Dario Sevieri ci parlerà del mondo della traduzione dei manga, dei suoi meccanismi e ci inizierà ai suoi segreti.
Riportiamo il corpo centrale dell’interessante articolo / nota del traduttore, pubblicato da quest'ultimo sul sito web N.d.T. - La Nota del Traduttore. Per la versione integrale vi invitiamo a visitare il link appena riportato.
Qualache cenno biografico:
Dario Sevieri nasce a Bormio (SO) il 5 maggio 1977. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Orientali presso l'Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia (città dove attualmente risiede) ha avuto occasione di tradurre per la sezione Planet Manga della Panini il romanzo in due volumi G-SAVIOUR di Yoshie Kawahara; mentre per la Coconino Press le opere a fumetti Il mondo di Coo (volume 2), Notte Putrescente di Suehiro Maruo e Lampi (volumi 1-2), opera realizzata nel 2004 da Yoshiro Tatsumi; inoltre ha contribuito all’adattamento in italiano dell’anime Gintama.
Riportiamo il corpo centrale dell’interessante articolo / nota del traduttore, pubblicato da quest'ultimo sul sito web N.d.T. - La Nota del Traduttore. Per la versione integrale vi invitiamo a visitare il link appena riportato.
Qualache cenno biografico:
Dario Sevieri nasce a Bormio (SO) il 5 maggio 1977. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Orientali presso l'Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia (città dove attualmente risiede) ha avuto occasione di tradurre per la sezione Planet Manga della Panini il romanzo in due volumi G-SAVIOUR di Yoshie Kawahara; mentre per la Coconino Press le opere a fumetti Il mondo di Coo (volume 2), Notte Putrescente di Suehiro Maruo e Lampi (volumi 1-2), opera realizzata nel 2004 da Yoshiro Tatsumi; inoltre ha contribuito all’adattamento in italiano dell’anime Gintama.
Come iniziare: formazione e sbocchi lavorativi:
Personalmente mi occupo di fumetti giapponesi e racconterò di quell'ambiente.
Per tradurre una lingua così complessa ci s'immagina che chi lo fa sia adeguatamente preparato. So per esperienza che per ragioni di costi e di tempi alcuni fumetti arrivano nella versione italiana attraverso questo percorso: l'opera originale viene affidata a una coppia (solitamente ragazzo italiano e ragazza giapponese): la ragazza traduce in un italiano appena leggibile e il ragazzo gli dà le "aggiustatine" del caso. Uso questo termine perché non si può parlar certo di “proof reading” (correzione bozze) in quanto questa persona non conosce il giapponese oppure ne sa qualcosa ma non abbastanza da fare direttamente il lavoro di traduzione. Il testo in italiano arriva poi a un adattatore della casa editrice stessa che lo rielabora a suo gusto. Se nei baloon non ci stanno tutte le parole qualcosa viene tagliato. Della mia esperienza formativa posso dire che all'università si fa già poco esercizio sulla traduzione letteraria e, almeno ai miei tempi, nessun lavoro sul metalinguaggio del fumetto. Come in altri settori gran parte del mestiere s'impara sul campo.
Alla Mostra del Cinema di Venezia le case di produzione giapponese mandano solitamente la loro cartella stampa e lo script per i sottotitoli tradotto in inglese. "Fornendo loro la traduzione non possono rivendicare sfasature" mi è stato detto, ma invece di affidarsi a un traduttore dal giapponese, bisogna solo sperare che in Giappone abbiamo buoni traduttori verso l'inglese e che la persona che prende in mano questa versione (che di mestiere non fa il traduttore) sappia bene l'inglese. Troppe interpolazioni, a mio vedere.
Nel mio caso, mi recai alla fiera del fumetto di Lucca. Presenti direttori e responsabili di testata entrai in contatto con la Panini, sezione Planet Manga. "Che esperienze hai?", nessuna - risposi - ma sono laureato in lingue orientali. "Ah beh, non conta molto", mi fu detto. Però li convinsi a farmi fare una prova di traduzione e alla fine mi aggiudicai la resa in italiano del romanzo "G-Saviour", due volumi e una manciata di mesi di lavoro, poi più nessun contatto. Nel contempo presi contatti con la Coconino Press e dopo un'altra prova di traduzione (gli esami non finiscono mai) mi fu affidato il volume.
Il lavoro della traduzione: approccio e problematiche:
Davanti a un testo associato a immagini ci troviamo agevolati nel comprendere le linee essenziali dell'intreccio, la difficoltà che questa lingua, a differenza dei fumetti italiani, abbraccia tutti i registri: alto, basso; tutti gli stili: colloquiale, ricercato e i modi espressivi: standard, dialettale e slang. Nel giapponese hanno caratteristiche proprie anche il linguaggio maschile e femminile, le forme onorifiche (di rispetto e di umiltà). Nella resa italiana il non agevole compito di ricreare tutte queste situazioni e la necessità di conoscere il sottobosco del linguaggio non-standard.
