Il 24 agosto 2010 si spegneva Satoshi Kon, uno dei più apprezzati registi d'animazione giapponese degli ultimi tempi. Per celebrare il quinto anniversario della sua morte, pubblicheremo nei prossimi giorni alcune notizie a lui dedicate, tra approfondimenti e recensioni.
In questo ultimo appuntamento riproponiamo l'approfondimento sulla vita del regista.
Satoshi Kon (Kushiro, 12 Ottobre 1963 - Tokyo, 24 agosto 2010) iniziò la sua preparazione artistica alla Musashino College of the Art dove seguì i corsi di Design della Comunicazione Visiva con l’intenzione d’intraprendere una carriera da pittore e illustratore. Finiti gli studi, nel 1990 creò il manga Kaikisen (La stirpe della sirena) che lo mise in luce e gli valse l’attenzione del mangaka e regista Katsuhiro Otomo (Highway Star, Fireball, Domu, Meikyou monogatari, Robot Carnival, Akira), il quale chiamò Kon a collaborare alla creazione di un suo manga, World Apartment Horror, nel 1991. Nello stesso anno Kon prese parte a un altro progetto scritto da Otomo, l’OAV (Original Anime Video: prodotti realizzati per il mercato home video) Roujin Z, diretto da Hiroyuki Kitakubo (Black Magic M-66, Robot Carnival, Gunbuster, Akira) e nel quale Kon svolse i ruoli di art director – ovvero la figura professionale che si occupa di colori, scenari e fondali e che supervisiona lo staff che realizza tali parti grafiche – e animatore.
Nel 1992 si occupò della creazione degli ambienti del film d’animazione Hashire Melos, e l’anno successivo ricoprì sempre lo stesso ruolo nel secondo film del progetto Patlabor, avendo così la possibilità di lavorare con un altro dei registi che poi assunsero un’importanza cardinale nell’animazione nipponica e nella diffusione della stessa sullo scenario cinematografico internazionale: Mamoru Oshii (Tenshi no Tamago, Lamù: Beutiful Dreamer e Lamù: Only You, Patlabor serie tv, OAV e movie).
Contemporaneamente Kon si dedicò anche alla creazione della sceneggiatura del quinto episodio della serie OAV JoJo no kimyo no boken (Le bizzarre avventure di JoJo). Poi nel 1995 ritornò a lavorare con Otomo prendendo parte sempre come sceneggiatore al progetto filmico in tre episodi Memories, del quale curò la stesura della storia del primo atto, Kanojo no omoide (Rosa magnetica), diretto da Koji Morimoto (Robot Carnival, Akira, Macross Plus). Gli altri due episodi sono Stink Bomb, diretto da Tensai Okamura (Ninja Scroll, Neon Geneis Evangelion), e Cannon Fodder, diretto dallo stesso Otomo.
Due anni dopo, nel 1997, Kon realizzò il suo primo lungometraggio da regista, oltre che da sceneggiatore e creatore del character design.
PERFECT BLUE
Inizialmente pensato come film live action, a seguito dei danni arrecati dal terremoto di Kobe del ’95 agli studi di produzione, l’adattamento del romanzo Perfect Blue di Yoshikazu Takeuchi fu realizzato dalla Madhouse – che produsse anche tutti i successivi lavori di Kon – come lungometraggio animato a basso budget destinato al mercato home video. Tuttavia, considerato il livello del risultato finale la pellicola fu invece lanciata anche in sala con un riscontro notevole di pubblico e soprattutto critica.
Kon e Sadayuki Murai (sceneggiatore) durante la produzione chiesero e ottennero di modificare alcuni contenuti del romanzo originale, non ritenendo ottimale per la realizzazione di un buon prodotto cinematografico una trasposizione fedele. Basandosi quindi sulle tre parole chiave idol, horror e fan, e muovendosi liberamente attorno a queste, Kon decise di mostrare la crescita di una ragazza, da teen ager a donna adulta, attraverso le tappe traumatiche e le turbe psicologiche che tale passaggio può implicare, specialmente se il soggetto in questione, Mima, è una idol che affronta di pari passo un periodo di transizione professionale, da icona pop ad attrice. L’ossessività perversa di un fan, l’idea disturbante di cosa possono comportare la fama e l’ascesa per raggiungerla, e le derive cui può sfociare il fenomeno internet chiudono il cerchio e compongono il quadro complessivo di Perfect Blue.
