Pubblichiamo uno stralcio dell’intervista realizzata da Sacro Leo di CdZ Millennium a Stefano Cerioni, dialoghista dei 114 episodi della serie televisiva e dei quattro film originali de I Cavalieri dello Zodiaco “doppiaggio storico”.
Stefano è laureato con lode in Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo e ha esercitato la professione di adattatore nel doppiaggio dal 1988 al 1995. Tra gli anime da lui dialogati anche Milly, un giorno dopo l'altro e Tanto tempo fa... Gigì.

• Stefano Cerioni, raffinato e abile dialoghista della mitica serie de I Cavalieri dello Zodiaco. A distanza di ormai vent'anni, cosa ti è rimasto di quell'intensa esperienza?
Ricordi, un album intero. Ogni tanto qualche episodio della mia vita lo costringe a riaprirsi, faccio fare di nuovo capolino a vecchi volti e li rivedo ancora cari, ancora giovani. Quando lavoravo ai Cavalieri bivaccavo spesso in sala doppiaggio, quelle che per voi sono voci per me sono volti, non tutti riabbracciabili, alcuni perduti per sempre. E’ molto triste. Per me resteranno sempre gli stessi. Tesi per una battuta, un'intenzione, un labiale. Di quell'esperienza professionalmente ricordo anche l'avidità con cui imparai e il piacere di sapere che qualcuno mi leggeva o ascoltava volentieri quello che scrivevo.
• La scelta che perseguiste, insieme al direttore del doppiaggio (il compianto Enrico Carabelli), rappresenta qualcosa che al giorno d'oggi sarebbe irripetibile: libertà artistica e, se vogliamo, “licenza poetica”. Cosa significava adattare nella nostra lingua un episodio dei Cavalieri?
La libertà la dettava il testo, che spesso era lacunoso e giocava a rimpiattino coi dialoghisti. Fu un modus operandi che decidemmo all'inizio, ma che raggiunse piena consapevolezza di sé solo dopo un po’ di tempo. Caso volle che una semplice scelta operativa si trasformasse in epos e teatro, in tutto ciò che furono, nel bene e nel male, I Cavalieri dello Zodiaco. Scriverli significava scoprire qualcosa di nuovo ogni puntata. Enrico Carabelli mi spronava, senza la sua fiducia non avrei combinato nulla di buono. Senza la sua grande abilità registica e la disponibilità degli attori a lasciarsi guidare da lui fino allo sfinimento.
• Come nacque l'idea di inserire quel “Per il Sacro...” alla maggior parte delle tecniche dei cavalieri d'oro?
L'idea di un colpo magistrale della costellazione prese un po’ tutti, all'epoca. Qualcosa di unico e riconducibile unicamente all'identità del personaggio. Le tecniche rappresentavano i momenti diversi dell'apprendimento. Ma un colpo solo... uno solo li rendeva peculiari e diversi l'uno dall'altro.
• Tu che hai vissuto l'edizione italiana della serie direttamente in sala di doppiaggio, cosa ricordi di quella “teatralità” nella recitazione di cui abbiamo potuto godere anche noi telespettatori?
Forse la parte più bella. La scoperta che Carabelli faceva ogni volta delle potenzialità espressive delle battute. Spesso si fermava, costringeva attore e fonico a ‘pensare’ la battuta. Io sapevo che aveva questa abitudine, e cercavo ‘biecamente’ di caricare la frase. Spesso il risultato era soddisfacente. A volte meno, a volte più. A volte la compenetrazione tra testo, disegno e colonna sonora era addirittura ideale. Questo però è un merito dei giapponesi. Noi cercammo di sfruttare al massimo le qualità dell'originale.
• Le citazioni letterarie (Dante, Foscolo, per dirne alcuni) furono tutte idee tue, o qualcuna ti venne proposta direttamente in sala, magari dallo stesso Carabelli?

Le citazioni tratte da classici della letteratura italiana sono tutte opera di Enrico Carabelli. Forse alcune furono suggerite in sala da attori. Ritengo, però, che la maggior parte siano dovute all'amore di Enrico per la poesia. Per quanto molti siano restii a crederlo, io ero per la fedeltà all'originale. Solo qua e là qualche altisonante ed epico dettato con apostrofi e toni da dramma psicologico... ove possibile. Ovunque ci fosse spazio e tempo per l'intervento creativo.
• Un quesito che attanaglia molti fan dei Cavalieri: cosa ti ha impedito di accettare l'invito di Ivo De Palma, ossia ricoprire il tuo vecchio ruolo di dialoghista nella saga di Hades?
