Per realizzare Redline si vocifera ci siano voluti sei anni. Il progetto risale al 2003 quindi. Sei anni: dà da pensare quanto, malgrado ciò, Redline sia più moderno di quasi tutti i titoli del recente panorama anime.
Lo lascio come accenno, ci ritorno dopo.
Dicevo che dà da pensare, Redline; ma non per i suoi temi, per la sua “offerta di concetti”. No. Lui incontra lei, sogni da concretizzare “anema e core”, riscatto dell’eroe e via discorrendo: basandosi su un tuning di Wacky Races, la sceneggiatura maneggia cliché su cliché e avanza liscia come il cofano lucidato a specchio di un prototipo da corsa. In fondo, della storia interessa poco, a Ishii & Koike per primi. Non le si deve dare peso. È volutamente esile, prevedibile, anche risibile, d’altronde rappresenta, da una parte, il pretesto per scatenare lo sclero audio-visivo del lungometraggio, e dall’altra una traccia lungo la quale dirigerlo. Il senso del film sta in altro.
Redline fa della forma il suo contenuto, riempie se stesso, il suo (pianificato) vuoto concettuale, della propria estetica. A modo suo è avanguardia, il futurismo che incontra il pop.
Ipercinetico e smargiasso, tamarro e laccato, Redline ostenta un’anomala, personalissima ibridazione in cui si saldano Balla, Kawajiri, Star Wars, Fast and Furious, Nascar e cartoon USA. C’è una stilizzazione tutta particolare, peculiare, nel film. Come corollario, soprattutto, c’è la rottura dell’attuale iconografia dell’animazione giapponese, spesso e volentieri omologata su tre o quattro modelli di riferimento. Dei quali Koike se ne sbatte.
Influenze “aliene” plasmano il design di Redline, spezzando la figurazione di una japanimation che troppo frequentemente – e da troppo tempo – guarda solo a se stessa, fino quasi a ripiegarsi sul suo “idealismo grazioso”, sulla patinatura di un immaginario canonizzato, appiattito, stantio. Takeshi Koike ha invece una visione aperta, assorbe influssi ester(n)i e li miscela in un modo che appare, sì, bizzarro, senza dubbio, ma che è altrettanto fresco, giovane, globalizzato e globalizzante: moderno, appunto.
Ma non soltanto. Koike, adesso, sa anche quando accelerare e quando frenare, dove trattenersi e dove sbrigliare la sua creatività fracassona, il suo estro pirotecnico. C’è una grande perizia nel dosaggio dei tempi e nella costruzione del ritmo, dell’azione febbrile, del climax parossistico. C’è criterio nella gestione delle orge cromatiche, frutto di continue giustapposizioni tra tinte complementari, calde-fredde, oscure-sgargianti, in una tavolozza squillante eppure mai sbilanciata. A dettare legge è la ricerca dell’effetto, la composizione di uno spazio dinamico dove i personaggi sono tirati a mo’ di chewing gum e le fughe prospettiche vengono estremizzate.
Tuttavia nel pregio del film risiede, forse, anche il suo limite. Redline si gioca tutto sull’aspetto, appoggiandosi a delle meccaniche già date. Trasforma e deforma gli schemi figurativi del sol levante, ma non i codici narrativi, non le strutture della macchina dello spettacolo, laddove, per esempio, Kon faceva e Yuasa continua a fare entrambe le cose.
Ciò senza dubbio rispecchia i programmi di disimpegno e d’intrattenimento spacca mascella a cervello (semi)disconnesso alla base dell’ideazione di Redline. Nondimeno si poteva osare un po’ di più anche sull’impostazione dello story-telling. Si poteva scherzare anche con gli stereotipi usati, con l’intreccio. Giusto un poco, senza eccedere, perché si tratta comunque di discorsi marginali rispetto al nocciolo del film.
Lo lascio come accenno, ci ritorno dopo.
Dicevo che dà da pensare, Redline; ma non per i suoi temi, per la sua “offerta di concetti”. No. Lui incontra lei, sogni da concretizzare “anema e core”, riscatto dell’eroe e via discorrendo: basandosi su un tuning di Wacky Races, la sceneggiatura maneggia cliché su cliché e avanza liscia come il cofano lucidato a specchio di un prototipo da corsa. In fondo, della storia interessa poco, a Ishii & Koike per primi. Non le si deve dare peso. È volutamente esile, prevedibile, anche risibile, d’altronde rappresenta, da una parte, il pretesto per scatenare lo sclero audio-visivo del lungometraggio, e dall’altra una traccia lungo la quale dirigerlo. Il senso del film sta in altro.
Redline fa della forma il suo contenuto, riempie se stesso, il suo (pianificato) vuoto concettuale, della propria estetica. A modo suo è avanguardia, il futurismo che incontra il pop.
Ipercinetico e smargiasso, tamarro e laccato, Redline ostenta un’anomala, personalissima ibridazione in cui si saldano Balla, Kawajiri, Star Wars, Fast and Furious, Nascar e cartoon USA. C’è una stilizzazione tutta particolare, peculiare, nel film. Come corollario, soprattutto, c’è la rottura dell’attuale iconografia dell’animazione giapponese, spesso e volentieri omologata su tre o quattro modelli di riferimento. Dei quali Koike se ne sbatte.
