"Il primo Dead or Alive venne eretto su quattro pilastri, su due estremità c’erano i giocatori casual e quelli hardcore, dall’altra parte il sesso e la violenza. L’obiettivo era trovare un punto di incontro tra questi quattro elementi, il gioco non doveva essere troppo complicato per fare in modo che i casual e i principianti potessero divertirsi, ma nemmeno troppo facile per non perdere l’utenza hardcore. Non doveva essere troppo violento per non urtare i giocatori più sensibili e neanche diventare troppo “sexy” per non trasformarlo in un Ero-game."

Il fondatore e ormai ex game designer di spicco dei Team Ninja, Tomonobu Itagaki, definisce così in una recente intervista la sua creatura più famosa, asserendo che l’ultimo capitolo di Dead or Alive (il primo sviluppato senza il suo supporto), abbia di contro virato decisamente troppo sul lato sexy e su quello hardcore, rischiando in tal modo di allontanare nuovi giocatori e chiudersi in una nicchia di appassionati. Sarà davvero così? Quanto è difficile oggi creare un picchiaduro accessibile, ma allo stesso tempo sufficientemente tecnico per appagare i più esperti? DOA ci prova ma senza rinunciare alla tentazione di aggiornare per qualche anno il medesimo gioco, infarcendolo di DLC a pagamento per arrotondare.

Dead or Alive 5: Last Round è la versione definitiva del quinto capitolo della saga Tecmo Koei, un'operazione che si prefigge lo scopo di raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo. Ma andiamo con ordine e proviamo a capire a chi si rivolge maggiormente questa terza edizione di DOA5, se a coloro che per un motivo o per un altro sono rimasti alla larga dall’ultimo capitolo, perché non convinti o in attesa della versione completa di tutto o quasi, oppure ai fedelissimi ansiosi di provare l’ultimo aggiornamento e i nuovi personaggi. Nel dubbio, la recensione è strutturata pensando sia ai primi (prossima parte), sia ai secondi (la successiva). Quindi iniziamo.

Fin dalla sua nascita nel 1996, la serie di Dead or Alive ha ignorato il suo più diretto rivale che spopolava in quel periodo, ossia Tekken, prendendo invece come punto di riferimento il Virtua Fighter di SEGA, sia tecnicamente (il primo capitolo venne sviluppato su scheda arcade Sega Model2, la stessa di VF2, e il secondo su scheda NAOMI, la tecnologia basata sul Dreamcast) sia come approccio ai comandi, con due soli tasti per l’attacco (pugni e calci) diversamente dai 4 di Tekken. Al posto del terzo tasto di Virtua Fighter, quello della difesa, DOA si presentò con un comando adibito alle contromosse, e proprio queste saranno l’elemento distintivo del gameplay della serie Tecmo rispetto a quelle della concorrenza; con la semplice pressione di un tasto era possibile bloccare i colpi dell’avversario e contrattaccare, rendendo tutto molto più frenetico rispetto a quanto visto fino ad allora nei picchiaduro 3D.
In seguito il sistema è stato rivisto, oggi per effettuare le contromosse bisogna premere anche le direzioni ed è stato aggiunto il tasto per le proiezioni, ma sostanzialmente la base del gameplay di Dead or Alive si poggia sul cosiddetto “Triangle System”, una sorta di carta-sasso-forbici in chiave fighting game dove i singoli colpi battono le proiezioni, le proiezioni battono le prese e le prese battono i colpi. Se fino ad oggi avete giocato a DOA senza essere a conoscenza di ciò, vuol dire che fate parte di quella categoria di giocatori casual di cui faceva riferimento Itagaki: non che sia necessariamente qualcosa su cui fare penitenza andando a nascondersi, ma queste sono proprio le basi.

Ovviamente man mano che si va ad approfondire il sistema di combattimento entrano in scena altri fattori, su tutti quello dei Critical Stun, ossia quando l’avversario va in stordimento dopo un colpo critico dandovi l’opportunità di continuare una combo. Padroneggiare lo "stun" e sapere quando e come colpire è di fondamentale importanza per strappare una vittoria contro gli avversari più ferrati.

Tra le novità introdotte in questo quinto capitolo e fatta risaltare fin dai primi trailer, abbiamo quella dei Power Blows, ovvero dei potenti colpi, disponibili solo con metà della vita a disposizione, in grado di scagliare l’avversario verso determinati elementi critici dello scenario (illuminati di giallo nel momento i cui si effettua il colpo), con conseguente aumento di danno.

