Riportiamo l’interessante articolo pubblicato su Web 2.0 Open Lab che ripercorre la conferenza “L’animazione Giapponese” del Professor Takamasa Sakurai, docente e preside di Facoltà alla Digital Hollywood University di Tokyo. L'incontro si è tenuto lo scorso 18 maggio presso l'Aula Magna dell’Istituto Europeo del Design:
È stato un evento molto interessante e divertente, grazie all'esperienza e alle capacità del Professor Takamasa Sakurai, vero esperto del settore dell'animazione, e alla partecipazione del pubblico molto preso dall’argomento.
Si è cominciato con un’analisi di mercato, con la conferma del dato che l’Italia resta uno dei Paesi maggiormente fruitori di anime e manga, insieme a Francia, Spagna e Germania per quanto riguarda l’Europa. In aumento l’interesse anche negli Stati Uniti, Paese tradizionalmente più chiuso alle produzioni straniere. Si parla di dati legati anche al settore della vendita di dvd e fumetti e non solo alla trasmissione televisiva, la quale - anche in Italia - ha subito un forte ridimensionamento rispetto agli anni Ottanta e Novanta. Oltre alla diffusione dei contenuti, in costante aumento anche il numero degli eventi organizzati da tutti i fan delle serie, che raggiungono, in alcuni casi, partecipazioni che contano alcune migliaia di persone. In particolare va segnalato il successo del cosplay.
World Cosplay Summit 2009: Italy Selection
Dopo alcuni divertenti scambi di battute fra Takamasa Sakurai e i ragazzi del pubblico su quali fossero i personaggi o le serie preferite, si è arrivati alla domanda fondamentale: perché il sostegno agli anime da parte dei giovani di tutto il mondo?
Sono stati concessi cinque minuti di pausa per riflettere sulle risposte da dare ma, a giudicare dal vociferare concitato scatenatosi in aula, sarebbero bastati cinque secondi.
Da una prima risposta di un ragazzo che ha esclamato: “Per la bellezza delle protagoniste!” (ok, era una battuta, ma non si può comunque dargli torto!), si è passati a varie risposte, che concordavano tutte su quella che poi è stata la riflessione conclusiva di Sakurai (cerco di riassumere al meglio): certamente è importantissimo il fatto che gli anime non hanno età.
O, meglio, sono fruibili a tutte le età per il modo in cui vengono trattati i contenuti (e qui entra in gioco una fondamentale differenza culturale tra Giappone e altri Paesi del mondo, ovvero che l’animazione, i cartoni animati, non è considerata un prodotto unicamente per bambini, ma ha la stessa rilevanza di tutte le forme audiovisive rivolte ad ogni età). Quindi la molteplicità di letture e fruizioni possibili da parte di pubblici di generazioni diverse. Inoltre (e strettamente connesso a quanto detto sopra) va sottolineato il lavoro di sviluppo dei personaggi, che viene fatto con estrema cura, tale da definirli psicologicamente così bene da far sì che sia inevitabile l’immedesimazione da parte degli spettatori. Questa resa porta a provare quello che col tempo diventa vero e proprio affetto nei confronti dei protagonisti, anche perché le loro avventure fanno riferimento all’immaginario giovanile e i protagonisti hanno sempre dei problemi personali, dei conflitti interiori, coi quali devono confrontarsi durante le loro storie e che devono affrontare per poterli superare. Inoltre c’è un approccio molto sincero alle cose, ad esempio nei confini fra i “buoni” e i “cattivi”, che non sono mai netti, ma anzi si sottolineano molto le sfumature che ci sono in ogni tipo di personalità.
Tutto riporta a una dimensione del quotidiano simile alla vita reale, quindi molto vicina a noi stessi, ulteriore motivo di immedesimazione nei personaggi e nei loro conflitti, al di là di quale sia il loro mondo narrativo (lo spazio, un paesino di montagna o una grande metropoli).
Questa analisi aiuta a capire il successo degli anime in tutto il mondo e non solo in Giappone.
È importante anche a fronte del fatto che i cartoni giapponesi (lo stesso vale per i manga) portano con sè, sia nell’estetica che nei contenuti, i tratti fondamentali della cultura del Giappone.
E nonostante ciò riescono a catturare e appassionare milioni di giovani (e adulti) in tutto il mondo, in culture nettamente differenti. Ciò significa che le risposte date sopra sono veramente convincenti a fronte di questi dati. Va sottolineato che in Giappone vengono prodotte serie in due modi differenti per quanto riguarda lo sviluppo narrativo dei contenuti:
1) a forte carattere giapponese;
2) a carattere più internazionale.
Resta comunque evidente come anche le opere a carattere internazionale portino sempre con sè delle caratteristiche culturali indistinguibili, cosa che (a mio modesto parere) dà ulteriore valore alla loro qualità (di concept prima, di sviluppo poi) e rende ancor più interessante la loro diffusione.
La conferenza è proseguita poi con una panoramica generale sul sistema di produzione di un'animazione, dal concept alle varie fasi di lavorazione.
Interessanti i dati sulla produzione di una puntata della durata di 20 minuti: occorre un team di circa 300 persone per un costo medio di 66 mila euro. Data la domanda sempre crescente di nuove produzioni, per abbattere i costi anche il Giappone ha allacciato collaborazioni con studi con sede in Cina, Corea, Thailandia per le fasi di lavorazione intermedie.
Questo perché, se da un lato gli anime da sempre hanno sfruttato le innovazioni tecnologiche, dai primi computer alla più recente CG (computer graphics), dall’altro resta imprescindibile la caratteristica del disegno a mano delle animazioni.
Motivo per cui le fasi più importanti della lavorazione continuano a essere fatte in casa nipponica, e la precedenza viene data a questa qualità piuttosto che all’abbassamento dei costi.
E proprio sulla CG il Professor Takamasa Sakurai ha concentrato l’ultima parte della conferenza, con l’analisi delle sue potenzialità, di come dia l’opportunità a tutti di esprimersi con pochi mezzi e potersi facilmente gettare sul mercato per farsi notare. Dopo aver mostrato un proprio lavoro, Fairlife, ne ha fatto visionare un paio di altri in CG per dimostrare cosa si può riuscire a fare anche da soli.
A chi, infine, chiedeva quale futuro e quali opportunità per tutti quegli italiani che amano questo mondo e non vorrebbero esserne sempre e solo spettatori, la risposta più o meno indiretta è stata di dare appunto un’occhiata ai lavori di cui sopra e tentare di farsi notare seguendo quella direzione.
Per concludere, Sakurai ha preso il suo cellulare e lo ha avvicinato al microfono, annunciando una sorpresa per tutti. E la voce registrata del doppiatore originale del Detective Conan ha salutato tutti i presenti (in giapponese) e invitato la platea a posare per una foto di gruppo. Un divertente saluto per quella che è stata una conferenza davvero brillante.
È stato un evento molto interessante e divertente, grazie all'esperienza e alle capacità del Professor Takamasa Sakurai, vero esperto del settore dell'animazione, e alla partecipazione del pubblico molto preso dall’argomento.
Si è cominciato con un’analisi di mercato, con la conferma del dato che l’Italia resta uno dei Paesi maggiormente fruitori di anime e manga, insieme a Francia, Spagna e Germania per quanto riguarda l’Europa. In aumento l’interesse anche negli Stati Uniti, Paese tradizionalmente più chiuso alle produzioni straniere. Si parla di dati legati anche al settore della vendita di dvd e fumetti e non solo alla trasmissione televisiva, la quale - anche in Italia - ha subito un forte ridimensionamento rispetto agli anni Ottanta e Novanta. Oltre alla diffusione dei contenuti, in costante aumento anche il numero degli eventi organizzati da tutti i fan delle serie, che raggiungono, in alcuni casi, partecipazioni che contano alcune migliaia di persone. In particolare va segnalato il successo del cosplay.
Dopo alcuni divertenti scambi di battute fra Takamasa Sakurai e i ragazzi del pubblico su quali fossero i personaggi o le serie preferite, si è arrivati alla domanda fondamentale: perché il sostegno agli anime da parte dei giovani di tutto il mondo?
Sono stati concessi cinque minuti di pausa per riflettere sulle risposte da dare ma, a giudicare dal vociferare concitato scatenatosi in aula, sarebbero bastati cinque secondi.
Da una prima risposta di un ragazzo che ha esclamato: “Per la bellezza delle protagoniste!” (ok, era una battuta, ma non si può comunque dargli torto!), si è passati a varie risposte, che concordavano tutte su quella che poi è stata la riflessione conclusiva di Sakurai (cerco di riassumere al meglio): certamente è importantissimo il fatto che gli anime non hanno età.
