Chiune Sugihara (杉原千畝, Sugihara Chiune, 1900-1986), diplomatico giapponese, fu Vice-Console dell'Impero del Giappone in Lituania, dal 1939 fino all'occupazione sovietica del paese baltico, completata nel 1940. Il suo lavoro in Europa consisteva principalmente nel riferire a Tōkyō i movimenti di truppe tedesche e sovietiche in quell'area strategica, durante i primi bagliori del secondo conflitto mondiale. In quel difficile periodo, aiutò migliaia di ebrei ad abbandonare il paese, fornendo loro dei visti di transito così che potessero raggiungere il Giappone.
In seguito all'invasione nazista della Polonia (1/9/1939), una moltitudine di ebrei si era rifugiata in Lituania portando con sé i racconti delle atrocità perpetrate dai tedeschi contro la popolazione di origine semita. Nella loro fuga affannosa, gli ebrei polacchi non erano riusciti a portare con sé alcunché, ma ricevettero aiuti in denaro e vestiti, nonché alloggio e riparo, da parte della comunità ebraica locale. Le cose cominciarono a peggiorare con l'invasione sovietica della Lituania (15/6/1940), divenuta dunque preda del regime stalinista (di lì a poco i sovietici avrebbero perpetrato deportazioni di massa a danno dei cittadini di Lituania, Lettonia ed Estonia, nell'intento di "sovietizzare" le repubbliche annesse; i tedeschi avrebbero in seguito occupato il Baltico, nel corso dell'Operazione Barbarossa, avviata nel giugno 1941). A quel punto, ombre ancora più drammatiche si addensavano all'orizzonte delle due comunità ebraiche, quella lituana e quella polacca, che si trovarano nell'impellenza di abbandonare il paese.
Nel 1940, però, la maggior parte dell'Europa occidentale era stata occupata dai nazisti, con l'eccezione della Gran Bretagna, e quasi tutto il resto del mondo libero aveva chiuso le frontiere all'immigrazione ebraica, negando di fatto l'accoglienza ai rifugiati, che provenissero dalla Polonia o da qualunque altro paese dell'Europa occupata dai tedeschi.
L'ultima spiaggia era rappresentata dall'immigrazione in Estremo Oriente, o nelle colonie olandesi dell'America Latina (Guiana Olandese, isola di Curaçao). Le autorità dell'URSS concessero agli ebrei di continuare a migrare attraverso le repubbliche sovietiche, purché fossero muniti di regolari documenti di viaggio.
In queste funeste circostanze, il Vice-Console Sugihara divenne la chiave di volta di un disperato tentativo di fuga per la sopravvivenza. Il tutto fu accelerato dalla rapida avanzata dei tedeschi verso est. Nel luglio del 1940, le autorità di Mosca diedero istruzioni a tutte le ambasciate straniere di lasciare Kaunas, capitale temporanea della Lituania. Prima del conflitto, Kaunas contava 120,000 abitanti, un quarto dei quali di etnia ebraica.
Quasi tutte le delegazioni diplomatiche lasciarono la città, ma Chiune "Sempo" Sugihara, richiese e ricevette una proroga di 20 giorni. Centinaia di ebrei (rifugiati dalla Polonia o cittadini lituani) si accalcarono ai cancelli del consolato giapponese a Kaunas, nel tentativo di ottenere un visto per il Giappone. Sugihara si trovò a un bivio, dovendo prendere una decisione difficile, da cui sarebbe dipesa la vita di migliaia di persone.
A quel tempo, il governo giapponese garantiva i visti solo in base a determinati criteri di ordine burocratico ed economico, che la maggior parte dei rifugiati non soddisfaceva; inoltre, Sugihara aveva obbedientemente contattato il Ministro degli Esteri giapponese per ben tre volte, perché gli desse istruzioni sul da farsi. Ciascuna volta, il ministro aveva risposto che condizione necessaria, senza possibilità di eccezioni, per ottenere il visto fosse il possesso da parte degli applicanti di un ulteriore visto verso una destinazione terza, da raggiungersi successivamente all'ingresso in Giappone. Il Vice-Console discusse a questo punto la situazione con la moglie Yukiko e i figli. Sugihara era stato educato nel rigido ossequio e nella cultura dell'obbedienza peculiari delle gerarchie amministrative e militari del Sol Levante; era un diplomatico di carriera, e si era insediato da poco al consolato (nella foto in basso un ricevimento a Kaunas con diplomatici di diverse nazionalità).
