Come è organizzato uno studio d’animazione, e quali sono le difficoltà che affrontano i reali protagonisti - non i grandi nomi del settore - della macchina che muove l’animazione nipponica, costretti a lavorare ad orari incredibili per una paga bassissima? Quanto ha inciso e continuerà a incidere la concorrenza degli studi della Corea del Sud e della Cina, le cui case di produzione giapponesi appaltano sempre più spesso la realizzazione degli anime, approfittando dei prezzi più bassi in confronto a quelli nipponici?

La ragazza che saltava nel tempo su Rai 4

Sono questi alcuni dei problemi a cui accennò anche Moriyasu Taniguchi nella sua intervista al Japan Expo 2009, quando parlò della JAniCA, il sindacato a tutela dei creatori dell’animazione nipponica.
«Si deve comprendere che produrre animazione in Giappone è costoso», disse Taniguchi. «I canali TV, gli sponsor moderni, vedono aumentare le loro entrate molto più attraverso quiz e spettacoli di varietà che attraverso l’animazione. La situazione degli animatori non si potrà migliorare fino a quando la JAniCA non andrà allo scontro con le TV. Potremmo scioperare, come negli anni ’70, ma l’associazione non può risolvere tutto, per ora, e il nostro futuro è precario».

Alla crisi del mondo dell’animazione nipponica e al malcontento diffuso, l’autorevole Wall Street Journal ha dedicato un articolo, scritto da Yuka Hayashi, con annesso un servizio video, che potete visionare di seguito con audio e sottotitoli in inglese (se non si avviasse immediatamente mettete in pausa e poi cliccate nuovamente sul “Play”).

I problemi dell’animazione nipponica



Secondo l’articolo del Wall Street Journal, i motivi della crisi si possono far risalire ad un complesso di cause. Tra le principali vi sarebbe il calo delle nascite in Giappone, che scoraggerebbe i produttori di giocattoli e le reti TV, tradizionali sponsor degli anime, dal finanziare nuove serie, con il conseguente spostamento delle case di produzione nipponiche verso prodotti indirizzati al mercato degli adulti, come porno softcore o film violenti.
D’altra parte, anche lo sviluppo di YouTube e di altri sistemi gratuiti ha inciso sulle vendite dei DVD, che, dopo il picco del 2006 di circa 93,7 miliardi di yen, non hanno fatto altro che calare; nel 2009, infatti, secondo la Japan Video Software Association, si è calcolato una diminuzione del 18% sul venduto dei DVD rispetto a quanto totalizzato l’anno precedente, ovvero 72,8 miliardi di yen (circa 580 milioni di Euro).

Secondo i dirigenti degli studi, entro tre anni ci saranno ondate di licenziamenti tra i nuovi assunti, e di conseguenza molti talenti finiranno per andare a lavorare nel più remunerativo campo dei videogiochi.
Un sondaggio tra i dirigenti stessi ha evidenziato, inoltre, come gli animatori più giovani (attorno ai vent’anni) guadagnino, in media, circa 1,1 milioni di yen l’anno, somma apparentemente enorme che equivale, però, a soli 8.800 Euro, mentre quelli sui trent’anni guadagnano 2,1 milioni di yen, pari a circa 16.600 Euro.
Il tutto lavorando, in media, dalle 13 alle 14 ore al giorno per poter rispettare le scadenze, come riferisce in una sua intervista l’ormai ex animatrice Yasuna Tadanaga, 23 anni; il sogno della sua vita, ovvero lavorare per quel mondo che ha visto dallo schermo TV, come tutti noi, si è infatti trasformato in un incubo durato sei mesi. La Tadanaga ha portato a termine il suo lavoro solo per amore dell’animazione, dato che non vi era stato accenno a determinate condizioni negli accordi presi in precedenza, come il fatto che in un mese le sia stata data solo una giornata libera.
Non a caso la maggior parte dei giovani animatori lavora come freelance senza alcun beneficio: molti sono pagati solo per il numero di disegni che producono e la retribuzione è cambiata poco in tre decenni.

Anche la ventiduenne Rie Otani è cresciuta guardando anime dopo la scuola, sognando di lavorare nel campo dell’animazione, e, dopo due anni di formazione in una scuola professionale, è entrata a far parte della Telecom Animation FilmCo, uno studio di Tokyo che ha partecipato alla produzione de La città incantata; tuttavia, anche lei ha scoperto, come professionista della creatività, l’altra faccia di questo lavoro.
La posizione contrattuale iniziale di un animatore le impone di lavorare al PC almeno 12 ore al giorno per portare a termine il suo obiettivo, ovvero realizzare 300 disegni in un mese, il tutto per uno stipendio a volte inferiore ai 100,000 yen mensili (circa 800 Euro).
La Otani, da un lato, non è dispiaciuta del suo lavoro, essendo circondata da appassionati di animazione: «Mi piace lavorare con tutte queste persone, amiamo tutti gli anime», ma allo stesso tempo si pone problemi pratici ben chiari: «Non riesco a guadagnare abbastanza, e mi chiedo se potrò mai lasciare i miei genitori e avere una mia vita».

Lo stesso presidente della Telecom Animation FilmCo, Koji Takeuchi, ha espresso una certa preoccupazione sullo stato del mondo dell’animazione: «L’industria è diventata decadente e stanca», ha affermato. «Molte opere sono piene di tonalità scure e opprimenti, e il messaggio di speranza e di divertimento non c'è più». Takeuchi ha asserito poi che il suo studio si è adoperato per aiutare i giovani collaboratori, fornendo loro un piano assicurativo sanitario più abbordabile e assumendo in modo permanente i più capaci, spiegando inoltre come il governo giapponese stia cercando di sostenere l’industria, sia con un aumento degli investimenti per l’istruzione e la formazione di giovani animatori, sia attraverso l’assegnazione di maggiori fondi per la commercializzazione delle opere.
A questo indirizzo potete visionare alcune immagini dell’interno dello studio Telecom Animation FilmCo in cui compaiono sia Rie Otani che Osamu Yamazaki, nonché il direttore Koji Takeuchi.


Tra gli interventi delle autorità nipponiche possiamo citare anche quello condotto dal Governo Metropolitano di Tokyo, il quale ha costituito l’Anime Innovation Tokyo, società nata per sostenere i giovani talenti dell’animazione, in particolare le produzioni indipendenti. Il gruppo ha finanziato opere come Cencoroll di Atsuya Uki, distribuito dalla ANIPLEX.

Cencoroll Trailer 3

Cencoroll

Tuttavia, quando sempre più gruppi giapponesi ripiegano, per la realizzazione delle animazioni delle loro produzioni, su studi cinesi, coreani o vietnamiti, dove i costi della manodopera sono più bassi, la situazione diventa impossibile.

Anche il noto regista di film e serie d’animazione Osamu Yamazaki (Project A-Ko, Tokyo Revelation, Toward the Terra) è preoccupato dello spostamento all’estero delle produzioni degli anime, perché ciò comporta un vero e proprio depauperamento delle risorse nipponiche: «I giovani hanno un’enorme influenza», ha detto. «Senza di essi, perderemmo le nostre capacità di pensare in modo creativo e flessibile».