Influenze “aliene” plasmano il design di Redline, spezzando la figurazione di una japanimation che troppo frequentemente – e da troppo tempo – guarda solo a se stessa, fino quasi a ripiegarsi sul suo “idealismo grazioso”, sulla patinatura di un immaginario canonizzato, appiattito, stantio. Takeshi Koike ha invece una visione aperta, assorbe influssi ester(n)i e li miscela in un modo che appare, sì, bizzarro, senza dubbio, ma che è altrettanto fresco, giovane, globalizzato e globalizzante: moderno, appunto.
Ma non soltanto. Koike, adesso, sa anche quando accelerare e quando frenare, dove trattenersi e dove sbrigliare la sua creatività fracassona, il suo estro pirotecnico. C’è una grande perizia nel dosaggio dei tempi e nella costruzione del ritmo, dell’azione febbrile, del climax parossistico. C’è criterio nella gestione delle orge cromatiche, frutto di continue giustapposizioni tra tinte complementari, calde-fredde, oscure-sgargianti, in una tavolozza squillante eppure mai sbilanciata. A dettare legge è la ricerca dell’effetto, la composizione di uno spazio dinamico dove i personaggi sono tirati a mo’ di chewing gum e le fughe prospettiche vengono estremizzate.
Tuttavia nel pregio del film risiede, forse, anche il suo limite. Redline si gioca tutto sull’aspetto, appoggiandosi a delle meccaniche già date. Trasforma e deforma gli schemi figurativi del sol levante, ma non i codici narrativi, non le strutture della macchina dello spettacolo, laddove, per esempio, Kon faceva e Yuasa continua a fare entrambe le cose.
Ciò senza dubbio rispecchia i programmi di disimpegno e d’intrattenimento spacca mascella a cervello (semi)disconnesso alla base dell’ideazione di Redline. Nondimeno si poteva osare un po’ di più anche sull’impostazione dello story-telling. Si poteva scherzare anche con gli stereotipi usati, con l’intreccio. Giusto un poco, senza eccedere, perché si tratta comunque di discorsi marginali rispetto al nocciolo del film.
Perché, già così, Redline sa essere – per gli occhi, massimamente – una soddisfazione non comune. Perché, su un piano più profondo, Redline esplora le possibilità espressive del mezzo attraverso i suoi elementi fondanti: linea, colore e movimento; e mostra quanto può essere deflagrante la loro combinazione e quale potenza visuale si può scatenare a partire da essi. In ciò simile, tra gli altri, al Dimension Bomb di Koji Morimoto, al fine con cui lì si utilizzavano il suono, la luce e la fotografia digitali. È merce che non si trova ogni giorno, e non è da tutti avere la fantasia di concepirla, e l’abilità di darle vita.
E peccato che la Kaze ci ha portato un'edizione non proprio perfetta, anzi, qualità video da fansub, sottotitoli impossibili da togliere con la traccia audio originale e nessun extra.
Almeno il doppiaggio italiano merita parecchio...
E che OST
Un giudizio da chi li ha visti entrambi?
Cioè se comprassi l'originale non potrei togliere i sottotitoli?
La Kazé purtroppo di queste trovate non è nuova.
Ci tratta da "mercato"riempitivo (perchè allora pubblichi in Italia?)
Esempio "la Ragazza che Saltava nel Tempo" edizione a 3 dischi
cartonata con 100 e passa (ora non ricordo) pagine di booklet e poi:
audio ITA 2.0 stereo!!! Per oltre 50.00 euro di film!!!
Ora riflessioni da collezionista/commercialista
a parte qui tutti ne parlano un gran bene,
se lo trovro ad un buon prezzo
vedrò di procurarmelo questo film.
Utilizza le stesse tecniche per attirare il pubblico
dei video rap della west coast:
Supercash, Supercar, Superpussy
Considerando che nella versione francese di "Toki o Kakeru Shojo" ci sono le seguenti tracce:
Japanese: DTS-HD 5.1
Japanese: DTS 2.0
French: DTS 5.1
French: DTS 2.0
German: DTS 5.1
German: DTS 2.0
Italian: DTS 2.0
Nonostante ciò (grazie ad essa) capisco che quest'opera in questione non fa per me, visto che sembra esclusivamente basata sulla veste grafica volta a stupire (immagino pure le animazioni)...
Fortuna che ho letto la recensione in tempo (di Redline ne avevo sentito parlare in giro per il sito) altrimenti me lo sarei visto e gli avrei affibbiato un voto decisamente negativo, vista la (presunta) scarsità di contenuti ^^
La gara iniziale e' molto meglio di quella che dovrebbe essere la corsa principale, c'e' "troppa pausa" prima di quest'ultima, e tante cose e vari personaggi che sembravano interessanti sono stati invece sviluppati malissimo, per non dire ridicolo in certi casi.