Si scontravano in lui lo spirito di disciplina proprio del funzionario e l'etica del samurai, ereditata dal ramo materno della sua famiglia, che lo spingeva ad aiutare i bisognosi. Dissobedire agli ordini avrebbe probabilmente posto fine alla sua carriera, se non, peggio, messo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi familiari. Ma la coscienza ebbe il sopravvento, e così, dal 18 luglio al 28 agosto 1940, il signore e la signora Sugihara, senza soluzione di continuità, scrissero 300 visti al giorno (un lavoro per cui, in condizioni normali, ci sarebbe voluto un mese di tempo). Bisognava fare in fretta, perché i richiedenti, se si fosse indugiato, sarebbero incorsi in un pericolo mortale (la deportazione e l'internamento). A fine giornata, Yukiko massaggiava le mani del marito affaticate da 18-20 ore di lavoro; il Vice-Console non si fermava neppure per pranzo, e il suo pasto quotidiano erano dei panini. A spronarlo ad andare avanti senza perdere un minuto erano le persone in fila notte e giorno davanti alla legazione diplomatica nipponica. Quando qualcuno tentò di scalare il muro di recinzione, Sugihara uscì all'aperto per calmare gli astanti e rassicurarli, promettendo loro che avrebbe fatto l'impossibile per aiutarli. Il diplomatico nipponico prese accordi con gli ufficiali sovietici, che acconsentirono al viaggio degli ebrei attraverso l'URSS, sui convogli della Transiberiana, fino al porto di Vladivostok, dove i migranti si imbarcarono per Kōbe, città giapponese che ospitava una comunità di ebrei russi. Circa 6,000 ebrei riuscirono a fuggire verso il Giappone, grazie ai visti emessi da Sugihara, col prezioso aiuto della moglie. L'impagabile opera si dovette interrompere il 4 settembre, quando Sugihara dovette abbandonare l'incarico e la Lituania, partendo in treno verso Berlino. La notte prima della partenza, i coniugi rimasero svegli a scrivere gli ultimi lasciapassare. Secondo quanto riferito da testimoni, Sugihara continuò a scrivere visti anche durante lo spostamento dall'albergo in stazione, e, persino dopo esser salito a bordo del treno, lanciò dal finestrino della vettura in movimento dei fogli di carta in bianco con il solo sigillo del consolato verso la folla disperata di rifugiati, perché questi potessero poi utilizzarli per compilare un visto.
"Perdonatemi. Non posso scriverne più. Vi auguro di cuore buona fortuna!”, disse al momento di partire, inchinandosi profondamente di fronte alla folla.
"Sugihara, non vi dimenticheremo mai. Ci rivedremo sicuramente!"
Vario fu il destino dei rifugiati: una volta giunti a Kōbe, furono aiutati dall'ambasciatore polacco a Tōkyō, Tadeusz Romer, che tra l'agosto del '40 e il novembre del '41 riuscì a procurare loro circa 2.000 tra visti di transito attraverso il Giappone e permessi di asilo politico in Canada, Australia, Nuova Zelanda, Birmania, nonché certificati d'immigrazione verso il Mandamento Britannico della Palestina e visti d'imigrazione verso gli Stati Uniti ed altri paesi dell'America Latina. I rimanenti "sopravvissuti di Sugihara" rimasero in Giappone, fino alla loro riallocazione in Shangai (allora territorio occupato dalle truppe nipponiche) che ospitava una vasta comunità ebraica (ghetto di Shangai).
Nonostante le pressioni tedesche perché i rifugiati venissero consegnati alle autorità naziste o uccisi, il governo nipponico protesse il gruppo, per motivazioni molteplici, che potrebbero ricercarsi, secondo gli storici, nella gratitudine per il prestito concesso da un banchiere ebraico, Jacob Schiff, durante il vittorioso conflitto russo-giapponese (1905), nel sentimento di ammirazione dei giapponesi verso l'asserita capacità affaristica degli ebrei (elemento di pregiudizio paradossalmente ricavato dalla lettura di trattati anti-semiti da parte dei leader giapponesi dell'epoca), o in un più fumoso ideale panasiatico (l'ideologia nazista escludeva "i gialli", al pari del ceppo semitico, dal concetto di "superiorità ariana", mentre l'asiaticità accomunava i due popoli).
Lasciando da parte queste elucubrazioni storiografiche, è certo che l'opera di Sugihara non venne dettata da nulla di simile, ma da considerazioni umanitarie e dal coraggio di seguire la propria coscienza. Fu una "cospirazione della gentilezza", come venne definita in un documentario del 2000 di Robert Kirk e Diane Estelle Vicari dedicato alla vicenda (Conspiracy of Kindess).