E’ stato difficile scegliere di non tornare. Credetemi. Avrei voluto, se non altro per dimostrare a me stesso di avere ancora il piglio eroico dei bei tempi andati. Solo rispettare le consegna sarebbe stato difficile, faccio un altro lavoro, non avrei potuto garantire efficienza e professionalità. Ivo ha capito. La mia decisione gli è dispiaciuta. Io di certo a malincuore ho lasciato le ‘mie’ creature a un altro. Ma, piuttosto che tradirle...
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Stefano è laureato con lode in Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo e ha esercitato la professione di adattatore nel doppiaggio dal 1988 al 1995. Tra gli anime da lui dialogati anche Milly, un giorno dopo l'altro e Tanto tempo fa... Gigì.

• Stefano Cerioni, raffinato e abile dialoghista della mitica serie de I Cavalieri dello Zodiaco. A distanza di ormai vent'anni, cosa ti è rimasto di quell'intensa esperienza?
Ricordi, un album intero. Ogni tanto qualche episodio della mia vita lo costringe a riaprirsi, faccio fare di nuovo capolino a vecchi volti e li rivedo ancora cari, ancora giovani. Quando lavoravo ai Cavalieri bivaccavo spesso in sala doppiaggio, quelle che per voi sono voci per me sono volti, non tutti riabbracciabili, alcuni perduti per sempre. E’ molto triste. Per me resteranno sempre gli stessi. Tesi per una battuta, un'intenzione, un labiale. Di quell'esperienza professionalmente ricordo anche l'avidità con cui imparai e il piacere di sapere che qualcuno mi leggeva o ascoltava volentieri quello che scrivevo.
• La scelta che perseguiste, insieme al direttore del doppiaggio (il compianto Enrico Carabelli), rappresenta qualcosa che al giorno d'oggi sarebbe irripetibile: libertà artistica e, se vogliamo, “licenza poetica”. Cosa significava adattare nella nostra lingua un episodio dei Cavalieri?
La libertà la dettava il testo, che spesso era lacunoso e giocava a rimpiattino coi dialoghisti. Fu un modus operandi che decidemmo all'inizio, ma che raggiunse piena consapevolezza di sé solo dopo un po’ di tempo. Caso volle che una semplice scelta operativa si trasformasse in epos e teatro, in tutto ciò che furono, nel bene e nel male, I Cavalieri dello Zodiaco. Scriverli significava scoprire qualcosa di nuovo ogni puntata. Enrico Carabelli mi spronava, senza la sua fiducia non avrei combinato nulla di buono. Senza la sua grande abilità registica e la disponibilità degli attori a lasciarsi guidare da lui fino allo sfinimento.
• Come nacque l'idea di inserire quel “Per il Sacro...” alla maggior parte delle tecniche dei cavalieri d'oro?
L'idea di un colpo magistrale della costellazione prese un po’ tutti, all'epoca. Qualcosa di unico e riconducibile unicamente all'identità del personaggio. Le tecniche rappresentavano i momenti diversi dell'apprendimento. Ma un colpo solo... uno solo li rendeva peculiari e diversi l'uno dall'altro.
• Tu che hai vissuto l'edizione italiana della serie direttamente in sala di doppiaggio, cosa ricordi di quella “teatralità” nella recitazione di cui abbiamo potuto godere anche noi telespettatori?
Forse la parte più bella. La scoperta che Carabelli faceva ogni volta delle potenzialità espressive delle battute. Spesso si fermava, costringeva attore e fonico a ‘pensare’ la battuta. Io sapevo che aveva questa abitudine, e cercavo ‘biecamente’ di caricare la frase. Spesso il risultato era soddisfacente. A volte meno, a volte più. A volte la compenetrazione tra testo, disegno e colonna sonora era addirittura ideale. Questo però è un merito dei giapponesi. Noi cercammo di sfruttare al massimo le qualità dell'originale.
• Le citazioni letterarie (Dante, Foscolo, per dirne alcuni) furono tutte idee tue, o qualcuna ti venne proposta direttamente in sala, magari dallo stesso Carabelli?

Le citazioni tratte da classici della letteratura italiana sono tutte opera di Enrico Carabelli. Forse alcune furono suggerite in sala da attori. Ritengo, però, che la maggior parte siano dovute all'amore di Enrico per la poesia. Per quanto molti siano restii a crederlo, io ero per la fedeltà all'originale. Solo qua e là qualche altisonante ed epico dettato con apostrofi e toni da dramma psicologico... ove possibile. Ovunque ci fosse spazio e tempo per l'intervento creativo.