O, meglio, sono fruibili a tutte le età per il modo in cui vengono trattati i contenuti (e qui entra in gioco una fondamentale differenza culturale tra Giappone e altri Paesi del mondo, ovvero che l’animazione, i cartoni animati, non è considerata un prodotto unicamente per bambini, ma ha la stessa rilevanza di tutte le forme audiovisive rivolte ad ogni età). Quindi la molteplicità di letture e fruizioni possibili da parte di pubblici di generazioni diverse. Inoltre (e strettamente connesso a quanto detto sopra) va sottolineato il lavoro di sviluppo dei personaggi, che viene fatto con estrema cura, tale da definirli psicologicamente così bene da far sì che sia inevitabile l’immedesimazione da parte degli spettatori. Questa resa porta a provare quello che col tempo diventa vero e proprio affetto nei confronti dei protagonisti, anche perché le loro avventure fanno riferimento all’immaginario giovanile e i protagonisti hanno sempre dei problemi personali, dei conflitti interiori, coi quali devono confrontarsi durante le loro storie e che devono affrontare per poterli superare. Inoltre c’è un approccio molto sincero alle cose, ad esempio nei confini fra i “buoni” e i “cattivi”, che non sono mai netti, ma anzi si sottolineano molto le sfumature che ci sono in ogni tipo di personalità.
Tutto riporta a una dimensione del quotidiano simile alla vita reale, quindi molto vicina a noi stessi, ulteriore motivo di immedesimazione nei personaggi e nei loro conflitti, al di là di quale sia il loro mondo narrativo (lo spazio, un paesino di montagna o una grande metropoli).
Questa analisi aiuta a capire il successo degli anime in tutto il mondo e non solo in Giappone.
È importante anche a fronte del fatto che i cartoni giapponesi (lo stesso vale per i manga) portano con sè, sia nell’estetica che nei contenuti, i tratti fondamentali della cultura del Giappone.
E nonostante ciò riescono a catturare e appassionare milioni di giovani (e adulti) in tutto il mondo, in culture nettamente differenti. Ciò significa che le risposte date sopra sono veramente convincenti a fronte di questi dati. Va sottolineato che in Giappone vengono prodotte serie in due modi differenti per quanto riguarda lo sviluppo narrativo dei contenuti:
1) a forte carattere giapponese;
2) a carattere più internazionale.
Resta comunque evidente come anche le opere a carattere internazionale portino sempre con sè delle caratteristiche culturali indistinguibili, cosa che (a mio modesto parere) dà ulteriore valore alla loro qualità (di concept prima, di sviluppo poi) e rende ancor più interessante la loro diffusione.
La conferenza è proseguita poi con una panoramica generale sul sistema di produzione di un'animazione, dal concept alle varie fasi di lavorazione.
Interessanti i dati sulla produzione di una puntata della durata di 20 minuti: occorre un team di circa 300 persone per un costo medio di 66 mila euro. Data la domanda sempre crescente di nuove produzioni, per abbattere i costi anche il Giappone ha allacciato collaborazioni con studi con sede in Cina, Corea, Thailandia per le fasi di lavorazione intermedie.
Questo perché, se da un lato gli anime da sempre hanno sfruttato le innovazioni tecnologiche, dai primi computer alla più recente CG (computer graphics), dall’altro resta imprescindibile la caratteristica del disegno a mano delle animazioni.
Motivo per cui le fasi più importanti della lavorazione continuano a essere fatte in casa nipponica, e la precedenza viene data a questa qualità piuttosto che all’abbassamento dei costi.
E proprio sulla CG il Professor Takamasa Sakurai ha concentrato l’ultima parte della conferenza, con l’analisi delle sue potenzialità, di come dia l’opportunità a tutti di esprimersi con pochi mezzi e potersi facilmente gettare sul mercato per farsi notare. Dopo aver mostrato un proprio lavoro, Fairlife, ne ha fatto visionare un paio di altri in CG per dimostrare cosa si può riuscire a fare anche da soli.
A chi, infine, chiedeva quale futuro e quali opportunità per tutti quegli italiani che amano questo mondo e non vorrebbero esserne sempre e solo spettatori, la risposta più o meno indiretta è stata di dare appunto un’occhiata ai lavori di cui sopra e tentare di farsi notare seguendo quella direzione.
Per concludere, Sakurai ha preso il suo cellulare e lo ha avvicinato al microfono, annunciando una sorpresa per tutti. E la voce registrata del doppiatore originale del Detective Conan ha salutato tutti i presenti (in giapponese) e invitato la platea a posare per una foto di gruppo. Un divertente saluto per quella che è stata una conferenza davvero brillante.
<i>Inutile parlare di valutazioni oggettivi per le opere d'intrattenimento o d'arte? E allora su che basi si dovrebbe valutare una serie? Su basi soggettive?</i>
Si, il motivo è semplice, l'oggettività non esiste.
Per poter dare delle valutazione oggettive su di un'opera è necessario prima creare un modello che definisca cosa sia "bello" e cosa sia "brutto". In pratica servono dei canoni estetici. Bene, questo modello di base non esiste, serve qualcuno che lo crei. Ma chi è degno di crearlo?
Coloro che hanno studiato e quindi conoscono bene questo campo meglio di altri? Potrebbe essere una risposta, ma non è possibile in quanto sappiamo benissimo che se prendiamo più "esperti" avranno un opinione diversa sulla medesima opera, basta vedere tutte quelle opere letterarie che prima erano considerato brutte e poi sono state rivalutate col passare del tempo, o viceversa. E il nostro modello oggettivo non deve dipendere dall'epoca o dalle persone, deve essere universalmente valido sempre e comunque.
I critici del passato? E perchè? Cos'avevano loro più di quelli attuali?
Quindi come fare a dare una valutazione oggettiva? Chi è in grado di darla?
Tu prima hai dato delle valutazione che hai spacciato come oggettive, ma che in realtà sono semplicemente delle tue personalissime e opinabilissime opinioni. Sei forse un dio in possesso di qualche verità rivelata e assoluta? Bene, in questo caso nulla di dire, avresti ragione e non potrei dire nulla. Al contrario, se non lo sei la tua è solo, e scusa il termine, non voglio sembrare offensivo, arroganza, perchè ritieni che la tua opinione sia una verità oggettiva, e quindi superiore a quella di altri che ne hanno una diversa dalla tua. Tu dici che Evangelion vale 7-, altri dicono che vale di più. Perchè dovresti avere ragione proprio tu? Cos'hai in più di loro? La loro opinione è soggettiva? E perchè? Perchè la tua no?
Ti faccio un altro esempio:
Tu dici:
<i>Devo però ammettere che per me lo shojo più bello in assoluto (sia a livello personale sia con occhio oggettivo) rimane Maison ikkoku (Cara dolce Kyoko) capace di narrare una quotidianità tanto strampalata quanto perfettamente normale al suo interno, capace di coinvolgere lo spettatore al punto tale che anche dopo anni di distanza ripensando a Godai che fa la salita per tornare al suo appartamente non ci sembra quasi un ricordo nostro come se lo stessimo facendo noi?</i>
Ma è possibilissimo che a qualcuno questa parte non abbia minimamente coinvolto, e che la scalata di Godai sia passata inosservata, per cui perchè dovrebbe parlarne bene? Perchè è oggettivamente bello? Uno potrebbe benissimo obiettare che molte delle "sfighe" di Godai, che ci hanno fatto appassionare al personaggio e all'opera, fossero dovute all'insensatezza e alla demenzialità del trio Ichinose-Yotsuya-Akemi, che non possiamo certo definire come personaggi con una personalità del tutto realistica.
Concludendo, vogliamo parlare di oggettività? Bene, sono con voi, ma prima dovete darmi un modello con cui analizzare ogni singola opera, che vada bene per qualsiasi opera, che resti valido in eterno, e soprattutto dovete dimostrarmi che le basi di questo modello siano state rivelate da qualche entità superiore all'uomo. Altrimenti, proprio perchè creata da un uomo, non sarebbe maggiormente valida di un modello diverso creato da un altro uomo.
Ma tralascio essendo questa una mia particolare concezione.
Sul fattore oggettività... in primis quando parlavo di Maison ikkoku la frase era una mia opinione personale, che non ha mai avuto pretese di oggettività, appunto per questo avevo messo la valutazione fra parentesi e non utilizzando semplici virgole.
Credevo, devo essere sincero, che non avrebbe dovuto essere necessario ricordare che l'oggettività non si intende mai assoluta, è oggettiva l'opinione che contiene la minor soggettività possibile.
Il voto su evangelion era solo una esemplificazione per non dilungare il discorso, una recensione oggettiva è una semplice analisi dei vari elementi che compongono un qualcosa. In questa ottica Evangelion presenta le sue maggiori pecche nel presentare una storia principale e relative sottotrame che non finisce e non per decisione dell'autore ma per mancanza di soldi.
Un modello oggettivo è un modello che riesce ad estraniare il più possibile la soggettività ma non è detto che esista un solo modello, nè che un modello debba essere eterno, un modello è relativamente oggettivo rispeto ad una certa epoca. ma anche questo credevo non servisse aggiungerlo dato che le concezioni assolutistiche non sono più considerate.