Un ruolo a mio avviso importante sono le note al testo, a esplicitare una realtà diversa della nostra nei suoi gesti, rituali e quel contesto storico, culturale, filosofico e religioso, in una parola il mondo che vi viene raccontato attraverso parole e immagini, un mondo che nel raccontarsi ha come presupposto di essere conosciuto nelle sue linee essenziali e nel suo background, cosa spesso lontana dalle conoscenze del lettore italiano. Compito del traduttore quello di cogliere citazioni e riferimenti e raggiungere il suo scopo attraverso note brevi ma essenziali che non appesantiscano le tavole, non si ha quindi lo spazio presente in testo in prosa o poesia.
Un altro problema sono le onomatopee di cui gli autori giapponesi fanno largo uso. Scrive Massimiliano Crippa nel sito Nipponico: "Per l'importanza del simbolismo sonoro e dell'onomatopea nel linguaggio, i linguisti giapponesi hanno studiato il fenomeno molto meglio dei loro colleghi occidentali. Essi distinguono tre categorie di espressioni sinestetiche: quelle definite giseigo imitano i suoni della natura (gata gata, un tintinnio; pyu pyu, il sibilo del vento; zaa zaa, pioggia incessante); quelle definite gitaigo raffigurano stati, modi o condizioni del mondo esterno (yobo yobo, tremolante; kossori, furtivo; pittari, calzare perfettamente, combaciare; guzu guzu, indugiare); quelle definite gizyogo simbolizzano condizioni mentali o sensazioni (chiku chiku, pungente; ira ira, nervoso). Il simbolismo sonoro ha una grande importanza, perché molti verbi giapponesi sono poco specifici. Ad esempio, naku copre tutti i tipi di pianto (waa waa naku, piangere come un bambino; kusun kusun naku, singhiozzare; oi oi naku, piangere rumorosamente), warau un termine generico per ridere (ha ha ha to warau, ridere; wa ha ha to warau, schernire; ku(tsu) ku(tsu) to warau, ridacchiare, ridere trattenendosi; gera gera warau, ridere nervosamente; nita nita warau, risolino, ridere con il viso; niko niko to warau, sorridere; nikori to warau, sorridere, solo una volta). Le forme gutturali simbolizzano la fine improvvisa dell'azione, la rapidità (dosatto, lasciar cadere bruscamente; kurutto, girarsi di scatto). Le forme nasali producono un senso di risonanza prolungata o di ritmicità (karan, schiocco; dokan, rimbombo). Le vocali lunghe esprimono un senso di continuità e di azione prolungata (zudon, sparo prolungato). La versione dura di un'onomatopea esprime un'azione debole e viceversa: ton ton, bussare leggermente, e don don, bussare con forza.
La qualità delle vocali correlata con il fenomeno descritto. Vocali forti sono associate con attività che riguardano piccoli oggetti e viceversa: il suono kiin un fischio acuto proveniente da un piccolo oggetto metallico, mentre kan il suono di una campana; un fischietto farà pippii, mentre il fischio di una nave a vapore sarà poppo. Una capra farà me e una mucca mo; gero gero il gracidio di una rana, goro goro il “rombo di un tuono”.
Nei volumi della Coconino Press con cui collaboro le onomatopee non vengono tradotte ma semplicemente translitterate. Il direttore di testata Igort in una intervista sostiene: "Perché dovremmo tradurre secondo il gusto inglese (americano) una serie di suoni concepiti da autore giapponese? E' corretto secondo te? Nel primo volume di Maruo (Il vampiro che ride, N.d.R.) per esempio abbiamo tenuto i suoni in giapponese avvicinando agli ideogrammi, in piccolo, una traduzione del suono perché Maruo utilizza uno stile estremamente grafico".
Strumenti della traduzione: documentazione (libri, dizionari, internet):
La lingua giapponese presenta uno dei più vasti lessici esistenti. Si stimano circa trecentomila lemmi. In più si contano innumerevoli forestierismi (gairago) presi prevalentemente dall'inglese e non presenti nei vocabolari normali. Uno studio del 1964 sull'uso di parole straniere su un gran numero di riviste mostrò che: "di tutte le parole straniere usate, quelle inglesi erano l'80,8%, quelle francesi il 5,6%, quelle tedesche il 3,3%, quelle italiane l'1,5%. Uno studio del 1971 sull'uso di parole native o importate nei quotidiani mostrò che le parole native giapponesi erano tra il 26,6% e il 43,9%, quelle sino-giapponesi tra il 50,7% e il 65,3%, quelle straniere tra il 12% e il 12,7%".