Il numero di ebrei salvati da Sugihara è oggetto di controversie; alcuni stimano un totale di 6,000 persone, ma è appurato che vennero concessi anche visti familiari, che autorizzavano diverse persone a viaggiare con un unico permesso. Il Simon Wiesenthal Center ha stimato che 40,000 discendenti dei 6,000 rifugiati ebrei devono la propria vita alle azioni di Sugihara. La vedova del Vice-Console e il suo primogenito concordano sulla stima di 6,000 persone, mentre Hille Levine della Boston University asserisce che i "sopravvissuti di Sugihara" furono almeno 10.000.
La carriera del diplomatico non risultò pregiudicata negli anni della guerra, durante i quali servì nelle ambasciate di Cecoslovacchia, Romania e Prussia Orientale. Fu invece invitato dal Foreign Office nipponico a dimettersi nel 1947, ufficialmente per motivi di "ridimensionamento" del personale. Nel 1991, il Ministro degli Esteri giapponese in carica lodò la condotta di Sugihara, definendola "un'azione coraggiosa e umanitaria". Nel 1985, Israele l'ha insignito del titolo di Giusto tra le Nazioni (Chasidei Umot HaOlam, titolo usato per indicare i non-ebrei che hanno agito eroicamente, rischiando la propria vita, per salvare la vita anche di un solo ebreo dalla Shoah).
Chris Tashima e Chris Donahue hanno realizzato una pellicola su Sugihara nel 1997, Visas and Virtue (ビザと美徳・日本のシンドラー杉原千畝, Biza to bitoku ・ Nihon no Shindorā Sugihara Chiune), vincintrice dell'Academy Award for Live Action Short Film.
L'11 ottobre del 2005, la Yomiuri TV (Ōsaka) ha mandato in onda una fiction televisiva di due ore ispirata al libro della moglie di Sugihara, Visas for Life (命のビザ, Inochi no Biza).
La Nippon Animation ha messo in cantiere un film animato su Chiune Sugihara, programmato inizialmente per il 2008, sessantennale delle relazioni diplomatiche tra Giappone e Israele. La compagnia ha richiesto la consulenza dell'ambasciatore israeliano a Tōkyō, Eli Cohen, per la realizzazione del film.
Nel 1939, all'inizio di questa storia, Sugihara ebbe mode di icontrare casualmente in un negozio di Kaunas Solly Ganor, un ebreo lituano che avrebbe poi patito la deportazione a Dachau. Il giovane Ganor lo invitò d'impulso alle celebrazioni della sua famiglia per l'Hanukkah. Sugihara e la moglie furono piacevolmente sorpresi dai rapporti affettuosi all'interno delle famiglie ebraiche e trovarono delle curiose somiglianze tra lo spirito della festività e i festival giapponesi. Chissà che quest'episodio non abbia contribuito a far nascere in lui un sentimento di vicinanza e affetto verso una cultura così lontana dalla propria.
Fonti consultate:
Wikipedia
Jewish Virtual Library
Chiune Sugihara 100
In seguito all'invasione nazista della Polonia (1/9/1939), una moltitudine di ebrei si era rifugiata in Lituania portando con sé i racconti delle atrocità perpetrate dai tedeschi contro la popolazione di origine semita. Nella loro fuga affannosa, gli ebrei polacchi non erano riusciti a portare con sé alcunché, ma ricevettero aiuti in denaro e vestiti, nonché alloggio e riparo, da parte della comunità ebraica locale. Le cose cominciarono a peggiorare con l'invasione sovietica della Lituania (15/6/1940), divenuta dunque preda del regime stalinista (di lì a poco i sovietici avrebbero perpetrato deportazioni di massa a danno dei cittadini di Lituania, Lettonia ed Estonia, nell'intento di "sovietizzare" le repubbliche annesse; i tedeschi avrebbero in seguito occupato il Baltico, nel corso dell'Operazione Barbarossa, avviata nel giugno 1941). A quel punto, ombre ancora più drammatiche si addensavano all'orizzonte delle due comunità ebraiche, quella lituana e quella polacca, che si trovarano nell'impellenza di abbandonare il paese.
Nel 1940, però, la maggior parte dell'Europa occidentale era stata occupata dai nazisti, con l'eccezione della Gran Bretagna, e quasi tutto il resto del mondo libero aveva chiuso le frontiere all'immigrazione ebraica, negando di fatto l'accoglienza ai rifugiati, che provenissero dalla Polonia o da qualunque altro paese dell'Europa occupata dai tedeschi.
L'ultima spiaggia era rappresentata dall'immigrazione in Estremo Oriente, o nelle colonie olandesi dell'America Latina (Guiana Olandese, isola di Curaçao). Le autorità dell'URSS concessero agli ebrei di continuare a migrare attraverso le repubbliche sovietiche, purché fossero muniti di regolari documenti di viaggio.