Il film è un thriller psicologico che muove dalle basi classiche tracciate per il genere e le rimodella visivamente e strutturalmente con la sovrapposizione del piano del reale, di quello dell’allucinazione e di quello del sogno in un flusso narrativo unico che procede via via sempre più paradossale e accelerato. Per sviluppare quest’aspetto, e in generale parlando del suo modo di fare cinema, Satoshi Kon indicò Mattatoio N. 5, il film diretto da George Roy Hill e basato sul romanzo originale di Kurt Vonnegut, letto da Kon a seguito della visione della pellicola, come una delle sue maggiori influenze in campo stilistico. Il regista rivelò di essere stato notevolmente influenzato dal modo in cui nel film i diversi luoghi e livelli temporali venivano inseriti insieme ed espressi come se si seguissero la visioni del protagonista, Bill Pilgrim, e ciò ebbe un’enorme ascendente su tutta la produzione di Kon.
Circostanza simile alla precedente è quella del rapporto del regista con P.K. Dick, al quale si accostò dopo la visione del Blade Runner di Ridley Scott, che lo affascinò soprattutto per l’oscurità dell’immagine, a cui si ispirò per alcune delle atmosfere di maggior tensione di Perfect Blue. Inoltre, come si vedrà nel proseguo, determinanti furono pure gli influssi dei testi di un altro scrittore, Yasutaka Tsutsui.
La visualizzazione dei sintomi del disturbo dissociativo della personalità e degli stati onirici; la messa in scena che mescola in un’unica percezione verità e illusione; l’evidenziare in modo pervasivo l’immagine riflessa, il doppio e lo specchio; l’attenzione al lato morboso dei fenomeni socio-mediatici della civiltà contemporanea, nonché la presenza di una forte funzione metalinguistica e autoriflessiva: l’opera prima offre già appieno gran parte dello spettro tematico e del linguaggio visivo propri di Kon e che valsero al regista la ribalta mondiale.
Perfect Blue ha vinto il B-Movie Award nella categoria Best Animated Feature al B-Movie Film Festival 2000, è stato giudicato Best Asian Film al Fant-Asia Film Festival 1997, ha vinto il Critics' Award, il Fantasia Section Award ed è stato nominato all’International Fantasy Film Award – rispettivamente nelle categorie Premio della Critica, Miglior Film d’Animazione e Miglior Film – al 18th Festival Internazionale del Cinema di Oporto - Fantasporto 1998.
SENNEN JOYU (MILLENNIUM ACTRESS)
Godendo ormai di una grande fama, conseguente al successo del primo lungometraggio, e di budget più sostanziosi, Kon poté dedicarsi alla propria ricerca artistica con più libertà e nel 2001 uscì il suo secondo lungometraggio, sceneggiato sempre a quattro mani con Sadayuki Murai. Questo film rappresentò anche la prima collaborazione tra Kon e il compositore Susumu Hirasawa (Detonator Orgun, Berserk), che a partire da Millennium Actress arrangiò le colonne sonore di tutte le successive produzioni del regista di Kushiro, diventando figura imprescindibile per la realizzazione delle stesse.
Il soggetto, questa volta originale, sviluppa l’idea di un film nel film e soprattutto della fusione fra realtà e tempo soggettivi e oggettivi attraverso i ricordi. Il lungometraggio ripercorre la vita e la carriera dell’attrice Chiyoko Fujiwara, che viene videointervistata dal regista Genya Tachibana e dal suo cameraman. I due entrano come personaggi “partecipi”, e contemporaneamente come spettatori, nel racconto dell’esistenza della vecchia stella, la cui narrazione filtrata dalla memoria fonde insieme le esperienze reali e quelle cinematografiche in un excursus che tra le prime e le seconde, tra passato feudale del Giappone e futuro da fantascienza anni ’70, ripercorrendo l’inseguimento del proprio amore perduto, abbraccia appunto mille anni.
Millennium Actress si unisce a doppio filo con il precedente Perfect Blue e, se ovviamente lo stile narrativo di fluida compenetrazione tra immaginario e reale è, in entrambi, l’impronta della peculiare manifestazione creativa del regista, i due film, riguardo al tema del rapporto fra l’idolo e il suo fan, per usare le parole dello stesso Kon sono come “due facce della stessa medaglia”, il secondo che ne ribalta la visione negativa data dal primo.
La crescita della protagonista femminile in Millennium Actress è tuttavia più dilatata, benché ugualmente intensa e traumatica, abbraccia l’intero arco della sua vita. E mediante essa, che nella messinscena assume i connotati di un vero e proprio flusso di coscienza, Kon ricrea quei concetti di tempo non lineare, di alternanza scorrevole di passato presente e futuro e di trompe l’oeil (letteralmente “ingannare l’occhio”, quindi spiazzare e sorprendere la percezione di chi guarda con espedienti visivi, scenici et similia) la cui trasposizione in immagine cinematografica fu uno dei suoi obbiettivi di più difficile concretizzazione nella stesura della sceneggiatura.