Oltre a supporti cartacei (i miei preferiti: giapponese-italiano della casa editrice Shogakukan, giapponese-inglese della casa editrice Kenkyusha, dizionario monolingue Daijirin), è Internet a darci molte risorse gratuite, tra le quali segnalo: La pagina di Jim Breen offre ricchi dizionari generici e tecnici e in più strumenti per la ricerca dei sinogrammi e la computazione dei testi; Una comoda raccolta di dizionari (en/jp, jp/en e monolingue) a cura della casa editrice Sanseido; Un sito analogo ma della Daijirin . Ci si può inoltre avvalere dei numerosi forum presenti in rete.
Nel tradurre Maruo Suehiro mi sono avventurato nelle ricerche più laboriose. Due esempi: a un certo punto un personaggio dice una frase che mi sembrava incomprensibile usando parole che non trovavo da nessuna parte. Girando su Internet m'imbatto in un BBS su Maruo. Allora scrivo che sono il traduttore italiano e riporto la frase "misteriosa". Tempo qualche ora mi rispondono spiegandomi che ci sono dei termini del dialetto di Nagasaki, città natale di Maruo.
Sempre nella stessa opera trovo un frontespizio che sembra riprendere un stampo ukiyo-e. Vorrei capire cosa sta citando. Vedo che in basso a sinistra c' è il sigillo dell'autore originale. Non del tutto leggibile. Allora penso bene di chiedere aiuto al mio ex professore di Storia dell'Arte Giapponese, Giancarlo Calza. Il quale sentenzia che appartiene a tale Kuniyoshi. Allora scartabello svariati libri ma di questa immagine non c'è traccia. Passo su Internet e trovo un bel sito dedicato all'ukiyo-e che spiega leggere le stampe di questo periodo. Da questi dati arrivo a trovare un altro sito che elenca i sigilli degli autori e scopro che non si tratta di Kuniyoshi ma del suo allievo Yoshitoshi. In questa ricerca trovo varie informazioni, ma su qualche punto ho ancora dei dubbi, finché arrivo a un forum sull'ukiyo-e a cui chiedo notizie sull'opera e il giorno dopo qualcuno mi risponde dandomi la descrizione completa di cui avevo bisogno.
Personalmente mi occupo di fumetti giapponesi e racconterò di quell'ambiente.
Per tradurre una lingua così complessa ci s'immagina che chi lo fa sia adeguatamente preparato. So per esperienza che per ragioni di costi e di tempi alcuni fumetti arrivano nella versione italiana attraverso questo percorso: l'opera originale viene affidata a una coppia (solitamente ragazzo italiano e ragazza giapponese): la ragazza traduce in un italiano appena leggibile e il ragazzo gli dà le "aggiustatine" del caso. Uso questo termine perché non si può parlar certo di “proof reading” (correzione bozze) in quanto questa persona non conosce il giapponese oppure ne sa qualcosa ma non abbastanza da fare direttamente il lavoro di traduzione. Il testo in italiano arriva poi a un adattatore della casa editrice stessa che lo rielabora a suo gusto. Se nei baloon non ci stanno tutte le parole qualcosa viene tagliato. Della mia esperienza formativa posso dire che all'università si fa già poco esercizio sulla traduzione letteraria e, almeno ai miei tempi, nessun lavoro sul metalinguaggio del fumetto. Come in altri settori gran parte del mestiere s'impara sul campo.
Alla Mostra del Cinema di Venezia le case di produzione giapponese mandano solitamente la loro cartella stampa e lo script per i sottotitoli tradotto in inglese. "Fornendo loro la traduzione non possono rivendicare sfasature" mi è stato detto, ma invece di affidarsi a un traduttore dal giapponese, bisogna solo sperare che in Giappone abbiamo buoni traduttori verso l'inglese e che la persona che prende in mano questa versione (che di mestiere non fa il traduttore) sappia bene l'inglese. Troppe interpolazioni, a mio vedere.
Nel mio caso, mi recai alla fiera del fumetto di Lucca. Presenti direttori e responsabili di testata entrai in contatto con la Panini, sezione Planet Manga. "Che esperienze hai?", nessuna - risposi - ma sono laureato in lingue orientali. "Ah beh, non conta molto", mi fu detto. Però li convinsi a farmi fare una prova di traduzione e alla fine mi aggiudicai la resa in italiano del romanzo "G-Saviour", due volumi e una manciata di mesi di lavoro, poi più nessun contatto. Nel contempo presi contatti con la Coconino Press e dopo un'altra prova di traduzione (gli esami non finiscono mai) mi fu affidato il volume.
