Qualche tempo fa, dopo l’uscita di The Dark Knight, Federico Gironi (ComingSoon), nella sua recensione del secondo, monumentale film di Christopher Nolan su Batman, esordì con questi tre termini: «Bigger. Better. Darker». Be’, si potrebbero applicare anche al Summer Wars di Mamoru Hosoda, il quale ingigantisce, migliora e per certi versi incupisce molto di ciò che si era visto nel suo precedente La ragazza che saltava nel tempo. Non c’è quindi da stupirsi se il secondo lungometraggio realizzato da Hosoda con la Madhouse ha sbancato il Tokyo International Anime Fair 2010 vincendo sette premi, tra cui i più prestigiosi: Miglior prodotto originale, Miglior film giapponese e Anime dell’anno.
Summer Wars non ricalca né gli schemi né i temi del film che l’ha preceduto, ma ne mantiene l’estetica e lo stile per raccontare qualcosa di molto diverso e di molto, molto più articolato, ampio e spettacolare.
Già dai primi minuti dell’opera, fatti circolare in rete nei mesi che hanno anticipato l’uscita nelle sale, ci si può rendere infatti conto di quale sia la portata, quanto meno visiva, del lungometraggio. Tuttavia, andando sempre più avanti ci si accorge di quale sia la voglia del film di meravigliare non solo con la sua ricchezza d’immagini, ma anche con quella contenutistica. Difatti se La ragazza che saltava nel tempo è un’opera più intima e concentrata nel suo nocciolo costituito soprattutto dalla protagonista, e poi dai suoi due compagni, Summer Wars sembra invece compiacersi della propria abbondanza, fatta di una quantità esorbitante di personaggi, spesso presenti contemporaneamente in scena, di uno spettro non indifferente di tematiche e di un numero ancora maggiore di elementi e dettagli visuali.
Quello che però rimane inalterato è la freschezza della storia estiva, per certi versi classica, che funge da pista di decollo per le azioni del lungometraggio. Così il più consueto dei “fraintendimenti” dà il la alla reazione a catena che coinvolge i due mondi dell'anime, quello reale e quello virtuale, poiché dall’invito a fingere di essere il suo ragazzo, rivolto dalla desideratissima, estroversa e frizzante Natsuki all’impacciato genio della matematica Kenji, tutto il globo verrà stravolto. Però il tono di Summer Wars non diviene mai drammatico, e l’enfasi data dalla sua arsi è sempre connotata da più di una spruzzata di demenzialità che, essendo una costante in tutto il film, in ogni caso non stempera la tensione. Tensione che anzi raggiunge ottime vette grazie al ritmo ben calibrato dell’opera, la quale si prende una buona fetta della sua parte iniziale per presentare la numerosissima famiglia di Natsuki, i Jinnouchi, cui Kenji verrà introdotto nelle vesti di futuro marito, e poi sale di giri e inizia a incalzare con sviluppi e colpi di scena a raffica, seppure questi a volte paiono un po’ eccessivi o forzati. Sì, perché il numero di “coincidenze” e di casualità che tornano utili è eccessivo, o almeno la ripetizione di tali artifici narrativi alla lunga mina in piccola parte – cioè solo se ci si presta attenzione – la “credibilità” della trama.
Invece ciò che non pecca di credibilità, e anzi rappresenta uno dei punti di più grande forza di Summer Wars, è il cast di personaggi, i quali sono tutti studiati in modo diversificato e attento. Ognuno di loro ha un proprio carattere e dei propri tratti distintivi, e a ciò si somma la carica vitale di ciascuno. Perché ogni membro della pazza famiglia di Natsuki è ben lontano dall’essere una semplice sagoma di contorno e ha invece un ruolo, e soprattutto una presenza, peculiare nell’economia del lungometraggio. Ovviamente ci saranno membri che spiccheranno più di altri, tuttavia in generale nessuna figura sembra superflua e tutte hanno, invece, qualcosa da dire e una parte da recitare. In particolare risaltano per il loro carisma la “matriarca” della famiglia Jinnouchi, nonna Sakae, e il giovane e all’apparenza cupo Kazuma, i quali spesso rubano la scena non solo a tutti gli altri, ma persino al protagonista Kenji, anche se Summer Wars rimane in ogni caso un’opera corale.