• Un quesito che attanaglia molti fan dei Cavalieri: cosa ti ha impedito di accettare l'invito di Ivo De Palma, ossia ricoprire il tuo vecchio ruolo di dialoghista nella saga di Hades?
E’ stato difficile scegliere di non tornare. Credetemi. Avrei voluto, se non altro per dimostrare a me stesso di avere ancora il piglio eroico dei bei tempi andati. Solo rispettare le consegna sarebbe stato difficile, faccio un altro lavoro, non avrei potuto garantire efficienza e professionalità. Ivo ha capito. La mia decisione gli è dispiaciuta. Io di certo a malincuore ho lasciato le ‘mie’ creature a un altro. Ma, piuttosto che tradirle...
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Eh, ma dovranno pure crescere, i Saiyan, per poi poter procreare!
non smetterò mai di ridere,kotaro,dopo questo tuo commento...mi sa tanto che a volte...molto spesso direi...ce le andiamo a cercare.
♪♪♪...sono i cavalieri dello zodiacoooo,hanno nomi importanti,non son soltanto biondi eroi!♪♪♪...
(scherzo)
E già, da più di 20 anni infatti che in Italia non sentivo parlare dei cavalieri dello zodiaco.........ma per favore, neanche a zelig ho sentito certe battute.........troppo divertenti
fra 20 anni potrai dire la stessa cosa?
Ancora a 20 anni dalla prima trasmissione italiana non ci siamo arrivati!
Comunque, @ Angel Vegetto
Se, a distanza di anni dalla conclusione della sua serie base, a Saint Seiya continuano a dedicare progetti, spin off, film, serie animate, manga un motivo ci sarà pure, no?
Non confidare troppo negli animefans italiani medi (ossia quelli che si basano solo sugli anime del momento), che loro sono molto modaioli e poco costanti, quindi si dimenticheranno di Saint Seiya allo stesso modo di Dragon Ball (ne è la prova che il fan italiano medio di Dragon Ball per la maggior parte ne disconosce sia il manga sia la prima serie animata!).
Guarda che siamo arrivati abbondantemente a 20 anni dalla prima trasmissione italiana. Se non erro fu trasmesso la prima volta a metà degli anni 80 e oramai siamo quasi nel 2010.
A metà degli anni '80 Saint Seiya non esisteva ancora, dato che cominciò nel 1986!
Non puoi nel modo più assoluto relegare Dragon Ball a "la moda del momento", in primis perchè è una moda, questo sì (prima trasmissione italiana 1989 su Jtv col primo doppiaggio), che dura da vent'anni!
anzi,per essere precisissimi,perchè a queste cose ci tengo,il giorno esatto della prima visione del primo episodio dei cavalieri dello zodiaco è datato 26 MARZO 1990,CHE DIO CI CONSERVI QUESTA DATA!
Phoenix/ Ikki: Virgo nn ai K@pito Ke mi SoNo ftto aposta levare i cincue sensi Wahahaha !!!!!!!
Virgo/ Shaka: Cioè sei tropo paxxo nn ai Kapto coxa ai riskiato xer avere il settmo senso!!!!!!!!!!!!!
Phoenix/ Ikki: Nn puoi Kapire io lovvo troppo atena e i miei @mici!
:P
Ommioddio!
comunque tornando a bomba,non si può fare a meno di parlare dei cavalieri dello zodiaco se non poniamo la classica distinzione tra saint seiya e i cavalieri dello zodiaco,da una parte inseriamo tutto ciò che appartiene all'opera originale e dall'altro lato ciò che apaprtiene al doppiaggio storico,visto che il nome in italiano deve ricordare necessariamente il doppiaggio storico,visto che c'è il richiamo diretto a quello,nonosante l'idea del nome sia della giochi preziosi per i motivi di merchandising che tutti conosciamo.
comunque sia,poste le dovute distinzioni che ormai conoscono pure i pesci se cominciano a parlare,qualora vengano poste delle divergenze(il discorso che sta alla base E' SEMPRE LO STESSO,ma è meglio ribadirlo a chi ha i tappi di cerume e qualche prosciutto sparso qua e là)bisogna sempre rispettare reciprocamente ogni tipo di parere senza mai ledere le preferenze altrui,altrimenti è un chiaro invito al contrario,ovvero all'offesa e al non rispetto recirpoco,mi pare scopntato come discorso,ma non si può fare a meno di dire che è così,e purtroppo,nei post precedenti,è già successo più di una volta,che poi si maschera questo comportamento ciò non toglie l'evidenza deli intenti in ciò che si scrive in merito,ma così facendo,anzichè generare delle discussioni ben foindate su ciò richiesto dal topic se non arricchirlo di particolari,si scende nelle solite annose questioni faziose,il che è deleterio ai fini di una buona discussione in merito all'intervista a cerioni.
