Tre errori e sei scollegato”, questo è il mantra della Hadopi, discusso intervento legislativo applicato dal governo francese la scorsa primavera per arginare il fenomeno della pirateria digitale.

Nelle aspettative si trattava di una delle più severe norme contro il download illegale, un innovativo modello basato su un particolare sistema di avvisi. Secondo la legge, infatti, chi viene scoperto a scaricare materiale protetto da copyright riceve un massimo di tre avvisi e, come soluzione finale in caso di reiterazione della condotta illegale, è prevista la convocazione di fronte a un giudice che può decidere per l'applicazione di una semplice multa o della più severa sanzione della disconnessione forzata.

A quasi un anno dall'entrata in vigore delle legge è tempo di bilanci e, a quanto pare, l'Hadopi, ben lontana dal contrastare la pirateria digitale, ha invece portato a un aumento del numero complessivo dei pirati francesi. L'articolo del Corriere della Sera:


MILANO - Inutile e forse anche controproducente. La contestata legge Hadopi (meglio nota come «tre errori e poi sei fuori» - non sembra aver cambiato le abitudini degli internauti d'Oltralpe. Anzi, da uno studio preliminare condotto in Francia emerge che la pirateria sta continuando a crescere: gli utenti hanno scoperto altri metodi per vedere film e ascoltare musica illegalmente, senza paura di essere scoperti e poi disconnessi.

LO STUDIO - Tre ricercatori dell'Università di Rennes hanno intervistato un campione di 2000 individui rappresentativi della popolazione bretone (qui lo studio in pdf ). Hanno poi diviso questo gruppo in tre sotto-categorie: i «pirati Hadopi» (chi utilizza i servizi di peer-to-peer puniti dalla nuova autorità); i «pirati non-Hadopi» (chi utilizza tecnologie non monitorate); e i «non pirati» (chi non pratica il download illegale). Con la promulgazione della legge Hadopi, molte di queste categorie si sono rimescolate, ma il numero complessivo dei pirati è comunque cresciuto del 3 per cento. Ecco perché.


EFFETTO HADOPI - Solo il 15 per cento dei «pirati Hadopi» afferma di aver abbandonato il peer-to-peer per dopo l'approvazione della legge. Accantonata questa tecnologia, due utenti su tre hanno iniziato ad utilizzare altri servizi per lo streaming e il download diretto (Megaupload, Rapidshare, Allostreaming). Da «pirati Hadopi» sono così diventati "pirati non-Hadopi": non sono perseguibili nei termini di legge, ma possono continuare ad accedere a film, musica e altri file protetti da copyright. «La riduzione del numero di internauti che utilizzano le reti peer-to-peer si è dunque accompagnata ad una crescita delle altre forme di pirateria non prese in conto dalla legge Hadopi», spiegano i ricercatori sottolineando che se i «pirati Hadopi» sono diminuiti del 15 per cento, i «pirati non-Hadopi» sono però aumentati del 27 per cento. Non c'è stato nessun effetto spauracchio, la legge ha solo spinto gli utenti verso altre tecnologie.


CAUTELA - La ricerca dell'Università di Rennes rappresenta uno studio preliminare che non prende in considerazione altri fattori. Per quanto la legge sia entrata in vigore lo scorso gennaio, l'autorità non ha ancora avviato le operazioni di monitoraggio e punizione degli utenti. Non è stata cioè spedita nessuna lettera di avviso, a causa dell'ennesimo intoppo burocratico in cui si è imbattuto il provvedimento. Entro aprile arriverà il parere finale del Consiglio Costituzionale che dovrà pronunciarsi sulle conseguenze per la privacy degli utenti. Solo quando i primi utenti saranno disconnessi, si potrà fare un bilancio più esaustivo sull'efficacia della legge. Resta comunque il dato che le alternative ormai esistono e, come dimostra lo studio dell'Università di Rennes, gli utenti le stanno già utilizzando, consapevoli che non potranno mai essere puniti dall'Hadopi.


L'INDUSTRIA DISCOGRAFICA - Sia la SNEP francese (Syndicat national de l'édition phonographique) che la FIMI italiana (Federazione Industria Musicale Italiana) esprimono diversi dubbi sullo studio dell'Università di Rennes: «È difficile valutare l'efficacia di una legge che non è ancora entrata in vigore», spiega David El Sayegh della SNEP, sottolineando poi che i servizi di streaming non sono per forza "pirata": molte case discografiche hanno iniziato a stringere accordi per la distribuzione legale delle tracce online. Dello stesso avviso la FIMI italiana: «È assolutamente prematuro fare della analisi e fornire delle proiezioni sull'andamento della pirateria musicale proprio perchè non si possono fondare su alcun risultato concreto. Non vi sono state ancora disconnessioni e nemmeno sono state inviate delle diffide».