Il lavoro della traduzione: approccio e problematiche:
Davanti a un testo associato a immagini ci troviamo agevolati nel comprendere le linee essenziali dell'intreccio, la difficoltà che questa lingua, a differenza dei fumetti italiani, abbraccia tutti i registri: alto, basso; tutti gli stili: colloquiale, ricercato e i modi espressivi: standard, dialettale e slang. Nel giapponese hanno caratteristiche proprie anche il linguaggio maschile e femminile, le forme onorifiche (di rispetto e di umiltà). Nella resa italiana il non agevole compito di ricreare tutte queste situazioni e la necessità di conoscere il sottobosco del linguaggio non-standard.
Un ruolo a mio avviso importante sono le note al testo, a esplicitare una realtà diversa della nostra nei suoi gesti, rituali e quel contesto storico, culturale, filosofico e religioso, in una parola il mondo che vi viene raccontato attraverso parole e immagini, un mondo che nel raccontarsi ha come presupposto di essere conosciuto nelle sue linee essenziali e nel suo background, cosa spesso lontana dalle conoscenze del lettore italiano. Compito del traduttore quello di cogliere citazioni e riferimenti e raggiungere il suo scopo attraverso note brevi ma essenziali che non appesantiscano le tavole, non si ha quindi lo spazio presente in testo in prosa o poesia.
Un altro problema sono le onomatopee di cui gli autori giapponesi fanno largo uso. Scrive Massimiliano Crippa nel sito Nipponico: "Per l'importanza del simbolismo sonoro e dell'onomatopea nel linguaggio, i linguisti giapponesi hanno studiato il fenomeno molto meglio dei loro colleghi occidentali. Essi distinguono tre categorie di espressioni sinestetiche: quelle definite giseigo imitano i suoni della natura (gata gata, un tintinnio; pyu pyu, il sibilo del vento; zaa zaa, pioggia incessante); quelle definite gitaigo raffigurano stati, modi o condizioni del mondo esterno (yobo yobo, tremolante; kossori, furtivo; pittari, calzare perfettamente, combaciare; guzu guzu, indugiare); quelle definite gizyogo simbolizzano condizioni mentali o sensazioni (chiku chiku, pungente; ira ira, nervoso). Il simbolismo sonoro ha una grande importanza, perché molti verbi giapponesi sono poco specifici. Ad esempio, naku copre tutti i tipi di pianto (waa waa naku, piangere come un bambino; kusun kusun naku, singhiozzare; oi oi naku, piangere rumorosamente), warau un termine generico per ridere (ha ha ha to warau, ridere; wa ha ha to warau, schernire; ku(tsu) ku(tsu) to warau, ridacchiare, ridere trattenendosi; gera gera warau, ridere nervosamente; nita nita warau, risolino, ridere con il viso; niko niko to warau, sorridere; nikori to warau, sorridere, solo una volta). Le forme gutturali simbolizzano la fine improvvisa dell'azione, la rapidità (dosatto, lasciar cadere bruscamente; kurutto, girarsi di scatto). Le forme nasali producono un senso di risonanza prolungata o di ritmicità (karan, schiocco; dokan, rimbombo). Le vocali lunghe esprimono un senso di continuità e di azione prolungata (zudon, sparo prolungato). La versione dura di un'onomatopea esprime un'azione debole e viceversa: ton ton, bussare leggermente, e don don, bussare con forza.
La qualità delle vocali correlata con il fenomeno descritto. Vocali forti sono associate con attività che riguardano piccoli oggetti e viceversa: il suono kiin un fischio acuto proveniente da un piccolo oggetto metallico, mentre kan il suono di una campana; un fischietto farà pippii, mentre il fischio di una nave a vapore sarà poppo. Una capra farà me e una mucca mo; gero gero il gracidio di una rana, goro goro il “rombo di un tuono”.
Nei volumi della Coconino Press con cui collaboro le onomatopee non vengono tradotte ma semplicemente translitterate. Il direttore di testata Igort in una intervista sostiene: "Perché dovremmo tradurre secondo il gusto inglese (americano) una serie di suoni concepiti da autore giapponese? E' corretto secondo te? Nel primo volume di Maruo (Il vampiro che ride, N.d.R.) per esempio abbiamo tenuto i suoni in giapponese avvicinando agli ideogrammi, in piccolo, una traduzione del suono perché Maruo utilizza uno stile estremamente grafico".
Strumenti della traduzione: documentazione (libri, dizionari, internet):
La lingua giapponese presenta uno dei più vasti lessici esistenti. Si stimano circa trecentomila lemmi. In più si contano innumerevoli forestierismi (gairago) presi prevalentemente dall'inglese e non presenti nei vocabolari normali. Uno studio del 1964 sull'uso di parole straniere su un gran numero di riviste mostrò che: "di tutte le parole straniere usate, quelle inglesi erano l'80,8%, quelle francesi il 5,6%, quelle tedesche il 3,3%, quelle italiane l'1,5%. Uno studio del 1971 sull'uso di parole native o importate nei quotidiani mostrò che le parole native giapponesi erano tra il 26,6% e il 43,9%, quelle sino-giapponesi tra il 50,7% e il 65,3%, quelle straniere tra il 12% e il 12,7%".