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Satoshi Kon (Kushiro, 12 Ottobre 1963 - Tokyo, 24 agosto 2010) iniziò la sua preparazione artistica alla Musashino College of the Art dove seguì i corsi di Design della Comunicazione Visiva con l’intenzione d’intraprendere una carriera da pittore e illustratore. Finiti gli studi, nel 1990 creò il manga Kaikisen (La stirpe della sirena) che lo mise in luce e gli valse l’attenzione del mangaka e regista Katsuhiro Otomo (Highway Star, Fireball, Domu, Meikyou monogatari, Robot Carnival, Akira), il quale chiamò Kon a collaborare alla creazione di un suo manga, World Apartment Horror, nel 1991. Nello stesso anno Kon prese parte a un altro progetto scritto da Otomo, l’OAV (Original Anime Video: prodotti realizzati per il mercato home video) Roujin Z, diretto da Hiroyuki Kitakubo (Black Magic M-66, Robot Carnival, Gunbuster, Akira) e nel quale Kon svolse i ruoli di art director – ovvero la figura professionale che si occupa di colori, scenari e fondali e che supervisiona lo staff che realizza tali parti grafiche – e animatore.
Nel 1992 si occupò della creazione degli ambienti del film d’animazione Hashire Melos, e l’anno successivo ricoprì sempre lo stesso ruolo nel secondo film del progetto Patlabor, avendo così la possibilità di lavorare con un altro dei registi che poi assunsero un’importanza cardinale nell’animazione nipponica e nella diffusione della stessa sullo scenario cinematografico internazionale: Mamoru Oshii (Tenshi no Tamago, Lamù: Beutiful Dreamer e Lamù: Only You, Patlabor serie tv, OAV e movie).
Contemporaneamente Kon si dedicò anche alla creazione della sceneggiatura del quinto episodio della serie OAV JoJo no kimyo no boken (Le bizzarre avventure di JoJo). Poi nel 1995 ritornò a lavorare con Otomo prendendo parte sempre come sceneggiatore al progetto filmico in tre episodi Memories, del quale curò la stesura della storia del primo atto, Kanojo no omoide (Rosa magnetica), diretto da Koji Morimoto (Robot Carnival, Akira, Macross Plus). Gli altri due episodi sono Stink Bomb, diretto da Tensai Okamura (Ninja Scroll, Neon Geneis Evangelion), e Cannon Fodder, diretto dallo stesso Otomo.
Due anni dopo, nel 1997, Kon realizzò il suo primo lungometraggio da regista, oltre che da sceneggiatore e creatore del character design.
PERFECT BLUE
Inizialmente pensato come film live action, a seguito dei danni arrecati dal terremoto di Kobe del ’95 agli studi di produzione, l’adattamento del romanzo Perfect Blue di Yoshikazu Takeuchi fu realizzato dalla Madhouse – che produsse anche tutti i successivi lavori di Kon – come lungometraggio animato a basso budget destinato al mercato home video. Tuttavia, considerato il livello del risultato finale la pellicola fu invece lanciata anche in sala con un riscontro notevole di pubblico e soprattutto critica.
Kon e Sadayuki Murai (sceneggiatore) durante la produzione chiesero e ottennero di modificare alcuni contenuti del romanzo originale, non ritenendo ottimale per la realizzazione di un buon prodotto cinematografico una trasposizione fedele. Basandosi quindi sulle tre parole chiave idol, horror e fan, e muovendosi liberamente attorno a queste, Kon decise di mostrare la crescita di una ragazza, da teen ager a donna adulta, attraverso le tappe traumatiche e le turbe psicologiche che tale passaggio può implicare, specialmente se il soggetto in questione, Mima, è una idol che affronta di pari passo un periodo di transizione professionale, da icona pop ad attrice. L’ossessività perversa di un fan, l’idea disturbante di cosa possono comportare la fama e l’ascesa per raggiungerla, e le derive cui può sfociare il fenomeno internet chiudono il cerchio e compongono il quadro complessivo di Perfect Blue.