Forse sarò arrogante in fondo sono pur sempre un essere umano e un minimo di arroganza è propria della specie a cui appartengo ma sono sempre disposto al dialogo e non considero mai i miei giudizi assoluti
Oltretutto personalmente non sono d'accordo nell'eliminare la soggettività dai miei giudizi, perchè altrimenti dovrei eliminare tutte le emozioni che ho provato guardando un'opera, che sono per me la cosa più importante di un'opera. Io considero un'opera bella un'opera che mi è piaciuta, perchè un'opera che non mi piace non ho alcun motivo di considerarla bella. Tu potresti dirmi: ma anche se non ti è piaciuta ha una buona trama, buoni personaggi, buon comparto tecnico. Eh, ma se li avesse avuti allora mi sarebbe piaciuta, dato che non mi è piaciuta allora io ritengo non li abbia.
Ultima cosa: <i>è oggettiva l'opinione che contiene la minor soggettività possibile.</i>
Ehm, non per me, se c'è anche solo una minima parte di soggettività, allora non è oggettiva.
Ma c'è da aggiungere anche che, a seconda dei medium presi in esame, esistono dei criteri per la valutazione delle opere; altrimenti se fosse come tu dici, ogni cosa sarebbe in balia del relativismo interpretativo e del gusto dell'epoca e del singolo.
E cioè, in linea generale, un opera si può definire bella (secondo i relativi gradi: dal "carina" al "capolavoro") quando la sua forma è la perfetta (più o meno) estrinsecazione funzionale atta a racchiudere il proprio contenuto, e il tutto ha essenzialmente finalità estetiche. Su questo sono all'incirca d'accordo tutti professori di storia dell'arte, estetica, semiologia e affini.
Non servono modelli, ma criteri. Il platonismo in questo discorso non c'entra (innanzitutto perché Platone non si abbassava a giudicare le copie delle copie delle idee , né le tragedie come opera dell'imaginazione, vai a vedere se si sarebbe interessato dell'animazione ) perché l'ideale di bello non esiste, né sulla Terra né nell'iperuranio. Ci sono dei criteri, o delle linee guida se vogliamo, che per ogni medium dividono il bello dal brutto, con tutte le sfumatura intermedie, ovviamente.
Puoi obbiettare sulla definizione di contenuto, perché il suo valore potrebbe essere perfettamente opinabile. Tuttavia quando riteniamo qualcosa brutta, non stiamo forse intendendo che la sua forma non è riuscita rispetto a quello che l'opera voleva dire, o che addirittura a fronte di un bel guscio quell'opera è vuota di contenuto? O il suo contenuto è puerile o solo abbozzato?
Naturalmente anche fra i contenuti si può operare una scelta, a seconda della propria sensibilità, e ritenerne alcuni "bassi" e altri "alti", qui naturalmente la cosa è molto personale. Anche se intuitivamente la profondità di un pensiero è piuttosto riconoscibile e abbastanza condivisa dal pubblico esperto o semplicemente molto sensibile.
Ma almeno sul lato estetico in senso stretto non ci dovrebbero essere disaccordi. Se un anime è disegnato male, discontinuo nel tratto e nello stile, ha delle animazioni carenti o imprecise o sconclusionate, se il suo chara è abborracciato e i suoi colori buttati a caso e non curati eccetera, questo è sotto gli occhi di tutti, e l'anime quanto meno sul lato visivo è brutto, il che già ne dimezza il valore. Io lo ripeto, ma il valore, la bellezza, non risiedono nell'occhio di chi guarda, ma nell'opera stessa. Sta a chi ne fruisce saper cogliere e giudicare quanto un'opera sia riuscita e quanto la sua forma e il suo contenuto siano perfettamente in simbiosi fra loro e creino così il bello, il valore alto o come lo si vuole definire (grazie al cielo nell'animazione è più semplice, fosse stata arte moderna un dialogo del genere sarebbe stato un casino ).
Se fosse altrimenti, come sarebbe per esempio possibile che gli impressionisti siano diventati da pazzi macchiatori di tele ad artisti che hanno rivoluzionato l'arte? Semplicemente chi all'epoca giudicava non era stato in grado di comprendere a fondo il valore dell'impressionismo, perché appunto tale cerchia di critici era fossilizzata su dei modelli ideali e non su dei criteri che analizzassero a fondo l'arte di quei pittori - oltre a non possedere la chiave di decodifica di un linguaggio innovativo e che a loro risulatava incomprensibile (appunto vedevano solo macchie, ma questo sarebbe un discorso di percezione noiosissimo che qui potrebbe entrarci ma che è lunghissimo e vi risparmio).
In fin dei conti bisogna vedere sempre chi giudica, e in questo trovo lampante il fatto che sul sito si debbano motivare i propri voti rendendo un analisi di ciò che si è visto, il che fa capire quanto sia affidabile un giuidizio o quanto campato per aria per superficialità o semplicemente per inesperienza o immaturità, e non solo per sensibilità, che è sacrosanto sia deversa in ognuno di noi.
Oddio quant'ho scritto! Be', il discorso mi ha preso la mano...
PS
Memory, Eva finisce. Finisce eccome. Dopo la tua spiegazione ho capito in qualche modo il tuo giudizio relativamente basso, ché anch'io all'epoca rimasi con le braccia a terra per il finale. Ma c'è The End of Evangelion
Stesso discorso di prima, sono criteri opinabili. Uno può benissimo ritenere completamente privo di valore qualsiasi ritratto che tenti di riprodurre fedelmente la realtà, dal momento che sarebbe solo una mera copia di quest'ultima, e quindi, dato che posso avere l'originale, cosa dovrei farmene del ritratto? E quindi mandiamo a lavorare in fabbrica tutti gli iper-realisiti. Oppure un discorso completamente opposto.
Non mi pare di aver mai citato il platonismo, ho usato il termine modelli per mia deformazione professionale (faccio matematica, quindi sono assai sensibile su argomenti simili)
<i>Anche se intuitivamente la profondità di un pensiero è piuttosto riconoscibile e abbastanza condivisa dal pubblico esperto o semplicemente molto sensibile.</i>
Questo non mi risulta minimamente, basta vedere che l'attività principale dei critici letterali era farsi la guerra tra loro (lo schiaffo del padre di Svevo insegna)
E anche sul lato estetico ce ne sono eccome di disaccordi, basta vedere sedicenti esperti che parteggiano per un artista piuttosto che per un altro. Tutta questa uniformità di giudizio tra persone di una certa conoscenza io non l'ho mai vista sinceramente.
Basta prendere le opere sperimentali. Proprio in quanto sperimentali i normali canoni di giudizio (che per me valgono quanto la cacca di un cane ormai credo l'abbiate capito) non sono più affidabili, proprio perchè gli autori voglio sperimentare nuove soluzioni alternative. Quindi ognuno deve giudicare secondo la propria sensibilità. Se uno dice che è brutto lo si potrebbe criticare perchè non ha compreso la genialità di quest'innovazione, e allora si dovrebbe osannare qualsiasi cosa sia sperimentale?
Esempio Kino no Tabi, che molti hanno criticato come mediocre dal punto di vista dei disegni: ebbene io poche volte ho visto un'opera che mi abbia instillato tante domande senza cercare di fornire una risposta, e ho trovato lo stile di disegno perfettamente adatto all'opera, nonostante le sue evidenti carenze tecniche. Ho visto poi il secondo film, tecnicamente molto superiore, ma non ho avvetito alcun miglioramento alla qualità totale dell'opera.
Io continuo a non voler depurare le mie opinioni dai miei giudizi, altrimenti finirei cosi:
Ho visto l'anime X, mi ha commosso, emozionato, sconvolto, inquietato, appassionato, non vedevo l'ora di vedere un nuovo episodio, i personaggi sono caratterizzati così magnificamente che mi sembra si comportino in maniera più realistica di alcune persone reali, è un anime che non dimenticherò mai. Certo, ovviamente poi spiegherei il perchè e il per come l'anime X sia riuscito a farmi provare tutte queste sensazioni, ma il succo è questo.
Se a questo tolgo le sensazioni personali, l'anime X diventa un'anime come tanti, perchè le note positive che troverei nell'anime X erano causate da tutte quelle sensazioni personali che ho dovuto eliminare per dare il giudizio: i colpi di scena erano perfettamente strutturati perchè mi facevano provare grandissime sensazioni? Bene, allora eliminando le sensazioni i colpi di scena diventano inutili. Ragionando così per tutto il resto, rimane un'opera vuota fine a se stessa che non ha neanche senso guardare, in quanto inutile.
E' come se prendiamo un cono e un cilindro, visti dal basso sono uguali, due cerchi, visti da altri lati potrebbero essere diversissimi. Eppure sono sempre gli stessi due solidi che stiamo analizzando. Ora considera i solidi come degli anime, e gli osservatori come gli spettatori. Ognuno non vede realmente l'anime nella sua vera essenza, ma vede quello che lui riesce a cogliere dell'opera, quindi già solo per questo la reinterpreta secondo la sua sensibilità, il suo punto di vista, la sua personalità, le sue idee, insomma, il suo io interiore. Il credere poi di riuscire a cogliere la vera essenza dell'opera, uscendo da ciò, è solo arroganza.