Oltre a supporti cartacei (i miei preferiti: giapponese-italiano della casa editrice Shogakukan, giapponese-inglese della casa editrice Kenkyusha, dizionario monolingue Daijirin), è Internet a darci molte risorse gratuite, tra le quali segnalo: La pagina di Jim Breen offre ricchi dizionari generici e tecnici e in più strumenti per la ricerca dei sinogrammi e la computazione dei testi; Una comoda raccolta di dizionari (en/jp, jp/en e monolingue) a cura della casa editrice Sanseido; Un sito analogo ma della Daijirin . Ci si può inoltre avvalere dei numerosi forum presenti in rete.
Nel tradurre Maruo Suehiro mi sono avventurato nelle ricerche più laboriose. Due esempi: a un certo punto un personaggio dice una frase che mi sembrava incomprensibile usando parole che non trovavo da nessuna parte. Girando su Internet m'imbatto in un BBS su Maruo. Allora scrivo che sono il traduttore italiano e riporto la frase "misteriosa". Tempo qualche ora mi rispondono spiegandomi che ci sono dei termini del dialetto di Nagasaki, città natale di Maruo.
Sempre nella stessa opera trovo un frontespizio che sembra riprendere un stampo ukiyo-e. Vorrei capire cosa sta citando. Vedo che in basso a sinistra c' è il sigillo dell'autore originale. Non del tutto leggibile. Allora penso bene di chiedere aiuto al mio ex professore di Storia dell'Arte Giapponese, Giancarlo Calza. Il quale sentenzia che appartiene a tale Kuniyoshi. Allora scartabello svariati libri ma di questa immagine non c'è traccia. Passo su Internet e trovo un bel sito dedicato all'ukiyo-e che spiega leggere le stampe di questo periodo. Da questi dati arrivo a trovare un altro sito che elenca i sigilli degli autori e scopro che non si tratta di Kuniyoshi ma del suo allievo Yoshitoshi. In questa ricerca trovo varie informazioni, ma su qualche punto ho ancora dei dubbi, finché arrivo a un forum sull'ukiyo-e a cui chiedo notizie sull'opera e il giorno dopo qualcuno mi risponde dandomi la descrizione completa di cui avevo bisogno.
eh?!?!?
la storia della coppia di traduttori la sapevo (basta leggere chi ci ha lavorato alla fine di ogni albo), ma che quello italiano sia un semplice adattatore mi spiazza! per non parlare del taglio del testo...
<i>le case di produzione giapponese mandano solitamente la loro cartella stampa e lo script per i sottotitoli tradotto in inglese. [...] bisogna solo sperare che in Giappone abbiamo buoni traduttori verso l'inglese e che la persona che prende in mano questa versione (che di mestiere non fa il traduttore) sappia bene l'inglese</i>
eh?!?!? (e due)
<i>"Che esperienze hai?", nessuna - risposi - ma sono laureato in lingue orientali. "Ah beh, non conta molto"</i>
eh?!?!? (e tre)
<i>la difficoltà che questa lingua abbraccia tutti i registri: alto, basso; tutti gli stili: colloquiale, ricercato e i modi espressivi: standard, dialettale e slang. Nel giapponese hanno caratteristiche proprie anche il linguaggio maschile e femminile, le forme onorifiche (di rispetto e di umiltà)</i>
avendo iniziato da poco un corso di giapponese sto riscontrando questi elementi peculiari... mamma mia come sono complicati i nippo! va bene il rispetto e la gentilezza, ma addirittura la diversificazione tra maschi e femmine!
riguardo alla storia di -san, -sama, -kun e -chan: questi suffussi in italiano non significano nulla; per renderli bisognerebbe mettere dei vezzeggiativi (ad esempio in Bleach Ken-chan diventa Kennino), aggiungere parole (come in Soul Eater, dove Shinigami-sama diventa sommo/lord Shinigami) o impostare la frase con il "lei" e i congiuntivi se c'è -san; oppure si lasciano ma si mettono delle note che spieghino cosa sono...
<i>Compito del traduttore quello di cogliere citazioni e riferimenti e raggiungere il suo scopo attraverso note brevi ma essenziali che non appesantiscano le tavole</i>
molto giusto! reputo comunque che ampie note esplicative a fine albo siano molto utili, come per esempio in "Hiroshima, nel paese dei fiori di ciliegio" della Ronin..
<i>Un altro problema sono le onomatopee di cui gli autori giapponesi fanno largo uso
Essi distinguono tre categorie di espressioni sinestetiche</i>
mamma mia che casino!