In queste funeste circostanze, il Vice-Console Sugihara divenne la chiave di volta di un disperato tentativo di fuga per la sopravvivenza. Il tutto fu accelerato dalla rapida avanzata dei tedeschi verso est. Nel luglio del 1940, le autorità di Mosca diedero istruzioni a tutte le ambasciate straniere di lasciare Kaunas, capitale temporanea della Lituania. Prima del conflitto, Kaunas contava 120,000 abitanti, un quarto dei quali di etnia ebraica.
Quasi tutte le delegazioni diplomatiche lasciarono la città, ma Chiune "Sempo" Sugihara, richiese e ricevette una proroga di 20 giorni. Centinaia di ebrei (rifugiati dalla Polonia o cittadini lituani) si accalcarono ai cancelli del consolato giapponese a Kaunas, nel tentativo di ottenere un visto per il Giappone. Sugihara si trovò a un bivio, dovendo prendere una decisione difficile, da cui sarebbe dipesa la vita di migliaia di persone.
A quel tempo, il governo giapponese garantiva i visti solo in base a determinati criteri di ordine burocratico ed economico, che la maggior parte dei rifugiati non soddisfaceva; inoltre, Sugihara aveva obbedientemente contattato il Ministro degli Esteri giapponese per ben tre volte, perché gli desse istruzioni sul da farsi. Ciascuna volta, il ministro aveva risposto che condizione necessaria, senza possibilità di eccezioni, per ottenere il visto fosse il possesso da parte degli applicanti di un ulteriore visto verso una destinazione terza, da raggiungersi successivamente all'ingresso in Giappone. Il Vice-Console discusse a questo punto la situazione con la moglie Yukiko e i figli. Sugihara era stato educato nel rigido ossequio e nella cultura dell'obbedienza peculiari delle gerarchie amministrative e militari del Sol Levante; era un diplomatico di carriera, e si era insediato da poco al consolato (nella foto in basso un ricevimento a Kaunas con diplomatici di diverse nazionalità).
Si scontravano in lui lo spirito di disciplina proprio del funzionario e l'etica del samurai, ereditata dal ramo materno della sua famiglia, che lo spingeva ad aiutare i bisognosi. Dissobedire agli ordini avrebbe probabilmente posto fine alla sua carriera, se non, peggio, messo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi familiari. Ma la coscienza ebbe il sopravvento, e così, dal 18 luglio al 28 agosto 1940, il signore e la signora Sugihara, senza soluzione di continuità, scrissero 300 visti al giorno (un lavoro per cui, in condizioni normali, ci sarebbe voluto un mese di tempo). Bisognava fare in fretta, perché i richiedenti, se si fosse indugiato, sarebbero incorsi in un pericolo mortale (la deportazione e l'internamento). A fine giornata, Yukiko massaggiava le mani del marito affaticate da 18-20 ore di lavoro; il Vice-Console non si fermava neppure per pranzo, e il suo pasto quotidiano erano dei panini. A spronarlo ad andare avanti senza perdere un minuto erano le persone in fila notte e giorno davanti alla legazione diplomatica nipponica. Quando qualcuno tentò di scalare il muro di recinzione, Sugihara uscì all'aperto per calmare gli astanti e rassicurarli, promettendo loro che avrebbe fatto l'impossibile per aiutarli. Il diplomatico nipponico prese accordi con gli ufficiali sovietici, che acconsentirono al viaggio degli ebrei attraverso l'URSS, sui convogli della Transiberiana, fino al porto di Vladivostok, dove i migranti si imbarcarono per Kōbe, città giapponese che ospitava una comunità di ebrei russi. Circa 6,000 ebrei riuscirono a fuggire verso il Giappone, grazie ai visti emessi da Sugihara, col prezioso aiuto della moglie. L'impagabile opera si dovette interrompere il 4 settembre, quando Sugihara dovette abbandonare l'incarico e la Lituania, partendo in treno verso Berlino. La notte prima della partenza, i coniugi rimasero svegli a scrivere gli ultimi lasciapassare. Secondo quanto riferito da testimoni, Sugihara continuò a scrivere visti anche durante lo spostamento dall'albergo in stazione, e, persino dopo esser salito a bordo del treno, lanciò dal finestrino della vettura in movimento dei fogli di carta in bianco con il solo sigillo del consolato verso la folla disperata di rifugiati, perché questi potessero poi utilizzarli per compilare un visto.
"Perdonatemi. Non posso scriverne più. Vi auguro di cuore buona fortuna!”, disse al momento di partire, inchinandosi profondamente di fronte alla folla.
"Sugihara, non vi dimenticheremo mai. Ci rivedremo sicuramente!"