Risulta naturale pensare che ciò non sarebbe stato possibile senza il character design di Yoshiyuki Sadamoto. L’espressività e la brillantezza dei suoi disegni e il tocco vivificante che lui riesce a conferirvi restano una singolarità – o una delle poche – nel panorama dell’animazione nipponica. È stupefacente inoltre accorgersi come Sadamoto sia un artista capace sempre di rinnovare il suo stile figurativo senza mai perdere nulla. A titolo d’esempio, basta confrontare la morbidezza e leccentricità dei suoi personaggi del periodo FLCL/Diebuster (2000/2004) con l’ “esile essenzialità” di quelli del suo attuale periodo per vedere come in entrambi i casi la sua figurazione funzioni magnificamente.
Anche se c’è da dire che è tutto il comparto tecnico di Summer Wars che funziona splendidamente.
Tanto per cominciare le animazioni, seppure lontane dalla “perfezione”, o comunque dalle vette quasi inavvicinabili di alcuni capolavori (Innocence di Oshii, tanto per dirne uno), sono a ogni modo più che godibili e, se in alcuni frangenti perdono qualcosa in fluidità, mantengono sempre la naturalezza e l’agilità dei movimenti. Nello specifico la loro dinamicità a tratti rasenta la frenesia, e uno dei meriti più grandi dei direttori dell’animazione è stato proprio il non fare degenerare tutto nella confusione, organizzando invece ogni sequenza nel modo migliore al fine di ottenere velocità d’azione – quando occorre – senza sfociare mai nel caos disarticolato.
Poi, per quanto riguarda i colori, i cromatismi del lungometraggio, luminosi e purissimi, riescono a ricreare la limpidezza tipica delle giornate estive. Pure in questo caso, come ne La ragazza che saltava nel tempo, le colorazioni dei personaggi sono prive di variazioni chiaroscurali, mentre tutti gli altri elementi, fra cui spiccano le consuete torri nuvolose (cumuli), presentano uno studio volumetrico attento. Il gioco di contrasti che ne deriva dà quindi lo stesso particolare effetto già apprezzato nel precedente film di Hosoda e, non essendo più una novità, inizia ad apparire come uno dei tratti distintivi delle opere del regista.
Come scenari, le due dimensioni spaziali nella quali si può suddividere il film sono realizzate con la stessa perizia. Se infatti il “mondo reale”, sia negli interni sia negli esterni, è un rigoglio di dettagli e un vertice di pulizia grafica, in quanto i fondali e gli ambienti sono stati studiati e curati fino al più piccolo particolare, il “mondo virtuale” di Oz è un vero e proprio delirio poligonale. Difatti, in virtù dell’uso più che massiccio della CG (Ryo Horibe), e soprattutto grazie alla complicità dell’art design di Anri Kamijo, Oz è un carnevale di colori e un’esplosione di forme, e il bello è che appunto la CG non stona per nulla e anzi conferisce un tocco unico all’atmosfera del cyberspazio, molto atipico, così configurato. E proprio il rapporto che si crea fra le due dimensioni è uno dei temi di maggiore interesse dell’opera, poiché viene a riproporre in maniera “fantastica” delle circostanze speculari alla nostra quotidianità, dove la rete e il mondo fisico sono sempre più interdipendenti. Allo stesso modo, in Summer Wars, Oz non è una semplice evasione dal mondo reale, ma ne è una parte, e ciò che vi accade all’interno si ripercuote sulla realtà stessa, con dei risvolti, a dispetto delle apparenze briose ed edulcorate del cyberspazio, tetri e preoccupanti che stimolano alla riflessione critica.
