La sensibilità degli uomini New Age è finalmente arrivata nella terra dei salaryman. Ma c'è un dettaglio, una caratteristica importante in Giappone, che causa allarmismi sul calo delle nascite: l'uomo moderno giapponese non sembra interessato alle donne e al sesso.
A Tokyo, nel weekend, l'area trendy di Harajuku diventa un miscuglio di tribù urbane: le goth lolita battono le loro ciglia finte, abbagliando col loro ribellismo.
Lontani da quest'estetica ormai superata dalle imposizioni, un esercito di dolci uomini con capelli stirati e jeans aderenti. Questi giapponesi sono i cosiddetti “erbivori” (dalla frase giapponese “ragazzi mangiatori di erba”): eterosessuali, ma apparentemente poco interessati ai “piaceri della carne”.
Sono attratti dal silenzio, dalla vita meno competitiva, si concentrano sulla famiglia e gli amici, evitando i dettami del maschio macho tradizionale giapponese.
Incluso Yukihiro Yoshida, un ragazzo “ventenne-e-qualcosa”, studente di economia, che si autodefinisce erbivoro. “Non prendo l'iniziativa con le ragazze, non parlo con loro”, dice arrossendo. “Ben venga se una ragazza parla con me, ma da parte mia non faccio mai il primo passo”.
Diverse ricerche dichiarano che il 60% dei giapponesi dai vent'anni alla trentina si definisce “erbivora”. Il loro Sex and the City è uno show televisivo chiamato Otomen (ragazzo effeminato). Il protagonista è un esperto di arti marziali, il ragazzo più falso della scuola. Le sue passioni segrete sono il cucito, fare i dolci e rammendare vestiti per gli animali di pezza.
“Nascondo la mia natura” dice nel primo episodio, identità che si cuce addosso segretamente nella sua stanza. “In ogni momento sarò un uomo, un vero uomo giapponese”.
Ma che vuol dire? “Non è da molto che gli uomini stanno diventando simili alle donne. E' l'idea della mascolinità che sta cambiando” dichiara Kokobun Katsuhiro. Dalla sua posizione privilegiata a Gruzzle, grazie al proprio salone di bellezza di Harajuku, Kokobun ne ha viste molte in fatto di nuove tendenze.
Negli anni ha visto sempre più persone venire nel suo salone, persone che definisce “più modeste, con meno richieste, quasi passive; loro accettano quanto gli viene detto”. Ha notato che oggigiorno domandano più trattamenti tipicamente femminili. “Facciamo sopracciglia e trattamento del viso per uomini”, dice sorridendo. “Il rimodellamento delle sopracciglia è molto in voga tra gli studenti del liceo”.
Quindi, non è una coincidenza se le sopracciglia di Sekine Yasuhito sono modellate perfettamente. Il cambiamento dei gusti è ciò che gli interessa di più in questo periodo. Lavora per un internet service provider e opera nel Sweets Club, un gruppo online per uomini a cui piacciono i dessert. Operativo da gennaio, ha già mille membri iscritti (online e di persona), che dibattono sulle virtù delle diverse merendine alla fragola. E' qualcosa che Sekine definisce impensabile fino a vent'anni fa. Folgorato dalla sua voglia, assaggia la dolce gelatina di pesche, lodandola. Non è così forte come la gelatina al caffè alla crema (un gusto da veri uomini, se mai ne è esistito uno), etichettandolo “retro”. Pensa che il suo dessert club mostri come i giovani giapponesi asseriscano la loro individualità, riflettendo il loro cambio di valori rispetto al boom giapponese degli anni 80.
“Una volta (negli anni 80 appunto), gli uomini giapponesi erano più passionali e aggressivi, ma ora queste caratteristiche sono disprezzate. I nostri membri hanno una personalità mite, dicono ciò che gli piace senza pregiudizi, non sono limitati dalle aspettative” dichiara Sekine, che si autodefinisce erbivoro. “In quei tempi a molti uomini piacevano i dessert, ma era una cosa da sfigati. Agli uomini tosti piacevano l'alcol o i cibi speziati. Ho scoperto che a mio padre piacevano i dessert, ma non si è mai fatto beccare”.
La maggior esperta di erbivori, Maki Fukasawa, crede che siano nati dall'ultima disastrosa decade di economia stagnante. Ha battezzato così la tribù nel 2006 e recentemente ha scritto un libro intitolato Generazione Erbivori, in cui li suddivide in 23 sottocategorie distinte. Sostiene che siano una ribellione verso la generazione di impiegati dei loro genitori, consci di girar le spalle ai canoni vigorosi e consumistici della loro epoca.
“Provano una sorta di repulsione verso le generazioni più vecchie”, dice Fukusawa. “Non vogliono avere il loro stile di vita, e il loro impatto sull'economia è molto grosso. Ora fanno molta notizia per via delle basse vendite, specialmente sui prodotti statali quali automobili e alcolici”.
Dice che il loro avvento porterà cambiamenti positivi: magari hanno meno senso competitivo, ma hanno un forte senso di comunità e di famiglia, cosa che a loro è venuta a mancare crescendo.
“In un certo senso, i loro padri trascurano le loro famiglie. Erano così immersi nello stile di vita dell'impiegato giapponese, uscendo ogni notte col loro capo, che gli erbivori si chiusero nei loro famigliari e amici”, dice Fukusawa.
Ma c'è paura per la finanza e l'impatto sociale degli erbivori. Il loro basso livello di acquisto e la mancanza d'interesse per il sesso invoca due dei più grandi problemi del Giappone: l'economia senza luce e il declino delle nascite. Amano essere amici con le donne, ma per molti di loro nulla di più.
Per le strade di Harajuku, Alex Fujita spiega perché non gli interessa parlarci più: “Ormai le donne hanno molta più istruzione e si immergono nel lavoro. Le donne ora fanno paura”.
E, logicamente, c'è anche un'etichetta per il potere lavorativo economico al femminile, donne che sanno ciò che vogliono, “donne carnivore”.
Con gli uomini erbivori e le donne carnivore, sembra che la terra dei samurai, lottatori di sumo e delle geisha si affacci a uno scenario totalmente nuovo.
Affermi "Forse vedere da dove nascono le cose potrebbe essere più utile di un semplice sapere enciclopedico" quando io non sto affatto ostentando un sapere enciclopedico, che non posseggo e non credo sia indispensabile quanto dotarsi di efficaci strumenti critici.
A mio modo di vedere, è proprio il contrario: tu ignori "da dove nascono le cose", e stai cercando di sostenere ad oltranza una tesi sulla bellezza che si fonda esclusivamente su una presunta innata predisposizione umana al riconoscimento dell'individuo bello e geneticamente perfetto per la riproduzione, escludendo TOTALMENTE dal tuo campo di osservazione il fatto che l'ambiente gioca un ruolo importante quanto la base istintuale nei comportamenti umani. Difendi una tesi innatista, quando l'equilibrio sta ovviamente nel mezzo, in quanto il comportamento individuale è sempre il frutto di un'interazione tra fattori intrinseci ed estrinseci all'individuo.
Un canone estetico, che ti piaccia o meno, è un prodotto essenzialmente culturale, come lo è una religione o una lingua.
