Touch posa figaIl baseball è uno sport senza dubbio immensamente popolare negli Stati Uniti, questa è una cosa nota a tutti.
Quello che però in molti non sanno è che il baseball – o “yakyuu”, come si dice da quelle parti – è altrettanto popolare nel Sol Levante, dove è addirittura il secondo sport nazionale, dietro solo al caratteristico sumo.
Chi si interessa al fumetto o all’animazione giapponese, del resto, già poteva intuirlo, data la vastissima produzione di opere legate a questo sport che si sono succedute nel corso degli anni.
Si pensi a Tommy, la stella dei Giants, a Pat, la ragazza del baseball, a Rookies, a Tetsuwan Girl, a Major, a One Outs, a Mr. Fullswing, a Ookiku Furikabutte.
Gran parte del baseball giapponese ruota intorno alle scuole superiori e, nella fattispecie, intorno al Koushien, uno stadio nei pressi di Kobe che è popolare non soltanto per essere l’home stadium degli Hanshin Tigers, ma anche perché vi si svolge la finale del campionato di baseball delle scuole superiori, evento importantissimo per ogni amante di questa disciplina sportiva. Il Koushien incarna perciò il sogno di tutti i giovani campioni del baseball liceale giapponese, e c’è un particolare autore, all’interno della vastissima tradizione del fumetto nipponico, che è considerato il cantore del Koushien, dal momento che incentra spesso e volentieri le sue opere sul baseball liceale e sul sogno di calcare quello stadio provato dai suoi personaggi così come dagli iscritti ai club scolastici di tutto il Giappone.
Mi riferisco, naturalmente, a Mitsuru Adachi, mangaka che del baseball liceale ha fatto la sua fortuna e che ci ha raccontato di giovani campioni col sogno del Koushien in svariate occasioni, nel corso della sua lunga carriera. Sin dagli esordi con le storie in cui era solo disegnatore, passando poi per Nine, H2 e il recente Cross Game, senza dimenticare eventuali comparsate in racconti brevi o in opere che non sono incentrate su questa disciplina, il baseball scolastico e il sogno del Koushien sono sempre presenti nella narrativa di Mitsuru Adachi, ma c’è un’opera in particolare che non solo simboleggia il modo in cui l’autore concepisce questo sport, bensì si fa portavoce della sua intera narrativa, costituendo probabilmente il suo lavoro di maggior successo e popolarità: Touch.
Touch (Tacchi) vede la luce nel 1981 sul settimanale Shonen Sunday della Shogakukan, casa editrice per cui l’autore ha sempre lavorato e per cui, su Shonen Big Comic, in quello stesso anno, stava serializzando contemporaneamente la commedia sentimentale intitolata Miyuki, che si sarebbe conclusa due anni prima rispetto a Touch, contando quasi la metà dei suoi volumi.
Touch ci racconta la storia di tre ragazzi: i gemelli Tatsuya e Kazuya Uesugi e la loro vicina di casa e amica d’infanzia Minami Asakura.
Touch Tacchan & KacchanI due gemelli si somigliano fisicamente, ma caratterialmente sono agli antipodi: tanto Kazuya è serio, volenteroso, bravo a scuola e nello sport e amato da tutti, tanto Tatsuya (che è il protagonista principale della storia, vissuta principalmente dal suo punto di vista) è pigro, svogliato, sfortunato, privo di forza di volontà, porcellone e biasimato da tutti. Minami invece è una ragazza modello: seria, studiosa, una perfetta donna di casa e un genio che riesce a eccellere in qualsiasi cosa faccia.
I tre ragazzi, amici sin da piccolissimi, hanno sempre vissuto in reciproca armonia, ma, come ci spiega l’incipit della storia, che comincia formalmente durante gli anni delle scuole medie, ad un certo punto della loro vita si rendono conto che una di loro tre è una donna, e questo porta un po’ di trambusto nei loro giovani cuori. I due gemelli, difatti, si scoprono entrambi innamorati dell’amica e questo darà il via a un intenso e particolare triangolo amoroso.
Trait d’union tra i tre ragazzi sarà lo sport, il baseball, nella fattispecie, di cui tutti e tre sono appassionati sin da bambini. Il baseball è, infatti, lo sport praticato da Kazuya, che è l’asso della squadra della sua scuola e sogna di vincere, un giorno, il prestigioso campionato delle scuole superiori, come promesso all’amata Minami.
Un amaro scherzo del destino avvicinerà poi anche lo svogliato Tatsuya a questa disciplina, regalando anche a lui il medesimo sogno del fratello gemello e spingendo anche lui a lottare per conquistare il tanto bramato Koushien.
Touch è la storia dell’adolescenza di questo trio di personaggi, dalle scuole medie sino al termine delle superiori, una storia d’amore, amicizia, sport, sogni. Un vero e proprio racconto di formazione, insomma. Un racconto che piacque tanto al pubblico dell’epoca al punto da durare per ben cinque anni, concludendosi nel 1986 dopo aver raggiunto la quota di 26 volumetti di lusso.
L’enorme successo commerciale (si parla di più di 100 milioni di copie vendute) ben si sposò con quello di critica, come dimostrato dalla vittoria del prestigioso Shogakukan Manga Award, che fu assegnato proprio a Touch nel 1983.
Touch 4Il motivo di tanto successo probabilmente risiede nella storia appassionante, un fortunato connubio di sentimenti, quotidianità e sport che rappresentava una realtà molto vicina ai giovani giapponesi dell’epoca e proponeva personaggi in cui era facile identificarsi e che entravano immediatamente nel cuore dei lettori. A questo bisogna aggiungere lo stile unico e inconfondibile con cui il maestro Adachi narra le sue storie: un tratto quasi essenziale ma che andava affinandosi e migliorandosi capitolo dopo capitolo e che risultava adattissimo al tipo di storia narrata, oltre che tutta una serie di accorgimenti narrativi quali vignette spesso e volentieri mute, con numerosi silenzi, che affidavano a frasi lasciate incompiute, a giochi di sguardi o a paesaggi disegnati con un realismo quasi impressionante il compito di incantare il lettore.
Fatto sta che Touch piacque, e tanto, ai giapponesi degli anni ’80, riuscendo ad ottenere di diritto un meritato posto nella storia del fumetto nipponico e uno strabordante successo che portò allo sfruttamento dei personaggi creati dal maestro Adachi in differenti forme di comunicazione o oggetti di merchandising. Apparve quindi quasi scontata la trasposizione del fumetto in una serie animata, tanto per cominciare.

Continua a leggere...