Vario fu il destino dei rifugiati: una volta giunti a Kōbe, furono aiutati dall'ambasciatore polacco a Tōkyō, Tadeusz Romer, che tra l'agosto del '40 e il novembre del '41 riuscì a procurare loro circa 2.000 tra visti di transito attraverso il Giappone e permessi di asilo politico in Canada, Australia, Nuova Zelanda, Birmania, nonché certificati d'immigrazione verso il Mandamento Britannico della Palestina e visti d'imigrazione verso gli Stati Uniti ed altri paesi dell'America Latina. I rimanenti "sopravvissuti di Sugihara" rimasero in Giappone, fino alla loro riallocazione in Shangai (allora territorio occupato dalle truppe nipponiche) che ospitava una vasta comunità ebraica (ghetto di Shangai).
Nonostante le pressioni tedesche perché i rifugiati venissero consegnati alle autorità naziste o uccisi, il governo nipponico protesse il gruppo, per motivazioni molteplici, che potrebbero ricercarsi, secondo gli storici, nella gratitudine per il prestito concesso da un banchiere ebraico, Jacob Schiff, durante il vittorioso conflitto russo-giapponese (1905), nel sentimento di ammirazione dei giapponesi verso l'asserita capacità affaristica degli ebrei (elemento di pregiudizio paradossalmente ricavato dalla lettura di trattati anti-semiti da parte dei leader giapponesi dell'epoca), o in un più fumoso ideale panasiatico (l'ideologia nazista escludeva "i gialli", al pari del ceppo semitico, dal concetto di "superiorità ariana", mentre l'asiaticità accomunava i due popoli).
Lasciando da parte queste elucubrazioni storiografiche, è certo che l'opera di Sugihara non venne dettata da nulla di simile, ma da considerazioni umanitarie e dal coraggio di seguire la propria coscienza. Fu una "cospirazione della gentilezza", come venne definita in un documentario del 2000 di Robert Kirk e Diane Estelle Vicari dedicato alla vicenda (Conspiracy of Kindess).
Il numero di ebrei salvati da Sugihara è oggetto di controversie; alcuni stimano un totale di 6,000 persone, ma è appurato che vennero concessi anche visti familiari, che autorizzavano diverse persone a viaggiare con un unico permesso. Il Simon Wiesenthal Center ha stimato che 40,000 discendenti dei 6,000 rifugiati ebrei devono la propria vita alle azioni di Sugihara. La vedova del Vice-Console e il suo primogenito concordano sulla stima di 6,000 persone, mentre Hille Levine della Boston University asserisce che i "sopravvissuti di Sugihara" furono almeno 10.000.
La carriera del diplomatico non risultò pregiudicata negli anni della guerra, durante i quali servì nelle ambasciate di Cecoslovacchia, Romania e Prussia Orientale. Fu invece invitato dal Foreign Office nipponico a dimettersi nel 1947, ufficialmente per motivi di "ridimensionamento" del personale. Nel 1991, il Ministro degli Esteri giapponese in carica lodò la condotta di Sugihara, definendola "un'azione coraggiosa e umanitaria". Nel 1985, Israele l'ha insignito del titolo di Giusto tra le Nazioni (Chasidei Umot HaOlam, titolo usato per indicare i non-ebrei che hanno agito eroicamente, rischiando la propria vita, per salvare la vita anche di un solo ebreo dalla Shoah).
Chris Tashima e Chris Donahue hanno realizzato una pellicola su Sugihara nel 1997, Visas and Virtue (ビザと美徳・日本のシンドラー杉原千畝, Biza to bitoku ・ Nihon no Shindorā Sugihara Chiune), vincintrice dell'Academy Award for Live Action Short Film.
L'11 ottobre del 2005, la Yomiuri TV (Ōsaka) ha mandato in onda una fiction televisiva di due ore ispirata al libro della moglie di Sugihara, Visas for Life (命のビザ, Inochi no Biza).
La Nippon Animation ha messo in cantiere un film animato su Chiune Sugihara, programmato inizialmente per il 2008, sessantennale delle relazioni diplomatiche tra Giappone e Israele. La compagnia ha richiesto la consulenza dell'ambasciatore israeliano a Tōkyō, Eli Cohen, per la realizzazione del film.
Nel 1939, all'inizio di questa storia, Sugihara ebbe mode di icontrare casualmente in un negozio di Kaunas Solly Ganor, un ebreo lituano che avrebbe poi patito la deportazione a Dachau. Il giovane Ganor lo invitò d'impulso alle celebrazioni della sua famiglia per l'Hanukkah. Sugihara e la moglie furono piacevolmente sorpresi dai rapporti affettuosi all'interno delle famiglie ebraiche e trovarono delle curiose somiglianze tra lo spirito della festività e i festival giapponesi. Chissà che quest'episodio non abbia contribuito a far nascere in lui un sentimento di vicinanza e affetto verso una cultura così lontana dalla propria.
