Nel 2009 Rumiko Takahashi ha dato vita a quella che attualmente è la sua ultima creatura, Kyoukai no Rinne, un manga ad ambientazione scolastica e soprannaturale che mischia, con il classico stile Takahashiano, la commedia al folklore giapponese. Nonostante un successo poco esaltante a livello di vendite, i fan della Takahashi speravano ed erano abbastanza convinti che in tempi più o meno brevi ne sarebbe stato realizzato anche un anime. E invece, il nulla. Il piccolo promo creato per pubblicizzare il manga aveva dato qualche speranza, ma dopo quella manciata di secondi animati, una versione tv di Rinne pareva ormai dimenticata. È solo nel 2015 che Brain Base decide di accontentare tutti i fan ormai in preda alla rassegnazione, producendo una serie anime di 25 episodi. Insomma, dopo tanta attesa, i sostenitori del rosso shinigami sono stati accontentati. Le loro speranze sono state ben ripagate? Proviamo a scoprirlo.

L'anime è stato trasmesso in streaming gratuito sul sito web di Vvvvid.
 


Sakura Mamiya è una liceale che possiede sin da piccola la capacità di vedere gli spiriti dei morti: grazie ad un carattere apatico e poco avvezzo allo stupore, la situazione non le ha mai creato particolari problemi, difatti, l’unica sensazione che la ragazza pare provare nei confronti degli ospiti indesiderati è il fastidio. Un giorno si presenta in classe un nuovo compagno, stranamente visibile solo ai suoi occhi. Il primo pensiero che le attraversa la mente è che si tratti dell’ennesimo fantasma, ma in realtà, Rinne è uno shinigami (un dio della morte) per metà umano, il cui lavoro consiste nel condurre le anime irrequiete dei morti al cerchio della trasmigrazione. Iniziano così le avventure dello squattrinato Rinne e di Sakura, che si troveranno ad affrontare sia fantasmi pacifici ma bizzarri che vere e proprie organizzazioni criminali dell’aldilà, senza contare i problemi economici del rosso, perennemente in bolletta.
 

È doveroso fare una premessa: Kyoukai no Rinne è una serie che si propone al suo pubblico portando con sé una serie di contraddizioni insite nella sua stessa natura e nella storia creativa della sua autrice. Fan di vecchia data della Takahashi che vorrebbero qualcosa di nuovo, quelli che amano ogni suo dettaglio ricorrente e nuovi spettatori: sono queste le tre tipologie di pubblico con cui Rinne deve confrontarsi, e non è facile riuscire a riscontrare il favore di tutte e tre le categorie.
Chi conosce Rumiko Takahashi troverà in Rinne un concentrato di elementi tipici dell’autrice che riporteranno a questa o quell’altra sua precedente opera; Rinne manca quindi nelle sue basi dell’elemento originalità, il che è valido sia agli occhi dei fan della Takahashi, sia per i “profani”, poiché storie di shinigami e spiriti vaganti da purificare non sono certo una novità in campo anime e manga. Allo stesso tempo però, la narrativa semplice e scorrevole di questa autrice, unita alla sua peculiare comicità, diventa il punto di forza e di maggior interesse di questa serie, specie per quelli che non hanno mai smesso di amare i tipici siparietti e le tipiche gag Takahashiane. Dopo Inuyasha, serie dal taglio inusuale per questa autrice, la mangaka è tornata a fare ciò che l’ha resa famosa con Lamù e Ranma ½, una storia che si basa molto sulla quotidianità dei liceali ma che al contempo non trascura azione, elementi fantastici e comicità. Certo è che rispetto all’umorismo dirompente e “cattivello” di Lamù o a quello più sfacciato di Ranma, Kyoukai no Rinne si presenta come una storia dalla comicità più tranquilla e decisamente meno esplosiva, attestando la narrazione su un livello più pacato e non sempre esaltante. Insomma, quest’opera soffre sul versante dei fan storici del problema del “già visto e fatto anche meglio”, e al contempo, offre caratteristiche peculiari molto marcate non necessariamente appetibili ad un pubblico di nuova generazione. Per finire abbiamo quella fetta di pubblico che, alla visione di un personaggio che racconta con enfasi una storia ridicola tenendo in mano un microfono, accompagnato da delle onde sullo sfondo, non potrà fare altro che sorridere. È indubbio che comunque esistano anche spettatori che, pur non essendo cresciuti a pane e Takahashi, siano riusciti ad apprezzare Rinne per la simpatia dei suoi personaggi e delle situazioni proposte.
 
