Martedì prossimo si concluderà su VVVVID Noragami Aragoto, la seconda serie dell'anime tratto dall'omonimo manga di Adachitoka, che ha confermato per molti la bellezza dell'opera, forse non completamente espressa dalla prima stagione. Ma al di là del gusto personale, la serie ha avvicinato un po' tutti i suoi spettatori al complesso mondo delle divinità giapponesi: l'anime, infatti, racconta di un giovane dio che cerca di crearsi, con le proprie forze, spazio nel "mercato spirituale" Giapponese e di riferimenti alla cultura del Paese del Sol Levante ce ne sono a bizzeffe. Oltre ad avere, infatti, tutti gli elementi tipici dell'opera mainstream, che piace al grande pubblico- personaggi affascinanti, scene d'azione e una sorprendente profondità- ha anche un legame molto stretto con le tradizioni religiosi nipponiche.

Ma quanto di quello che viene raccontato rispetta la tradizione o è frutto dell'immaginazione dell'autore? Per esempio, Bishamon è davvero una bella ragazza bionda? Perchè Ebisu chiama Izanami madre? E come mai Yato chiede sempre e solo 5 yen come ricompensa? Scopriamolo insieme.
 

 
Partiamo dalla basi: la religione che ci viene raccontata dalla serie è lo Shintoismo (o Shinto), ma da dove arriva esattamente? A differenza del cristianesimo, lo Shintoismo non ha un singolo testo sacro che serva da base per il credo. Piuttosto, è fondato sulla convinzione che esistano forze soprannaturali conosciute come kami sparse per il mondo. I kami possono essere praticamente qualsiasi cosa- da figure antropomorfe a mostri fino a forze della natura. I praticanti originali di questa religione adoravano i kami in modo da placarli; essi vivevano, infatti, alla mercè della natura e cercavano di avere un certo controllo su di essa personificandola e onorandola. I kami, al contrario, riflettono la natura nei loro atteggiamenti-  donano o prendono in alternanza, concedendo la vita o portando la morte agli uomini.

Con il passare del tempo, la pratica di placare i kami si trasformò in una serie di tradizioni assodate che le persone seguivano anche quando non avevano bisogno di evitare inondazioni, siccità o malattie. Le motivazioni per credere nei kami si modificarono e questi iniziarono ad essere associati ad attività umane come il commercio, gli studi e la guerra. Le persone visitano ancora oggi i templi molto spesso, sia per specifiche festività (come il Nuovo Anno), cerimonie (quali matrimoni o nascite) o addirittura per questioni propiziatorie (per esempio per chiedere aiuto in un esame). Anche i famosi Matsuri (festival) sono delle celebrazioni religiose.
 

La religione shinto non è una fede che necessiti di un battesimo o di qualsiasi tipo di rituale, per poter essere riconosciuti come suoi adepti. Nonostante molti Giapponesi prendano parte a rituali shinto, sono pochi quelli che appartengono a sue sette o si descriverebbero come praticanti. Le tradizioni shinto sono fermamente intrecciate con la secolare società giapponese, dando alla religione una forte connotazione nazionalista. L'imperatore del Giappone stesso è considerato un kami, discendente di una delle più importanti divinità giapponesi, la dea del sole Amaterasu. Questo spiega perchè è difficile trovare degli Shinto non Giapponesi, rispetto a quanto non possa succedere per Buddisti e Cristiani, i cui credi si sono spinti anche molto lontano dal loro luogo di origine. Lo Shinto non è nato per diffondersi in tutto il mondo, ma per rimanere in Giappone e assorbire molti elementi da altri sistemi religiosi provenienti da fuori, come il Buddismo stesso, il Confucianesimo, l'Induismo, il Taoismo ecc. Come Saint Young Man prova, anche Gesù è riuscito ad avere una certa influenza su questa religione e cultura.
 