Al dualismo reale-virtuale si affianca pure quello fra contemporaneità e passato, perché la sottolineatura delle differenze tra ciò che è stato e ciò che è, non soltanto in riferimento alla società attuale, ma anche in relazione alla stessa storia dei Jinnouchi, ricorre con frequenza. Durante il film l’attenzione è quindi focalizzata spesso sul rapporto tra le diverse generazioni e sul loro contatto e avvicendarsi, con il peso che può avere la condizione di eredi – ricordandoci che siamo sempre tutti eredi. Grande merito però va sia a Hosoda sia a Satoko Okudera (sceneggiatura) perché, scevri da facili giudizi o moralismi a favore di una parte o dell’altra, hanno evitato cadute retoriche e invece sono riusciti semplicemente a mettere in scena le diverse vedute, senza fronzoli di nessun tipo a rovinare l’immediatezza comunicativa.
Immediatezza che è una delle parole chiave del lungometraggio e in generale della stilistica di Hosoda, soprattutto a livello narrativo. E anche se qui di certo si perde quella sobrietà scherzosa ma delicata e toccante de La ragazza che saltava nel tempo, in Summer Wars la narrazione è comunque spumeggiante, e unita a quanto ho già illustrato – e ne hai avuta pazienza se sei ancora qua a leggere – ricrea uno spettacolo dal quale è difficile non farsi avvincere. Certo, l’opera non è un capolavoro, perché da una parte ha dovuto, o voluto, cedere a diversi compromessi mainstream, e dall’altra cade in alcune scenette francamente irritanti per la loro stupidità, tipo alcune parti del finale. Poi il comparto sonoro non è esaltate, o quanto meno è funzionale alle immagini e alle sequenze, ma non dispone di quell’ “impatto” posseduto invece da parecchie delle altre componenti del film. Inoltre, se proprio bisogna essere cattivi, e quando si analizza qualcosa bisogna esserlo, la strutturazione dell’intreccio e in generale il plot sono abbastanza lineari e scontati, così come la loro evoluzione, che procede lungo tappe troppo prevedibili.
Tuttavia, tutto ciò non mina in alcun modo la godibilità del film, e il circo visivo e concettuale imbastito da Summer Wars occulta senza problemi i suoi difetti e incanta con due ore di, se non grande, di sicuro ottima animazione.
Summer Wars non ricalca né gli schemi né i temi del film che l’ha preceduto, ma ne mantiene l’estetica e lo stile per raccontare qualcosa di molto diverso e di molto, molto più articolato, ampio e spettacolare.
Già dai primi minuti dell’opera, fatti circolare in rete nei mesi che hanno anticipato l’uscita nelle sale, ci si può rendere infatti conto di quale sia la portata, quanto meno visiva, del lungometraggio. Tuttavia, andando sempre più avanti ci si accorge di quale sia la voglia del film di meravigliare non solo con la sua ricchezza d’immagini, ma anche con quella contenutistica. Difatti se La ragazza che saltava nel tempo è un’opera più intima e concentrata nel suo nocciolo costituito soprattutto dalla protagonista, e poi dai suoi due compagni, Summer Wars sembra invece compiacersi della propria abbondanza, fatta di una quantità esorbitante di personaggi, spesso presenti contemporaneamente in scena, di uno spettro non indifferente di tematiche e di un numero ancora maggiore di elementi e dettagli visuali.