.... no aspe' qui c'e qualcosa che non mi quadra... non sono lo stesso solido O_o
Al contrario mi fa ridere chi ineggia al calo qualitativo degli anime rimembrando antiche età dell'oro fatte (per questi) d'anime spesso nemmeno così dorati.
Gli stessi che se si trovan davanti alcuni esempi di moderni anime di qualità si tappano il naso, chiudono gli occhi e fano finta di non sentire urlando al "è tutta fuffa, robetta leggera e fatta con lo stampino".
A parer mio non è questione di guardare al proprio giardino e bersi tutto senza giudizio critico.
La questione semmai è rendersi conto che da sempre si è dovuto cercare bene nella produzione degli anime (che è industriale quasi dal suo nascere) per trovare qualcosa di degno oggi come ieri.
Infine, l'ironia di quel che scrivevo è che magari da quei ragazzetti venuti su a pane e anime ci si poteva aspettare ben altra elasticità di fronte ai miti animati delle nuove generazioni.
Ovvio che l'accenno ai MOIGErati era sopra le righe ma nemmeno tanto perché dal puntare il dito inorriditi verso i miti animati giovanili e una volta messa su famiglia rompere pure le scatole su quel che guarda il pupattolo la strada è breve anzi brevissima.
Concludo dicendo che l'esempio del ragazzetto anni ottanta era un esempio che si poteva ben spostare agli anni settanta e immagino pure ai novanta, ormai.
Saluti
E infatti, fra tutte le linee guida opinabili ne esiste una che è necessariamente valida qualsiasi cosa presa in esame: l'unico criterio esistente è quello del corrispettivo fra forma e contenuto, e non perché lo dico io o perché lo dice Eco o perché lo sostengono altri, ma perché è il criterio stesso di creazione degli artisti, siano pittori animatori scrittori eccetera, perché hanno qualcosa da dire e hanno bisogno di un modo per dirlo. Non ci si basa così su modelli arbitrari, ma sullo stesso modello adottato dal creatore, per poter capire quanto un'opera sia riuscita e quanto no.
Appunto chi critica Kino no Tabi (che anche a me ha stupito) non l'ha capito, perché il suo aspetto visivo era perfettamente funzionale agli intenti comunicativi dell'opera, quindi c'era perfetta armonia fra forma e contenuto.
Cioè l'esempio del cono e del cilindro è illuminante, perché giustamente ognuno è posto in una prospettiva diversa e vede solo una o alcune delle facce. Anche se si potrebbe (e si dovrebbe almeno tentare) sempre girare attorno e analizzare il solido nella sua interezza
In ogni caso è proprio questo il punto, che sostengo io e credo di aver capito sostenga anche tu: ovvero che la qualità (o no) di un opera è intrinseca a quell'opera.
E io che avevo detto. Ognuno la guarda come vuole, se la sa riconoscere, anche solo parzialmente, va bene, altrimenti l'opera non perde per questo il suo valore. Quello che è un'opera nella sua interezza alla fin fine lo sa solo il suo creatore, ed è giusto che ognuno nel suo valutare non prescinda da quello che un anime o quant'altro gli ha fatto provare. Ma se releghiamo tutta all'arbitrarietà di giudizio, e non a una verità condivisa o riconoscibile, allora la conoscenza perde senso, ché si ha conoscenza solo quando si giunge a una verità.
PS
L'arte è per definizione inutile
...
Be', Epicuro, c'hai ragione, avevo un po' frainteso. Anche se tuttavia i moigerati per me nascono da altri lidi.
Però, sai, per quel che riguarda l'elasticità, come si dice, "Si nasce piromani e si muore pompieri". C'è gente che è già su questa strada, e forse anche in anticipo sui tempi.
L'arte è per definizione inutile"
Per carita di Dio lavati la bocca (o le mani) dopo aver scritto un'oscenità del genere!!!! O_O
ahah ovviamente scherzo non voglio offenderti in alcun modo, ma ritengo che tale filosofia di pensiero rivolta verso l'arte sia completamente, devastantemente errata. Puoi ritenere l'arte inutile se fine a sè stessa, escludendo qualsiasi artista che lo fa di professione e quindi come lavoro (perciò autosclude la tua affermazione), ma più di ogni altra cosa, ogni forma d'arte (musica, disegno, scultura, danza quello che vuoi) per chi riesce a comprenderla ed entrare in risonanza con questa suddetta filosofia, può condividerne i piaceri e le emozioni. L'arte eleva lo spirito, impegna la mente sia per chi la fa sia per chi la riceve; apre discussioni e ci distoglie dalla routine quotidiana (prendi appunto i manga), ci rilassa, ci scatena sentimenti unici e ci spaventa, commuove, indigna e ci fa innamorare.
Immagineresti un mondo senza musica? Senza immagini raffigurative d'ogni tipo?
io sostengo il contrario: l'arte E' INDISPENSABILE. Anche senza accorgersi, ognuno di noi crea e indirettamente veste i panni di un artista, perchè esserlo non significa possedere un titolo o un lavoro che ti definisce con questo appellativo, ma significa sentirsi tali.
Se la guardiamo da un punto di vista funzionale probabilmente l'arte "fatta da altri" può sembrare inutile ma non lo è affatto, mentre quella "fatta da noi stessi" è la cosa più preziosa e speciale che possiamo generare.
Arte è espressione personale elevata alla massima potenza.
So che tu eri a che provocatorio , e io condivido anche il detto "prendi l'arte e mettila da parte": certo, da parte in un posto speciale, ove possa sempre essere raggiunta, ammirata, consultata, da cui si possa prendere spunto e piacere di vivere e gioia di essere.
Su uno però voglio dir la mia, ovvero su questa tua frase:
"Appunto chi critica Kino no Tabi (che anche a me ha stupito) non l'ha capito, perché il suo aspetto visivo era perfettamente funzionale agli intenti comunicativi dell'opera, quindi c'era perfetta armonia fra forma e contenuto"
ma siamo sicuri che se Kino no tabi fosse stato realizzato come un Mushishi non sarebbe stato meglio? Non sto parlando si prendere Kino no tabi e di infarcirlo di effetti speciali, inseguimenti in moto e battaglie all'ultimo respiro, no.
Sto dicendo che Kino no tabi è una serie che partendo da uno spunto molto valido s'è afflosciata su una resa tecnica davvero mediocre e quindi non mi pare che la forma sia stata resa in perfetta armonia con il contenuto.
Non ho capito Kino no tabi? Forse.
Io però credo d'aver capito che questa serie aveva ben altre potenzialità che son state soffocate da una produzione fin troppo risicata.
Perché il design altalenante (ad esempio) non è mai scelta artistica a mio avviso.
Soprattutto in una serie come Kino no tabi una maggior resa scenica (che ripeto: non vuol dire esplosioni e gente che salta dal ponte) avrebbe giovato non poco rendendo meno claudicanti certi passaggi surreali e sopra le righe.
Saluti
Comunque, sulla mia frase effettivamente sono stato un po' categorico, a volte mi capita e me ne dipiaccio però; effettivamente la realizzazione di Kino a tratti (a mio avviso però brevi e trascurabili nel complesso) ha delle lacune. Tuttavia il suo design in generale, molto tenue ed essenziale e anche in molti aspetti infantile, è perfetto per l'espressione di un contenuto per certi versi molto filosofico, legato alla scoperta del mondo e dei suoi meccanismi e verità da parte appunto di una bambina.
Ovviamente qualche pecca ce l'ha, è naturale e non si può nasconderlo, ma la sua qualità globale è molto sopra la media, e la mia critica era rivolta a chi bocciava categoricamente quest'opera. Tra l'atro hai tirato in ballo un'altra serie che ho trovato incantevole; però essendo la sua realizzazione atta a rendere un altro tipo di contesto e di storia - che sono sì filosofici ma anche molto spirituali e orientati verso una visione differente e commistionata alle tradizioni popolari nipponiche - è perfetta per Mushisi ma non credo lo sarebbe stata altrettanto per Kino. Poi però la controprova non c'è
@ALUCARD80
Be', trovami uno scopo pratico dell'arte. Una manifestazione estetica è appunto assenza di scopo pratico.
"L'arte è sempre inutile", e per essere arte deve restare tale.
Non ero provocatorio, è un dato di fatto. Ora aggiungo anche un'altra cosa: "Non vi è nulla di più indispensabile del superfluo". A dirle, sia la prima che la seconda, è stato qualcuno che ha vissuto per l'arte per tutta la sua vita.
Dài, da quello che avevo detto e da come mi ero espresso credevo trapelasse quale sia la mia passione per le forme d'arte tout court (alcune di più altre meno).