E' normale quindi che cose impensabili per noi, come pubblicità per anime televisivi nei templi, siano invece all'ordine del giorno per gli Shintoisti. Si possono addirittura comprare oggetti nei templi (portafortuna, talismani e maledizioni), farsi prevedere il futuro o lasciare un desiderio per i kami su una placca di legno. Certo, non tutte queste cose sono da prendere troppo sul serio.
 

Si possono anche fare donazioni ai templi, tradizionalmente nella forma di monete da 5 yen. Questo spiega la fissa di Yato per essere retribuito sempre e solo in questo modo, in quanto quei pochi spiccioli hanno prima di tutto un valore simbolico. La pronuncia giapponese di 5 yen è "go en", che suona come go-en, un' espressione che indica il portare rispetto. Prendendo quei soldi, Yato viene pagato con ciò che davvero desidera- rispetto e adorazione.
 


A differenza di quanto non avvenga per il Cristianesimo, poi, i templi non sono principalmente luoghi di raccolta per i fedeli, ma le vere e proprie abitazioni dei kami. Non per niente spesso le stanze più interne sono interdette ai visitatori, perchè contengono oggetti che sono considerati sacri per gli dei.
Ogni città ha il suo tempio o dei mini tempietti spesso disposti ai lati della strada. Ne vediamo un esempio anche nel film Il mio vicino Totoro, tenendo presente che lo stesso Totoro può essere considerato una sorta di kami.

Tradurre la parola kami con il termine dio, infatti, non è completamente corretto, innanzitutto perchè lo Shinto non è un credo monoteista. Ci sono centinaia di kami diversi e nemmeno uno di loro può essere considerato come superiore a tutti gli altri, in grado di avere l'ultima parola su ciò che è giusto o sbagliato. In qualche modo, i kami sono simili alla mitologia greca, il cui pantheon è quello più familiare per gli Occidentali. Come Zeus e compagnia, quindi, anche la religione shintoista contiene figure antropomorfe associate con diversi elementi della natura (il sole, l'oceano, la fertilità...).  Ma, abbiamo già detto, ci sono anche kami non esattamente umani, simili a mostri, animali o addirittura oggetti inanimati.  Praticamente qualsiasi creatura soprannaturale nella mitologia giapponese conta come kami.

Il Kojiki, il testo più antico sopravvissuto sulla storia e sul folklore giapponese, fortunatamente fornisce una definizione piuttosto chiara del termine: "Tutto ciò che c'è di maestoso e solenne, che possiede le qualità dell'eccellenza e della virtù ed ispira un sentimento di meraviglia, è considerato kami".
 
Per fare un esempio che molti capiranno, praticamente ogni creatura nelle terme di La città incantata conta come kami, inclusi il bel drago Haku, la rana parlante, i nerini del buio o i cumuli di spazzatura senziente. 
 

Come sia La Città Incantata sia Noragami ci insegnano, gli umani in teoria non dovrebbero interagire con il mondo dei kami, in quanto molti di loro sono proprio spiriti di persone defunte. Nello Shintoismo, infatti, vengono venerati gli antenati ed esiste un aldilà, soltanto che non è diviso in luoghi in cui i peccatori vengono puniti e altri in cui i giusti sono esaltati. I luoghi ultraterreni che sono citati in Noragami sono tre, il Tokoyo, il Takamagahara e lo Yomi, tutti associati con le leggende che compaiono nella storia.

Il Tokoyo è il più vago dei tre, un "altro mondo", una "terra al di là del mare" dove i kami vivono. Nell'anime i personaggi fanno riferimento a questo luogo parlando della "lontana sponda", che è sia un eufemismo per il reame dei kami sia per il luogo di origine degli spettri. Il nome giapponese di questi ultimi, Ayakashi, è infatti un gioco di parole con il termine "mare", poichè nella tradizione gli Ayakashi sono una classe di yokai (la variante mostruosa dei kami) che appaiono sulla superficie dell'acqua di un mare o di un lago.  
Mentre sia il Takamagahara e lo Yomi vengono trattati come posti concreti nello Shinto, il Tokoyo ha un accezione più astratta, incarnando quello che è il mistero della vita dopo la morte. Hiyori, l'eroina della serie, è dotata di un legame piuttosto forte con la lontana sponda rispetto agli altri umani, fatto che le consente di percepire i kami e conservare memoria di loro. 