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Ed è proprio parlando dei personaggi che possiamo trovare degli elementi di originalità dell’ambito Takahashiano, non tanto per il tipo di rapporto che instaurano tra di loro, sempre basato sull’equivoco e il non detto, ma quanto più per la loro caratterizzazione. Se mettiamo da parte il buon Godai (protagonista di Maison Ikkoku) e prendiamo i protagonisti delle opere comiche, fantastiche e slice of life della Takahashi, vedremo come, nonostante l’iniziale sfortuna di Ataru e le situazioni imbarazzanti in cui Ranma si è spesso ritrovato, i due possono essere tranquillamente considerati dei fortunelli, circondati da belle ragazze e da situazioni che spesso e volentieri volgono a loro favore. Il rosso Rinne è invece un concentrato di sfiga continua: povero fino all’osso, sommerso dai debiti, sfortunato ma soprattutto incredibilmente buono e ingenuo, il protagonista di Kyokai no Rinne si discosta dai suoi predecessori, decisamente più sfacciati e baldanzosi, presentandosi come un ragazzo umile e di buon cuore, che anche quando pensa di approfittare delle situazioni per trarne vantaggio, finisce col non riuscirci o col rinunciarvi, senza contare che si ritrova per forza di cose legato ad un personaggio capace di battere in malvagità i signori Fujinami e Genma. Questo concentrato di sfortune rende Rinne tenero e amabile, non vien mai la voglia di dargli due schiaffoni (cosa che con Ranma mi succedeva spesso) ma piuttosto di abbracciarlo e riempirgli il frigo (ma in realtà neanche ce l’ha un frigo) di cibo. Sul fronte femminile, dopo gli isterismi di Lamù, Akane, Kyoko e passando per la più moderata Kagome, arriva Sakura Mamiya, personaggio apatico che pare non provare particolari sentimenti e sensazioni se non il fastidio, e anche quando ciò accade, la sua faccia resta impassibile e indecifrabile, specie per il povero Rinne che comunque impara a poco a poco a comprenderne i silenzi. Tutto ciò porta a continui e classici equivoci e incomprensioni  che però danno l’occasione ai personaggi di crescere a piccoli passi nel loro rapporto. L’inespressiva Sakura non brilla certo per caratterizzazione ma fa un buon paio con Rinne che è fin troppo strabordante di sentimento.

Com’è tipico della Takahashi, non mancano i molti personaggi di contorno pronti ad aiutare o anche mettere i bastoni tra le ruote al protagonista; il miglior personaggio secondario in tal senso è Tsubasa Jumonji, rivale di Rinne ma in qualche modo suo amico. Bizzarro, sicuro di sé e apparentemente figo, Tsubasa in realtà è anche più stupido di Rinne, ma con il suo carattere vivace, divertente e determinato riesce anche a tenere in piedi da solo interi episodi. Tutti gli altri personaggi secondari danno un notevole contributo ampliando le situazioni e la possibilità di creare gag, specialmente quando questi si ritrovano in gruppo, creando così puntate davvero spassose. Una seconda stagione è già stata annunciata per il 2016, ci si aspetta quindi un’ulteriore ingrossamento del cast, sperando che vengano introdotti anche dei personaggi finora esclusi nonostante la loro presenza nella versione manga.
 
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Kyoukai no Rinne è una serie ad episodi quasi sempre autoconclusivi che non segue un particolare filo conduttore né persegue un determinato obiettivo. Certo, ci sia spetta fin da subito che tra i due protagonisti possa nascere qualcosa, ma chi conosce la Takahashi sa che non può aspettarsi granché sul fronte romantico, anche e soprattutto perché in una serie come Rinne, un’ eventuale conclusione amorosa delle vicende chiuderebbe la storia, poiché verrebbero a mancare i fraintendimenti sui cui si basa parte della sua struttura. La serie va quindi seguita senza pensare troppo a dove andrà a parare, se la si vede da questo punto di vista si può godere di un simpatico slice of life a tema soprannaturale che potrebbe andare avanti per centinaia di episodi o finire da un momento all’altro senza che nessuno se ne accorga. Un modo di fare, questo, non a tutti gradito e che spesso lascia l’amaro in bocca perché avremmo voluto che questa o quella situazione fossero state portate a compimento in modo concreto, purtroppo però la buona Rumiko ha il vizietto di lasciare troppo all’immaginazione dei suoi lettori.
L’anime non segue tutti i capitoli presenti nel manga ma ne fa un’ottima selezione, la serie scorre in maniera piacevole e divertente, alternando ottimi episodi spassosi ad altri un po' meno ispirati. Lo strambo gruppo di protagonisti intrattiene e regala molte risate grazie a situazioni al limite dell’assurdo e relazioni che non portano ad altro che equivoci, mentre il duo protagonista, nonostante delle caratterizzazioni agli antipodi, conduce per bene il gioco.
 