Il film è un thriller psicologico che muove dalle basi classiche tracciate per il genere e le rimodella visivamente e strutturalmente con la sovrapposizione del piano del reale, di quello dell’allucinazione e di quello del sogno in un flusso narrativo unico che procede via via sempre più paradossale e accelerato. Per sviluppare quest’aspetto, e in generale parlando del suo modo di fare cinema, Satoshi Kon indicò Mattatoio N. 5, il film diretto da George Roy Hill e basato sul romanzo originale di Kurt Vonnegut, letto da Kon a seguito della visione della pellicola, come una delle sue maggiori influenze in campo stilistico. Il regista rivelò di essere stato notevolmente influenzato dal modo in cui nel film i diversi luoghi e livelli temporali venivano inseriti insieme ed espressi come se si seguissero la visioni del protagonista, Bill Pilgrim, e ciò ebbe un’enorme ascendente su tutta la produzione di Kon.
Circostanza simile alla precedente è quella del rapporto del regista con P.K. Dick, al quale si accostò dopo la visione del Blade Runner di Ridley Scott, che lo affascinò soprattutto per l’oscurità dell’immagine, a cui si ispirò per alcune delle atmosfere di maggior tensione di Perfect Blue. Inoltre, come si vedrà nel proseguo, determinanti furono pure gli influssi dei testi di un altro scrittore, Yasutaka Tsutsui.
La visualizzazione dei sintomi del disturbo dissociativo della personalità e degli stati onirici; la messa in scena che mescola in un’unica percezione verità e illusione; l’evidenziare in modo pervasivo l’immagine riflessa, il doppio e lo specchio; l’attenzione al lato morboso dei fenomeni socio-mediatici della civiltà contemporanea, nonché la presenza di una forte funzione metalinguistica e autoriflessiva: l’opera prima offre già appieno gran parte dello spettro tematico e del linguaggio visivo propri di Kon e che valsero al regista la ribalta mondiale.
Perfect Blue ha vinto il B-Movie Award nella categoria Best Animated Feature al B-Movie Film Festival 2000, è stato giudicato Best Asian Film al Fant-Asia Film Festival 1997, ha vinto il Critics' Award, il Fantasia Section Award ed è stato nominato all’International Fantasy Film Award – rispettivamente nelle categorie Premio della Critica, Miglior Film d’Animazione e Miglior Film – al 18th Festival Internazionale del Cinema di Oporto - Fantasporto 1998.
SENNEN JOYU (MILLENNIUM ACTRESS)
Godendo ormai di una grande fama, conseguente al successo del primo lungometraggio, e di budget più sostanziosi, Kon poté dedicarsi alla propria ricerca artistica con più libertà e nel 2001 uscì il suo secondo lungometraggio, sceneggiato sempre a quattro mani con Sadayuki Murai. Questo film rappresentò anche la prima collaborazione tra Kon e il compositore Susumu Hirasawa (Detonator Orgun, Berserk), che a partire da Millennium Actress arrangiò le colonne sonore di tutte le successive produzioni del regista di Kushiro, diventando figura imprescindibile per la realizzazione delle stesse.
Il soggetto, questa volta originale, sviluppa l’idea di un film nel film e soprattutto della fusione fra realtà e tempo soggettivi e oggettivi attraverso i ricordi. Il lungometraggio ripercorre la vita e la carriera dell’attrice Chiyoko Fujiwara, che viene videointervistata dal regista Genya Tachibana e dal suo cameraman. I due entrano come personaggi “partecipi”, e contemporaneamente come spettatori, nel racconto dell’esistenza della vecchia stella, la cui narrazione filtrata dalla memoria fonde insieme le esperienze reali e quelle cinematografiche in un excursus che tra le prime e le seconde, tra passato feudale del Giappone e futuro da fantascienza anni ’70, ripercorrendo l’inseguimento del proprio amore perduto, abbraccia appunto mille anni.
Millennium Actress si unisce a doppio filo con il precedente Perfect Blue e, se ovviamente lo stile narrativo di fluida compenetrazione tra immaginario e reale è, in entrambi, l’impronta della peculiare manifestazione creativa del regista, i due film, riguardo al tema del rapporto fra l’idolo e il suo fan, per usare le parole dello stesso Kon sono come “due facce della stessa medaglia”, il secondo che ne ribalta la visione negativa data dal primo.
La crescita della protagonista femminile in Millennium Actress è tuttavia più dilatata, benché ugualmente intensa e traumatica, abbraccia l’intero arco della sua vita. E mediante essa, che nella messinscena assume i connotati di un vero e proprio flusso di coscienza, Kon ricrea quei concetti di tempo non lineare, di alternanza scorrevole di passato presente e futuro e di trompe l’oeil (letteralmente “ingannare l’occhio”, quindi spiazzare e sorprendere la percezione di chi guarda con espedienti visivi, scenici et similia) la cui trasposizione in immagine cinematografica fu uno dei suoi obbiettivi di più difficile concretizzazione nella stesura della sceneggiatura.
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