SugiharaChiune Sugihara (杉原千畝, Sugihara Chiune, 1900-1986), diplomatico giapponese, fu Vice-Console dell'Impero del Giappone in Lituania, dal 1939 fino all'occupazione sovietica del paese baltico, completata nel 1940. Il suo lavoro in Europa consisteva principalmente nel riferire a Tōkyō i movimenti di truppe tedesche e sovietiche in quell'area strategica, durante i primi bagliori del secondo conflitto mondiale. In quel difficile periodo, aiutò migliaia di ebrei ad abbandonare il paese, fornendo loro dei visti di transito così che potessero raggiungere il Giappone.
In seguito all'invasione nazista della Polonia (1/9/1939), una moltitudine di ebrei si era rifugiata in Lituania portando con sé i racconti delle atrocità perpetrate dai tedeschi contro la popolazione di origine semita. Nella loro fuga affannosa, gli ebrei polacchi non erano riusciti a portare con sé alcunché, ma ricevettero aiuti in denaro e vestiti, nonché alloggio e riparo, da parte della comunità ebraica locale. Le cose cominciarono a peggiorare con l'invasione sovietica della Lituania (15/6/1940), divenuta dunque preda del regime stalinista (di lì a poco i sovietici avrebbero perpetrato deportazioni di massa a danno dei cittadini di Lituania, Lettonia ed Estonia, nell'intento di "sovietizzare" le repubbliche annesse; i tedeschi avrebbero in seguito occupato il Baltico, nel corso dell'Operazione Barbarossa, avviata nel giugno 1941). A quel punto, ombre ancora più drammatiche si addensavano all'orizzonte delle due comunità ebraiche, quella lituana e quella polacca, che si trovarano nell'impellenza di abbandonare il paese.
Nel 1940, però, la maggior parte dell'Europa occidentale era stata occupata dai nazisti, con l'eccezione della Gran Bretagna, e quasi tutto il resto del mondo libero aveva chiuso le frontiere all'immigrazione ebraica, negando di fatto l'accoglienza ai rifugiati, che provenissero dalla Polonia o da qualunque altro paese dell'Europa occupata dai tedeschi.
L'ultima spiaggia era rappresentata dall'immigrazione in Estremo Oriente, o nelle colonie olandesi dell'America Latina (Guiana Olandese, isola di Curaçao). Le autorità dell'URSS concessero agli ebrei di continuare a migrare attraverso le repubbliche sovietiche, purché fossero muniti di regolari documenti di viaggio.
In queste funeste circostanze, il Vice-Console Sugihara divenne la chiave di volta di un disperato tentativo di fuga per la sopravvivenza. Il tutto fu accelerato dalla rapida avanzata dei tedeschi verso est. Nel luglio del 1940, le autorità di Mosca diedero istruzioni a tutte le ambasciate straniere di lasciare Kaunas, capitale temporanea della Lituania. Prima del conflitto, Kaunas contava 120,000 abitanti, un quarto dei quali di etnia ebraica.
Quasi tutte le delegazioni diplomatiche lasciarono la città, ma Chiune "Sempo" Sugihara, richiese e ricevette una proroga di 20 giorni. Centinaia di ebrei (rifugiati dalla Polonia o cittadini lituani) si accalcarono ai cancelli del consolato giapponese a Kaunas, nel tentativo di ottenere un visto per il Giappone. Sugihara si trovò a un bivio, dovendo prendere una decisione difficile, da cui sarebbe dipesa la vita di migliaia di persone.

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A quel tempo, il governo giapponese garantiva i visti solo in base a determinati criteri di ordine burocratico ed economico, che la maggior parte dei rifugiati non soddisfaceva; inoltre, Sugihara aveva obbedientemente contattato il Ministro degli Esteri giapponese per ben tre volte, perché gli desse istruzioni sul da farsi. Ciascuna volta, il ministro aveva risposto che condizione necessaria, senza possibilità di eccezioni, per ottenere il visto fosse il possesso da parte degli applicanti di un ulteriore visto verso una destinazione terza, da raggiungersi successivamente all'ingresso in Giappone. Il Vice-Console discusse a questo punto la situazione con la moglie Yukiko e i figli. Sugihara era stato educato nel rigido ossequio e nella cultura dell'obbedienza peculiari delle gerarchie amministrative e militari del Sol Levante; era un diplomatico di carriera, e si era insediato da poco al consolato (nella foto in basso un ricevimento a Kaunas con diplomatici di diverse nazionalità).

