l'approvazione del mondo esterno a sé stessi e della realtà adulta.
I due protagonisti inizialmente adattano il loro modo di essere alle persone e alle circostanze che vivono, modificando il loro comportamento e il loro modo di apparire in base a quello che pensano che gli altri vorrebbero vedere.
E tra una risata (amara) e l'altra, sembra che l'anime voglia trasmettere il messaggio di critica alla visione cinica e opportunistica del successo: non è importante essere sé stessi, ma ricoprire un ruolo che sia accettabile e accettato da ciò che li circonda, che siano amici, compagni, famiglia, ecc.
E quando iniziano a dedicarsi a ciò che li rende veramente felici e sé stessi, è paradigmatica in questo senso la puntata del professore che richiama i due ragazzi (e le loro rispettive famiglie), ormai coppia a tutti gli effetti, a convincerli di non continuare nella loro storia, perché stava inficiando il loro ottimo rendimento scolastico...

Insomma, un anime che racconta in modo molto approfondito, semplice e lineare le interazioni amorose e amicali di un gruppetto di studenti delle superiori, con la originale capacità di combinare elementi comici (a mio parere troppi... con l'abuso delle espressioni "deformed" che rovinano i lineamenti semplici ma carini dei personaggi) ad altri estremamente drammatici, raccontati tuttavia con una leggerezza che riesce a sdrammatizzare e allo stesso tempo anche a commuovere lo spettatore più sensibile.
E così "Le situazioni di Lui e Lei" diventa al pari di un altro anime successivo con un tema simile ("Toradora!") una sorta di manifesto o affresco dell'adolescenza giapponese fine anni '90.

La sua peculiarità sta proprio nello stile narrativo e rappresentativo.
Si potrebbe discutere per ore sul perché delle scelte operate dal regista/sceneggiatore Hideaki Anno (regista due anni prima di un'altra pietra miliare dell'animazione giapponese - "Neon Genesis Evangelion"): sebbene non abbia ancora visto "Neon Genesis Evangelion", ne "Le situazioni di lui e lei" ("Kareshi Kanojo no Jijo" o in sintesi "Karekano") devo riconoscere che lo stile registico è qualcosa che non mi era mai capitato di vedere. Non posso scrivere che sia avanguardia o una nuova era della Storia dell'animazione, solo perché non posso sostenere di avere una cultura in campo manga e anime tale da esprimere un giudizio così "tranchant"...
Ma posso riconoscere che "Karekano" è un'opera fuori da ogni stereotipo visivo e rappresentativo, un mix di creatività, invenzioni visive, un continuo alternarsi di fisionomie reali e super deformed, colori vividi e pastello, immagini reali trasposte in animazione e fumetto con baloon che disegnano su schermo i pensieri e le voci, silhouette dei protagonisti disegnate su fogli di carta che si muovono, fotografie vere e inserti live, ecc.
Qualcosa di assolutamente non visto... e che spiazza! Così tanto che le reazioni degli spettatori sono quasi da plebiscito: o contro o a favore.
Lo stile adottato da Anno sembra avergli tuttavia creato qualche problema con l'autrice del manga (Masami Tsuda) e con la casa di produzione, tanto che da quello che ho potuto leggere l'opera di animazione è stata terminata al settimo volume del manga ed è stata portata a termine dal braccio destro di Anno, Kazuya Tsurumaki.
E in effetti, dall'episodio 20 in poi, ho avuto l'impressione che tra continui riassunti e puntate un po' 'randomiche', quasi "buttate lì" come filler, l'opera sia un po' una sorta di "opera d'arte" incompleta e senza un filo logico, una sorta di "Pietà Rondanini" rimasta abbozzata per vicende "esterne" che non hanno reso possibile il suo completo compimento, assieme alle presunte e asserite difficoltà economiche della casa di produzione.

All'anime viene contestato anche di non aver nemmeno una conclusione compiuta: l'episodio 26 lo definirei piuttosto un "finale non finale", dove si fa un parallelismo tra il rapporto tra Yukino e Soichiro e quello "nascente" di Sakura e Tomori (che da storia di bullismo sembra trasformarsi secondo la sindrome di Stoccolma... in affetto tra i due), quasi a dare una visione "circolare" della vita e dei rapporti d'amore, senza concludere o dare una proiezione futura della storia dei due protagonisti e della possibile nuova coppia.
In fondo, anche Luigi Pirandello in "Uno, nessuno e centomila" terminava il suo capolavoro con: "Nessun nome. Nessun ricordo oggi del nome di ieri; del nome d’oggi, domani. Se il nome è la cosa; se un nome è in noi il concetto d’ogni cosa posta fuori di noi; e senza nome non si ha il concetto, e la cosa resta in noi come cieca, non distinta e non definita; [...] E non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro trèmulo di foglie nuove. Sono quest’albero. Al­bero, nuvola; domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo".
In un certo senso, "Karekano" nell'ultimo episodio sembra proprio ispirarsi a questa concezione surreale e un po' fuori dai nostri canoni logici occidentali: in fondo non è la storia di Yukino e Soichiro ad essere rilevante, ma l'acquisizione della consapevolezza di sé in quel delicato passaggio delle nostre esistenze dall'adolescenza all'età adulta.