Affermi "Ma all'interno di tali caratteristiche differenti c'è una base che ne permette in qualche modo di identificarne i caratteri di bellezza", io ti rispondo che possono esserci caratteri che inducono in tutti gli individui una maggiore attrattiva sessuale, ma confondere reazioni puramente istintive con un concetto che ha un valore esclusivamente sociologico come quello di "canone estetico", aka "ideale di bellezza", è semplicemente scorretto. E' come parlare di medicina durante una lezione di geografia. L'ideale di bellezza è fortemente vincolato alla società in cui si sviluppa, quindi ribadisco per l'ennesima volta che siamo nel campo della cultura.
Infine, affermi "Mah, forse t'è sfuggita l'ultima parte del mio post. Tu affermavi, corregimi se sbaglio, che nell'arte si riflettono i canoni estetici di una società. Io ti ho confutato quest'idea poiché opere create nel medesimo anno presentano figure formalmente diverse, poiché ogni artista ha il proprio stile figuartivo e il proprio filtro attraverso cui propone ciò che vuole esternare", ebbene, il fatto che ci possa essere qualche artista che ha proposto delle raffigurazioni della bellezza maschile e femminile difformi dal canone estetico dominante nel suo Paese in un dato periodo storico, non nega che un canone estetico dominante esista, ma è prova dell'eccezione che conferma la regola.
Io ho ragionevolmente posto queste due basi, e semplicemente ho scelto di non addentrarmi nella prima in quanto discorso estremamente contorto che richiederebbe uno svisceramento inopportuno per questa sede e comunque troppo ampio. Mi pare che detto questo, il resto cada di conseguenza.
Ritengo strambo e di nessuna autorevolezza citare un concorso di bellezza come esempio a sostegno della tua tesi. A 'sto punto ha più fondatezza andare a vedere la gente che presenzia nei postriboli televisivi e declamarne l'attendibilità come epitome di modelli estetici e non modelli di un fenomeno.
Per quello che io ho studiato di antropologia ho trovato che tale studio sia troppo incentrato alla specificità di una determinata cultura e non a come si sia giunti a questa e quindi le cause soggiacenti determinati fenomeni sociali o altri presi in esame. In poche parole a volte m'è sembrato di vedere castelli perfettamente studiati ma privi di fondamenta o che non includono le tappe dei lavori che li hanno costruiti. Con il tuo esempio di miss universo non è che mi hai fatto cambiare idea.
Per quanto riguarda l'arte non si devono confondere modelli stilistici relativi a ogni singolo artista con schemi rappresentativi relativi a determinati movimenti artistici di specifici periodi storici.
Non bisogna prendere le parole e manipolarle come fossero pongo.
Non è mai esistito un canone unico imperante a cui tutti gli artisti di un periodo si attenevano nella loro figurazione. Esistevano degli schemi percettivi e organizzativo strutturali, sia formalmente che iconologicamente, all'interno dei quali ogni artista si muoveva secondo la propra sensibilità. Ma anche all'interno del Rinascimento Classico, Raffaello, Michelangelo e Del Sarto, solo per dirne tre, non avevano il medesimo stile figurativo. Ciò perché non esisteva un canone estetico cui attenersi, ma ognuno creava secondo la propria sensibilità. Il materialismo storico è applicabile agli schemi rappresentativi ma non alla stilistica singola. E se proprio il Rinascimento non ti va bene allora guarda al Manierismo; o lo dobbiamo considerare l'eccezione fra i movimenti artistici? Sai, perché ce ne sono altre di eccezioni, o si potrebbe dire che ogni movimento è un'eccezione alla tua regola, che a quanto pare ha perso di relatività.
Parli di ideale di bellezza... ma la bellezza in sé che fine ha fatto, ha bisogno di un ideale per essere riconosciuta per giustapposizione e categoria? C'è un ideale di bellezza o c'è la bellezza e il gusto?
"la "bella" donna è quella alta e snella, e se una tipa va ad un concorso di bellezza per essere accettata deve rispondere a quei canoni, capisci?" I canoni estetici, come quelli morali sono cose assolutamente arbitrarie. Per me non esiste, non può esistere una regola generale che stabilisce cosa sia più o meno corretto accettare (infatti che a noi ripugnino certe scelte del passato non significa che in un prossimo furturo altri non considereranno spregevoli le nostre -proprio perché non possono essere sottoscritti principi universali di bellezza).
"Qui da noi un obeso secondo te è considerato bello? No, non lo è, secondo il canone estetico dominante." Su questo punto modererei i termini della discussione visto che l'obesità è considerata una patologia o un disturbo alimentare di gravità pari all'anoressia. Quello che invece possiamo dire è che l'estremizzazione di certe malattie (già esistenti nell'antichità ma non in maniera così inquietante come oggi) è andata innalzandosi vertiginosamente proprio perché il "canone estetico dominante" è molto simile ad un'ideologia, o segui quelle regole o muori. Il problema è che non si tratta di un'insieme di regole comportamentali (etiche -sulle quali andrebbe aperta una discussione parallela), ma di "mode". E come, in prima istanza, sono le persone a fare la società e non viceversa, allo stesso modo le mode nascono dalla testa di alcune persone per poi eventualmente diffondersi (non sono diffuse a priori perché le persone siano convinte della bontà dei caratteri distintivi di quella moda). Quello che voglio dire è che esiste comunque un passaggio intermedio, pubblicitario (che si tratti di passaparola, di quadri -anche in quel caso bisognerebbe fare dei distinguo, i pittori avevano i propri modelli, c'era chi amava disegnare chiappe belle possenti come Botticelli o Rubens e altri a cui piaceva il macabro o l'effeminato come Caravaggio-, di calendari e di quant'altro) o impositivo (allora sì possiamo parlare di canone dominante, nel senso che la scelta di pochi finisce per condizionare anche quella del resto della popolazione -accettazione passiva? D'altronde lo stesso meccanismo guida le scelte politiche).
"nella Cina e nel Giappone tradizionali, l'ideale di bellezza femminile era rappresentato da una donna con la pelle bianchissima, e no, questo requisito non era stato imposto da qualche pubblcitario, ma era il riflesso di una condizione sociale. La pelle bianca infatti era propria delle donne nobili, contrapposta a quella bruna delle contadine."
Il fatto di incipriarsi anche in Francia era una "moda", rappresentava uno "status sociale". Ma, come hai evidenziato tu stessa, lo si faceva per contraddistinguersi non perché fosse generalmente accettato il fatto che la donna bianchissima fosse più bella di quella abbronzata (lo pensavano i nobili -una minoranza infima). Non so come ragionassero le donne all'epoca ma gli uomini badavano poco a queste cazzatelle o andavano di sovente a puttane (che non erano certo fiori candidi). Non so cosa ti risponderebbe uno stilista se gli andassi a dire che non è lui a proporre un modo di apparire ma la società a condizionarlo, sta di fatto che non penso che una culona indossi i pantaloni a vita bassa perché pensa di essere più bella ma solo perché vede altre che la portano e segue la moda (visione lassista -lasciarsi trasportare finché la ragione o un'altra moda non prendono il sopravvento).