Fonti consultate:
Wikipedia
Jewish Virtual Library
Chiune Sugihara 100
Molto interessante l'articolo.
Io faccio ancora fatica a realizzare come una cosa tanto terribile sia accaduta solo pochi anni fa.
Devo dire che è davvero bello che ci si ricordi di persone come Sugihara, Schindler e Perlasca anche in un sito come Animeclick, dedito solitamente a ben altro tipo di argomenti. Ed è proprio l'importanza di questi personaggi, pur diversi tra loro per nazionalità e ruolo, ma uniti da un sentimento di umanissima pietà verso gente vittima di una atroce follia; che deve essere tramandata il più possibile; visto che purtroppo la memoria delle masse è notoriamente piuttosto corta.
@Musashi: La figura del Giappone e dei giapponesi come una massa acritica di arroganti aguzzini e di feroci guerrieri esaltati era comprensibile nelle pellicole americane di quel periodo, e immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale, seppur non del tutto veritiera. di certo quella è stata la raffigurazione che è passata e si è radicata in almeno una generazione di spettatori occidentali nei confronti del Giappone; ma oggi non penso che nessun cineasta USA userebbe più quel tipo di rappresentazione.
Piuttosto sono i giapponesi che sono stati molto restii a trattare nel loro cinema quel periodo storico, forse per timore di toccare argomenti divenuti più o meno consapevolmente dei tabù. Comunque se anche il mondo dell'animazione nipponica si occupa di un episodio importante come quello di Sugihara, e questo dopo molti anni dallo struggente e bellissimo "Una tomba per le lucciole", forse potrebbe essere una valida occasione per far riflettere meglio su quel drammatico periodo storico.
@GianniGreed: Proprio perché sembra difficile realizzare che tali nefandezze possano essere accadute non tantissimo tempo prima della nostra venuta al mondo, è importante che la memoria di esse continui ad essere tramandata con forza, anche perché ormai restano sempre meno testimoni oculari ancora in vita di quegli eventi.
Però...
"l'etica del samurai, ereditata dal ramo materno della sua famiglia, che lo spingeva ad aiutare i bisognosi."
Stiamo scherzando?
Perché non parliamo dei numerosi criminali di guerra giapponesi?
Il Giappone la guerra mica l'ha subita, l'aveva cominciata, tra l'altro attaccando A TRADIMENTO Pearl Harbour.
io adesso ho 23 anni ma ricordo che la prima volta che mi parlarono dell'olocausto a scuola la cosa mi traumatizzo un pò.
incredibile quello che si fece nei confronti di chi semplicemente non andava a genio ai nazisti (non soltanto ebrei ma anche malati di mente, zingari, rom, omosessuali, lesbiche, dissidenti politici, testimoni di geova ecc...).
Hai fatto bene a ricordare anche le altre vittime. Spesso ci si limita a parlare degli ebrei e basta, ma non furono gli unici perseguitati. Chiunque non aveva requisiti della razza ariana o si opponeva al regime nazista veniva internato.
Io sono un testimone di Geova. Ai Testimoni, essendo molti di questi di razza nordica, era concessa l'opportunità assai rara di ottenere la libertà se avessero dichiarato di ripudiare la propria fede e di conformarsi al regime...in poche parole rinunciare alla propria persona. Eppure la grande maggioranza morì fedele dentro un campo di concentramento o venne liberata con l'arrivo degli Alleati.
@Patton
E' vero, c'è anche l'altro lato del Giappone. Ad esempio le atrocità che hanno commesso i Giapponesi durante l'invasione della Cina e della Corea negli anni della guerra. Comunque non centra con l'argomento in questione. Qui si parla di un individuo , non di un intero popolo.
Ecco i danni del cinema americano sulla gente... L'attacco dei giapponesi a Pearl Harbour era il segreto di Pulcinella...
Il giappone era stremato da un embargo(è un paese povero di risorse soprattutto energetiche) e pressioni esterne, inoltre gli americani sapevano bene dell'attacco e , cosa non di poco conto, era un obbiettivo MILITARE. Gli americani non sono erano certo migliori di altri, era una delle tante nazioni che ha fatto i suoi interessi e le sue nefandezze in quel periodo storico, sta di fatto che sono entrati in guerra quando più gli faceva comodo e prima di entrare in guerra molti esponenti di spicco dell'elite yankee erano neanche poco velatamente filonazisti.
L'opinione pubblica americana non voleva entrare in guerra. Occorreva un "casus belli" e quei polli di giapponesi ci sono cascati... Ci sono testimonianze, scritti e comunicazioni decifrate nelle quali si comunicava l'imminente attacco del Giappone.