per chi vuole continuare ad osannare le repliche di dragon ball,per chi vuole continuare a dire che il doppiaggio italiano sui cdz non andava fatto così quando ormai esiste da vent'anni,per chi vuole continuare a generare le annose discussioni dicendo tu fai ridere con i tuoi nostalgici discorsi mentre io sono all'avanguardia,è proprio a coloro che è riservato questo post,perciò tenetevelo bene a mente,rispettiamo le vostre opinioni,ma ci teniamo molto a valorizzare anche le nostre,visto che nonostante le imperfezioni note A TUTTI,il prodotto COMUNQUE CI PIACE COME LO ABBIAMO SEMPRE VISTO E AMATO.
ahahahaahahah XD ma si, come tutte le cose in piccole dosi va bene, addirittura maledzione però XD XD....
@ Assenzio
per "potesse subire una modifica" che cosa intendi precisamente? devo essermi perso qualcosa per strada
Tuttavia si continua a non afferrare il punto mio,e forse anche di Vegetto, che allora si faccia una premessa. I CDZ sono un buon'anime in prospettiva storica, ma mia opinione, in prospettiva assoluta rivaleggiando in negativo con tante opere bimbominkia; non c'e' alcuna profondità psicologica, divisione netta tra bene e male a livello del piu' becero prodotto della Chicco ( con l'unica eccezione di Phoenix) , una trama che ricade in modelli biblici alla Lazzaro piu' tenace del Viagra, svolgimento narrativo mediocre supportato ancor piu' mediocremente dal disegno. Umile opinione, un prodotto da 6 che per una serie di circostanze arriva a 7; detto questo, come mi si fa ad inquadrare nella categoria del purista fanboy, e' follia pura.
Io sostengo, in un contesto che va ben oltre il singolo anime-manga per adolescenti, che reinterpretare un' opera e' sbagliato poiche' si possono travisare ideee e contesti. Il fatto che i CDZ non risentano di tale "lavoro" e' negativo, poiche' sottolineano un uso nullo del registro linguistico quale elemento caratteristico dei personaggi. La domanda e' meglio o peggio e' fuorviante, perche' soggettivo; e di fatti tale soggettività e' un'ulteriore riprova che non dipingo su un quadro surrealista perche' sono un sostenitore del classicismo, soprattutto se non l'ho dipinto io.
Provo lo stesso rispetto verso l'animazione che per letteratura, scultura, muscia etc etc, e quindi applico gli stessi canoni etici
per le offese, ho tranquillamente spiegato il malinetso d'origine, nesuna offesa
se pensate di fregare con questi discorsi aggiraostacoli coloro che da sempre amano questo cartone per come lo hanno in gran parte inteso,ripeto,pur con delle imperfezioni assai note,avete sbagliato indirizzo.
ripeto,ora rispetto le tue divergenze,così vediamo che discorso esce fuori adesso,giusto per capire,sono curioso.
@Kotaro se non sono 20 anni poco ci manca
@Alucard: ti riassumo brevemente. Se ho capito, tu indicavi il fine di un opera come la creazione di un mondo romantico, attraverso il quale l'autore raggiunge il pubblico "immergendolo" in una sua dimensione spirituale, scegliendo come veicolo la sua arte. Il manga e l'anime in sostanza, utilizza due canali : il disegno e il linguaggio.
Riflettevo sulla possibilità di un alterazione determinata da un cambiamento piuttosto netto nel registro, spingendomi in alcuni esempi eclatanti in letteratura ove il lessico rappresenta una fortissima qualità della caratterizzazione ( Azzeccagarbugli ). Rivendicavo, in sostanza, un fattore che va oltre l'estetica e il merchaindising del bello e del brutto, cioe' il "rispetto" della volontà originaria dell'autore; cosa che, secondo me, necessita in ogni contesto di una traduzione letterale
assenzio,a quanto pare ti senti etichettato,tirato in causa,io credo di essermi espresso abbastanza bene prima,mi auguro comunque che porti avanti le tue tesi senza creare,per così dire,"disordini",se accadrà,ti posso già dire che sarà meglio non incolpare alcuno di chi ti ha risposto qui dentro,credo che quanto detto in precedenza sia un messaggio abbastanza semplice da recepire.
e con questo ho chiuso il mio intervento in questo topic,me ne torno al tempio!