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Kyoukai no Rinne è una serie che in qualche modo vuol strizzare l’occhio ai vecchi fan della Takahashi e lo si può capire da piccole citazioni sparse qua e là tra gli episodi: a partire da un panda che compare in un angolino con dei cartelli in mano, passando ai pupazzetti della serie Ranma e Lamù che vediamo sullo sfondo in un ufo catcher, al grembiulino "Pyo Pyo" indossato da Sakura, finendo con il gatto Kotatsu rappresentato sulle banconote. Ma il più grosso omaggio che la serie offre all’universo Takahashiano lo scopriamo nel suo doppiaggio: Sabato Rokudo, è doppiato da Kappei Yamaguchi, storica voce di Ranma e Inuyasha, che qui lascia ad un giovane il posto del protagonista per interpretarne il padre. Allo stesso tempo, Satsuki Yukino, che aveva prestato la voce a Kagome, interpreta la nonna di Rinne, Tamako. Per noi italiani, abituati al doppiaggio nostrano degli anime della Takahashi, tutto ciò avrà poca importanza, ma è comunque bello vedere come alcuni doppiatori sembrino avere ancora nel cuore i loro vecchi personaggi, e simbolicamente, la generazione precedente pare passare la palla a quella successiva continuando a tenerla a per mano.
 
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Nei suoi primi episodi,  Kyoukai no Rinne si presenta come un lavoro tecnicamente molto ben fatto, con un bel chara che riproduce fedelmente il tratto recente della Takahashi, colori vivaci e buone animazioni. In seguito però l’andamento si fa lievemente altalenante, con episodi a tratti disegnati in maniera meno curata e animazioni legnose. Molto carine le prime due sigle, specie la opening  Ouka Ranman, mentre le sigle che accompagnano la seconda tranche di episodi sono piuttosto bruttine, in particolare la ending, senza contare il riciclo di quasi tutte le immagini usate precedentemente. A livello tecnico Kyoukai no Rinne non esalta ma non lascia neanche troppo interdetti, facendo nulla di più che il suo dovere.
Abbiamo già accennato al doppiaggio in riferimento alla presenza di alcuni voci storiche, ma il cast della serie è composto fondamentalmente da giovani che hanno compiuto un lavoro più che perfetto. Spicca tra tutti Kaito Ishikawa, giovane promessa già vincitore del Seiyuu Award come Best Rookie, che raccoglie l’eredità di Yamaguchi dando a Rinne una voce perfettamente adatta, che sa divertire e intenerire. Marina Inoue interpreta l’inespressiva Sakura, Ryohei Kimura doppia l’energico Tsubasa mentre Rie Murakawa si occupa in maniera egregia del piccolo Rokumon. Particolarmente apprezzabile Tetsuya Kakihara sul demone Masato.
 
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Per una fan storica della Takahashi, quale sono io, non è per nulla facile giudicare obiettivamente Kyoukai no Rinne: la serie, già nella versione cartacea, ha i suoi difetti ma altrettanti potenziali punti di forza, bisogna solo capire in quale delle fette di spettatori cui accennavamo prima, ci si voglia schierare. Io faccio parte degli irriducibili che, nonostante un evidente calo della verve creativa takahashiana, continuano a sorridere e divertirsi per ogni sua gag, anche se già vista mille volte, senza mai stancarsi di quel modo di raccontare semplice e genuino che si presenta in maniera chiara e cristallina per quello che è, senza voler stupire o atteggiarsi a capolavoro. Comprendo e comunque ammetto che chi cerca qualcosa di diverso dal solito rimarrà deluso, così come probabilmente le nuove generazioni, che abituate a serie brevi che cercano di condensare in una ventina di episodi un inizio, uno sviluppo e una fine, non troveranno soddisfazione nell’autoconclusività di ogni vicenda di Kyoukai no Rinne. Consideriamo inoltre che ciò che risulta divertente agli occhi di uno spettatore, può apparire terribilmente stupido a quelli di un altro, quindi è impossibile dire che una storia come questa sia oggettivamente divertente. La serie intrattiene bene, in maniera simpatica ma senza esaltare troppo, è sconsigliata a chi cerca qualcosa di originale ma certamente consigliatissima a chi vuol solo passare 24 minuti in maniera allegra e serena e soprattutto a quei fan della Takahashi che non smetteranno mai di ridere davanti ad uno dei suoi classici, stravisti, memorabili siparietti.