Quello che però rimane inalterato è la freschezza della storia estiva, per certi versi classica, che funge da pista di decollo per le azioni del lungometraggio. Così il più consueto dei “fraintendimenti” dà il la alla reazione a catena che coinvolge i due mondi dell'anime, quello reale e quello virtuale, poiché dall’invito a fingere di essere il suo ragazzo, rivolto dalla desideratissima, estroversa e frizzante Natsuki all’impacciato genio della matematica Kenji, tutto il globo verrà stravolto. Però il tono di Summer Wars non diviene mai drammatico, e l’enfasi data dalla sua arsi è sempre connotata da più di una spruzzata di demenzialità che, essendo una costante in tutto il film, in ogni caso non stempera la tensione. Tensione che anzi raggiunge ottime vette grazie al ritmo ben calibrato dell’opera, la quale si prende una buona fetta della sua parte iniziale per presentare la numerosissima famiglia di Natsuki, i Jinnouchi, cui Kenji verrà introdotto nelle vesti di futuro marito, e poi sale di giri e inizia a incalzare con sviluppi e colpi di scena a raffica, seppure questi a volte paiono un po’ eccessivi o forzati. Sì, perché il numero di “coincidenze” e di casualità che tornano utili è eccessivo, o almeno la ripetizione di tali artifici narrativi alla lunga mina in piccola parte – cioè solo se ci si presta attenzione – la “credibilità” della trama.
Invece ciò che non pecca di credibilità, e anzi rappresenta uno dei punti di più grande forza di Summer Wars, è il cast di personaggi, i quali sono tutti studiati in modo diversificato e attento. Ognuno di loro ha un proprio carattere e dei propri tratti distintivi, e a ciò si somma la carica vitale di ciascuno. Perché ogni membro della pazza famiglia di Natsuki è ben lontano dall’essere una semplice sagoma di contorno e ha invece un ruolo, e soprattutto una presenza, peculiare nell’economia del lungometraggio. Ovviamente ci saranno membri che spiccheranno più di altri, tuttavia in generale nessuna figura sembra superflua e tutte hanno, invece, qualcosa da dire e una parte da recitare. In particolare risaltano per il loro carisma la “matriarca” della famiglia Jinnouchi, nonna Sakae, e il giovane e all’apparenza cupo Kazuma, i quali spesso rubano la scena non solo a tutti gli altri, ma persino al protagonista Kenji, anche se Summer Wars rimane in ogni caso un’opera corale.
Risulta naturale pensare che ciò non sarebbe stato possibile senza il character design di Yoshiyuki Sadamoto. L’espressività e la brillantezza dei suoi disegni e il tocco vivificante che lui riesce a conferirvi restano una singolarità – o una delle poche – nel panorama dell’animazione nipponica. È stupefacente inoltre accorgersi come Sadamoto sia un artista capace sempre di rinnovare il suo stile figurativo senza mai perdere nulla. A titolo d’esempio, basta confrontare la morbidezza e leccentricità dei suoi personaggi del periodo FLCL/Diebuster (2000/2004) con l’ “esile essenzialità” di quelli del suo attuale periodo per vedere come in entrambi i casi la sua figurazione funzioni magnificamente.
Anche se c’è da dire che è tutto il comparto tecnico di Summer Wars che funziona splendidamente.
Tanto per cominciare le animazioni, seppure lontane dalla “perfezione”, o comunque dalle vette quasi inavvicinabili di alcuni capolavori (Innocence di Oshii, tanto per dirne uno), sono a ogni modo più che godibili e, se in alcuni frangenti perdono qualcosa in fluidità, mantengono sempre la naturalezza e l’agilità dei movimenti. Nello specifico la loro dinamicità a tratti rasenta la frenesia, e uno dei meriti più grandi dei direttori dell’animazione è stato proprio il non fare degenerare tutto nella confusione, organizzando invece ogni sequenza nel modo migliore al fine di ottenere velocità d’azione – quando occorre – senza sfociare mai nel caos disarticolato.
Poi, per quanto riguarda i colori, i cromatismi del lungometraggio, luminosi e purissimi, riescono a ricreare la limpidezza tipica delle giornate estive. Pure in questo caso, come ne La ragazza che saltava nel tempo, le colorazioni dei personaggi sono prive di variazioni chiaroscurali, mentre tutti gli altri elementi, fra cui spiccano le consuete torri nuvolose (cumuli), presentano uno studio volumetrico attento. Il gioco di contrasti che ne deriva dà quindi lo stesso particolare effetto già apprezzato nel precedente film di Hosoda e, non essendo più una novità, inizia ad apparire come uno dei tratti distintivi delle opere del regista.