Ai tempi dei trailer pensavo di comprare il Blu-Ray. Poi ho avuto l'occasione di vederlo ed ho cambiato idea, di brutto.
Posso solo che consigliare questo titolo a tutti gli amanti del genere corse, belle donne e ritmi senza fiato
Allora passo immediatamente e torno a vedermi Remi'.
E pensavo che robe del genere fossero un'esclusiva Yamato (che prosegue tuttora), e invece spendo 30€ per poi dovermi cercare la versione senza sottotitoli scaricandola illegalmente, se la volessi...
Comunque, tra le opere fracassone non citate, ci sarebbe anche una citazione (o trollata?) ad Akira...
Idem per i rombi di motori e le ambientazioni attinte dallo stile Fast and Furious. Era nella mia lista ma, a questo punto, sarò ben felice di toglierlo.
Nonostante queste premesse, i colori accesi e le adeguate scelte cromatiche mi attirano notevolmente. Anch'io, appena visto il trailer, ho pensato ad un cartoon americano. La cosa non è che mi dispiaccia, anzi sono un particolare amante del genere. Detto ciò, al momento, non credo visionerò Redline. Magari in futuro ci farò nuovamente un pensiero.
Come sempre, vivi complimenti a Limbes per la recensione.
O meglio: è già uscito il dvd italiano?
Sottoscrivo: perché non trovo mai un negozio che abbia dvd di anime?
L'immagine "bizzarra" l'ho subito usata come desktop; per il resto: questa volta ho compreso molto bene la recensione di Limbes, l'ho apprezzata tantissimo e m'ha convinto delle idee che mi ero fatto riguardo "Redline".
Appena posso compro il dvd.
Ebbravo Limbes
Comunque graficamente assomiglia molto a Tailenders, che è anch'esso un film incentrato sulle corse.
In particolare, il riferimento a Balla (sarebbe la prima volta che lo vedo associato ad un anime) e al futurismo/pop ha catturato la mia attenzione e mi ha riempito di curiosità verso questo film.
Allora, i pregi sono sicuramente le animazioni, i colori e i disegni che si ispirano molto all'american style, alle pazze gare tipiche dei cartoni animati Hannah & Barbera e alla pop art. In questo centra benissimo l'obiettivo e lo fà anche con stile. Ma dopo cosa rimane? Nulla... Allora, ovviamente parlo secondo il mio punto di vista ma in un film che dovrebbe basarsi sul visual piuttosto che sulla trama mi sarei aspettato altro... di trama non ce n'è(o quasi) e va bene, sappiamo che non era a questo che avevano puntato i creatori ma anche di tutto questo gasamento, questa adrenalina, questo spettacolo puro io non ne ho visto... ripeto, forse la parte finale ci può stare ma... FLCL, Gurren Lagann, Excel Saga mi sono saputi più "adrenalitici"!
Un gran peccato che RedLine sia stato un mezzo flop in Giappone, un gran peccato davvero.
Count me in!!
Vi sono anche titoli Yamato così.
E' per evitare che i giapponesi comprino DVD import che costano meno dei loro.
Non so quanto si possa fare una colpa a Kazé stavolta, non avendo modo di leggere i loro contratti...
Non per diffamare Yamato ad oltranza, ma solo loro hanno i sottotitoli fissi, come mai per Mazinkaiser della d/visual i sottotitoli sono opzionali mentre per Mazinkaiser SKL invece sono fissi? (qualcuno potrebbe dire che il vero scandalo è spendere 10€ a episodio per ritrovarti col color bending, ma lasciamo perdere)
Magari sono nel contratto, ma come mai con Dynit non esiste nulla del genere? Eppure hanno delle serie molto recenti (e decisamente appetibili, Madoka Magika rischia di essere sold out per via del preorder estero, il solo Nendoroid incluso vale da solo il prezzo del box)
Siamo ancora fortunati, negli USA a volte non hanno nemmeno la traccia audio giapponese.
P.S. Ma vi fa tanta differenza poi? Quanti di voi seguono un anime in giapponese senza sottotitoli?
P.S.S. Fissi poi...in teoria anche The Monkey è così, ma il mio lettore DVD da sala risalente al cenozoico la pensa diversamente
Non concordo con il giudizio finale della recensione, il film è troppo fragile e vuoto, non c'è davvero spessore se non nella sola realizzazione visiva, anch'essa però altamente sopravvalutata, perchè solo sotto steroidi.
Tra 5 anni questo film sarà semplicemente vecchio, non da recuperare perchè poetico, visionario o dalla trama geniale, al massimo sarà un documento della tecnica e del gusto raggiunto al tempo della sua realizzazione, così come qualsiasi opera.
IMHO Questa è masturbazione visiva (sempre che piaccia lo stile, cosa non scontata..) senza sostanza.
Credo il recensore "ci ha fatto troppo dentro", ma comprendo quanto sia facile lasciarci prendere la mano quando un opera ci piace.
A quel punto, ad un opera possiamo far dire quello che vogliamo, se abbiamo le competenze per una lettura su più livelli e siamo capaci di argomentare, ovvero come sembra il recensore.
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