Difatti hai detto una verità cristallina, e che anche a me è capitato di affermare spesso: l'arte è indispensabile. E non deve avere alcuno scopo pratico, deve solo esistere. Non può avere funzionalità pratiche, perché è slegata dal mondo reale. Ogni creazione è la voglia di ricreare un mondo, di esprimere attraverso questo ciò che si ha da dire, di imprigionare per sempre delle emozioni. Ecco, se forse ha un fine è proprio quello di generare questo, e conseguentemente rendere partecipe chi ne viene a contatto di quelle emozioni, di quelle espressioni e di quel mondo. Ma questo non ha niente a che fare con la praticità, ma ha a che fare con l' "animo" umano
Se da me fosse uscito che l'arte non dovrebbe esistere, altro che lavarmi la bocca, mi sarei tagliato la lingua da solo
PS
Riguardo a chi l'artista lo fa per professione (ovvero chi ha questa fortuna)
"Che cos'è l'arte? Prostituzione."
Ecco, poi lavoro e arte coincidono e allora diventano la stessa cosa, ma a prescindere da questo, non mi riesce davvero di pensare all arte come qualcosa di superfluo. Per me rimane estremamente fondamentale. eh che ci vuoi fare, sono un inguaribile romantico e sognatore:P anzi ora che ci sono t aggiungo agli amici perchè meriti! sempre se sei d'accordo
Una minima conoscenza sull'autore permette non solo di poter cogliere la citazione, ma a monte consente di riconoscere in Picasso una grandissima abilità artistica anche in stili ben piu' realistici.
Mi viene da sorridere quando un manga ( per il quale ricordo, l'appelativo capolavoro va affidato ai posteri tra un secolo almeno) sembra esente da qualsiasi possibilità di mediocrità. Magari un disegno brutto, sbilanciato compositivamente, con tratti sgradevoli, e' frutto di un talento non eccelso, e in qualche caso appesantito da una trama senza infamia e sanza lode.
Puo' un manga-anime essere brutto Per un tagte adulto e minimamente dotato di strumenti? secondo me si
@Limbes e alucard: sicuramente l'arte non solo ha un valore etico spirituale, ma e' intrinsecamente legato al concetto di uomo "cogito ergo sum", le pitture ruprestri ne sono una riprova.
Si potrebbe dire che non e' l'uomo ad inventare l'arte, ma e' stata l'arte ad inventare l'uomo
Per quest'opera non saprei, ho visto pochi minuti per valutarla, ma ho visto Lain, e secondo me, in quella determinata opera, certi disegni e animazioni erano brutti APPOSTA...
Comunque l'arte sarà inutile, come i fiori del resto, ma senza vivremmo troppo male...
Poi, nessuna disegna e fa animazioni brutte apposta, credimi RyOGo.
Ci può essere un tratto sgradevole; non allineato, arruffato ma brutto apposta è solo sinonimo d'incapacità (che può essere imposta per tempi e fondi).
Mindgames ha un tratto sbilenco e grottesco, no?
Si può dire che è disegnato male? Io direi di no.
Kino no tabi invece presenta proprio pecche grafiche. No, non sto dicendo che il tratto infantile non va bene per quella storia ma che proprio i disegni sono spesso mal fatti in quella serie.
Fossero stati resi come un dennou coil sarei qui a prostarmi.
Purtroppo Kino no tabi odora da produzione fatta davvero con due soldi e soprattutto affidata per la realizzazione a chissà quali studi d'animazione.
A volte, guardando quella serie mi veniva da pensare che un'immagine statica ma ben risolta avrebbe potuto dare di più di alcune sequenze realizzate così male.
La riprova di quel che dico e in Ghost hound sempre dello stesso regista dove con uno studio e dei fondi appropriati si è potuto vedere un anime curato in ogni aspetto. Anche nelle sgradevolezze visive.
Tornando al discorso sull'arte direi che qui si cerca di sintetizzare troppo e il rischio è di cadere nella semplificazione.
Limbes, lo ripeto: in molto di quel che scrivi siamo d'accordo ma quando mi parli di prostituzione per descrivere chi fa l'artista per mestiere dimostri di cadere vittima d'un classico sterotipo che vede l'artista come un sbroccato fuori dal mondo che vive di fantasie destinato a morir di fame.
Dimentichi l'ampio settore di quelle arti applicate che non sono minori ma che riescono a vivere e crescere anche grazie al sostentamento economico.
Basti vedere la secessione viennese o il liberty o ancora l'art decò dove fior fior d'artisti hanno messo una tale energia da trainare graficamente l'intera europa.
Poi, il bauhaus l'architettura di Frank Lloyd Wright o di un Le Corbusier, i manifesti di Mucha o l'alta ebanisteria, l'incisione o l'arte della tarsia lignea eccetera...
Quindi si capirà che l'aforisma del superfluo o dell'arte inutile deve vivere appunto come aforisma ch'è frase che colpisce e che nasconde una grande verità ma che di sicuro non rappresenta la realtà delle cose che è troppo ampia per essere riassunta in poche parole.
Saluti
E perchè? Chi ha stabilito questi "dogmi"? Non vedo differenze tra questa frase e quando a Religione mi dissero che Dio non poteva incarnare il male. Cosi come allora, io mi chiedo semplicemente "Perchè?". Entrambi mi sembrano dogmi.
Io invece non sostengo assolutamente che la qualità sia un valore intrinseco nell'opera, per me non ha senso, la qualità dell'opera dipende solo da quello che lo spettatore riesce a coglierci, quindi dipende dallo spettatore.
E non sono neanche accordo che l'autore sappia cos'è l'opera nella sua interezza, proprio perchè poi ogni opera viene vista tramite gli occhi di tantissime altre persone. L'autore sa solamente quello che lui voleva trasmettere con l'opera, ma un'altra persona è liberissima di cogliere, all'interno dell'opera, ben altri spunti di riflessioni, e questi, sebbene non voluti dall'autore, non sono meno importanti di quelli canonici. Basta prendere Evangelion, credi davvero che Anno e la Gainax avessero "previsto" tutte le millemila riflessioni che si sono fatte su di lui, arrivando persino a scomodare i piani di non manifestazione e di esistenza negativa per riuscire a spiegare l'ombra quadrimensionale? Eppure se uno coglie questo aspetto, e gli trasmette qualcosa, ha tutto il diritto di esaltare l'opera, nonostante non fosse nelle intenzioni dell'opera stessa veicolare quel dato tema.
Come quando a scuola studiavo le varie opere e il critico X diceva: "qui l'autore vuole dire questo..." Ma che ne sai tu di cosa voleva dire l'autore? Questo è quello che secondo te voleva dire l'autore, è una cosa ben diversa. Eppure è proprio a partire da queste analisi che poi l'opera viene ritenuta più o meno bella.
E in ogni caso, evitiamo di dire sempre ogni volta che se a uno non piace un'opera allora non l'ha capita. Sta manfrina l'ho sentita talmente tante volte con Evangelion che mi ha quasi dato la nausea. Non si pensa mai che magari uno in realtà l'ha capita benissimo, ma che proprio per questo non l'apprezza. O ancora, magari l'ha capita anche meglio di te, e proprio per questo non l'apprezza.
Per quanto riguarda Kino no Tabi, a me sinceramente la realizzazione tecnica non dispiaciuta affatto, non l'ho trovata brutta e per quanto mi riguarda si è ben sposata con l'opera. Se fosse stata realizzata meglio? Boh, non lo so, non potendo visionarla non posso sapere, magari mi sarebbe piaciuta di più, magari di meno, magari non mi sarebbe cambiato niente. Io so solo che l'opera nella sua interezza mi è piaciuta, compresi i disegni. A tal proposito citerei il secondo film di Kino no Tabi, che mi pare sia stato realizzato decisamente meglio. Nonostante questo, non vi ho trovato un miglioramento globale dell'opera, certo, analizzando singolarmente i disegni mi piacevano di più, ma legando tutto all'opera generale, il valore globale secondo me non è stato incrementato, anzi, forse ci ha perso anche qualcosina.
Sono infine d'accordo con Epicuro sull'aforisma, una bella frase ad effetto da citare in una discussione, ma come tutte queste frasi andrebbero sempre analizzate nel contesto in cui sono state dette, non prese singolarmente e messe a caso in una discussione. Mentre sull'inutilità o meno dell'arte, io mi fermerei a pensare a cosa direbbe un contadino di qualche secolo fa in pieno periodo del raccolto, a parlargli dell'importanza dell'utilizzo della sezione aurea nei templi di Fidia (esempio a caso), o dell'importanza dell'arte nelle nostre vite. Alla fine è tutto sintetizzato nel famoso discorso tra Talete e la servetta tracia.
Poi, sia per l'architettura che per le altre arti applicate; alla fin fine si può vivere anche - e purtroppo oggi lo si vede troppo spesso - in edifici che sembrano scatoloni di cemento, o si può fare grafica indicando su un pezzo di carta solo i dati utili alla comunicazione di un evento eccetera.