Dead or Alive infatti fin dalle sue origini si è distinto anche per tale caratteristica: le “danger zone” del primo capitolo (pavimenti al di fuori del perimetro sui quali i personaggi subivano maggiori danni quando atterrati) sono mutuate dal secondo gioco in poi in un’interazione con gli ambienti sempre più marcata: dall’essere semplicemente sbattuti al muro al fare un volo pindarico dal decimo piano di un palazzo il passo è breve, e in questo quinto Dead or Alive cantieri che crollano sotto i vostri piedi, elicotteri che vi sparano missili in faccia e vagoni che vi vengono addosso sono situazioni all’ordine del giorno. DOA5 permette comunque al giocatore di disattivare tutti questi “elementi disturbatori”, nell’eventualità in cui si volesse disputare una lotta uno contro uno senza tanti fronzoli, rinunciando alla spettacolarità dell’interazione ambientale.

Ultimo ma non ultimo tratto distintivo che rende tale un Dead or Alive, è la particolare cura riposta sul suo cast di lottatrici e nel fan service che ne consegue. Evoluzione poligonale dell’ipnotico davanzale della mai troppo lodata Mai Shiranui di Fatal Fury, le forme delle combattenti di DOA si prestarono per la prima volta alle bellissime leggi della dinamica ereditateci dal buon Isaac Newton, secondo cui "Ad ogni azione (movimento delle lottatrici) corrisponde una reazione pari e contraria (dei loro seni)", esaltando tutta la loro sensualità rispetto alle rigide e a tratti spigolose esponenti di sesso femminile di Tekken e Virtua Fighter. Da allora Dead or Alive non si è più nascosto dalla sua nomea di picchiaduro un po’ hot, ma anzi ha continuato a premere sul pulsante del fan service inserendo lottatrici sempre più sexy di pari passo con l’evoluzione tecnica dell’hardware ospitante, dal Dreamcast alle Xbox fino fino alla generazione attuale, cercando di non valicare quella linea di volgarità ma quasi sempre esprimendosi tramite un approccio soft e di autoironia, pronto nel prendere in giro i più disparati stereotipi delle fantasie erotiche maschili. Ciò però a scapito, c’è da dire, di una mai troppo ricercata originalità del concept design e del carisma stesso di alcuni personaggi, alle volte inconsistente se comparato alla concorrenza.

Se c’è infatti un aspetto dove Dead or Alive decisamente non eccelle, è senza dubbio quello narrativo. Non che gli altri competitors vantino chissà quale trama da far impallidire un gioco di ruolo, ma DOA non sembra neanche volersi impegnare per imbastire su uno story mode un minimo interessante, infarcito com’è della solita organizzazione che sponsorizza l’ennesimo torneo di arti marziali, il solito clone malvagio e le solite storielle di rivalità e vendette rappresentate con dialoghi ridicoli collocati in modo molto confuso e frammentato, per usare degli eufemismi.

Le altre modalità in singolo non spiccano per originalità ma anzi si limitano alla più collaudata delle tradizioni, tra arcade, prova a tempo, squadre e sopravvivenze varie DOA5 non riserba particolari sorprese per il giocatore in solitario, se si esclude la possibilità di scattare delle foto ai nostri replay cercando di cogliere “il momento” da bravi fotografi in erba, o la graditissima funzione che permette di caricare i replay direttamente su youtube. La modalità online è quindi il valore aggiunto essenziale per ogni picchiaduro moderno, affrontare i migliori giocatori sparsi per il globo o semplicemente sfoggiare l’ultimo succinto costume sbloccato/acquistato è l’essenza di DOA5, anche se i server non sempre si sono dimostrati impeccabili nei giorni immediatamente successivi al lancio di Last Round, ma di questo ne parleremo più approfonditamente nel prossimo paragrafo, quello appunto dedicato in modo specifico all’ultima edizione di Dead or Alive 5.

Last Round è la quarta edizione di Dead or Alive 5, contando anche la Plus per PlayStation Vita. Se si pensi sia un record per la saga sappiate che di DOA2 fra arcade, Dreamcast, PS2 e Xbox se ne contano addirittura 5; fin dai tempi di Street Fighter II i picchiaduro hanno questo simpatico vizietto di aggiornarsi di continuo e ormai gli appassionati hanno imparato a districarsi in questa masnada di edizioni e riedizioni, divisi fra coloro che si arrendono ai capricci dei publisher e quelli che pazientemente attendono l’ultima e si spera definitiva versione. L’aggiunta di nuovi personaggi è il fattore attrattivo più evidente per “giustificare” una nuova versione, al roster dell’originale DOA5 composto da 24 figuri ne sono stati aggiunti 5 nella versione Ultimate (Momiji, Rachel, Jackie, Ein e Leon), più altri 3 tramite DLC a pagamento (Marie Rose, Nyotengu e Phase 4), mentre il Last Round ne aggiunge ulteriori due: Raidou e Honoka, che sommati ai 3 DLC inclusi arriva ad un ragguardevole totale di 34 lottatori.
Oltre ai personaggi, Last Round inserisce due nuovi livelli che strizzano l’occhio ai primi capitoli (“The Crimson” e “The Danger Zone”), musiche del primo Dead or Alive, pacchetti costumi e nuove acconciature.