Ovviamente dipende anche dall'età che si aveva la prima volta che l'abbiamo visto. Ma io Saint Seiya ricordo bene di averlo adorato ancora prima di averne capito la trama e notato il doppiaggio. Mi piacevano i personaggi, e già da quello che un cartone animato può piacere ad un bambino. Il doppiaggio storico per me è stata la classica ciliegina sulla torta. Ho potuto pienamente apprezzarlo solo negli ultimi 5 anni ( conta che ora ne ho 19 ) e mi ha permesso di adorare questa serie cento volte di più.
@Angel-Vegetto
Ah si? Allora vedi un po' di spiegarmi come mai i "vecchietti" che compongo ora la schiera di fan se lo sono visto tutto quando erano bambini mentre le nuove generazioni no!
Eppoi se DragonBall ha successo è proprio per colpa del suo demerito, non ci vuole una scienza per seguirlo.
Ah un consiglio, dato che disdegni il doppiaggio storico allora ti consiglio di guardarti i film con il doppiaggio della Eden, lì i nomi di persone e colpi sono fedeli al manga.
Japan Magazine (sempre Eden) fu il primo a rivelare i nomi originali dei personaggi. Ho recuperato (me deviato) il numero 1 di JP su una bancarella nel 2002 ed è l' unica parte degna di nota. A quanto ne so però con l' edizione pirata del film si incasinarono anche con i nomi dei colpi...Il linguaggio però era da Saint Seiya o imitava Cerioni ?
si si esatto, hai perfettamente afferrato il mio concetto, linguaggio e immagini sono i vettori dell'artista che conducono il suo pensiero lungo il tragitto dalla sua mente alla tavola da disegno, e una volta messi su carta, sono le due chiavi di lettura universali
e in effetti quello che dici è a volte vero (nel senso che accade). Spesso se il linguaggio con cui parla l'autore non viene in qualche modo "tradotto" - ed è quello che fanno spesso e volentieri i critici - i più potrebbero non afferrare il concetto espresso dal creatore dell'opera. Essere artisti creatori ha due facce della medaglia sopratutto quando ci si avventura in opere dal linguaggio personale e intimo: da una parte si rischia di essere fraintesi (sai quante pesone mi hanno detto: ma ti piace davvero Picasso? Ma se i suoi quadri sono solo righe a caso!), dall'altro lato però se si usa una chiave dilettura semplice e accessibile a tutti, si riscontrano più successi in larga scala.
Ma, tornando a priori, a meno che l'opera non sia su commissione, solitamente l'artista desidera creare punto e basta. Quello che ne segue è un prodotto che i pareri soggettivi della gente qualificheranno come bello o brutto o mediocre o ecc ecc. Ecco perchè io "esigo", tanto per usare un termine forte e provocatorio, che si rispetti la volontà dell'autore anche se non si capisce il lavoro prodotto, o non si condivide, o non ci piace affatto. Più di una volta m'è sucesso di riguardare un anime sotto una diversa luce, addirittura con uno stato d'animo differente, e le cose sono cambiate drasticamente. Il mio pensiero rivolto a quel prodotto è cambiato.
LA necessità di traduzione, come dici tu, talvolta serve e io sono d'accordo. E' un mezzo utile per divulgare più semplicemente il messaggio dell'autore a tutti, più chiaramente.
facciamo cosi', non incolpo nessuno e non creo disordini, promesso
@ Alucard: traduzione e in maniera quanto piu' aderente alla versione di partenza aggiungo. Come abbiamo dibattuto anche nell'altro thread, puo' darsi che la percezione di determinati lavori sia condizionata da una presenza, piu' o meno decisiva, di una serie di strumenti cognitivi o nozionistici "minimi" da parte del pubblico.
Per esempio noto, cosa non strettamente vera in tutti i casi, che nelle traduzioni dei romanzi datati si preferiva lasciare i giochi di parole o le assonanze straniere nella lingua madre con la nota a capo, mentre adesso li si traduce magari cambiando la frase in toto . Pur capendo l'enorme divario linguistico con alfabeti veramente eterogenei e differenti dal nostro, nel caso dei manga trovo che la scelta migliore sia il non toccare le espressioni tipiche e delocalizzare, tramite asterischi, le traduzioni, anche come possibilità di arricchimento culturale.