Come scenari, le due dimensioni spaziali nella quali si può suddividere il film sono realizzate con la stessa perizia. Se infatti il “mondo reale”, sia negli interni sia negli esterni, è un rigoglio di dettagli e un vertice di pulizia grafica, in quanto i fondali e gli ambienti sono stati studiati e curati fino al più piccolo particolare, il “mondo virtuale” di Oz è un vero e proprio delirio poligonale. Difatti, in virtù dell’uso più che massiccio della CG (Ryo Horibe), e soprattutto grazie alla complicità dell’art design di Anri Kamijo, Oz è un carnevale di colori e un’esplosione di forme, e il bello è che appunto la CG non stona per nulla e anzi conferisce un tocco unico all’atmosfera del cyberspazio, molto atipico, così configurato. E proprio il rapporto che si crea fra le due dimensioni è uno dei temi di maggiore interesse dell’opera, poiché viene a riproporre in maniera “fantastica” delle circostanze speculari alla nostra quotidianità, dove la rete e il mondo fisico sono sempre più interdipendenti. Allo stesso modo, in Summer Wars, Oz non è una semplice evasione dal mondo reale, ma ne è una parte, e ciò che vi accade all’interno si ripercuote sulla realtà stessa, con dei risvolti, a dispetto delle apparenze briose ed edulcorate del cyberspazio, tetri e preoccupanti che stimolano alla riflessione critica.
Al dualismo reale-virtuale si affianca pure quello fra contemporaneità e passato, perché la sottolineatura delle differenze tra ciò che è stato e ciò che è, non soltanto in riferimento alla società attuale, ma anche in relazione alla stessa storia dei Jinnouchi, ricorre con frequenza. Durante il film l’attenzione è quindi focalizzata spesso sul rapporto tra le diverse generazioni e sul loro contatto e avvicendarsi, con il peso che può avere la condizione di eredi – ricordandoci che siamo sempre tutti eredi. Grande merito però va sia a Hosoda sia a Satoko Okudera (sceneggiatura) perché, scevri da facili giudizi o moralismi a favore di una parte o dell’altra, hanno evitato cadute retoriche e invece sono riusciti semplicemente a mettere in scena le diverse vedute, senza fronzoli di nessun tipo a rovinare l’immediatezza comunicativa.
Immediatezza che è una delle parole chiave del lungometraggio e in generale della stilistica di Hosoda, soprattutto a livello narrativo. E anche se qui di certo si perde quella sobrietà scherzosa ma delicata e toccante de La ragazza che saltava nel tempo, in Summer Wars la narrazione è comunque spumeggiante, e unita a quanto ho già illustrato – e ne hai avuta pazienza se sei ancora qua a leggere – ricrea uno spettacolo dal quale è difficile non farsi avvincere. Certo, l’opera non è un capolavoro, perché da una parte ha dovuto, o voluto, cedere a diversi compromessi mainstream, e dall’altra cade in alcune scenette francamente irritanti per la loro stupidità, tipo alcune parti del finale. Poi il comparto sonoro non è esaltate, o quanto meno è funzionale alle immagini e alle sequenze, ma non dispone di quell’ “impatto” posseduto invece da parecchie delle altre componenti del film. Inoltre, se proprio bisogna essere cattivi, e quando si analizza qualcosa bisogna esserlo, la strutturazione dell’intreccio e in generale il plot sono abbastanza lineari e scontati, così come la loro evoluzione, che procede lungo tappe troppo prevedibili.
Tuttavia, tutto ciò non mina in alcun modo la godibilità del film, e il circo visivo e concettuale imbastito da Summer Wars occulta senza problemi i suoi difetti e incanta con due ore di, se non grande, di sicuro ottima animazione.
Personalmente vedendolo mi ha ricordato molto la trama del film dei digimon, per quanto non centri nulla.