"Anche nelle società tribali, esiste un proprio canone di bellezza (pensa al modo in cui si abbelliscono uomini e donne tramite anelli e tatuaggi)" Il discorso è più complesso perché alcune cose (i tatuaggi) rientrano nella simbologia tradizionale (da noi edulcorata in un becero status symbol).
"Io baso le mie considerazioni sul relativismo culturale, concetto a fondamento dell'antropologia." Anch'io mi baso sul relativismo (morale, culturale -a volte anche quello ascellare alla Arcuri di viaggi di nozze), con la differenza che considero l'affermare che le inclinazioni estetiche siano figlie spontanee di una società e non veicolate da una massicia (invasiva) opera di convincimento -un po' come i culti stranieri nella Roma antica o l'imposizione dall'alto di norme religiose e leggi- una cosa decisamente poco scientifica. Poi ripeto, se uno in una società non ci vive difficilmente può avere idea delle dinamiche interne a quella società sulla base della sola lettura di saggi e della visione di documentari. Magari parlandoci con le persone, invece di psicoanalizzarne i gusti, si scoprono aspetti molto più profondi della questione.
Poco tempo fa scrissi, per farti un esempio di quanto l'elemento propositivo sia essenziale per la diffusione delle tendenze, che le case editrici svolgono un importante funzione sociale. Se nessuno avesse, diciamo, importato l'interesse per ed un certo modo di leggere la cultura giapponese (distinguiamo sempre cultura e moda), probabilmente avremmo un'idea completamente diversa di quella stessa cultura. Ma questo succede da sempre e banalmente: se non ci fosse stato l'intervento attivo di pochi (rispetto alla maggioranza) e la ricezione (in parte passiva in parte consapevole) dei più, non saremmo arrivati al paradosso moderno che se uno non risponde a determinati requisiti fisici (condivise fino a quando non ci si trova dall'altra parte della barricata) viene considerato strano.
"io invece riconosco la legittimità di queste discipline, che si servono di indagini empiriche al pari di altre scienze" Con la sola differenza che le scienze, quelle vere, studiano un modo per semplicare la comprensione dei sistemi complessi e nel caso di quelli caotici ammettono il limite delle loro ricerche, mentre le altre cercano di spiegare in termini comunque desunti dall'ambito culturale di appartenenza le dinamiche interne ad altri sistemi di valori. E' per questo che uno storico gode quando può confrontare documenti che presentano il medesimo evento in prospettive socio-culturali diverse, mentre un sociologo piange quando una minima evidenza reale sputtana le sue teorie. Questione di differente approccio alla realtà...
"Per quello che io ho studiato di antropologia ho trovato che tale studio sia troppo incentrato alla specificità di una determinata cultura e non a come si sia giunti a questa e quindi le cause soggiacenti determinati fenomeni sociali o altri presi in esame. In poche parole a volte m'è sembrato di vedere castelli perfettamente studiati ma privi di fondamenta o che non includono le tappe dei lavori che li hanno costruiti. Con il tuo esempio di miss universo non è che mi hai fatto cambiare idea."
Mi chiedo quale antropologia tu abbia studiato, dato che questa scienza si propone proprio di comprendere i meccanismi sociali in relazione a rapporti di causa ed effetto. Se si osserva una società africana, e si vede che lì la bellezza tipo femminile è rappresentata da una donna bella in carne, ci si ferma ad una pura descrizione di un fatto. L'antropologo si chiede il perchè, e scopre che la cosa è conseguente alla penuria di cibo, quindi il grasso è sinonimo di prosperità. Pensa che in Niger ci sono donne che assumono pillole ingrassanti per essere piacenti, quando da noi la gente diventa matta con le cure dimagranti. E tu affermi che l'ideale di bellezza non c'entra un fico secco con le caratteristiche specifiche di una certa società.
@Kenzo: Mi sembra che tu mi abbia fraintesa in modo non grossolano, di più.
""Qui da noi un obeso secondo te è considerato bello? No, non lo è, secondo il canone estetico dominante." Su questo punto modererei i termini della discussione visto che l'obesità è considerata una patologia o un disturbo alimentare di gravità pari all'anoressia."
Pensi che quando affermo che esiste un canone estetico dominante lo faccia giustificando la validità di quel canone, e quindi peccando di insensibilità nei confronti di chi non lo rappresenta? Io mi sono limitata a descrivere un meccanismo sociale, non ho detto che è "giusto" (categoria morale di cui un ricercatore di scienze sociali si deve spogliare mentre analizza una certa realtà, altrimenti rischia di cadere in atteggiamenti etnocentrici) che esista un determinato canone estetico e che tutti dovremmo rappresentarlo! La mia capacità espressiva dev'essere davvero pari a zero oggi, se leggendomi lascio trasparire simili messaggi.
Entrambi vi ostinate a negare un dato - la relatività dell'ideale di bellezza - storicamente dimostrabile, per un puro e semplice scetticismo verso le scienze sociali.
P.S. Una nota relativa ad una mia precedente affermazione: freudianamente parlando, è vero che il SuperIo è assimilabile alla cultura, ma è l'Io che media tra Es e Super-Io, non il Super-Io a mediare tra Es ed Io. Magari non interessa a nessuno e non voglio approfondire ora questi discorsi, solo che ci tenevo a correggere questa mia inesattezza.
"Una ragazza intelligente è da amare, non da temere. Ce ne fossero di più di ragazze così."
sono rare ma sta tranquillo si trovano xD
beh in ogni caso non mi aspettavo tutta questo sviluppo di discussione...sono basito O_o
Ma chi ti ha detto che le scienze sociali non ammettano i limiti delle proprie teorie, tant'è che esitono un'infinità di teorie diverse che confutano le altre e cercano di supplire a questi limiti? Chi ti ha detto che nell'indagine socio-psicologica non si proceda come in altre scienze, vale a dire tramite illa ricerca empirica? Come credi venga realizzata una ricerca psicologica o sociologica? Come pensi che abbia lavorato, che ne so, Pavlov? Ma credete veramente che psicologi, sociologi ed antropologi basino le proprie teorie sulla base di quello che si sono sognati la notte prima? E' davvero inutile discutere con chi dimostra un'assoluta mancanza di rispetto verso queste discipline, degittimandole magari perchè ha fatto ingegneria o medicina. Un atteggiamento snobista abbastanza fastidioso, veramente.
Poi quando affermi che le scienze sociali "cercano di spiegare in termini comunque desunti dall'ambito culturale di appartenenza le dinamiche interne ad altri sistemi di valori", scadi veramente nel ridicolo, perchè questo è ciò che fanno le persone comuni, la cui mente è dominata da una visione etnocentrica del mondo, non il ricercatore di scienze sociali di oggi, che riconosce la necessità di spogliarsi di qualsiasi preconcetto morale per poter studiare nel modo più obiettivo possibile una cultura diversa da quella propria di appartenenza. E' per questo che per un antropologo non possono esistere categorie morali come il giusto e lo sbagliato, il bello e il brutto, quando è di fronte al suo oggetto di indagine; deve cercare di capire perchè, per quel popolo, quella cosa è bella o giusta, mentre per quell'altro è brutta o sbaglata...Questo deve fare, senza schierarsi sulla base delle propria morale personale! Ed è questo che significa assumere un'ottica di relativismo culturale!