<i>"Perché dovremmo tradurre secondo il gusto inglese (americano) una serie di suoni concepiti da autore giapponese? E' corretto secondo te? Nel primo volume di Maruo (Il vampiro che ride, N.d.R.) per esempio abbiamo tenuto i suoni in giapponese avvicinando agli ideogrammi, in piccolo, una traduzione del suono perché Maruo utilizza uno stile estremamente grafico"</i>
mi sembra la soluzione migliore; così succede in Fullmetal Alchemist con la traduzione dell'onomatopea tra una vignetta e l'altra, che poi è quello che fanno tutti gli scanner.
invece in Bleach hanno adattato la versione americana... al di là delle onomatopee in inglese che comunque mi vanno bene, il primo numero è scandaloso: c'è scritto "Kurosaki clinic", quindi c'è la nota "clinica Kurosaki", e poi (ancora peggio) c'è scritto "Urahara shoten" con la nota "emporio Urahara"... ma lasciarli in giapponese era troppo difficile vero? tanto la nota la devono mettere comunque!
<i>ci sono dei termini del dialetto di Nagasaki</i>
e quando entrano di mezzo i dialetti sono cavolacci amari!
<i>trovo un frontespizio che sembra riprendere un stampo ukiyo-e</i>
cavolacci ancora più amari!
è fondamentale che un traduttore degno di questo nome abbia decine di dizionari mono e bilingui; ma è altrettanto fondamentale tenersi al passo coi tempi e sfruttare la rete, anche se ovviamente non è per niente facile trovare ciò che si cerca...
molte grazie a Dario Sevieri per aver illustrato i "lati oscuri" e le peculiarità delle traduzioni dei manga!
Tarolino è inascoltabile, così come "piccola Kana" in FMP! è a dir poco odioso.
@giorgio13
<i>riguardo alla storia di -san, -sama, -kun e -chan: questi suffussi in italiano non significano nulla; per renderli bisognerebbe mettere dei vezzeggiativi (ad esempio in Bleach Ken-chan diventa Kennino), aggiungere parole (come in Soul Eater, dove Shinigami-sama diventa sommo/lord Shinigami) o impostare la frase con il "lei" e i congiuntivi se c'è -san; oppure si lasciano ma si mettono delle note che spieghino cosa sono...</i>
Se hai seguito il corso di giapponese dovresti capire che le traduzioni che hai proposto tu non sono adatte. Sama non è sommo e san non è signore.
In Bleach hanno messo "Kennino"??? Ok ragazzi, vendo tutta quella schifezza della Panini, 42 numeri che non ho ancora letto, chi li vuole?
<i>c'è scritto "Kurosaki clinic", quindi c'è la nota "clinica Kurosaki", e poi (ancora peggio) c'è scritto "Urahara shoten" con la nota "emporio Urahara"... ma lasciarli in giapponese era troppo difficile vero? tanto la nota la devono mettere comunque!</i>
La Panini si conferma all'altezza della sua fama.
Per la questione san kun eccetera io la gestirei in base al testo. Se proprio ometto il SAN, ma se il testo originale ha un certo tono non lo modifico, mentre il kun e il chan li terrei anche perché a me i vezzeggiativi del nome hanno sempre fatto cagare. Quindi userei la forma giapponese.
Per la questione SHINIGAMI SAMA, oddio sama non è proprio lord o sommo, ma a mio avviso anche qui può starci visto che il grado di rispetto usato con sama indica una totale venerazione del parlante nei confronti di chi prende sama. Quindi LORD SHINIGAMI o SUA MAESTA SHINIGAMI può essere adeguato come tono. L'unica non lo cambierei, terrei sempre lo stesso appellativo per non confondere chi legge. Quindi se inizio con LORD SHINIGAMI lo chiamerò sempre cosi.
Sulla questione del rude poi cara neko ho i miei dubbi se sono due amici maschi che si parlano in forma piana non so quando cortesi possano essere... Alla fine la forma piana di per se è una forma abbastanza diretta e quindi comunque meno cortese della forma in MASU come credo possa confermare un qualche docente cafoscari. Infatti io tarantino lo volevo uccidere in kill bill visto che gli yakuza parlavano tutti in MASU...
questione di gusti, io lo trovo simpatico il vezzeggiativo Tarolino, lo diceva soltanto Arale in dr Slump, gli altri lo chiamavano Tarou
Il vezzeggiativo credo sia la cosa più vicina al chan/kun.
Kuro Ookami
sì, la forma piana è più diretta ma non è rude, soprattutto se si aggiunge "ne" alla fine delle frasi e cose simili, non è solo il masu che rende una frase più rispettosa.
Comunque punti di vista, io credo che dei termini giapponesi debbano essere tolti o tradotti in italiano, nei libri tradotti in italiano per esempio san, kun e chan non ci sono e sono d'accordo con questa scelta dei traduttori.
Comunque direi che in generale siamo d'accordo..