Avere il desiderio di creare qualcosa di più, di dare un senso "altro" a quello che si fa, non è una cosa "superflua" che non incide in alcun modo sulla funzionalità della creazione?
Naturalmente, hai ragione, un'aforisma è sempre legato al contesto storico-sociale in cui viene pronunciato; ma nel mondo di oggi, dove appunto come dice ALUCARD80 sono il denaro e l'interesse e il potere le cose che "contano" e che "rappresentano" il punto d'arrivo massimo nel raggiungimento dell'autorealizzazione, io vedo molte affinità con quella società figlia del benessere post rivoluzione industriale, dove l'arricchimento materiale, la posizione sociale e il desiderio d'accaparrare beni o denaro erano l'aspirazione dei più e ciò che distingueva l'uomo perbene ("normale") e con la testa sulle spalle e socialmente rispettabile e affermato.
Però questa è una mia comparazione derivata un po' così, da prendere con le molle, e anche piuttosto larga; non ha più pretese di quante se ne possano dare a una riflessione in un momento un po' a cavolo
PS
Amo anche Dennou Coil.
@ Assenzio
Ma il tema della volontarietà è incluso nel dar forma a una propria idea. E' implicito che ci sia un atto di volontà nel cercare una forma adeguata a quello che si vuole esprimere. E' essenziale. Chi se l'è dimenticato?
Io però direi che: quando è nato l'uomo, con lui è nata l'arte.
ancora una volta mi vedo costretto a quotarti, esimio preso dal discorso mi ero dimenticato delle altre mille sfaccettature intrinseche all'arte, anche se ero più intnzionato a descriverne le funzionalità moderne materiali.. e la tua nota è più che doverosa
@ Ryogo
scrivi:
"Comunque l'arte sarà inutile, come i fiori del resto, ma senza vivremmo troppo male..."
è proprio questo quello che voglio dire io!! Con l'arte che tu apprezzi, stai bene no? E pensi che sia inutile? è solo un concetto errato di partenza, il fatto che l'arte sia inutile! se tu stai bene, che è la coas più importante per un essere umano, ovvero provare momenti di gioia, allora sei difronte alla cosa più UTILE della tua vita! tutto ciò che ti rende felice e ti fa stare bene soggettivamente è importante. Ne consegue, che l'arte per te è utilissima a mio parere i conti quadrano XD ihihihih
@ Slanzard
solitamente si prende come canone ciò che è inarrivabile o quasi, almeno nell'arte. e non parlo solo tecnicamente ma anche filosoficamente. Chi stravolge una concezione in maniera intelligente e funzionale alla concezione stessa viene definito genio, e non solo in pittura. Chi riusciva in passato (e tutt'ora) a rappresentare più fedelmente la realtà, cosa che fra la'ltro richiedeva e richiede anni e anni di esercitazione, pazienza e innato talento, viene indicato come asso nel "settore". A seconda della chiave in cui si legge l'opera c'è un parametro di bravura, se mi passi il termine: per continuare l'esempio di assenzio, in Guernica del grandissimo picasso, così come nelle sue altre opere, c'è una funzionalità puramente simbolica e iconografica, e per niente fine all'estetismo stesso. Il bello del cubismo è la tridimensionalità raccontata in due dimensioni, che incredibilmente può far emozionare lo spettatore anche se apparentemente è di fronte ad un'accozaglia di linee e tratti usciti dalla mente di un folle, come tante persone purtroppo pensano. Eppure, se ci si sofferma di fronte all'imponente tela di Guernica, emergono emozioni e sentimenti angoscianti; è impossibile non avvertire un certo tumulto d'animo osservando quel caos che dovrebbe rappresentare la guerra spagnola al tempo di Franco, e che oltre a rappresentare qualcosa in modo innovativo smuove l'animo di chi vi entra in contatto. Ovviamente si può non gradire, ma per me in quell'opera c'è tanto talento.. e non solo per me, ma anche per la quasi totalità dei critici d'arte mondiali. Non so se mi sono spiegato a dovere
Diciamo quindi che il talento dell'artista è direttamente proporzionale al contenuto che propone nella chiave rappresentativa da lui scelta.
Tutte cose massimamente soggettive, dipendenti da sensazioni personali e quindi opinabilissime. Si torna al discorso di prima
<i>e non solo per me, ma anche per la quasi totalità dei critici d'arte mondiali</i>
Per quanto mi riguarda la loro opinione non vale di più di quella dell'uomo della strada.
Però a sostenere quel che scrivi Slanzard si rischia di cadere nel tutto è relativo.
In questi casi anch'io provo a formulare un aforisma:
i gusti son gusti e molti li han pessimi.
Che poi uno trovi il massimo dell'espressione artistica su un mediocre manichino di cattelan o su un filmaccio, tanto meglio per lui.
Però, qualche distinguo si deve fare.
Io sono da sempre per la ricerca d'una certa oggettività nella bontà di un'opera.
Ad esempio io non apprezzo lo scrittore Mann eppure non riesco a definirlo mediocre.
Quindi se una persona viene a dire che lo Stabat Matee di Vivaldi è una cavolata mi sia permesso di ribattere deciso senza sentirmi rinfacciare la solfa dei gusti son gusti.
Per gli dei c'è tutta un'oggettività ben solida nell'arte e nel fare arte.
Un'oggettività che alla fine può pur essere messa in secondo piano nell'attimo della fruizione ok, non lo nego.
Ma, Barry Lindom è un film fatto bene, girato da dio, fotografato in maniera superba, eccetera...
Con questo che voglio dire? Che se non ami questo film sei stupido? No.
Il discorso sarebbe ben ampio...
Ad esempio, c'è da molto tempo la chimera dell'arte per tutti. Ebbene? Che i Cantos sono adatti alla lettura per tutti? Siamo sicuri che una bocciatura da uomo della strada possa contare qualcosa di fronte ad un'opera che non è concepita per essere letta da 'sto benedetto uomo della strada?
Come si può vedere le cose non sono per nulla semplici.
Per cui, certo molto dipende dalla sensibilità individuale, dal come una certa esperienza personale porta a fruire di un'opera d'arte ma nemmeno va dimenticato che questa non è detto voglia essere compresa e/o apprezzata da ciunque ne tanto meno può offrirsi al lettore univesale.
Per cui, son daccordo nel difendere un soggettività di giudizio ma questa dev'essere ben matura e non un isterico puntare i piedi.
Sull'utilità dell'arte da spiegare a un contadino il discorso può valer anche oggi ed è bella la solfa che fa credere alla più scontata delle risposte ovvero che il contadino farebbe spallucce.
Beh, le spallucce le farebbero in molti presi da i più svariati ceti sociali o lavorativi.
Però, come si spiega che pur nella baita montanara più lercia d'inizio novecento qualche volta sbucano delle statue di legno davvero mirabili?
Se l'arte è inutile quando si va a zappare come mai ancora persiste dopo tutto questo tempo? Anzi, perché esiste dalle origini dell'uomo?
Domande, son solo domande.
P.S; su Kino no tabi il concetto è semplice e provo a spiegarlo con un esempio: prendiamo un libro con un soggetto buono, con tante belle idee e mettiamolo su carta con uno stile approssimativo, claudicante.
Il risultato? Certo, può piacere, può lasciar intatto lo spessore di fondo ma non sarebbe stato meglio se fosse stato scritto con un bel stile? (con bel stile intendo una buoan scrittura e quindi anche dura, piena ma consamevole).
Saluti
E' infatti per me è cosi. Sui gusti, chi sarebbe a decidere quali gusti son pessimi? Tu? E perchè? Sei un essere superiore? Io non ti ritengo tale. Io? Men che meno. E allora chi altri?
<i>Però, qualche distinguo si deve fare.</i>
Continuate tutti a usare parole come dovere, è necessario, bisogna. Non per me. Per me sei tu che stai decidendo arbitrariamente che qualche distinguo va fatto. Per me invece no.
Tu puoi anche ribattere deciso, libero di farlo, ma se credi di avere più ragione dell'altro per me sei automaticamente nel torto.
A me pare proprio che il mondo funzioni in questo modo:
un'artista è considerato bravo se lo giudicano bravo persone competenti ed esperte. Tuttavia queste persone competenti ed esperte sono giudicate competenti ed esperte proprio perchè apprezzano un artista bravo. Ergo una doppia implicazione, che non dice nulla.
Sull'arte per tutti. Per me un'opera bella adatta a tutti è superiore a un'opera parimenti bella che può piacere solo a pochi. Sono da sempre contrario alla creazione di una cerchia di intelligentoni che si autocompiace della propria conoscenza ritenendosi un elite culturale superiore all'uomo medio che detti legge su cosa è bello e cosa è brutto.
Oppure, ammettendo che anche possa essere così, cosa ti fa credere che tu faccia parte di questi, e non sia invece più simile all'uomo della strada. Spero converrai con me che il numero di letture svolte non sia necessariamente proporzionale alla "presunta" competenza.