"Ma chi ti ha detto che le scienze sociali non ammettano i limiti delle proprie teorie". Le tue argomentazioni lo dimostrano, appena qualcuno vi contraddice passate subito all'insulto personale. Non è per snobbismo ma ci sono differenze abissali tra quello che è riscontrabile nella realtà e l'interpretazione che ne danno i sociologi (io ho tirato fuori antropologi, storici e psichiatri).
"Chi ti ha detto che nell'indagine socio-psicologica non si proceda come in altre scienze, vale a dire tramite illa ricerca empirica?" Se lo fa deve anche spiegarci come riesce a non condizionare la ricerca in un senso piuttosto che in un altro. Le persone non sono come le particelle di sodio, capita che facciano cose imprevedibili e mentano. Non sono insetti che a stimolo rispondono meccanicamente (neanche se gli tiri un cazzotto -dipende dalla massa). Se per ricerca empirica intendi quella di cui parla l'articolo, stiamo messi davvero male (e non lo dico solo io ma pure Assenzio che se non sbaglio ha definito assurde le conclusioni -"scusasse" se ho frainteso).
"E' davvero inutile discutere con chi dimostra un'assoluta mancanza di rispetto verso queste discipline". E non discutere, mica esiste un imperativo categorico per cui devi necessariamente confrontarti con persone che la pensano in maniera differente dalla tua. Ma non pretendere che uno prenda per oro colato l'equazione concorso di bellezza = criterio estetico riconosciuto. Anche questo rientra nel relativismo, se non sbaglio: ognuno difende le sue posizione come meglio crede e senza, possibilmente, dare del ridicolo all'altro.
"spogliarsi di qualsiasi preconcetto morale" è impossibile. Se affermi una cosa del genere rendi vuoto il significato personale che assume il termine cultura. Tu stessa in questa frase "perchè ha fatto ingegneria o medicina. Un atteggiamento snobista abbastanza fastidioso, veramente." dai per scontato, sulla base delle tue conoscenze, che le nostre posizioni (mia e di Limbes, che sono a loro volta diverse fra loro) rientrino nei tuoi canoni pregiudiziali (su ingegneri e medici -per i primi concordo pure, ma solo perché ho un fratello ingegnere, devo odiarli). Almeno per quanto mi riguarda hai toppato alla grande, mi interesso di lingue (anche se non mi fanno schifo né filosofia né le scienze basate sulla matematica). Che ti devo dire, son molto scettico (non mi basta il dito nella piaga, ci devo infilare almeno un braccio, un ginocchio e un ombrello aperto): constateremo in futuro se le pecore o un esercito di barbie raperonzolo ci avranno invaso.
Se una persona si spoglia dei propri valori morali non riesce a riconoscere un senso morale nei valori degli altri. E' essenziale che quei valori esistano, "non" inalterabili, e che non rappresentino giacchette di cui liberarsi quando fa comodo. Non è diventando asettici e acritici che si fanno passi avanti nelle ricerche. Il dubbio sull'unicità e indiscutibilità delle proprie posizioni è un'ottima carta per comprendere il diverso. E questo vale anche per le mie di posizioni... non pretendo mica che siano accettate, mi limito a discuterne. Se diventassi Papa volendo potrei fare un pensierino sul renderle dogmatiche, ma le scarpette rosse, il bacchettone magico e la mitra non mi starebbero bene -tendo prepotentemente al viola-indaco e alle scarpe da ginnastica. Ah...
PS
Per inciso, le persone "comuni" (me compreso) non sanno neanche cosa significhi "visione etnocentrica". E fa piacere constatare che quello che neanche gli scienziati dell'atomica ebbero il coraggio di fare, ovvero considerarsi superumani (qualcuno forse sì, intimamente), riesca invece semplicissimo ai ricercatori di scienze sociali. Un motivo in più per dubitare...
"la cui mente è dominata..." ma stiamo scherzando? Queste sarebbero conclusioni scientifiche? (scusa se mi altero, ma ho pensato in differita a questa cosa).
Il gusto dell'estetica e' una carratteristica poliedrica, costruita su diverse basi e non riducibile ad un solo condizionamento
1) paramentro biologico: tanto per fare un esempio, le donne quando ovulano preferiscono i lineamente maschili marcati, altrimenti tendono al lievemente femmineo
2) parametro "psicologico" : i gusti sono condizionati dallo stato d'animo, dalle esperienze, dalle aspettative della relazione, dalla percezione, dai condizionamenti esterni dei conoscenti
durante un momenti di eccitazione morale puoi gradire la figura da te percepita come spregiudicata, in un momento di riflessione santificare invece il personaggio che ti rappresenta la sicurezza
3) parametro socio-culturale: come il senso del " sano " e del " giusto ", si adegua anche il senso del bello.
Le grandi donne dell'arte sono spesso sovrappeso, perche' in un clima di difficoltà alimentare, la massa grassa era un fattore positivo esprimeva
che ci sia o non un'incanalamento dei gusti, Shin, e' cosa sacrosanta; altrettanto sacrosanto concepire che l'eterogeneità della popolazione ( in depauperamento, ma ancora presente ) impedisce un rigoroso " standard " di ragazzo orientale favorito. Lo standard, tra proporzioni fisiche, e' magari biologico
PS pero' sono un po perplesso, rileggo lo scambio d'opinioni e continuo a sostenere che state dicendo la stessa cosa
Sulla questione delle rappresentazioni nell'arte concordo invece con uno dei post di Limbes: si può dire che esista una sensibilità artistica e una riproposizione di modelli armonici (basati sulle proporzioni ma anche no, a discrezione del singolo pittore), ma non che la società sia dominata da quegli stessi modelli. Rendiamo all'artista un po' della sua originalità (andando neanche troppo lontano nel tempo, visto che è ancora vivo, mi viene in mente Botero).
Non mi sembra molto obbiettiva come cosa. E se ci aggiungiamo che sulla mia domananda più antropologica, quella sul tipo della foto, non ha nemmeno risposto...
Ora, Shin, ma siamo sicuri che la bellezza non esiste? A me sembra che quello che tu indichi come modelli di bellezza siano connotati da definizioni più inerenti a gusti e mode (e quello che avevi affermato erroneamente sull'arte tende ad avvalorarlo). Ma comunque prendendo per buona il tuo appassionato... no, contraddittorio non ti piace... ok, la tua tesi, prendendo per buona la tua tesi, potresti rispondermi sinceramente a una domanda?