Cioè un italiano pezzotto viene adattato: pò non è meglio il passaggio attraverso la lingua inglese? O.o
Poi quando ho letto che le onomatopee sono un "problema" non ho potuto fare a meno di ridere (per non piangere): MA CHISSENEFREGA DELLE ONOMATOPEE PENSATE A RENDERE FEDELE LA STORIA!
<i>Il vezzeggiativo credo sia la cosa più vicina al chan/kun.</i>
Anche qui non è del tutto vero. Esempio: in Reborn Tsuna chiama "Kyoko-chan" una ragazza con cui (all'inizio del manga) non parlava quasi mai. Quindi è assurdo che chiami "kyokina"/"kyokuccia" una con cui non parla quasi mai (oltre tutto sono veramente orrendi da sentire).
Oppure un caso in cui è intraducibile: Minami-ke.
In una scena Fujioka deve telefonare a casa della ragazza che gli piace e che fino a quel momento chiamava per cognome, ma siccome telefono a casa sua non può dire "C'è Minami?" dato che in quella casa tutti si chiamano Minami. Quindi inizia a pensare a come può chiamarla e vede il poster della champions appeso al muro e leggendo CHAMpion per consonanza gli viene in mente di aggiungere il chan al nome della ragazza. E' chiaro che questo non può essere tradotto in italiano perché normalmente si penserebbe "che c'entra il poster della champions?".
P.S.: Non sono un testone su Reborn, sono un testone su tutto!
Mi spiace, ma in italiano è assurdo chiamare con un vezzeggiativo qualcuno con cui non parli mai (anzi è assurdo chiamare qualcuno con un vezzeggiativo in generale ) e è ancora più assurdo chiamare una compagna di classe "signorina".
<i>In quel caso, nella traduzione italiana (se è un anime) credo la gag non possa essere tradotta</i>
Appunto, siccome non può essere tradotta è cosa buona e giusta lasciare gli onorifici.
Sì, quel pezzo in Soul Eater l'ho notato subito.
<i>non è possibile mettere delle note esplicative in un anime</i>
Chi l'ha deciso? Nei fansub o nei manga le note ci sono e non vedo perché dovrebbero essere tolte. Servono per farti comprendere appieno l'opera.
<i>Purtroppo a volte certe cose vanno inevitabilmente perse quando si traduce in altre lingue.</i>
Ecco perché sono contro i ridoppiaggi.
Comunque alle volte alcune cose non le si può capir comunque come ad esempio il motivo per cui sailor moon si chiama Usagi e Chibiusa si chiama cosi. Lo puoi capire solo se sei giapponese o conosci la loro cultura e le loro legende..
Quindi non dipende solo dal doppiaggio ma anche dalle possibilità che permette la lingua, come ad esempio alle volte i numeri sulle maglie che fanno riferimento alla lettura dei numeri e l'assonanza con i nomi, o riferimenti di sola animazione.
Quindi l'unica cosa possibile a mio avviso è riadattare con modi di dire simili ma conosciuti nella nostra lingua o gag che nella nostra lingua hanno senso quella di cani e gatti per canicatti ci sta a mio avviso...
<i>In un anime ci può stare una cosa del genere, succede di tutto </i>
Un conto sono le situazioni assurde da manga, un'altro è redenre assurda una situazione che assurda non è.
<i>Proprio perchè la scena comica, che verte sul chan e chanpion, non può essere tradotta, è inutile lasciare il termine chan che in italiano non significa nulla.</i>
Ma se togli il chan ritorniamo al punto di prima in cui lo spettatore non capisce la scena del poster della champions.
<i>Chi non conosce il giapponese penserà che san, chan, kun facciano parte del nome dei personaggi </i>
Come può pensarlo? Possibile che in Giappone tutti i nomi di ragazze finiscono con "chan"? o.O Penso ci sia un limite all'ignoranza della gente. Ma se proprio si è a questi livelli basta aggiungere una nota che spiega l'utilizzo di questi onorifici.
Inoltre non ha senso dire "gli onorifici vanno tolti per in Italia non si usano". Allora quando c'è una scena di un personaggio che mangia con le bacchette che si fa? Si censurano le bacchette con una forchetta perché in Italia le bacchette non si usano? Può sembrare un paragone assurdo, ma la sostanza è sempre la stessa: togliere una cosa che non si usa in Italia.
<i>I fansub sono prodotti amatoriali destinati a un pubblico che conosce la cultura giapponese</i>
Ma chi l'ha detto? Io di cultura giapponese so poco o niente e anche la maggior parte delle persone che guarda fansub non conosce la cultura del Sol Levante. Proprio perché non si conosce la cultura esistono le note.
Per rendere l'opera di facile comprensione bastano delle semplici note, è così difficile accettarle?
tu stesso hai detto che questo Tsuna usa il chan con una persona estranea... cosa, secondo me, non proprio usuale nella realtà.