Fin qui tutto chiaro, ma Tecmo Koei al lancio di Last Round ha fatto tutto il possibile per scombussolare ulteriormente i potenziali acquirenti, tra coloro che si ritrovano ad aggiornare l’Ultimate su PS3/360 (con possibilità di acquistare Raidou e Honoka a parte ma non disponibili sugli Store europei al rilascio dell’aggiornamento), quelli che si accontentano della versione free Core Fighters che però (e si ride) su Xbox One si paga 10 euro, quantità di pacchetti costumi che hanno ormai raggiunto un numero che va al di là di ogni immaginazione, season pass da 90 euro, procedimento di importazione sulle nuove console di salvataggi e precedenti acquisti un po’ macchinoso, gradi online azzerati, glitch e crash vari ed eventuali. Insomma un discreto casino, e su Steam già tirano gli scongiuri dato che per PC è stato rimandato a fine marzo e il gioco online sarà disponibile non prima di 3 mesi.
La scelta di rilasciare il gioco su quattro piattaforme diverse ha quindi inciso su un lancio non proprio del tutto liscio, anche se con il tempo e grazie alle ormai onnipresenti patch correttive la situazione tenderà a stabilizzarsi. Appare chiaro di come Koei Tecmo abbia voluto approfittare dell’attuale penuria di picchiaduro sulle nuove console con uno sviluppo un po’ affrettato, evitando così di scontrarsi direttamente con Tekken 7 dopo che già l’originale DOA5 si ritrovò ad uscire nello stesso mese di Tekken Tag Tournament 2.

Se dal punto di vista tecnico la versione “old-gen” di Last Round non presenta sostanziali differenze rispetto ad Ultimate, è su PS4 (la versione testata, ma vale lo stesso anche su Xbox One) che DOA5 mostra il meglio di sé grazie alla maggior potenza delle GPU impiegate. I 1080p nativi rendono il gioco più nitido e il raggiungimento dei famigerati 60fps inchiodati conferiscono un’esperienza ancora più fluida e senza alcun calo, essenziale in un picchiaduro frenetico come DOA. Effetti di luce e scintille varie sono stati in parte rivisti e ad un occhio più “attento” non può certo sfuggire l’ausilio del cosiddetto Soft Engine, motore grafico atto a simulare il movimento della pelle (in particolare delle rotondità femminili) in modo ancora più morbido rispetto a quanto ammirato in precedenza, come si può constatare in questo video comparativo.

Il DualShock 4 si è dimostrato inoltre un eccellente controller per i fighting game grazie ad una croce direzionale robusta e meno scivolosa rispetto a quella del suo predecessore. Certo DOA5 è pur sempre un gioco del 2012 e ad una analisi più attenta inizia a mostrare il fianco sotto alcuni aspetti grafici, con limiti che qualunque lifting e lavoro di conversione può correggere solo fino ad un certo punto. Ma tutto sommato va bene così dato che Last Round punta maggiormente ad un’offerta contenutistica piuttosto che a far cadere mascelle agli acquirenti PS4/Xbox One, che si aspettano ben altro dalla loro nuova console. Decisamente meno perdonabili invece alcuni bug e malfunzionamenti dei server che rendono al momento l’esperienza non proprio ottimale, in particolare sulla console Microsoft dove si testimoniano anche alcuni crash che obbligano ad uscire dal gioco. È pertanto consigliabile giocare offline fino a quando Tecmo Koei non rilascerà tutte le patch correttive del caso, che richiedono di solito tempi abbastanza brevi.

Dead or Alive 2, 3 e 4 furono tra i titoli di lancio di PS2, Xbox e Xbox360, rispettivamente. A questo giro è mancato il DOA a dare il benvenuto alla generazione e Koei Tecmo per rimediare se ne esce con un semplice porting, anche questo un segnale dei tempi attuali. Ma a al di là di tutto DOA 5 è senza dubbio un ottimo esponente del genere e la sua offerta di contenuti di tutto rispetto è uno stimolo in più per recuperarlo nella sua forma migliore e più completa, venduta inoltre ad un prezzo contenuto.
Coloro che non hanno acquistato le precedenti versioni e sono alla ricerca di un picchiaduro longevo e accattivante non dovrebbero avere particolari freni a buttarsi su Last Round, mentre chi possiede già Ultimate ed è intenzionato a rimanere ancora sulle console della generazione passata, dovrebbe riflettere un momento e valutare se i contenuti aggiuntivi valgono la spesa del gioco completo o se considera più conveniente limitarsi ad aggiornare Ultimate, acquistando poi a parte i nuovi personaggi.