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Si scontravano in lui lo spirito di disciplina proprio del funzionario e l'etica del samurai, ereditata dal ramo materno della sua famiglia, che lo spingeva ad aiutare i bisognosi. Dissobedire agli ordini avrebbe probabilmente posto fine alla sua carriera, se non, peggio, messo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi familiari. Ma la coscienza ebbe il sopravvento, e così, dal 18 luglio al 28 agosto 1940, il signore e la signora Sugihara, senza soluzione di continuità, scrissero 300 visti al giorno (un lavoro per cui, in condizioni normali, ci sarebbe voluto un mese di tempo). Bisognava fare in fretta, perché i richiedenti, se si fosse indugiato, sarebbero incorsi in un pericolo mortale (la deportazione e l'internamento). A fine giornata, Yukiko massaggiava le mani del marito affaticate da 18-20 ore di lavoro; il Vice-Console non si fermava neppure per pranzo, e il suo pasto quotidiano erano dei panini. A spronarlo ad andare avanti senza perdere un minuto erano le persone in fila notte e giorno davanti alla legazione diplomatica nipponica. Quando qualcuno tentò di scalare il muro di recinzione, Sugihara uscì all'aperto per calmare gli astanti e rassicurarli, promettendo loro che avrebbe fatto l'impossibile per aiutarli. Il diplomatico nipponico prese accordi con gli ufficiali sovietici, che acconsentirono al viaggio degli ebrei attraverso l'URSS, sui convogli della Transiberiana, fino al porto di Vladivostok, dove i migranti si imbarcarono per Kōbe, città giapponese che ospitava una comunità di ebrei russi. Circa 6,000 ebrei riuscirono a fuggire verso il Giappone, grazie ai visti emessi da Sugihara, col prezioso aiuto della moglie. L'impagabile opera si dovette interrompere il 4 settembre, quando Sugihara dovette abbandonare l'incarico e la Lituania, partendo in treno verso Berlino. La notte prima della partenza, i coniugi rimasero svegli a scrivere gli ultimi lasciapassare. Secondo quanto riferito da testimoni, Sugihara continuò a scrivere visti anche durante lo spostamento dall'albergo in stazione, e, persino dopo esser salito a bordo del treno, lanciò dal finestrino della vettura in movimento dei fogli di carta in bianco con il solo sigillo del consolato verso la folla disperata di rifugiati, perché questi potessero poi utilizzarli per compilare un visto.
"Perdonatemi. Non posso scriverne più. Vi auguro di cuore buona fortuna!”, disse al momento di partire, inchinandosi profondamente di fronte alla folla.
"Sugihara, non vi dimenticheremo mai. Ci rivedremo sicuramente!"