Perché io riesco a trovare bella una ragazza dell'Africa centrale, una ragazza pellerossa, una ragazza indonesiana, una russa, una indi e una ragazza inuit (test fatto, non sono ragazze prese a caso)? Io non ho alcuna conoscenza delle culture di riferimento delle etnie che ti ho appena citato, né dei loro parametri o stilemi di bellezza. Perché allora semplicemente guardandole io le trovo belle? E sia chiaro, non perché sono schiacciato da un modello di bellezza occidentale globalizzata. Il fatto che te lo dica io di non risentire di tale condizionamento è irrilevante, ma è rilevante che queste etnie presentano caratteri specifici che non si possono conciliare fra loro a formare un tipo approssimativamente unico. Un'africana ha la pelle nera, gli occhi scuri, labbra molto carnose, tratti somatici ben definiti; un indonesiana è chiara, ha gli occhi a mandorla, i capelli liscissimi eccetera, e questo vale per ognuna, ognuna delle quali non è assimilabile a un prototipo che mi sono costruito o mi è strato inconsciamente imposto. Allora perché le ritengo belle, anche se tipi diversi fra loro? Come è possibile?
Attendo risposta.
Se non condividi nemmeno una parola della mia domanda (e mi chiedo come sia possibile una cosa del genere), allora non so che fare, se vuoi mi flagello con la frusta sado che ho sempre a portata di mano accanto al computer. Si fa pe' sdrammatizza'.
La tua correzione sul super Io è stata registrata, ma era già al principio che non avevo capito cosa c'entrasse con l'estetica. E in ogni caso A non sto facendo gli studi scientifici da te arbitrariamente ipotizzati e che arbitrariamente farebbero di me uno snob e B gli studi di antropologia che ho fatto, e che non ho mai detto non fossero carenti, ho solo riportato la mia esperienza, non trattavano i modelli estetici di un'etnia, ma alcuni fenomeni artistico religiosi e sociali, presentando in alcuni casi solo una descrizione approfondita ed esaustiva degli stessi e fermandosi lì. Non ho fatto discorsi generali né ho preteso di fornire il verbo. Ho dato tutte le discriminanti del caso e m'è sembrato abbastanza corretto, ma forse per te non è così perché ogni cosa della branca sociologica antropologica è legittima; fosse così mi chiedo com'è che, detto da te "esitono un'infinità di teorie diverse che confutano le altre e cercano di supplire a questi limiti".
E per favore non menarcela con il relativismo culturale e col decentramento del punto di vista dell'antropologo, perché il solo fatto che ci sia bisogno di questi due atteggiamenti indica che esistano un punto di vista personale e una percezione personale dei fenomeni propri di un singolo, il quale non si può estraniare totalmente da se stesso e da quello che è, e può nascondersi solo fino a un certo punto, dato che non stiamo parlando dell'osservazione e della registrazione di un androide.
Kenzo, difatti spesso gli artisti sono e sono stati in contrasto con i dettami della società dominante, altro che arte specchio o addirittura copia della cultura di un epoca.
Il tifoso che dice "magno, bevo e tifo roma" è la dimostrazione lampante che si può raggiungere il nirvana con una semplictà unica, senza stare a dare sempre milioni di spiegazioni per forza!
La vita è semplicissima, siamo noi che la complichiamo...anzi siete voi qui sopra con le vostre illuminanti lucubrazioni...ma per piacere...
Questa domanda dimostra solo una cosa: che non hai capito (o se preferisci, che non sono stata in grado di spiegarti) cosa si intenda per "canone estetico dominante".
Il fatto che in ogni società, in un determinato contesto temporale, esista un canone estetico dominante (laddove per "dominante" si intende "largamente diffuso e condiviso", senza per questo NEGARE i particolarismi e tutti quegli elementi di natura prettamente biologica che regolano i meccanismi dell'attrazione sessuale), non significa che ogni singolo individuo vi si conformi ciecamente e che sia privo di preferenze personali.
Il vostro problema (tuo e di Kenzo) è che continuate a ragionare riconducendo all'individuo un discorso che invece io sto facendo sulla società nel suo insieme. La sociologia non nega la peculiarità del singolo individuo (quindi non è, ovviamente, affatto impossibile che ad un uomo occidentale di oggi piaccia un prototipo femminile che è l'opposto della velina), ma cerca di spiegare le tendenze che si consolidano a livello collettivo, sulla base di rapporti di causa ed effetto. Ecco perchè anche vedere qual è la "ragazza tipo" che viene scelta come candidata di un concorso di bellezza ha un valore di rilievo sociologico: perchè riflette una *tendenza collettiva*. Quando parlo di canone estetico dominante, mi riferisco ad un insieme di elementi che, in un determinato contesto spazio temporale, vengono riconosciuti come indice di bellezza. Nella nostra società occidentale moderna, questi tratti sono ad esempio l'altezza e il peso forma. Fanno parte del canone estetico "dominante" non perchè a tutti piacciano solo le persone alte e snelle, ma in quanto sono collettivamente riconosciuti come standard di beltà. Avete presente il prototipo del principe azzurro? "Alto, biondo e con gli occhi azzurri"...Egli rappresenta un canone di bellezza ideale largamente condiviso e diffuso a livello di immaginario, tant'è che viene spesso descritto così nelle favole. Non è "basso, grasso e sudaticcio", perchè questi caratteri non richiamano alla mente l'idea di bellezza, nella nostra società attuale (a prescindere dal fatto che possano esistere centinaia di donne che adorano gli uomini bassi, grassi e sudaticci), tuttavia può darsi benissimo che fra 50 anni il principe delle fiabe sarà proprio così, grasso, basso e sudaticcio, perchè la nostra società sarà profondamente diversa, e i caratteri fisici del principe azzurro della nostra epoca per qualche ragione potranno essere obsoleti.
Probabilmente non sono riuscita nemmeno ora a spiegarmi e mi dispiace, ma davvero non so più che termini usare, e non perchè voi siate stupidi, probabilmente sono io che fatico a farmi capire.
I canoni estetici sono sempre esistiti, in tutte le epoche ed in tutti luoghi; vi schifa la sociologia, e ok, allora guardate almeno la storia (a cui la sociologia è ovviamente fortemente legata, infatti non capisco come facciate a separarle)
http://www.benessere.com/bellezza/arg001/storia.htm
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/medioevale/busi---curiosita/Grasso-e-Magro-storia-dei-canoni-estetici.html
Vi invito a queste letture perchè esemplificano concretamente, con riferimenti storici, il discorso che io sto facendo in termini teorici.
Vi offendete perchè affermo che certi punti delle vostre considerazioni mi sembrano assurdi e grossolani, ma d'altra parte nemmeno voi ci state andando per il sottile... Il tono ironico si spreca nei vostri discorsi, sembra quasi mi prendiate per i fondelli per una presunta fiducia cieca che riporrei nelle scienze sociali, quando io semplicemente, a differenza vostra, ne riconosco la legittimità epistemologica, senza per questo fidarmi follemente di qualsiasi teoria legga in giro; il modo migliore per elaborare una teoria che si avvicini il più possibile alla realtà è confrontare teorie diverse, in modo da supplire ai limiti dell'una o dell'altra; prendete poi un articolo di giornale come esempio del "rigore" delle scienze sociali, come se quello anzichè essere il riassunto di un giornalista, frutto del suo personale punto di vista e di una ovvia semplificazione, fosse l'effettivo dossier dei ricercatori; mi dite che è impossibile assumere un'ottica relativista, ed è legittima come opinione, ma per quanto utopico è comunque quello a cui deve tendere il più possibile il ricercatore di scienze sociali per giungere a dei risultati il più oggettivi possibile. Assumere un'ottica relativista significa che il sociologo, se si mette ad esempio a studiare le abitudini alimentari cinesi, non deve indignarsi se i cinesi mangiano il cane, come fa l'italiano medio, altrimenti fa meglio a stare a casa sua, davanti a Studio Aperto a nutrirsi di stereotipi, anzichè cercare di capire seriamente come funzionano le società.