Non vi è nulla da aggiungere a quanto sopra, sennon di non temere di sprecare tempo per visionare questo film, in quanto merita: quantomeno per la cura con cui è stato prodotto (:
Comunque il film mi è piaciuto tantissimo, trovo che Hosoda abbia una straordinaria capacità di ricreare l'atmosfera delle giornate estive e mi piace molto anche la caratterizzazione dei personaggi.
Il problema è riuscire a trovare un piccolo buco di tempo...di due ore
Arriverà in italia!! ^___^
..Deve arrivare un film del genere è solo da veder doppiato...Sperem in Kaze almeno.
Mi piacerebbe rivederlo doppiato, perché in alcuni punti, con i lunghi e veloci discorsi di più personaggi che si intersecavano tra loro, ho fatto fatica a seguire i sottotitoli.
Bella recensione...un ulteriore modo per convincermi a visionare quest'opera al più presto
- E' dello stesso regista de La ragazza che saltava nel tempo, film che mi è piaciuto tantissimo.
- Il chara è di Yoshiyuki Sadamoto.
Comunque appena possibile lo vedrò sicuramente
Se possibile, lo farò quanto prima: personalmente apprezzo moltissimo lo stile di Hosoda, e il fatto che il film sia stato così ben accolto di certo accresce la mia curiosità .
Ah comunque in alcuni tratti è veramente simile al 2° film dei Digimon.. vabbè che il regista è lo stesso.
Poi per quest'anno c'è la Nazionale
E poi che puntuale analisi tecnica!E' la cosa più difficile, recensire il comparto tecnico di un anime. Bravissimo!
La trama ed il soggetto sembrano abbastanza originali, se poi la caratterizzazione è ben spiccata ancora meglio. Un bel pensierino ce lo farò
Comunque è da vedere, magari mantenendo le aspettative non troppo alte.
ero molto ansioso di vederlo,e devo dire che mia deluso molto,non sarebbe male come anime se non fosse che la trama e palesemente una copia di quella di digimon il film.
ancora ora non capisco come abbia fatto a vincere il premio come anime originale
Giudizio un pò ridimensionato, ma sempre meritevole di visione. Più che altro mi urta che tra You Can (Not) Advance e SW sia stato questo a vincere il premio di miglior lungometraggio animato.
E' da tempo che vorrei vedermi questo nuovo film ma su internet ma non riesco a trovare una buona fonte, e ciò che mi ha fatto volerlo è proprio la grande somiglianza coi 3 film dei Digimon che purtroppo da noi sono arrivati con mio grande rigetto (però l'ho comprato in DVD) per il pattume realizzato dalla Saban, che ha completamente rovinato e soprattutto americanizzato al massimo tre buoni film.
per chi dice che è copiato da Digimon non è vero visto che il registra è lo stesso e quindi possiamo dire che ha preso ispirazione in parte per temi affrontati ma rinnovando il resto. non trovo poi così tante riconvergenze con esso =) per il resto è tutto scritto nella recensione perfetta =D
sono pienamente d'accordo per i premi che ha vinto^^ davvero bello =)
@cartman666 @lelouch
il registra di summer wars è lo stesso di digimon è per questo che vedete somiglianze per il fatto di avatar digitali =)
non sapevo che il regista era quello dei digimon
comunque non giustifica il fatto che la trama sia quasi identica,e soppratutto non si capisce il perchè di tutti questi premi soppratutto quello per la originalità.
non dico questo perchè ce lo con questo anime,lo dico perchè lo aspetato tanto, e le mi aspettattive erano molto altissime,invece mi a deluso e parecchio
you can not advence merita molto di piu che summer wars
Questa è la mia recensione in anteprima se vi va di leggerla, l'ho scritta un mese e passa fa appena finito di vedere il film
La fantastica accoppiata Mamoru Hosoda e Yoshiyuki Sadamoto, rispettivamente regista e disegnatore, dopo il successo de "La ragazza che saltava nel tempo" si riconfermano all'altezza della situazione, e anzi questa volta si sono spinti anche più in là, con ottimi risultati.