Vario fu il destino dei rifugiati: una volta giunti a Kōbe, furono aiutati dall'ambasciatore polacco a Tōkyō, Tadeusz Romer, che tra l'agosto del '40 e il novembre del '41 riuscì a procurare loro circa 2.000 tra visti di transito attraverso il Giappone e permessi di asilo politico in Canada, Australia, Nuova Zelanda, Birmania, nonché certificati d'immigrazione verso il Mandamento Britannico della Palestina e visti d'imigrazione verso gli Stati Uniti ed altri paesi dell'America Latina. I rimanenti "sopravvissuti di Sugihara" rimasero in Giappone, fino alla loro riallocazione in Shangai (allora territorio occupato dalle truppe nipponiche) che ospitava una vasta comunità ebraica (ghetto di Shangai).
Nonostante le pressioni tedesche perché i rifugiati venissero consegnati alle autorità naziste o uccisi, il governo nipponico protesse il gruppo, per motivazioni molteplici, che potrebbero ricercarsi, secondo gli storici, nella gratitudine per il prestito concesso da un banchiere ebraico, Jacob Schiff, durante il vittorioso conflitto russo-giapponese (1905), nel sentimento di ammirazione dei giapponesi verso l'asserita capacità affaristica degli ebrei (elemento di pregiudizio paradossalmente ricavato dalla lettura di trattati anti-semiti da parte dei leader giapponesi dell'epoca), o in un più fumoso ideale panasiatico (l'ideologia nazista escludeva "i gialli", al pari del ceppo semitico, dal concetto di "superiorità ariana", mentre l'asiaticità accomunava i due popoli).
Lasciando da parte queste elucubrazioni storiografiche, è certo che l'opera di Sugihara non venne dettata da nulla di simile, ma da considerazioni umanitarie e dal coraggio di seguire la propria coscienza. Fu una "cospirazione della gentilezza", come venne definita in un documentario del 2000 di Robert Kirk e Diane Estelle Vicari dedicato alla vicenda (Conspiracy of Kindess).



Il numero di ebrei salvati da Sugihara è oggetto di controversie; alcuni stimano un totale di 6,000 persone, ma è appurato che vennero concessi anche visti familiari, che autorizzavano diverse persone a viaggiare con un unico permesso. Il Simon Wiesenthal Center ha stimato che 40,000 discendenti dei 6,000 rifugiati ebrei devono la propria vita alle azioni di Sugihara. La vedova del Vice-Console e il suo primogenito concordano sulla stima di 6,000 persone, mentre Hille Levine della Boston University asserisce che i "sopravvissuti di Sugihara" furono almeno 10.000.
La carriera del diplomatico non risultò pregiudicata negli anni della guerra, durante i quali servì nelle ambasciate di Cecoslovacchia, Romania e Prussia Orientale. Fu invece invitato dal Foreign Office nipponico a dimettersi nel 1947, ufficialmente per motivi di "ridimensionamento" del personale. Nel 1991, il Ministro degli Esteri giapponese in carica lodò la condotta di Sugihara, definendola "un'azione coraggiosa e umanitaria". Nel 1985, Israele l'ha insignito del titolo di Giusto tra le Nazioni (Chasidei Umot HaOlam, titolo usato per indicare i non-ebrei che hanno agito eroicamente, rischiando la propria vita, per salvare la vita anche di un solo ebreo dalla Shoah).

Chris Tashima e Chris Donahue hanno realizzato una pellicola su Sugihara nel 1997, Visas and Virtue (ビザと美徳・日本のシンドラー杉原千畝, Biza to bitoku ・ Nihon no Shindorā Sugihara Chiune), vincintrice dell'Academy Award for Live Action Short Film.



L'11 ottobre del 2005, la Yomiuri TV (Ōsaka) ha mandato in onda una fiction televisiva di due ore ispirata al libro della moglie di Sugihara, Visas for Life (命のビザ, Inochi no Biza).
La Nippon Animation ha messo in cantiere un film animato su Chiune Sugihara, programmato inizialmente per il 2008, sessantennale delle relazioni diplomatiche tra Giappone e Israele. La compagnia ha richiesto la consulenza dell'ambasciatore israeliano a Tōkyō, Eli Cohen, per la realizzazione del film.

Nel 1939, all'inizio di questa storia, Sugihara ebbe mode di icontrare casualmente in un negozio di Kaunas Solly Ganor, un ebreo lituano che avrebbe poi patito la deportazione a Dachau. Il giovane Ganor lo invitò d'impulso alle celebrazioni della sua famiglia per l'Hanukkah. Sugihara e la moglie furono piacevolmente sorpresi dai rapporti affettuosi all'interno delle famiglie ebraiche e trovarono delle curiose somiglianze tra lo spirito della festività e i festival giapponesi. Chissà che quest'episodio non abbia contribuito a far nascere in lui un sentimento di vicinanza e affetto verso una cultura così lontana dalla propria.

Fonti consultate:
Wikipedia
Jewish Virtual Library
Chiune Sugihara 100