Sull'arte inutile, prima si dovrebbe decidere meglio cosa sia utile e cosa sia inutile. In fondo, senza cibo non puoi vivere, senza arte si. Che poi possa essere una vita non meritevole di essere vissuta è un altro discorso.
Tu avevi fatto l'esempio del cono e del cilindro, no? Se cambi prospettiva li vedi in modo diverso, giusto; ma il cono e il cilindro non vengono modificati dalla tua vista, è solo la tua percezione che muta, il tuo vedere non rimodella la forma dell'oggetto.
Ti voglio fare un esempio io:
Relativamente a un quadro di Van Gogh, un paio di scarpe sfasciate, Heidegger costruì un film assurdo sul contenuto relativo alla fatica della vita contadina basato sulla sua interpretazione di quel quadro. Meyer Shapiro, uno storico dell'arte, lo sputtanò alla grande, perché tutta la costruzione di Heidegger era nata dal travisamento del quadro, ché le scarpe non erano di un contadino, ma le scarpe sfasciate dello stesso Van Gogh. Non è che perché Heidegger travisò le scarpe, le scarpe diventarono da contadino, e il contenuto del quadro divenne il fim di Heidegger.
Voglio dire, se cadiamo nel relativismo soggettivo in ogni cosa (se vale per i gusti, vale per tutto), ogni cosa diventa inconoscibile, e non possiamo condividere niente, né trasmettere niente - e se capita è una botta di culo.
Lasciare ogni cosa all'interpretazione soggettiva non ti sembra annullare l'intento di chi crea e relegare ogni sua inetenzione al caso?
Se la qualità dipende dallo spettatore, che senso ha per l'artista creare?
In questo modo creare non avrebbe più alcun valore, se qualsiasi cosa venga fatta sia passibile di libera rielaborazione e ogni contenuto relegato al caso interpretativo.
Se così fosse, la parola "travisare" non esisterebbe. E non esisterebbe nemmeno la condivisione di un significato. Quindi non ci sarebbe nemmeno comunicazione. E noi non potremmo stare qui a scambiarci pensieri.
E inoltre ha ragione Epicuro, da vendere; alcune opere non sono concepite per tutti né possono esserlo. Son da buttare per questo, allora, o diventano brutte? Perché?
...
Io non ho detto che se a uno un'opera non piace, non l'ha capita. Io anzi ho detto che se ne può riconoscere il valore e in ogni caso non trovarla di proprio gusto, e ho fatto l'esempio di Raffaello, proprio perché è inevitabile che ognuno abbia le proprie preferenze e sensibilità.
Poi però mi devi dire anche perché invece Sanzio è scarso.
Ah, ma tu hai chiesto veramente a un insegnante di religione se Dio può incarnare il male?
Che t'ha risposto? Per quello c'è il Diavolo, per tutto il resto mastercard
In ogni caso ribadisco: arte inutile nel senso pratico, come scopo materiale nel mondo fisico. Non che l'arte non sia importante o non abbia valore. Questa è blasfemia.
D'accordo, abbiamo il cono e il cilindro. A questo punto come possiamo dire se è meglio il cono o il cilindro? Potremmo dire che sono oggetti diversi e quindi non paragonabili (come si fa spesso con una serie e un film, o un libro e un quadro), e che servono due coni. Ma ora prendiamo un cono integro e un cono "rotto". Qual è meglio? Quello integro è integro, quindi perfetto, ma quello retto potrebbe dare un senso di vissuto, un sapore antico, o qualsiasi altra cosa possa venire in mente, mentre l'altro apparire meramente falso. L'essere cono o l'esser cilindro in se non stabilisce nulla, devo definire io un ordinamento, ma qui si ritorna al relativismo.
E sono perfettamente d'accordo nel sostenere che qualsiasi cosa sia inconoscibile nella sua vera essenza, quale essere umano potrebbe mai riuscire in tale impresa? Non capisco poi perchè ciò annullerebbe lo sforzo creativo. Perché uno crea? Perché vuole trasmettere qualcosa a qualcuno, perchè vuole lasciare un segno tangibile della sua esistenza, perchè colto da ispirazione, per soldi, per fama o gloria, per essere ricordato nel tempo, o semplicemente perchè gli piace.
Invece certo che possiamo condividere, ma noi condividiamo solo la nostra opinione su un'opera, non l'opera in se.
Io non ho detto che opere non per tutti siano brutte, ma semplicemente che io personalmente ritengo, a parità di bellezza(!), che un'opera universale sia superiore a una per pochi, semplicemente perchè è in grado di colpire più persone.
Per l'utilità chiudo dicendo che ogni persona a una propria concezione di cosa è utile e cosa inutile, siamo sempre al solito discorso, non esiste NESSUNO che possa decidere anche per gli altri, a meno che non sia un essere perfetto.
Il Relativismo di Slanzard e' ben piu' utopico di una visione materialista sulle capacità del singolo, spesso insufficienti o comunque non massimali per tradurre in concreto un concetto.
Un bambino ha una conoscenza della scrittura limitata, sia per forma che per contenuto, con la quale deve pur comunque confrontrasi nel momento in cui esprime un sentimento. Il sentimento non e' autentico? certo che no
il discorso e' questo, ma non vorrei entrare in un eccessiva dissertazione filosofica: Forma e Sostanza sono due aspetti dell'idea che camminano a braccetto, non si equivalgono ma convergono ogni qual volta l'uomo esprime una parte di se'. Esiste un canone per la Sostanza? no, a mio avviso
Esiste un canone per la Forma? neanche . Esistono tuttavia una serie di parametri per la non-forma ; per essere esplicito, un artista deve prima acquisire una serie di competenze e abilità per poter effettivamente plasmare l'opera attraverso la sua visione, se non le possiede non fa una scelta secondo sua idea, ma secondo suo limite.
Alucard utilizzando il termine inarrivabile ha già espresso efficacemente tale argomentazione.
Esiste una critica oggettiva? no ; parimenti esistono dei canoni per la non-critica, generati dall'ignoranza. Posso dire che Picasso e' un idiota Se conosco le opere dell'autore, conosco il contesto, approfondisco i suoi intenti, mi spingo in paragoni. La critica presuppone conoscenza, non rifiuto, altrimenti si corre il rischio di vedere un cono integro in rotto o viceversa.
Puo' la Guernica non tradurre la Forma? ovvio, un'incompatibilità di linguaggio, nella quale devo essere in grado di scindere i limiti dell'autore dai limiti di chi osserva.
Per me Picasso era un aborto, poi attraverso lo studio ho acquisito una visione piu Libera e Consapevole, con la quale oggi riesco a "sentire le sue parole", magari bestemmie, ma le sento.
Limbes sono tutto sommato d'accordo con quelli che dici, e
dopotutto Slanzard implicitamente vi da ragione citando la parità di bellezza, secondo me sta subendo una conversione al lato oscuro
Tu dici:
<i>E sono perfettamente d'accordo nel sostenere che qualsiasi cosa sia inconoscibile nella sua vera essenza, quale essere umano potrebbe mai riuscire in tale impresa? Non capisco poi perchè ciò annullerebbe lo sforzo creativo </i>
Ti ho già risposto
<i>Se la qualità dipende dallo spettatore, che senso ha per l'artista creare?
In questo modo creare non avrebbe più alcun valore, se qualsiasi cosa venga fatta sia passibile di libera rielaborazione e ogni contenuto relegato al caso interpretativo</i>
Se uno crea qualcosa e poi quest'opera è rielaborata e rinterpretata all'infinito, la creazione va persa, quello che l'artista vuol dire va perso, e con esso l'intento dell'artista di dar forma a qualcosa di personale.
Poi tu dici:
<i>Perché uno crea? Perché vuole trasmettere qualcosa a qualcuno, perchè vuole lasciare un segno tangibile della sua esistenza, perchè colto da ispirazione, per soldi, per fama o gloria, per essere ricordato nel tempo, o semplicemente perchè gli piace</i>
Ma se qualcuno vuole trasmettere ha bisogno di una base comunicativa condivisa, se vuole lasciare un segno di sé è necessario che qualcuno comprenda quello che vuole lasciare, sennò tanto vale fare un graffio su una pietra; un'ispirazione interna va codificata esternamente e se non c'è un codice di codifica (che non appartiene solo al singolo, ma è un codice appartenente alla comunità del singolo) non è possibile darle forma; per soldi vale lo stesso del punto 1, e per la fama e la gloria e il ricordo nel tempo idem.
Se solo perché gli piace, allora uno può fare quel che vuole e tenerselo nel cassetto, e appunto perciò non sarà condiviso, né conosciuto da nessuno, e andrà perso.
Come facciamo a condividere un'opinione senza l'opera? Su che cosa diamo la nostra opinione se prima non conosciamo e condividiamo l'opera?