E concludo dicendo che tale attacco fu voluto e cercato proprio dagli USA per entrare in guerra - fine OT
Certo sembra strano che siano stati disposti a farsi distruggere un intera flotta navale per entrare in guerra. Ma non mi stupisco più di nulla. Anzi mi è venuta voglia di approfondire la questione per mio conto.
Ciò non toglio comunque che il Giappone in guerra non è stato affatto uno stinco di santo, come qualsiasi altro paese. Durante l'invasione in Cina non furono meno crudeli dei nazisti.
Ho risposto a uno che diceva una fesseria...
Non è una gara a chi è più infame e più crudele. Io penso che peggio dell'ideologia nazista (annullamento SISTEMATICO e RAZIONALE di una RAZZA) non ci sia nulla... poi uno la pensa come vuole...
Pregherei gli utenti di non banalizzare o semplificare un argomento così delicato che rappresenta una ferita ancora aperta e una discussione tutt'altro che risolta.
ma noi l'abbiamo dimenticato.
L'avidità ha avvelenato i nostri cuori,
ha precipitato il mondo nell'odio;
ci ha condotti a passo d'oca a far le cose più abbiette (cit.)
I demoni dell'ignoranza, generalizzazione e indifferenza nei confronti del "diverso" non sono ancora stati sconfitti, basta vedere quel che sta succedendo in Italia, in Svizzera, in Germania. Ricordare la Shoah serve a prevenire il ciclico ripetersi degli eventi. Per questo benedico il 27 gennaio e tutti gli eroi del tempo che fu.
@Monfrin: "oggi non penso che nessun cineasta USA userebbe più quel tipo di rappresentazione."
Esatto;mi vengono in mente gli splendidi Flags Of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima di Clint Eastwood,che raccontano la battaglia di Iwo Jima da entrambi i lati della barricata.
Possibile che, anche in momenti come questo, ci debba essere gente che tira in causa argomenti poco consoni e fuorvianti?
@Zenobia
concordo su tutto ciò che hai detto! Vabbè ormai gli americani li conosciamo. Sfruttano tutte le occasioni a proprio vantaggio apparendo sempre eroici e santi ( esempio: parlano di libertà e poi mi oscurano Megaupload. Evviva la coerenza). Il Giappone ha indubbiamente sbagliato ad allearsi con i nazisti, però vogliamo parlare della bomba atomica? Era davvero necessaria? secondo me no. Hanno ucciso in un istante tantissime persone e condannato tantissime altre a morire di cancro e di malattie genetiche.
Ma nelle questioni di guerra non sapremo mai tutta la verità quel che è certo è che per colpa di questa follia gli ebrei stavano per essere annientati. Grazie a Dio non è stato così
i-sfruttando in parte il suo status di "Tedesco" alleato dell Giappone
-La cosa interessante e che sul personaggio nell 2009 usci un film e guarda caso il sudetto Film venne boicottato in Giappone- Detta semplice i tedeschi di porcate durante la IIGM ne hanno fatte un casino ma alla fine sia pure con sofferenza hanno ammesso le loro colpe e hanno cercato in tutte le maniere di fare ammenda Cosa che non posso dire del Giappone visto il loro atteggiamento tuttora attuale verso i crimini di Guerra da loro commessi in Cina e in Corea -Sorgessero dubbi provate a chiedere a un giapponese d oggi delle "Donne di Conforto " coreane utilizzate nei bordell per truppa o dei gas sperimentati sui civili in Cina e vediamo cosa vi risponde ...
E non bisogna nemmeno dimenticare tutte le barbarie che sono successe, in modo che in futuro non si ripetano più gli stessi errori.
Troppo Comodo
Credo quindi che il modo migliore per mostrare l'adeguato rispetto per questa ricorrenza sia evitare discorsi scarsamente attinenti al tema dell'Olocausto e, soprattutto, evitare commenti razzisti.
Non avevo mai sentito parlare di questo Sugihara e di quel che ha fatto, il suo operato è la dimostrazione che anche nei momenti più bui c'è sempre qualcuno che porta la luce.
Ci sono modi molto più semplici, molto più sicuri per lavarsi la coscienza..soprattutto in Lituania. A quell'epoca.
Al di là di ogni credo politico i massacri sono da condannare (sia a destra che a sinistra)
La guerra non porta mai nulla di buono e nonostante si ricordino tristi avvenimenti credo che scoppieranno anche in futuro perchè la storia si ripete sempre, non bisogna neanche guardare troppo lontano nel tempo per accorgersene.
Nel male comunque ci saranno sempre questi buoni Samaritani.
