Non si può che concordare con Giangiorgio Pasqualotto quando, parlando della mostra “Potere e Splendore 1568/1868” curata da Gian Carlo Calza e in corso di svolgimento al Palazzo Reale di Milano, la descrive come una mostra « Assolutamente da vedere ».

L’esibizione, che meritoriamente ha un suo sito web attraverso cui osservare parte del percorso ben descritto da Giangiorgio Pasqualotto nel suo articolo, è stata inaugurata nell'ambito della manifestazione Il Giappone a Milano lo scorso 7 dicembre 2009, e resterà aperta fino al 8 marzo. C’è ancora il tempo, quindi, per ammirare le duecento e più opere disposte nelle sale del Palazzo Reale, in base a un’impostazione che è il secondo – e forse più importante – punto di forza dell’organizzazione.

Sempre al Palazzo Reale di Milano, nel 1999, Calza allestì la mostra “Hokusai, il vecchio pazzo per la pittura” che, con suo grande successo, ha contribuito in modo davvero notevole a far conoscere la civiltà giapponese illustrata e un maestro dell'arte mondiale al pubblico italiano.
L'articolo di Giangiorgio Pasqualotto delinea l'interessante percorso culturale creato da Calza:


potere_splendore


« Assolutamente da vedere » è frase talmente comune da non avere più alcuna efficacia persuasiva. Riprende forza e significato se riferita alla mostra Giappone. Potere e splendore 1568/1868, magistralmente curata da Gian Carlo Calza e allestita nelle sale del Palazzo Reale di Milano. Un'esposizione paragonabile solo a quella allestita alla Royal Academy di Londra nell' inverno 1980-81, sia per la quantità, ma soprattutto per l' altissima qualità dei pezzi esposti, molti dei quali difficili da vedere anche in Giappone.

Il curatore ha scelto più di duecento capolavori provenienti da musei, fondazioni e collezioni private giapponesi, e li ha presentati utilizzando il sistema della rotazione che consente di apprezzare un numero ben maggiore di opere.
Eccellente anche il modo di esporre questi tesori, disposti in sei sezioni (Natura, Potere, Occidente, Città, Design, Tradizione): il risultato è una coerente rassegna delle arti giapponesi durante i periodi Momoyama e Edo, che hanno rappresentato, dopo decenni di guerre interne, un'epoca di pace e, dopo secoli di influssi cinesi, il tempo del consolidamento delle tradizioni autoctone.

Importante, poi, risulta l'intenzione con cui l' esposizione è stata pensata e realizzata: rendere visibile la costante originalità delle arti giapponesi nel tradurre in segni, forme e colori il confronto con la natura e con la storia.
Proprio in riferimento a quest' ultimo aspetto, le prime sale sono dedicate alla "Vita della città": una serie di splendidi paraventi illustrano in modo minuzioso scene di vita quotidiana, con colori vivissimi. Le immagini non solo ci mostrano usi e costumi di dignitari e concubine, di artigiani e negozianti, ma anche ci informano indirettamente su due caratteri generali dei periodi Momoyama e Edo: il consolidamento del potere da parte dei tre grandi unificatori del Giappone (Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu) e la comparsa di una ricca borghesia mercantile. Una successiva sezione presta attenzione a tre tipologie di prodotti in cui l' ingegno nipponico ha fatto coincidere arte e artigianato: i kimono, le ceramiche e le lacche.

I kimono esposti sono tra i più belli che si possano ammirare, quasi tutti provenienti dai musei nazionali di Tokyo e di Kyoto. Spettacolari, in particolare, il kimono sfoderato (hitoe) a fondo verde con motivi di paesaggio immaginario, e il costume per il teatro No (karaori) tempestato di motivi floreali multicolori.
Altrettanto stupefacenti le lacche, risultati di perfezione tecnica e di eccellenza estetica, come prova l'elegantissima scatola per picnic col motivo delle otto vedute del lago Biwa. Anche la scelta delle ceramiche privilegia prodotti di altissimo livello. Si possono ammirare due tazze da tè in ceramica raku prive di decorazioni, come se fossero fatte direttamente dalle forze della natura; ma anche una giara da tè di tipo kyokai a fondo nero e oro, dove di naturale ci sono solo pochi, stilizzati riferimenti a fiori di camelia, pini e montagne. La sezione dedicata al "Potere" presenta selezionati manufatti in cui si condensano alcuni prestigiosi segni dell'aristocrazia guerriera.

Con intelligente intenzione didattica sono esposti i ritratti dei tre unificatori del Giappone e i rotoli che illustrano la battaglia di Nagashino del 1575.
Nella sezione intitolata "Arte e natura" si viene accolti da mirabili prove del tema centrale e costante dell' arte giapponese tradizionale: il culto per la natura.
Per capirne l'importanza, basti osservare i dodici pannelli da paravento raffiguranti delle anatre: ciò che interessa all'artista non sono le forme degli animali, ma la loro vita. Per celebrare la natura, all' ingegno pittorico giapponese basta cogliere con un leggero tratto di pennello l' assottigliarsi di un ramo di pruno sul finire dell' inverno, come avviene nella prima delle sei porte scorrevoli attribuite a Unkoku Togan.

Ma c'è un'altra sublime testimonianza della reverenza nipponica per la natura: la calligrafia di Honami Koetsu intitolata Luna, lespedeza ed edera, dove le foglie sembrano caratteri e i caratteri sembrano foglie o insetti, a sottolineare che la calligrafia, opera degli umani, per essere bella deve produrre forme simili a quelle fatte dalla natura.
Questo tema viene ripreso nella sezione dedicata alla "Tradizione", dove splendide calligrafie di Asukai Masatsune (1569-1615), nello stile "delle erbe" (corsivo veloce), trascrivono le Poesie dei 36 poeti immortali su fogli di carta leggermente colorata, spruzzati d'oro e d'argento, in modo tale che, inclinando lateralmente lo sguardo, le superfici si accendono, come fossero illuminate dall' interno.

La sezione riserva altri sorprendenti incontri: con i pannelli raffiguranti il drago e la tigre; con i due cerchi (enso) tracciati in modo fulmineo da altri due maestri zen, Bankei Eitaku e Torei Enji; e, infine, con il Paesaggio ad Atagoyama dove il grande Sengai Gibon (17501837) usa pochi tratti di inchiostro per rendere l' elasticità e la forza del bambù e l' impeto del vento. Corona la mostra un' interessante antologia dei modi con cui alcuni artisti giapponesi conobbero e assimilarono il mondo delle immagini occidentali: rielaborando le tecniche prospettiche, e non disdegnando affatto quelle che anticipavano l' avvento della fotografia.
La mostra, dunque, si conclude con un messaggio forte: la cultura giapponese si è aperta alla conoscenza dell'Occidente ben prima dell' epoca Meiji, a testimonianza del fatto che spesso l' intelligenza e la sensibilità degli artisti anticipano di molto l'ottusità dei politici e la violenza dei militari.


Una mostra, dunque, « Assolutamente da vedere ».