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“Ho questa sensazione: se non la tenessi per mano, Magari si scioglierebbe in questa bianca estate, e l’estate stessa finirebbe in quell’istante...”

Questo è il pensiero di Nakami Ganta in un giorno di una calda, assolata e indimenticabile estate della sua adolescenza. Parole suggestive e dal sapore lievemente malinconico che rispecchiano lo stile di “Insomniacs After School”, adattamento anime in tredici episodi del manga scritto e disegnato da Ojiro Makoto e tutt’ora in corso di realizzazione.

“Insomniacs After School” ci racconta una storia semplice che ha per protagonisti due adolescenti “normali”, lontani dall’immagine tipica dei protagonisti delle opere del genere rom-com scolastica. Magari Isaki e Nakami Ganta non sono i più popolari della scuola, non sono bellocci, non sono “cool” e non sono nemmeno i primi nello studio o nello sport. Sono soltanto due liceali piuttosto comuni e caratterialmente diversi tra loro, accomunati apparentemente soltanto da una cosa: soffrono entrambi di insonnia.
Sarà proprio l’insonnia la causa del loro incontro nel vecchio osservatorio della scuola e l’origine di un’amicizia che, alimentandosi della complicità per la condivisione, prima di un problema, poi di un progetto, e infine di un sogno da realizzare insieme, si trasformerà in un sentimento più profondo...

Ma allora che cos’ha di speciale questa serie e perché ne consiglio la visione?
La risposta è semplice: “Insomniacs After School” non è l’ennesima fotocopia di tante altre commedie del genere scolastico e la sua cifra stilistica sta proprio nel fare della normalità e del realismo il suo punto di forza.

E poi, a fare veramente la differenza è una produzione di grande livello tecnico: a partire da una regia elegante e raffinata (quasi cinematografica) che enfatizza inquadrature, pause e silenzi e sfrutta in pieno le potenzialità di un’animazione fluida e gradevole; per continuare con alcuni splendidi sfondi che riescono a creare sempre l'atmosfera perfetta; per finire con un ottimo comparto sonoro che ci regala anche un’interessantissima ending.
L’insieme combinato di tutti questi fattori consente allo spettatore di “immergersi” sempre dentro la scena, di immedesimarsi nelle emozioni dei personaggi, di percepire, come vissute in prima persona, sensazioni quali: lo stupore di fronte alla bellezza di un paesaggio, l’incanto di un’alba sul mare o di uno sfavillante cielo stellato, la magia di addormentarsi cullati dal battito del cuore della persona cara, l’emozione dirompente del primo bacio.

La cura del dettaglio è presente anche nella gestualità e nell’espressività estremamente naturali e realistiche dei personaggi, che contribuiscono a definirne il carattere e la personalità rendendoli “tridimensionali”.
Ad esempio, ho adorato l’irresistibile espressione tenera e “birichina” di Magari quando si diverte a stuzzicare bonariamente Nakami, oppure la sua risata improvvisa e cristallina che riesce a trascinare nell’ilarità anche il suo compagno di avventure (decisamente più serioso e meno incline a cogliere l’aspetto divertente della vita) o, ancora, lo sguardo acceso e luminoso di chi desidera vivere il presente assaporando ogni momento. Questi sono solo alcuni aspetti distintivi di questo riuscitissimo personaggio femminile dal carattere socievole, istintivo e tendenzialmente ottimista, nonostante un problema di salute che ne ha condizionato l’esistenza.

La personalità di Magari è perfettamente complementare a quella di Nakami, dal carattere più introverso, riflessivo e insicuro, ma che, rispetto a tutti gli altri personaggi, subisce l'evoluzione più profonda alla quale corrisponde un cambiamento del suo comportamento, progressivamente meno controllato e metodico e sempre più spontaneo e risoluto. Evoluzione visibile anche nel mutamento delle sue espressioni, meno spente e sfuggenti e sempre più di stupore e coinvolgimento.

Tale approfondita caratterizzazione contribuisce non solo a dare spessore e consistenza ai personaggi, ma anche a rendere più realistica e verosimile la loro interazione, che diventa sempre più confidenziale, più complice e più intima (ho amato ad esempio le scene in cui i due ragazzi utilizzano una app vocale per registrare i loro pensieri da inviare all’altro nelle notti insonni).
Il percorso di maturazione psicologica e sentimentale fatto dai protagonisti, oltre ad essere naturale e credibile, si conclude con un finale compiuto, emozionante e coerente con il tono dell’opera, non escludendo, tuttavia, un’eventuale possibile prosecuzione della storia.

Anche i personaggi secondari, nonostante non vengano particolarmente approfonditi, risultano essere ben caratterizzati ed hanno una loro precisa identità. Io, in particolare, ho adorato l’insegnante Usako Kurashiki e l’amico di Nakami, Tao Ukegawa.