Il film è incentrato su un sistema di social network che ha il controllo anche su quasi tutte le attività della vita reale, e gli iscritti a questa community sono più di un miliardo. Quindi tutto il mondo è perfettamente organizzato grazie all'ausilio di questo servizio, fin quando arriva il solit patatrack, una AI creata da un hacker, che infetta tutto il sistema e quindi la situazione si aggrava notevolmente e il problema si ripercuote anche sulla vita reale, causando terribili disordini e una possibile catastrofe al livello planetario, ma non dico oltre per non spoilerare troppo.
Parto col giocarmi subito l'unico neo che sia possibile attribuire a questo film, ovvero la scarsa originalità della trama, molto simile a uno dei primi movie dei Digimon, di cui infatti il regista è anche lo stesso regista. La storia comunque, nonostante le somiglianze di base, si distacca in diversi punti.
Il punto forte di Summer wars è forse la perfetta caratterizzazione dei personaggi e l'intreccio delle loro relazioni con gli altri, il passato e il presente. Anche i personaggi secondari presentano una mentalità ed un ruolo di primo piano, con il loro passato che si interseca egregiamente con gli stati emotivi e le azioni compiute nel presente, creando una perfetta armonia, un quadro, o un puzzle concluso.
Per di più è un film che riesce a emozionare come pochi, nella sua semplicità è ben consapevole di far breccia nel cuore degli spettatori, d'altronde questo aspetto è tipico della genialità dei giapponesi.
Per concludere <b>Summer wars risulta un prodotto studiato e curato per ogni dettaglio</b>, semplice ad una prima impressione, ma complesso se visto attraverso una lente d'ingrandimento.
Pur essendo un film senza troppe pretese, il film si rivela essere una piccola perla che ha centrato in pieno il bersaglio; non a caso ha vinto il premio come migliore animazione dell'anno.
Praticamente una "bella copia" de "La ragazza che saltava nel tempo".
Diverte, intrattiene, fa ridere, fa piangere, fa riflettere...in una parola: STUPENDO!
Uno dei film più gradevoli che abbia mai visto.
La prevedibilità di alcune scene non minerà il mio giudizio finale, che sarà 10 ^^
Summer Wars è un titolo che mi interessa molto, prima o poi riuscirò a vederlo (trattasi di completare le "operazioni") ma di sicuro promette molto bene. Di sicuro ha tutte le caratteristiche per poter arrivare anche da noi un giorno o l'altro
non puoi dire che graficamente fa schifo,
neanche che il sonoro sia poco adatto e poco avvincente e nemmeno che la storia affascina poco solo perchè esistono altri titoli su internet visto che ogni storia ha qualche somiglianze con le altre. nge non credo che potesse vincere la storia per l'originalità e poi questo film non è uguale a Digimon il film apparte per internet e il nemico che usa il missile, lo stesso regista ha solo riutilizzato le sue stesse idee per qualche spunto ma non trovo tutta questa copiatura che dici te =) non puoi dire che è una delusione di film dai!! anche i personaggi son ben elaborati tutti e disegnati e curati benissimo =)
@Doppelgänger
come detto prima hanno lo stesso regista xD per quello noti qualche somiglianza =)
In ogni caso dopo la visione qualche perplessità è sorta anche in me riguardo ai premi che il film ha vinto. Non ho visto Eva 2.0, per cui non potrei parlare, però Summer Wars è sì un film ricchissimo in tutti i sensi, ma non ha pretese di "grandezza" in senso lato.
Detto questo, Summer Wars è un'opera che vale la pena vedere. Se non piace la trama pazienza, però di sicuro è uno spettacolo per gli occhi.
PS
Franz, posta la rece nella scheda, ché Slan l'ha fatta.
Bravo Limbes, ma occhio perché c'è qualcuno che vuol ucciderti XD
*___*
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