<q><i>Ma se togli il chan ritorniamo al punto di prima in cui lo spettatore non capisce la scena del poster della champions.
</q></i>
Come ho detto prima, sono dell'opinione che il lettore italiano non può capire, da una scena di pochi secondi, la relazione tra il chan e il CHANpion del poster e leggere delle note esplicative lo fa distrarre da ciò che succede nelle scene successive.
<q><i>Come può pensarlo? Possibile che in Giappone tutti i nomi di ragazze finiscono con "chan"?</q></i>
Ma in un episodio i vari personaggi femminili possono essere chiamati col san, col chan o con nulla, il telespettatore italiano che non conosce la cultura e la lingua giapponese non sa cosa siano questi suffissi e penso che finisca per crederli nomi dei personaggi.
<q><i>Allora quando c'è una scena di un personaggio che mangia con le bacchette che si fa? Si censurano le bacchette con una forchetta perché in Italia le bacchette non si usano?</q></i>
Non ho detto che bisogna togliere tutto, credo di essere stato chiaro nei commenti precedenti quando dicevo che durante la traduzione QUALCOSA dell'originale va perso, NON tutto.
Quindi aspetti grammaticali e parole di non facile e rapida comprensione ritengo che vadano tolti, il resto può rimanere.
<q><i>Io di cultura giapponese so poco o niente e anche la maggior parte delle persone che guarda fansub non conosce la cultura del Sol Levante.</q></i>
Sicuramente ne sa di più del normale telespettatore italiano che non segue anime online.
<q><i>Per rendere l'opera di facile comprensione bastano delle semplici note, è così difficile accettarle?</q></i>
Sulle semplici note sono d'accordo ma se in pochi frame di un anime bisogna spiegare una situazione comica che verte sulla grammatica e sulle parole giapponesi la cosa si fa impossibile.
L'esempio più calzante è quello del numero che Maka scrive sul vetro per chiamare shinigami sama, nell'anime soul eater.
Comunque capisco che abbiamo opinioni differenti sulla faccenda.
Tu credi che tutti i telespettatori conoscano un minimo di cultura e lingua giapponese per comprendere tutto ciò che succede in un anime o che le note a video siano sempre fattibili, io penso che alcune cose vadano tradotte, adattate o tolte per il pubblico televisivo che non conosce la lingua e la cultura giapponese e non sempre è possibile mettere note a schermo.
Potremmo andare avanti all'infinito con la discussione
<i>Come ho detto prima, sono dell'opinione che il lettore italiano non può capire, da una scena di pochi secondi, la relazione tra il chan e il CHANpion del poster e leggere delle note esplicative lo fa distrarre da ciò che succede nelle scene successive.</i>
Hai ragione, per questo le note devo essere esplicite ma anche il più possibile sintetiche. Ad esempio "In giapponese CHAMpion e chan creano consonanza". Semplice, breve, concisa e esplicativa.
<i>Ma in un episodio i vari personaggi femminili possono essere chiamati col san, col chan o con nulla, il telespettatore italiano che non conosce la cultura e la lingua giapponese non sa cosa siano questi suffissi e penso che finisca per crederli nomi dei personaggi.</i>
Anche qui semplici note esplicative:
"Chan si usa per indicare persone con cui si è in confidenza".
"San è un onorifico pià rispettoso di chan".
<i>Sicuramente ne sa di più del normale telespettatore italiano che non segue anime online</i>
Non necessariamente.
Per l'esempio di Soul Eater avevo già risposto nella notizia riguardante la messa in onda su Rai4.
Nota: "Questi numeri in giapponese, hanno il significato di "Muori, muori, uccidi"". Ed ecco anche qui una nota semplice e esplicativa e che ci si motte pochissimo per leggere, così lo spettatore non viene distratto.
Ok, fermiamoci qui.
Ma tra compagni di classe non si usa il kun, tantomeno ci si chiama per nome (a parte gli amici con cui si è in confidenza).
<i>Certo ma secondo me la nota che spiega in modo molto sintetico la gag non fa apprezzare appieno la scena comica</i>
Ok, può essere che con la nota non apprezza in pieno la scena comica, ma senza nota non la capisce nemmeno la scena comica!
<i>Immagina un film inglese con scritte nello schermo e persone chiamate con il loro nome seguito da mister, mister, miss </i>
Volevi dire "i loro nomi <i>preceduti</i> da mister e miss". Sì, io non li toglierei i mister e miss (considerando che tutti sanno cosa significano visto che si usano anche nella lingua italiana non servono le note) e comunque ricorda che io sono contro i ridoppiaggi, quindi anche i film inglesi li preferisco in lingua originale.
Tra compagni di classe mi sembra che ci si possa chiamare col cognome + chan, kun.
Siamo d'accordo che le opere originali sono sempre meglio di quelle tradotte
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