E non presupporre che fossero retoriche perché le mie erano domande precise che richiedevano (richiedono) risposte precise, per chi vuole darmele o per chi è in grado di darmele.
Comunque, se riconosci anche tu che esistono dei fattori biologici e ancestrali che contribuiscono all'identificazione della bellezza, allora di che stiamo parlando? Mi viene da pensare che scardinando la tua corazza sociologica sulla quale insisti in modo ossessivo, alla fin fine abbia ragione Assenzio sulla convergenza.
Però ho un paio di sottolineature blu da fare, o non sarei io, ovviamente.
<i>il modo migliore per elaborare una teoria che si avvicini il più possibile alla realtà è confrontare teorie diverse</i>
Ah, non osservare direttamente e in modo più approfondito la realtà se la teoria non la rispecchia?! Bella questa, mi sa che dà proprio ragione a Kenzo sull'interpretazione teorica dissociata dai fenomeni reali.
Stiamo attenti, Shin, che il tuo modus si sta avvicinando a quello di Penelope.
<i>Il vostro problema (tuo e di Kenzo) è che continuate a ragionare riconducendo all'individuo un discorso che invece io sto facendo sulla società nel suo insieme</i>
La collettività è fatta di singoli individui, se non si parla di fenomeni sociali ma, come in questo caso, di un insieme di fattori sia sociali che biologici e psicologici, mi sembra quanto meno più opportuno andare ad analizzare il singolo individuo o le caratteristiche generali comuni a una moltitudine. Se ci si ostina a dover trovare per forza un modello che però ammette una grande quantità di eccezioni e varianti, ne risulta minata la validità del modello stesso, oltre che la sua legittimità e la credibilità del processo che ha portato alla sua formazione.
Ora, riguardo al primo articolo, spero di essermi rincoglionito e averlo totalmente letto con i piedi. No perché, sai, per esempio, a parte i commenti del tutto personali che l'autore si lascia scappare (a 'sto punto non è un antropologo o un sociologo, è troppo di parte, mi sembra), vi ho trovato più di una contraddizione.
Parte sul medioevo: i trovatori blaterano (tra le altre cose) di donne dagli occhi cerulei, capelli biondi e carnagioni chiare contrapposte ai modelli mediterranei. Ma precedentemente per descrivere le stesse donne mediterranee si era avvalso delle parole omeriche "bianche braccia" e identici "occhi cerulei". Errore di copia incolla? A parte il fatto che mi sa che c'è un fraintendimento fra reali caratteristiche fisiche ed epiteti stilistici dell'epica che hanno una loro ben precisa funzione.
Insomma, riempirei solo il post per queste incongruenze, se non che mi pare appunto più grave la fondatezza di un articolo che 1 è davvero esiguo per accampare qualsiasi pretesa di indagine o spiegazione veriteria, e 2 mi pare appunto un rotocalco elencante trucchi cosmesi mode e quando non questi, canoni desunti frettolosamente (e mi viene da aggiungere casualmente) dall'arte che come già dimostrato non è indice se non di se stessa o di una classe minoritaria cui faceva in qualche caso riferimento. Insomma, francamente, se presentassi un articolo del genere al tuo prof di sociologia questo esploderebbe in applausi? Noo, mi auguro.
Riguardo al secondo, mi pare che ne trapeli più che un canone estetico, una corrispondenza fra forma corporea e status sociale, per cui chi aveva i soldi - e non solo in epoca barocca - si strafogava ed era ovviamente in sovrappeso, mentre i poracci morivano di fame ed era belli magri e asciutti. Ma si è chiesto... o meglio, l'autore dell'articolo ha chiesto a tali poracci se per loro la bellezza era incarnata dai nobili pingui. O magari a chiesto anche a qualcuno di questi nobiluomini buongustai perché capitava che copulassero con ancelle, servette, contadine e poracce generiche? Perché le trovavano brutte ed erano perversi fradici?
'Nsomma, 'sto secondo articolo mi sembra sconclusionato quanto il primo. Mi spiace se ti basi su 'sta roba che ha molto poco di un indagine storica seria o molto di un'estrapolazione mirata ad avvalorare in modo bislacco propri convincimenti. 'Sti articoli che hai linkato tu non è che poi si discostino molto da quello qui sopra... ormai grazie a noi mooolto sopra
Il tono ironico è per non rendere troppo pizzose queste discussioni, e poi perché alla fin fine, almeno parlo per me, detesto una certa aridità accademica. E' così bello il colore.
Painkiller, amico, ma chi ti vieta di scolarti una birrazza stravaccato sul tuo divano a fissare la tv? Chi ha mai detto che un vegetale non può essere più beato di una persona pensante? Chi dice che tutti si debbano chiedere perché le stelle ruotano e perché il Sole sorge e tramonta, perché ti ammali e come si può guarire, perché premendo un pulsante lo schermo si accende e cosa sta dietro quello che guardi in quello stesso schermo?
Però fai attenzione che una pianta può essere travasata, potata, manipolata, costretta ed estirpata a piacimento senza alcuna possibilità di resistenza.
E forse dovrei ricordarti la differenza fra samsara e Nirvana.
Parlando del periodo medioevale si afferma "E’ il modello di una bellezza nordica quello che si impone, prima attraverso la letteratura, poi attraverso le conquiste militari" e su questo sono più che d'accordo. Non dice che esiste nella popolazione un senso comune che porta a considerare belle delle determinate caratteristiche fisiche ma che il continuo parlarne, il continuo presentarle come costituenti la perfezione fisica da parte di chi detiene un potere di condizionamento (le corti, ma anche i mercanti che importano i cosmetici e gli arbiter elegantiarum che consigliano alle donne come farsi belle -avevano Maccioje, Malgioglio, anche loro) contribuiscono a creare il mito del canone dominante, che nella realtà non credo sia mai esistito (parere).
