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Prosegue la collaborazione tra AnimeClick.it e Una Stanza Piena di Manga, blog dedicato al fumetto giapponese, che, pur dando un'indubbia importanza ai “classici del manga”, presenta anche approfondimenti dedicati a titoli più recenti.
In questa rubrica aperiodica andremo a riportare le analisi di questi manga, per la maggior parte inediti in Italia, così da far conoscere ai nostri lettori alcuni titoli di sicuro interesse, benché forse poco noti, e magari convincere qualche editore italiano a curare un'edizione per il nostro Paese.
Alcune di queste analisi potrebbero contenere spoiler più o meno pesanti sulla trama dell'opera analizzata (finale compreso), per cui all'inizio di ogni recensione verrà segnalato il “livello” di spoiler presente.

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L'appuntamento odierno è con Ikenai! Runa sensei, manga in 5 volumi di Sumiko Kamimura del 1986. La recensione contiene moderati spoiler sulla trama dell'opera.


ikenai+runa+sensei-1.jpgSe non avessi letto quel nome di donna in  copertina, avrei di certo pensato che l’autore di Ikenai! Runa sensei (Non farlo, maestra Runa!, 1986) fosse un giovane otaku in piena tempesta ormonale o, peggio ancora, un “vecchio sporcaccione”, un “dirty old man” per dirla alla Frederick L. Schodt (cfr. Dreamland Japan). Il fumetto, invece, era stato partorito dalla mente di una giovane ragazza di ventuno anni – Kamimura Sumiko (n. 1965) – che, sempre nel 1986, aveva debuttato nel mondo del manga con Abunai! Runa sensei (È pericoloso, maestra Runa!), un racconto di poche pagine che già anticipava i temi e i personaggi di questo Ikenai!Runa sensei.
Le mie perplessità - forse sarebbe meglio parlare di “curiosità” -  a proposito di questo titolo erano principalmente due e la prima riguardava proprio l’autrice. Se oggi non è poi così insolito imbattersi in uno shōnen manga scritto da una donna (si pensi ai clamorosi successi di Arakawa Hiromu, Kawashita Mizuki, Katō Kazue, Ōtaka Shinobu), negli anni Ottanta era oltremodo raro. Al momento, ricordo soltanto il nome di Heiuchi Natsuko (n. 1960) che, guarda caso, era stata la mangaka presso la quale la Kamimura aveva svolto un periodo come assistente. Come avrebbero reagito i giovani lettori maschi di fronte a una storia scritta da una donna?
La seconda “perplessità”, invece, riguardava i temi del fumetto: era possibile che uno shōnen manga indirizzato a studenti delle medie e del liceo affrontasse, in maniera peraltro spudorata, un tema così delicato e spinoso come il sesso? Se pensiamo al mercato editoriale di quegli anni, troveremo una quantità infinita di titoli vagamente erotici (“Dokkin Lollipop”; “Oh! Tōmei Ningen”; “Futari to gonin”), talmente numerosi da spingere più di un critico a parlare di un nuovo sottogenere, lo ecchi manga (oiroke manga). Allora perché soltanto Ikenai! Runa sensei aveva sollevato un polverone mediatico di così grandi proporzioni? Il fumetto in questione aveva fatto infuriare associazioni di genitori e insegnanti, pronti a boicottare e puntare il dito contro quest’opera “immorale”. Come spesso accade in casi del genere, però, la polemica innescata non aveva fatto altro che far lievitare le vendite della rivista che lo ospitava e dei volumi monografici (si parla di un totale di oltre due milioni di copie vendute).
In un modo o nell’altro, l’obiettivo era stato centrato. Per catturare le attenzioni del suo giovane pubblico, la Kamimura aveva scelto la strada più semplice, parlando di sesso pur non mostrandolo, mimandolo e “scherzandoci” sopra con nudità e doppi sensi a profusione.
Ma cosa aveva questo manga di così “immorale”? Perché per un certo periodo era scomparso da tutte le librerie dell’arcipelago? Cerchiamo di riavvolgere brevemente il filo del discorso partendo dalla trama.
Pubblicato mensilmente dal 1986 al 1988 sulle pagine di Gekkan Shōnen Magazine, Ikenai! Runa sensei si compone di appena venti capitoli. La trama ruota attorno alle vicende che coinvolgono due personaggi: da una parte Hazuki Runa, una giovane studentessa universitaria con il sogno di diventare una maestra; dall’altra Kamiya Wataru, un ragazzino delle medie, svogliato e poco incline allo studio. Quando il padre di quest’ultimo è costretto ad andare all’estero per lavoro, Wataru si ritrova a vivere con Runa, la sua nuova tutrice nonché insegnante privata. La procace Runa comprende subito che i tradizionali metodi d’insegnamento non avrebbero avuto presa su un ragazzo come Wataru e si decide a usare il proprio corpo come libro di testo. Ogni episodio è identico a quello successivo, sia nella struttura che nello scioglimento: Wataru prende un brutto voto a scuola; Runa si convince che “deve usare quel metodo” e si ritrova improvvisamente nuda – o quasi – sotto gli occhi di Wataru. La lezione ha così inizio.
 
Kamimura Sumiko si affida ai soliti cliché, tra rossori, biancheria intima, sangue che esce copioso dal naso, pose lascive e imbarazzanti. Da un punto di vista artistico, poi, c’è poco da aggiungere: gli sfondi sono spesso assenti e l’azione si svolge il più delle volte nel bagno o nella camera da letto di Wataru. Ogni tavola sembra ruotare attorno alle grazie di Runa che vengono, fin troppo generosamente, mostrate al lettore. Inoltre, non c’è una vera e propria evoluzione nella storia e nel rapporto tra i due: la Kamimura sembra dare la precedenza al lato “pruriginoso” delle vicende, riproponendo in ogni capitolo gli stessi espedienti narrativi e perfino le stesse battute. A lungo andare, la lettura diventa noiosa e ripetitiva e il fumetto si rivela per quello che è: uno svago pensato per adolescenti curiosi e in piena tempesta ormonale. È probabile che un adolescente di allora non fosse in grado di cogliere tutte le sfumature e i doppi sensi, ma agli occhi di un adulto quelle pagine erano (e lo sono tutt’ora) fin troppo audaci se consideriamo il target della rivista. Non ci sono descrizioni di rapporti sessuali, eppure, in alcune parti il manga riesce ad essere morboso e sfrontato. Era dunque facile aspettarsi che Ikenai! Runa sensei diventasse in breve tempo il bersaglio perfetto per la Yūgai komikku sōdō (Campagna contro i fumetti dannosi), nata a tutela dei minori contro tutte quelle pubblicazioni considerate “immorali” e, per l’appunto, “dannose”. Ma cosa resta oggi, a distanza di più di vent’anni, di tutte queste polemiche? Forse nulla. E di Ikenai! Runa sensei? Ancor meno. Di certo ha dato maggiore visibilità al genere lolicon, ma come fumetto è decisamente inconsistente, mediocre. Sarà stato un cult per gli adolescenti degli anni Ottanta, ma oggi passerebbe inosservato tra i tanti titoli soft porno legati al filone “maestra - alunno”. È piuttosto sconfortante parlare di un manga solo per le polemiche suscitate e non per il suo valore intrinseco. In mancanza d’altro, però, è sempre meglio di niente.