@God87 & Micheles: Anch'io sono scettico su quanto viene detto sull'etica del samurai in questo caso. Poiché per i samurai prima di qualunque altra cosa veniva il dovere e la fedeltà assoluta verso il proprio signore, a costo anche della propria vita, nel caso di Sugihara sarebbe stato più logico comportarsi nella maniera opposta a come effettivamente ha fatto. Invece mi piace pensare che abbia solo dato ascolto al suo cuore che gli diceva di non essere indifferente alla tragedia cui stava assistendo, ed invece agire al di fuori delle regole, e a rischio proprio e dei suoi cari per salvare vite umane. Cosa che lo ha elevato senza ombra di dubbio ad eroe!
@Patton: Nessuno vuol negare le responsabilità del Giappone nella II Guerra Mondiale, ma qui si parla di un singolo personaggio che ha compiuto una nobilissima azione, e che merita di essere celebrato. Comunque sia ai giapponesi storicamente non si può assolutamente attribuire alcun che riguardo alle nefandezze dell'antisemitismo; il fatto che fossero alleti di ferro con il regime nazista non ha influito minimamente sulla loro politica non ostile nei confronti del popolo ebraico.
@Kary89: Approvo in pieno ciò che dici!
@ShinichiMechazawa: In effetti hai citato due bellissime pellicole che rappresentano appieno ciò che ho detto. Mi sono piaciuti entrambi, con una leggera preferenza per Lettere da Iwo Jima. Eastwood ha dimostrato di essere davvero un grande, e soprattuto che è possibile (cosa che purtroppo invece ai registi giapponesi non riesce ancora) trattare l'argomento della Guerra del Pacifico purgandola di qualsiasi ipocrita retorica, mostrandola per quello che è veramente stata: una sporca carneficina!
@Horus: Bravo! Hai detto delle cose sacrosante!
@grandebonzo: Concordo al 100%!
Ed ora una mia piccola provocazione:
Si è cominciato dalla Shoah per poi passare alle atrocità commesse dai giapponesi nei vari teatri di guerra, anche prima del conflitto mondiale; ben inteso che sono vere e comprovate, ed io per primo le condanno senza se e senza ma; però chissa perché mai siamo sempre pronti a criticare gli altri e mai una volta che si parli delle nostre vergogne?! Già perché eccidi e atrocità le hanno compiute e a man basse pure i nostri soldati nei conflitti coloniali in Libia e Africa orientale, con centinaia di migliaia di indigeni massacrati. E se proprio non sapete di cosa sto parlando guardatevi "Il leone del deserto" con Antony Queen, che parla dell'eroe libico Omar Al Mukhtar e della sua ereoica lotta di resistenza all'occupazione dell'Italia fascista. E' una pellicola che è solo da pochi anni che ha potuto essere trasmessa in TV (da Sky per la precisione), visto che prima era stata censurata da alcuni magistrati un po' troppo sensibili a certe istanze dicerti ambienti e personaggi di estrema destra. Senza poi dimenticare le atrocità compiute durate il II conflitto mondiale nei Balcani. Insomma sarebbe davvero il caso di buttare nella spazzatura l'ipocrita mito di "Italiani, brava gente", non siamo stati né meglio né peggio di altri. Questa autocritica, quando sarà fatta seriamente, non dovrà essere presa come un invito al masochismo collettivo, ma invece come un segno di maturazione e di evoluzione civile del nostro popolo.
Sul resto, che dire, ritengo che il Giappone si sia macchiato di atrocità inimmaginabili durante la Seconda Guerra Mondiale, allo stesso livello delle barbazie naziste e con la differenza che rispetto alla Germania non ha MAI CHIESTO SCUSA del suo operato. Prendo almeno atto che c'è stata qualche anima isolata come Sugihara che ha fatto qualcosa di buono. Non cambierà di un'unghia l'opinione politica che ho del Giappone, ma almeno apprezzo che, nonostante la stragrande maggioranza delle persone la pensasse come gli assassini al potere, qualcuno di eroico come Sugihara, come Sophie Scholl esistevano.
Approfitto per consigliare anche alcuni film fondamentali ma misconosciuti sull'argomento, fra cui "Arrivederci ragazzi" di Louis Malle, "Notte e nebbia" di Alain Resnais e "La passeggera" di Andrzej Munk.
@Bob71: Bravo, hai fatto benissimo a citare le leggi razziali ed il campo di concentramento di Trieste! Infatti io volevo porre l'accento anche sulle nostre vergogne troppo spesso dimenticate. Troppi sono stati i nostri compatrioti che si sono macchiati degli stessi crimini dei nazisti, e nessuno ha pagato per questo!
E' perciò di fondamentale importanza che si celebri il giorno della memoria assieme a tutti quei pochi coraggiosi che, come Sugihara, Schindler e Perlasca hanno saputo comportarsi in maniera eroica salvando dallo sterminio migliaia di innocenti.
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