Il Takamagahara è invece spesso visto come una il Paradiso shinto ma, per riprendere il paragone già citato degli dei greci, sarebbe più corretto considerarlo una sorta di Monte Olimpo, dove i kami che possiedono uno o più templi si sono guadagnati una dimora. Ed è quasi una sorta di vero e proprio quartiere celeste, con tanto di classismo, vicini invadenti e tutto il resto, secondo Noragami! La grandezza dell'abitazione nel Takamagahara è infatti proporzionata a quanto il kami viene venerato sulla Terra e mentre divinità famose come Bishamonten hanno enormi tenute di campagna, il povero Yato si deve accontentare di un pezzo di terreno di 6.6 metri quadri, che è pur sempre qualcosa, contando che nella prima stagione dormiva a sbafo nei templi di Tenjin...  
 
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L'ultimo luogo che viene citato è l'oltretomba, lo Yomi. E' qui che Yato si reca per recuperare Ebisu nell'arco narrativo conclusivo di Aragoto. Lo Yomi è conosciuto soprattutto per essere il luogo dove una dei kami più importanti e potenti, Izanami, è stata imprigionata.

Nei miti shinto sulla creazione, Izanami era la prima donna, che viveva al fianco del marito, il primo uomo, Izanagi. Nel mondo primordiale, fu lei a dare vita alla maggior parte degli altri kami e addirittura allo stesso arcipelago giapponese. Alla fine morì dando vita a una divinità del fuoco (per motivi ben comprensibili). Izanagi, distrutto dal dolore, decise di scendere nello Yomi (Orfeo sei tu?) per recuperare la moglie defunta, ma qui scoprì che era impossibile per lei tornare sulla Terra perchè si era nutrita del cibo degli inferi e quindi ora apparteneva a quel luogo (la versione giapponese del mito di Proserpina). Izanagi provò comunque a farla uscire, accendendo una torcia così che potesse vedersi intorno per ritrovare l'uscita. Purtroppo, una volta accesa la luce, vide che Izanami si era trasformata in un cadavere dal volto in decomposizione. Deluso, scappò dallo Yomi inseguito da un esercito di spettri creati dalla moglie, ma riuscì ad uscire e  sigillò l'ingresso degli inferi con un masso. Ciò attirò contro di lui tutto l'odio della donna, che promise di richiamare a sè, al suo posto, le anime di 1000 persone. Izanagi allora le rispose che avrebbe creato 1500 nuovi uomini per compensare e fu così che la morte entrò nel mondo degli uomini. Izanagi poi procedette ad un rituale di purificazione, durante il quale dal suo corpo si generarono tre dei kami più conosciuti e venerati: Amaterasu, la dea del Sole, Tsukuyomi, il dio della Luna e Susanoo, il dio della Tempesta.
Il Kojiki specifica perfino la posizione geografica dell'entrata dello Yomi, nella prefettura di Shimane, che infatti può essere visitata ancora oggi.
 

In Noragami, Izanami è una mutaforma. Essendo molto sola, decide di apparire ai suoi visitatori, per attirarli, con l'aspetto di una persona che questi amano o con cui si sentono a loro agio. Yato per esempio vede Hiyori, mentre Ebisu la vede nelle sembianze della proprietaria del suo ristorante preferito. Quando i due cercano di scappare, Izanami riassume la sua forma mostruosa e Ebisu afferma di essere stato felice di aver potuto incontrare la propria "madre". Egli è infatti considerato il primogenito di Izanami e Izanagi nella tradizione.