Sempre in riferimento alla percezione comune, nel secondo articolo, parlando di come i costumi alimentari influenzino i modelli estetici nella cultura di corte, si racconta del modo in cui Pietro IV d'Aragona associasse a tavola la "quantità" al rispetto per la carica ricoperta dall'ospite (seguendo l'equazione grasso=ricco). Poi si dice "Ne seguiva come ideale estetico un generale apprezzamento del corpo robusto, perché essere grassi era bello e segno di ricchezza.", non tenendo conto che erano la posizione di potere e gli usi di quella ristretta cerchia a definire questo ideale. Il resto della popolazione vedeva sovrani ricchi e grassi (quando li vedeva, se li vedeva) e, con ogni probabilità, considerava più affascinante la ricchezza alla corposità del sovrano (ma questa è un opinione personale, non una constatazione oggettiva). Però, andando a leggere il secondo articolo si scopre che più o meno nello stesso periodo una figura letteraria di rilievo considerava e indicava come gradevole un personaggio decisamente non rispondente al criterio sopradescritto (immaginando che Dante con "aspetto gentile" intendesse gentilezza di lineamenti). Quindi che la possenza fisica (o qualsiasi altro carattere distintivo) sia un elemento comunemente accettato di bellezza non solo non è accertabile (possiamo al massimo ascriverlo a degli ambienti culturali di cui abbiamo documentazione storica), ma non è neanche una visione imponibile alla maggioranza della popolazione (come non credo neanche che in altra epoca la maggioranza degli inglesi aspirasse all'obesità di Enrico VIII, alla bruttezza di Maria Tudor o alla frigidità di Elisabetta -che pure rappresentavano dei modelli). Si cerca di farla passare per tale (pubblicità -a quei tempi i trovatori a cui tirare gatti morti per farli smettere di cantare-, poemi -loro erano fortunati, noi dobbiamo sorbirci Chi, Visto, Studio Aperto e chi più ne ha più ne metta-, norme di comportamento) e volendo quell'ideale attecchisce, ma dubito che rientri tra le preoccupazioni quotidiane della maggioranza (la vita è molto più semplice, come scrive painkiller -"Franza o Spagna purché se magna" aggiungerei con spirito gattocomunistico) né che la domini.
Ultima cosa.
"Il tono ironico si spreca nei vostri discorsi, sembra quasi mi prendiate per i fondelli". Assolutamente no, siamo proprio nati così. Prendersi troppo sul serio fa male alla salute (una volta ho provato e c'è voluto un piede di porco per togliermi la gamba da dietro il collo -devo smettere di pensare di avere ancora l'età per fare 'ste cose). Tacchetese (take it easy)...
Errore. Il secondo "secondo articolo" sarebbe il primo, ovvero questo http://www.benessere.com/bellezza/arg001/storia.htm. Troppa figaggine nella testa... pardon.
E' una tua convinzione personale che la scociologia non tenga conto del fatto che nel comportamento umano incidono anche dei fattori innati (e se incidano più i fattori ambientali che quelli innati è l'eterno terreno di battaglia su cui combattono empiristi ed innatisti), io non l'ho scritto da nessuna parte, e purtroppo ho l'ennesima conferma, da questo tuo post, che non ti è ancora chiaro cosa sia un canone estetico, perchè continui a portarmi esempi di singoli individui che trovano attraenti anche persone che non corrispondono al canone estetico dominante (vedi l'esempio che fai dei nobili che andavano con le contadinelle)...Ho cercato di spiegare in tutte le salse che l'esistenza di un canone estetico predominante non guida ciecamente il comportamento umano, nè impedisce l'affermazione di un gusto personale palesemente opposto a quello dell'ideale di bellezza più diffuso nell'immaginario collettivo, ma è evidente che mi esprimo da cani. Pazienza.
"Ah, non osservare direttamente e in modo più approfondito la realtà se la teoria non la rispecchia?! Bella questa, mi sa che dà proprio ragione a Kenzo sull'interpretazione teorica dissociata dai fenomeni reali.
Stiamo attenti, Shin, che il tuo modus si sta avvicinando a quello di Penelope."
Contrariamente a ciò che credi, io non sono una sociologa e purtroppo non ho i mezzi ed il tempo per condurre autonomamente un'indagine sociologica come si deve, tramite la raccolta di una grande quantità di dati empirici, la redazione di statistiche, esperimenti et simila. Non ho inoltre la presunzione di considerare il mio misero vissuto personale come un parametro di rigore scientifico per valutare la società, quindi tutto ciò che posso fare, nel mio piccolo, è leggere gli studi fatti da altri e compararli. Evidentemente tu reputi invece il tuo punto di vista personale talmente attendible da consertiti di comprendere il mondo sulla base della tua esperienza individuale, e non senti la necessità di confrontarti con teorie che si fondano su una casistica immensamente più ampia (ed osservata con criteri scientifici) di quella che può derivare dalla semplice esperienza quotidiana del singolo.
"La collettività è fatta di singoli individui, se non si parla di fenomeni sociali ma, come in questo caso, di un insieme di fattori sia sociali che biologici e psicologici, mi sembra quanto meno più opportuno andare ad analizzare il singolo individuo o le caratteristiche generali comuni a una moltitudine. Se ci si ostina a dover trovare per forza un modello che però ammette una grande quantità di eccezioni e varianti, ne risulta minata la validità del modello stesso, oltre che la sua legittimità e la credibilità del processo che ha portato alla sua formazione."
Il canone estetico dominante è un FENOMENO SOCIALE, un prodotto della cultura, in quanto in quel "dominante" è intrinseco il concetto di "ampiamente condiviso"; finchè non si fa chiarezza su questo, ovvero che stiamo parlando DI "TREND CHE VANNO PER LA MAGGIORE" (è più chiaro detto così?) si continuerà a cadere nella banale osservzione che i gusti sono personali, e anche se alla tv ci sono solo modelle slanciate, uno può sentirsi attratto e trovare stupenda anche una ragazza bassina e grassa, come i nobili che pur ritenevano la pelle bianchissima indice di bellezza, di certo non disdegnavano le loro servette dalla pelle bruciata dal sole.
Riguardo a chi abbia scritto gli articoli, ho forse detto che sia stato un sociologo? Ma cosa c'entra??? Quegli articoli li ho riportati solo come esempi di analisi storica dei canoni di bellezza; tra l'altro le contraddizioni che tu ci intravedi, io non le vedo proprio!
"i trovatori blaterano (tra le altre cose) di donne dagli occhi cerulei, capelli biondi e carnagioni chiare contrapposte ai modelli mediterranei. Ma precedentemente per descrivere le stesse donne mediterranee si era avvalso delle parole omeriche "bianche braccia" e identici "occhi cerulei". Errore di copia incolla? A parte il fatto che mi sa che c'è un fraintendimento fra reali caratteristiche fisiche ed epiteti stilistici dell'epica che hanno una loro ben precisa funzione."
Ma dove starebbe la contraddizione? O_o Pensi che le donne mediterranee siano tutte brune di pelle, occhi e capelli? Sono tratti prevalenti, ma non esclusivi.
Il fatto che Omero esaltasse la bellezza di pelle ed occhi chiari, significa che anche se le greche sono donne mediterranee, in quel periodo quei tratti erano indice di particolare bellezza nell'immaginario collettivo (non necessariamente in quello di ogni *singolo* individuo, qua bisogna specificarlo sempre...)
"Riguardo al secondo, mi pare che ne trapeli più che un canone estetico, una corrispondenza fra forma corporea e status sociale, per cui chi aveva i soldi - e non solo in epoca barocca - si strafogava ed era ovviamente in sovrappeso, mentre i poracci morivano di fame ed era belli magri e asciutti."
Rileggitelo, perchè non diceva da nessuna parte che sovrappeso = brutto, e magri e asciutti = bello, quali assunti universalmente riconosciuti ed immodificabili. Anzi, dimostrava proprio come l'essere magri o grassi di per sè non sia indice di bello e brutto (il bello e il brutto come dato oggettivo *non esistono*) ma ciascuna di queste due condizioni fisiche acquisisce una connotazione positiva o negativa in base al contesto sociale (ripeto, in Niger le donne vogliono la pancetta, qui da noi no).