E comunque, se tutto è ralativo e non c'è base di significato, allora nemmeno quello che vogliamo dire noi, le nostre opinioni, può essere condiviso, e tutto diventa incomunicabile. E non mi pare sia così, dato che stiamo comunicando e per quanto con qualche difficoltà capiamo a vicenda i concetti che esprimiamo
PS
Il Socrate dell'Apologia comunque qualcosa la sapeva, e quello che sapeva lo basava su un dogma, dato da un oracolo per giunta Tu non eri contro i dogmi?
@ Assenzio
E io sono d'accordo con quello che dici tu.
E... Il lato oscuro, bella questa
Comunque per quanto riguarda i limiti fisici di alcuni autori, io il discorso lo estenderei un po' a tutti gli ambiti esistenti, non solo ad anime e manga. Ed anche qui, a mio avviso, non è sempre così immediato dividere una cosa fatta male per incapacità piuttosto che per scelta (e per Kino no Tabi ripeto che a me è piaciuto proprio quello stile grafico, mentre il film che è disegnato meglio non mi ha convinto del tutto). E in ogni caso, se la cosa fatta male anche per incapacità, mi piace di più di come sarebbe venuta senza il limite dell'autore (e per me è una cosa possibilissima) non ho problemi a considerare l'opera limitata superiore.
Prendendo il bambino di Assenzio, per me può anche scrivere una cosa migliore di quella che avrebbe scritto se fosse stato in grado di scrivere meglio (può sembrare un paradosso ma per non lo è, e Kino no Tabi, se davvero è stato disegnato male per delle carenze tecniche, per me ne è una prova).
Poi, anche la necessità di conoscere un autore prima di giudicare una sua opera la considero vera fino a un certo punto. Certo, in questo modo puoi cercare di contestualizzare l'opera all'interno della produzione artistica del soggetto e della sua epoca, considerare eventuali ispirazioni ad altre scuole di pensiero, sapere cosa quell'opera rappresentava per l'autore e cosa voleva trasmettere con essa, e in questo è indubbio che l'esperto e l'uomo per la strada non sono minimamente paragonabili, ma se poi si giunge infine alla fatidica domanda "E' bello?", tutto questa analisi precedente diventa di importanza abbastanza secondaria, sempre secondo me.
Ma l'opera viene GIA reinterpretata e rielaborata all'infinito, accade sempre, quindi non vedo il problema. Basta vedere quando a scuola si studia un'opera letteraria o un dipinto. Noi studiamo sempre l'interpretazione che i critici hanno dato di quell'opera, e non è raro che cambiando libro cambi tutto, compresi gli artisti considerati bravi e quelli non bravi. Non è reinterpretazione questa?
Mi continuate a parlare di basi comuni, canoni comuni, ma io continuo a non percepirne l'esistenza.
Sinceramente mi sembra che ci sia quasi paura a eliminare tutte le basi di pensiero comunemente condivisi per non finire a sguazzare nel dubbio assoluto.
Comunque, io mi riferivo al fatto: così sappiamo cosa è Eva e cosa è Kino.
Le opere non vengono reinterpretate, si cerca per quanto possibile di capire cosa chi le ha fatte voleva dire. Gli artisti, per esempio, utilizzavano essi stessi dei codici arbitrari per le loro allegorie e simboli. Difatti di molte opere, e si ammette, dato che non si hanno a disposizione i codici cui facevano riferimento gli artisti, si azzardano ipotesi ma l'iconologia non dà interpretazioni categoriche.
Effettivamente, sguazzare nel dubbio assoluto ti sembra poco? Mica è robetta da niente, non sapere più niente.
Il critico solitamente non interpreta un opera attraverso una sua opinione che diventa modello, ma studia la scuola di pensiero dell'autore, indica gli aspetti ridondanti e caratteristici ( ad esempio le possibili simmetrie, proporzioni e citazioni in arte, o in letteratura i topoi appunto ), ritrova gli scritti e i progetti, poi recensisce ovviamente. Questa figura professionale e' un po martoriata, devo dire la verità, perche' la si associa alla televendita che commenta qualche pseudo artista della pop art italiana, mentre si tratta solitamente di esegeti dalla cultura enciclopedica. E aggiungo, non diamo per scontato il non sense, perche' soprattutto in passato non era particolarmente di moda, sia in arte che in letteratura ( anzi la letteratura e' spaventosamente lampante )
hai un preconcetto errato, cioe' che i "grandi" del passato lo siano in funzione di una critica relativa. Su questo sbagli, non perche' su di essi non e' stabilita la possibilità di dissentire, ma perche' nessuno ha mai detto che le loro opere risultano "belle"! Le loro opere sono storicamente significative, per originalità, come stereotipo futuro...
torniamo ad una dimensione odierna e bassa, e prendiamo un manga molto noto, Naruto.
qui non si sta discorrendo se Naruto sia bello o brutto ( a me piace! ) ma prendo ed analizzo i vari punti, chiedendomi:
1) com'e' il disegno? al che ti posso oggettivamente rispondere ( se piace o meno e' altra storia, ti posso dire com'e' )
ovvero sommario, distribuzione non eccelsa di ombre, ecessiva piattezza, scene poco "dense" a livello temporale. Robadisco, si puo' sostenere che l'anatomia dei corpi sfiora l'iperealismo? no, e' un fatto, non un'opinione
2) com'e' la trama? idem. Ha spunti originali inerenti al macroambiente che costruisce, pero' ricade in vecchi inciuci, esaspera una realtà manichea della vita che mal si associa ai personaggi.
Puo' un bambina dal ciuffo rosa di 12 anni struggersi d'amore, rischiare la vita e fare tutta una serie di riflessioni esistenziali?
Quando si parla di codici, si parla dell'insieme e tanti altri elementi, e li si pone dinanzi ad un pubblico. Naruto e' un bel manga? ni o so
Naruto e' un capolavoro? no, o meglio, per un certo target non puo' esserlo
Mi piace sentire i pareri di tutti e quando i daloghi si propagano così profondamente su argomenti che adoro non posso che esserne felice adoro AC XD
Oppure, ammettendo che anche possa essere così, cosa ti fa credere che tu faccia parte di questi, e non sia invece più simile all'uomo della strada. Spero converrai con me che il numero di letture svolte non sia necessariamente proporzionale alla "presunta" competenza."
Vorrei capire quando ho dato l'idea che esiste un aspro antagonismo tra le opere per tutti e quelle per pochi.
Ma chi ha parlato di gruppuscoli d'intelligentoni?
E chi si è ritagliato un posticino tra questi? Io?
Per gli dei qui non si sta facendo una classifica ma si cerca di ragionare.
Ci sono opere che sono create "per forza" non adatte a tutti.
Nessuna offesa in questo.
Allora davanti a queste opere che valore può avere il giudizio dell'uomo da strada (ma può valere anche il contrario, ovvero dell'opera pop non capibile per l'erudito eccetera)?
Ok, per il cilindro ma se prendiamo una costruzione geometrica minerale complessa? Chi la definisce? Chi riesce a determinarla?
Non volevo creare dicotomia.
Volevo marcare l'esistenza di una chimera ovvero che l'arte deve essere adatta a tutti e quindi giudicabile pienamente per tutti e su questo concetto far vedere un altro lato della nostra discussione.
Che il tutto è relativo non porta sempre buoni frutti e che il resgno della soggettività non è una monarchia assoluta.
Allora lo ripeto, va bene che una persona X (genio o ignorante che sia) mi bocci Lolita ma io potrò sempre rispondere che quel libro è scritto bene, che è un buon libro.
Un buon libro che può non piacere.
Poi, sul segno tracciato dal bimbo fate attenzione che si rischia di cadere su certi gorghi d'arte moderna da quattro soldi.
Quindi, liberissimo d'amare Kino no tabi ma per favore non tirar fuori che il disegno è belloe quindi funzionale al concetto o alla storia espressa perché in realtà il disegno in Kino è piuttosto blando e mal risolto (il disegno, magari il design originale aveva il suo perché).
E questo non lo dico cercando di far valere una vaga appartenenza alla sacra cerchia degli eruditi (mai nemmeno mi sono posto in quella casta) ma tentando di soppesare il tratto, la colorazione, la resa delle animazioni.
E queste cose le soppeso in quanto io stesso son disegnatore e posso vantare una certa esperienza.
Ed ancora una volta, se a te quella serie piace tanto meglio.
Saluti
Per esempio, la mia professoressa di storia dell'arte (alla scuola d'arte dove andavo) poteva sembrare a prima vista una pesona superficiale, sbadata, anche un pò antipatica, ma quando apriva bocca e parlava d'arte, potevi ascoltarla per ore, era qualcosa di fantastico.
Comunque concordo con quello che dici Alucard, il critico non è più inteligente, solo più esperto nel suo settore (almeno dovrebbe) rispetto a un aperson anormale.
mah comunque direi di si, l'intelligente lo puoi trovare dapperttutto, l'esperto solo nel settore proprio perchè si occupa di quello
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