In conclusione, “Insomniacs After School” non è soltanto una storia romantica, ma è fondamentalmente un racconto di formazione; una rappresentazione leggera, convincente e credibile del difficile passaggio dall’adolescenza alla maturità attraverso quell’inevitabile viaggio alla scoperta di sé, per il superamento delle proprie insicurezze e della proprie paure di affrontare il futuro.
Per raccontarci questa storia, l'opera ci risparmia i soliti cliché triti e ritriti, inutili melodrammi (nonostante siano presenti situazioni drammatiche legate al vissuto dei protagonisti), estenuanti tira e molla e personaggi forzati o surreali.
Ci regala, piuttosto, delle piccole perle: alcuni sfondi mozzafiato, delle scene registicamente magistrali, qualche tocco di poesia e, personalmente, una sensazione piacevole e un po’ nostalgica di emozioni e immagini che riaffiorano da lontano... da qualche angolo dimenticato della mente.

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«Science Fell in Love, So I Tried to Prove It», o «Rikei ga Koi ni Ochita no de Shoumei Shite Mita», per brevità «Rikekoi», è una serie di dodici episodi uscita nell'inverno 2020. Si tratta di una commedia sentimentale, trasposizione dall'omonimo manga. I protagonisti sono Shinya e Ayame, due “scienziati”, probabilmente due dottorandi, ma non è chiarissimo; così come nebuloso è il loro campo d’indagine al di fuori della ricerca particolare che conducono in questa serie: qui vogliono riuscire a determinare, in modo scientificamente corretto, se i sentimenti che provano l’uno per l’altra possano essere definiti “amore”.

Mi sono avvicinata con una certa diffidenza perché, lavorando in ambito scientifico, spesso sono insoddisfatta dalla rappresentazione dei personaggi definiti “scienziati”; tendono spesso a essere ridotti a stereotipi: malefici esseri senza scrupoli in cerca di potere, sempliciotti con fede illuminista incrollabile (tipo “le magnifiche sorti e progressive” di leopardiana memoria) o, talvolta, simpatici e svampiti pasticcioni. Personaggi a volte anche riusciti, ma molto distanti dalla realtà. Chi ha scritto questa serie sembra, invece, conoscere bene come funzionino le dinamiche delle “menti analitiche”, e quindi questi scienziati risultano credibili, anche se la serie ha una componente comica marcata e il tono è molto scanzonato, con un gradevole tocco di surreale.

Il risultato è un'opera che riesce a introdurre efficacemente una serie di concetti familiari a chi lavora nell'ambito scientifico, come l’ipotesi nulla e i disegni sperimentali con controlli positivi e negativi; a tema sono anche gli intermezzi degli episodi affidati all'orsetto Rikekuma. Lungo tutta la serie ci sono semplificazioni in abbondanza, ma non ho notato veri errori. Anche la quotidianità del lavoro è ben resa, ottima la parte dedicata ai lab-meeting e alla preparazione degli speach da portare a congresso, così come il congresso stesso, ottimi spunti per il lato comico sono le deformazioni professionali che sono raccontate con efficacia: dalla frustrazione davanti a quantità come "un pizzico", al programma che estrae random gli ingredienti da aggiungere alle pizze da ordinare, e c’è anche l’immancabile elemento del gruppo che si aggira per il laboratorio con i calzoni più corti del camice.

E dal momento che è una serie romantica, cosa dire di Shinya e Ayame come coppia? Funzionano benissimo! Sono un pochino avulsi dalle normali dinamiche “romantiche”, infatti non sanno bene cosa fanno le persone durante gli appuntamenti, ma sono assolutamente sulla stessa lunghezza d’onda: si divertono un mondo a trovare la loro particolare declinazione di ogni cosa e ogni occasione è buona per far due calcoli.

La trama è semplice e ripercorre le classiche tappe delle serie incentrate sugli affari di cuore, trasponendole nella “vita da laboratorio”; i personaggi a contorno sono pochi: un professore bizzarro, una senpai brillante e cinica che è fissata con i videogiochi ed esibisce un look “dark lolita”, l’elemento buffo del gruppo (sì, quello dei calzoni corti) e la più giovane del gruppo, studentessa appena arrivata che ha il compito di dare voce ai pensieri degli spettatori. C’è poi un personaggio su cui è bene tacere, per non fare spoiler.

Dal punto di vista tecnico è tutto gradevole: character design, sfondi, animazioni, doppiaggio, OST e sigle, regia sono al passo con i tempi, non soffrono di particolari problemi se non quello di risultare tutti un po’ “scolastici”; a conti fatti mancano di originalità e, se la serie merita di essere vista, non è per il comparto tecnico.

Una serie spensierata piacevole, senza grandi pretese, ma che funziona e che merita una visione se si è in cerca di una serie romantica o se si frequenta, per studio o lavoro, un laboratorio scientifico!