"Chi ha mai detto che un vegetale non può essere più beato di una persona pensante? "
Magari un vegetale è più beato di me, buon per lui. Purtroppo sono un essere umano, e non potrò mai sapere come si sente un vegetale. Tant'è che ognuno può scegliersi l'oggetto di trastullo che preferisce; uno di questi per me è la speculazione, un altro è l'ozio. Me li so dosare esattamente come faccio con le zollette di zucchero del caffè. E quando bevo il caffè, è sempre perfetto per il mio palato.
Tu affermi
""Ne seguiva come ideale estetico un generale apprezzamento del corpo robusto, perché essere grassi era bello e segno di ricchezza."
e concordo con te
" non tenendo conto che erano la posizione di potere e gli usi di quella ristretta cerchia a definire questo ideale."
ed è qui che sbarelli, a mio parere, perchè gli autori dell'articolo ne tengono conto eccome! Infatti non si parla mai di una bellezza ideale intesa in senso oggettivo, ma come il risultato di una dinamica sociale (nello specifico, l'ideale di bellezza come risultato dei rapporti di potere all'interno di una società).
" Il resto della popolazione vedeva sovrani ricchi e grassi (quando li vedeva, se li vedeva) e, con ogni probabilità, considerava più affascinante la ricchezza alla corposità del sovrano (ma questa è un opinione personale, non una constatazione oggettiva)."
Vedi come questa tua conclusione, molto personale e arbitraria, appare ben più debole delle considerazioni che hai fatto in precedenza, quando invece hai analizzato il concetto di bellezza ideale in rapporto agli status sociali.
L'idea che i poveri non ambissero a sua volta ad una pelle bianca e candida ed ad un corpo armonioso e sodo, simbolo di prosperità, è un po' ingenuo, e lo dico senza offesa...imho, se ci rifletti te ne puoi rendere conto anche tu che è una tesi che regge poco. L'ideale di bellezza incarnava in questo contesto l'emancipazione sociale, l'innalzamento del proprio livello di benessere (a questo proposito ti rimando a quell'articolo su Associna che ho linkato qualche post fa, in cui si sostiene come per i cinesi (mediamente) tuttora l'abbronzatura sia "brutta", in quanto viene associata ai contadini e quindi alla povertà, e i ragazzi di seconda generazione che vivono da noi, quando ritornano nella madre patria, reduci dalla tintarella sulle spiagge italiane, si sentono a disagio a causa dei giudizi sul loro aspetto non proprio positivi che ricevono).
E' chiaro che nel medioevo, come oggi, i singoli individui hanno la possibilità di emanciparsi dai modelli che ci vengono imposti dalle forze egemoni, ma è innegabile che questi modelli siano fortemente persuasivi e riescano ad orientare in modo forte l'opinione pubblica, senza sminuire il ruolo della naturale attrazione biologica.
Infine, "take it easy" lo potrei dire anche a te, che ti sei sentito offeso da due termini piuttosto moderati come "grossolano e ridicolo". Non mi sembrano più offensivi del sarcasmo.
Anzi... alcune cose mi fanno pensare che certi ideali fossero più disprezzati che ambiti (i poracci della rivoluzione se non sbaglio arrivarono a considerare la loro regina come una costosissima mignotta, a causa del suo eccessivo gusto per il bello), e non per invidia ma per inutilità manifesta.
Ho scritto che probabilmente ambivano alla ricchezza, cosa più sostanziosa e meno irraggiungibile della bellezza fisica ideale (soprattutto se non si è nati belli -o meglio idonei al gusto di quelli che pretendono di incarnare la vera bellezza). Non mi sembra niente di così sfacciatamente ingenuo. Coi simboli non mangi, coi soldi sì (parlo da povero).
Potrei farti il più grande ed evidentissimo esempio di come si tenda più alla glorificazione della ricchezza che all'imitazione di un modello estetico o morale, ma: 1) finirei per spostare la discussione sulla politica degli ultimi 20 anni (carcassa putrida di Bettino compresa); 2) finirei per parlare di costo delle prestazioni sessuali (e ora non mi va); 3) finirei per dire che tra l'aspetto materiale e quello culturale (o meglio aculturale, anticulturale, da escortazione -non è un errore di battitura), in alcuni casi sarebbe stato preferibile che avesse prevalso quello materiale.
PS Non ti innamorare troppo di Limbes ché, dopo "oggetto di trastullo", un buon 90% di lettori (ovvero Felix il gatto, Jo Condor e la strega Nocciola) avrà iniziato a immaginarsi, come me, cose tra le più strane.
A me, al contrario, sembra fortemente probabile che lo pensassero. Tuttora credo che chi si spezza la schiena coi lavori più umili, e nonostante tutto non riesca ad arrivare a fine mese, abbia pensato più di una volta "se solo fossi nato ricco..."
E comunque stai facendo un calderone tra qualità morali ed estetica...Il fatto che Maria Antonietta fosse stata disprezzata per i suoi sperperi non implica che la sua pelle bianchissima fosse ritenuta schifosa. Tuttavia quella pelle bianchissima era ritenuta bella proprio perchè posseduta da chi poteva permettersi tali sperperi. Anche oggi, le donne che ambiscono ad avere una "figura perfetta" (giudicata tale, in base, per l'appunto, al nostro attuale standard dominante ) come quella di Monica Bellucci non significa che l'ammirino come persona.
P.S. Sarà che ormai sto fusa, ma non ho capito il tuo P.S. Innamorata di Limbes, perchè mai?
Maria Antonietta la maggioranza dei francesi non l'ha neanche mai vista, quindi è difficile che le donne potessero aspirare alla sua bellezza ("Tu la conosci Maria?" "Maria chi? La Cucinotta?" "No, Maria quell'altra... la parruccona austrica, la regina." "Chi?"). Se ne sentiva parlare, si conoscevano più i comportamenti che il fascino.
Anche sulla Bellucci bisognerebbe andarci piano, perché potrebbe capitare di sentire una conversazione tra donne di questo tenore: "Oddio, ma chi è 'sto copertone?" "Non la riconosci, è la moglie di Vincent Cassel." "Madonna benedetta! E' che ha fatto di male nella vita per essersi ridotta così?" "L'attrice" "Porella..."
Dalla quale si capì che le due donne ambivano a diventare la moglie di Vincent Cassel, non come la moglie di Vincent Cassel.
Per il resto, alla prossima
E io che pensavo si trattasse di adepti della religione rasta......
secondo me le matrici di questo cambiamento sociale sono state due:
-la rivoluzione sessuale del '68;
-la rivoluzione femminile;
1)troppa libertà ha dato il via all'annullamento del proibito e alla repulsione del sesso;
2)la rivoluzione femminile ha causato lo sfogo della forza repressa delle donne,che ora prevalgono sugli uomini,sempre più timidi. i ruoli quindi sono cambiati,e a quanto pare noi uomini abbiamo perso la sfida.
(PARERE PERSONALE)
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