Originariamente chiamato Hiruko, Ebisu era nato senza arti o senza ossa, dipende dalla versione della leggenda. Poichè non poteva stare in piedi e vivere normalmente, i suoi genitori decisero di abbandonarlo su una nave e lasciarlo morire. Tuttavia, venne salvato dall'ainu Ebisu Saburo, che lo crebbe e lo curò come suo figlio. Dopo aver superato diverse prove, all'età di tre anni Hiruko riuscì a sviluppare i suoi arti ( o le sue ossa), assumendo il nome di  Ebisu, protettore dei pescatori e dei mercanti. Nella tradizione viene solitamente rappresentato come un giocondo uomo grassoccio con una canna da pesca. Questa immagine sicuramente contrasta con quella giovane, magra e stoica dell'Ebisu di Noragami. Nonostante questo, l'Ebisu di Adachitoka condivide comunque dei tratti in comune con la sua controparte tradizionale. Anche lui si arrabbia difficilmente, prendendo tutto alla leggera ed è un tipo goffo, tratto dovuto alla sua malattia infantile. Per controllare il suo corpo o comunque per combattere, ha bisogno dei suoi shinki, che guarda caso sono quasi tutti abiti da indossare nelle loro forma da strumento divino. Nonostante questa disabilità, rimane comunque tutt'altro che debole, visto che riesce a sconfiggere seppur con l'inganno lo stesso Yato.
 

Ebisu è anche ricordato per essere uno dei Sette Dei della Fortuna, il gruppo di divinità più venerate in Giappone. E incredibilmente è anche l'unico fra queste ad essere di origini giapponese. Tutte le altre, infatti, sono basate su divinità cinesi o indiane. Bishamonten, per esempio, è nata come una dei 4 Re Celesti del Buddismo, Vaisravana. Il soprannome che Kazuma usa infatti per riferirsi a lei, Veena, è basato su un'altra versione di questo nome, Vessavana. Stranamente, la tradizione shinto dipinge Bishamonten come un uomo in armatura e non come una bionda in abiti succinti...In genere le sue armi da combattimento sono una lancia e una pagoda in miniatura, che contiene la sua riserva di tesori e armonia. Noragami ha reinterpretato questo aspetto affidando a tale divinità un grande clan di shinki di cui prendersi cura. Proprio come la divinità a cui si ispira, Veena è una divinità protettrice che schiaccia i malvagi- soprattutto quando questi si chiamano "Yato".
 


Ma alcune divinità shinto erano originariamente umani. Tenjin, altro kami che compare nella serie, era prima di essere divinizzato un uomo di nome Sugawara no Michizane, vissuto nel IX secolo. Eminente studioso e politico, la sua carriera fu rovinata da un membro della famiglia Fujiwara, che era quella che governava di fatto il Giappone all'epoca. Poco dopo la morte di Michizane in esilio, la capitale del paese fu colpita da una tempesta violentissima. Molti dei Fujiwara morirono durante essa, così come molte delle loro proprietà furono distrutte. La corte imperiale stabilì allora che la tempesta era stata causata dallo spirito di Michizane e si diedero da fare per placarlo. Prima di tutto, i titoli che gli erano stati tolti, gli furono assegnati postumi, fu deificato e venne costruito un tempio in suo onore. Inizialmente veniva considerato un dio delle calamità, ma ben presto la sua reputazione cambiò grazie alla riscoperta da parte degli storici dei suoi lavori come letterato e poeta. Adesso gli studenti giapponesi si recano presso i suoi templi per pregare per i loro esami ed è rimasto uno dei più popolari. Possiamo dire che alla fine, Michizane ha fatto centro dopo la morte.
 
 

Le altre due divinità principali di Noragami, Yato e Kofuku, sono stati creati apposta per la serie, ma rispettano la credenza degli dei delle calamità e della sfortuna, in grado di portare morte e devastazione.
 

Di sicuro è interessante vedere come Adachitoka sia stato in grado di reinterpretare a modo suo le divinità cardine della sua cultura, trasmettendo comunque in maniera originale una buona dose di tradizioni giapponesi. In questo modo, anche lo spettatore straniero ha modo di rimanere affascinato da una serie di leggende apparentemente così diverse, ma che in realtà dimostrano di avere non pochi punti di contatto con la cultura tradizionale occidentale.

Fonte consultata:
Anime News Network