Alla stragrande maggioranza dei videogiocatori, al solo imbattersi nella parola “picchiaduro” o nelle sue varianti, si formerà una distinta visione in mente. Quella di un ragazzo con un kimono bianco e una fascia rossa sulla testa, il quale, con le mani congiunte, spara una sfera d’energia, mentre la sua voce digitalizzata urla “Hadouken!”. E’ qualcosa di matematico, che coinvolge chiunque abbia vissuto in prima persona le calde estati degli anni ’90, come se fossero tutti, inevitabilmente, sotto l’effetto di un incantesimo…

ROUND 1: I PUT A SPELL ON YOU… (1987)

Street Fighter - RyuE’ il 1987, quando nelle sale giochi di tutto il mondo fa la sua comparsa un titolo destinato a diventare l’inizio di una leggenda: Street Fighter.
Sviluppato dalla Capcom, una software house di Osaka, il gioco chiede di impersonare Ryu, un ragazzo giapponese che pratica il karate e partecipa ad un torneo di arti marziali che lo porterà a girare per il mondo e ad affrontare i lottatori più disparati.
Cinque gli scenari calcati dal nostro eroe: il Giappone, dove deve affrontare il monaco Retsu e il ninja Geki; la Cina, dove gli avversari sono i lottatori di kung fu Lee e Gen; gli Stati Uniti, dove bisogna battere il kickboxer Joe e il pugile Mike; l’ Inghilterra, patria del teppista punk Birdie e del baffuto bodyguard Eagle. Infine, la Thailandia, dove a Ryu toccherà affrontare in combattimento due lottatori di muai thai, Adon e Sagat.
Il giocatore è chiamato ad impersonare l’indomito karateka col kimono bianco e a portarlo vincitore in ogni combattimento. Ogni avversario va affrontato per tre volte e la vittoria viene assegnata superando due scontri su tre.
E’ prevista anche una modalità a due giocatori in cui il player 2 interpreta un karateka biondo col kimono rosso, Ken.
Street Fighter non è il primo gioco di questo tipo. Come i più grandicelli ricorderanno, molti altri titoli basati sulle arti marziali e i combattimenti giravano già sulle console a 8 bit durante gli anni ’80, eppure il titolo della Capcom aveva qualcosa in più, una carica innovativa che mancava ai giochi precedenti e che ne decretò il successo.
Motivo del successo fu, in parte, l’innovativo sistema di controllo, composto da un joystick a levetta per la direzione e da due grossi bottoni, uno per il pugno e uno per il calcio, che permettevano a Ryu di effettuare diverse mosse a seconda della potenza con cui venivano premuti. Tuttavia, a causa della difficoltà di utilizzo, il sistema di controllo è stato successivamente sostituito da uno con sei pulsanti (pugno e calcio debole/medio/forte) che caratterizzerà la serie Street Fighter anche negli anni a venire.
Tra le varie mosse che il personaggio può eseguire, tre meritano una menzione particolare: l’Hadouken (Colpo ondulatorio), una sfera energetica sparata dalle mani congiunte; lo Shoryuken (Pugno del drago), un uppercut con salto; il Tatsumaki Senpuukyaku (Calcio tornado del drago), un calcio rotante. Questi tre colpi sono mosse speciali che distinguono Street Fighter da ogni gioco precedente dello stesso genere e diventano ben presto iconiche nonché famosissime ancora oggi.
A fare il successo di Street Fighter è inoltre la grafica molto curata con personaggi molto grandi e scenari realistici, nonché un gusto per la citazione che pesca a piene mani dai manga più popolari del periodo, come Dragon Ball (l’Hadouken è una chiarissima riproposizione della Kamehameha creata da Akira Toriyama) o Hokuto no Ken (la caratterizzazione grafica di diversi personaggi ricorda lo stile di Tetsuo Hara).
La popolarità del gioco nella sua versione da sala fa sì che Street Fighter venga convertito anche per Pc Engine, DOS e ZX Spectrum. Inoltre, si comincia quasi subito a pensare ad un seguito…


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