Per i Nomi opinione simile, sono contrario a qualsiasi modifica anche se l'originale e' impronunciabile, ricordo vecchie newsletter su animeclick con un dirigente mediaset ( spero di ricordare bene ) che spiegava le sue ragioni con moventi curiosissimi.
Chissa' se coloravano Guernica per renderlo piu' bello !
(P.S. azz ma allora noi bambini degli anni 80 eravamo dei piccoli geni visto che ci siamo sorbiti questa stupenda serie migliaia di volte e senza problema alcuno.)
ahahah XD si magari con un pò d'arancio e violetto Guernica risultava più carino.
Allora, riguardo a quello che hai detto ti dimostro subito quanto e come hai ragione, e soprattutto l'importanza delle tue parole che condivido appieno:
Immagino tu conosca lo spassosissimo film di Mel Brooks “Frankenstein Jr”, (nome originale Young Frankenstein, e già qui c’è una leggera discrepanza). Ecco, lo stavo guardando l’altra sera su un canale di SKY, per l’ennesima volta, ma giusto per curiosità mio padre ha cambiato in lingua originale il doppiaggio e ha messo i sottotitoli in italiano per capire cosa dicevano, così, tanto per sentire le voci originali e per ascoltare le battute in originale. Eravamo curiosi di sapere come se la ridono “all’inglese”.
Non so se tu conosci il film, ma c’è una battuta sempliciotta, terra terra ma nel contempo molto simpatica, più o meno all’inizio del film, sul lupo che ulula in lontananza.
Il dottore e Igor sono sul carretto che porta al castello, piove, e un fulmine squarcia il cielo e si ode un lupo ululare. Il dottore dice: “lupo ululà”, e Igor pensa voglia indicare la direzione da dove viene l’ululato, così, risponde stupidamente: “e il castello ululì”, indicando di fronte a lui.
Se vuoi vedere la scena la trovi qui
http://www.youtube.com/watch?v=7Hz3IEQ1dVM
In originale, invece, il dottore diceva: “Werewolf?” che significa “un lupo mannaro?”, e Igor gli rispondeva “Therewolf!”, giocando sui termini inglesi si “where” (dove) e “there” (lì). Fra l’altro, Werewolf in inglese significa Lupo Mannaro, cosa che non solo non è stata tradotta, ma lessicalmente non era affatto traducibile. Per quanto simpatica, la battuta nella nostra lingua diventa una forzatura dialettale costrittiva, ma trattandosi di un film era difficile da gestire. Se fosse stato un libro bastava, come hai detto tu, mettere una postilla e il gioco era fatto.
E pensare che tutti gli italiani (compreso me) hanno riso per anni su battute (ce ne saranno migliaia) del genere, non conoscendo quelle originali da cui provenivano. Curioso
a chi piace Frankenstein Jr si riguardi la scena giusto per farsi 2 risate
Io personalmente mi prendo l'onere di aver integrato un dibattito piu' ampio, ovvero che peso debba avere l'intermediario linguistico nel trasporre un'opera di qualsiasi spessore intellettuale, se sia giusto arrogarsi il diritto di modificare quel mondo "romantico" di cui parlava alucard, e quali motivazioni possono adottarsi in tale ambito ( magari ci sono e valide, perche no? ).
Del doppiaggio dei CDZ, insomma, ma quante persone possono interessarsi seriamente? io no di certo, l'ho preso come spunto non come oggetto
@Alucard: Stai parlando di un capolavoro, per non parlare della scena con Gene Hackman; hai fatto un esempio molto pertinente, anche se in quel caso c'e' un'impossibilità strutturale enorme, come hai osservato. Da questo punto di vista sono abbastanza tollerante, credo che anche in opere scritte, per determinati target giovani e poco esigenti, sia possibile modificare in parte i giochi di parole ( notissima la scelta sui Nomi di Harry Potter e company ). Quello che reputo fondamentale e' l'approccio a questo tipo di compito, cioe' partire con il presupposto di " non pensare troppo" ; potrebbe sembrare un controsenso, invece credo che per determinati lavori sia positivo costruire una barriera, un distacco consapevole basata su una conoscenza profonda dell'autore. Mica poco, da notare che prima erano esegeti ad occuparsi delle traduzioni, ora difficile; una casa editrice che mi soddisfa molto e' la Bur Rizzoli, fa delle edizioni stupende
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