I quattro modelli del moderno otaku
Negli ultimi decenni, il termine otaku ha svolto più o meno adeguatamente il compito di inquadrare velocemente coloro che, nella società giapponese, sono estremamente appassionati di anime e dei prodotti dell'industria culturale a essi collegati.
Tuttavia, con la continua evoluzione della cultura popolare nascono nuove parole da associare alla diversificazione del fenomeno. Il grande bacino di appassionati oggi può contare su altre tipologie oltre a quella dell'otaku che si isola dal mondo e trascorre tutto il tempo libero a vedere anime.
Nel suo nuovo libro, Shin Otaku Keizai (Nuova Economia Otaku), l'analista di mercato Youhei Harada applica due parametri per distinguere i gruppi di nuovi otaku, o shin otaku, secondo il termine giapponese: la socialità e il modo di vivere la propria passione, creando un quadrante in base al quale risultano inglobati quattro tipi di appassionati di anime.
Il superstite (zanson gachiotaku)
Rappresenta colui che Harada considera in estinzione, lo stereotipo stesso dell'otaku: qualcuno per cui il profondo amore per gli anime è il risultato o la causa (o entrambi) del proprio isolamento sociale, ma nel contempo tiene nascosta agli altri la sua grande passione per il media. Sebbene questa sia una descrizione ancora calzante per tanti individui, Harada ritiene che molti di essi si stiano evolvendo in una delle altre tre categorie individuate.
L'otaku nascosto (kakure otaku)
Anche se adora gli anime, egli non se ne vanta né se ne fa portabandiera, e tiene le sue tendenze da otaku e la propria vita sociale attiva come aspetti separati della propria identità.
L'otaku penoso (itaota)
Come le itasha, automobili costose decorate con le immagini di famosi personaggi di anime, anche la definizione itaota deriva da itai (doloroso), a suggerire qualcosa di doloroso e imbarazzante da vedere. L'otaku penoso non esita a strombazzare il suo essere otaku, tuttavia non è particolarmente incline a condividere la propria passione con altri e socializzare. Il ragazzo o la ragazza che si trascinano silenziosamente attorno ad Akihabara ogni fine settimana, accompagnati unicamente da zaini e borse ricoperti da una moltitudine di spille con i personaggi preferiti degli anime, sembrano proprio il tipo di otaku che potrebbe rientrare in questo gruppo.
Il tipo autentico (riaju otaku)
Ria ju, letteralmente "vero tipo", è un termine coniato originariamente dagli otaku giapponesi per descrivere ciò che considerano in contrapposizione con loro stessi, ossia persone che trascorrono molto del proprio tempo libero a interagire con altre persone piuttosto che concentrarsi sulle vite e le storie dei personaggi fittizzi degli anime. Harada spiega che oggigiorno tante persone amano trascorrere del tempo sia con "amici 2D" che con quelli della vita reale, portando come dato di fatto il considerare importante, per molti di essi, parlare dei propri gusti otaku, specialmente quando sono online. Questo li aiuta ad aprire nuove linee di comunicazione e ampliare le loro reti sociali, il che si trasforma in una divertente alimentazione di tali connessioni tra esseri umani.
Mentre le definizioni di questi quattro gruppi possono non avere esattamente lo stesso impatto altisonante di iconici termini derivati dagli anime come "shinigami" (dei della morte), "sailor senshi" (guerriere sailor) o "newtypes" (i piloti esper del mondo di Gundam), l'analisi di Harada evidenzia il cambiamento dei rapporti tra i giapponesi e l'industria dell'animazione, e sottolinea che per la varietà di aspetti anche il termine nerd non ricopre sempre in ogni caso la corretta traduzione di otaku.
Fonte consultata: Rocketnews24.
e loro hanno il problema degli otaku... tutti problemi risolvibili con un minimo di buon senso e usando la testa.
il termine otaku penoso poi è odiosissimo. harada dimentica che quelli là usano soldi loro che si son guadagnati loro e come li usano a lui non deve fregare un accidente di niente. e comunque queste analisi più che frutto di studio mi sembrano frutto di preconcetti e pregiudizi da caccia alle streghe
se il problema fosse il fenomeno otaku fanno in fretta a risolverlo, basta ridurre drasticamente la produzione di animazione, j-pop, novel di ogni genere, fumettistica, gadgettistica ecc... invece di pensare a come mai ci stanno persone che nella loro società si isolano e per quale motivo, vanno a cercare il capro espiatorio... bha... ridicolo
Comunque il 99,99% degli "otaku" occidentali sono sempre stati riaju, anche se spendere barcate di soldi nella propria passione non è che sia una cosa considerabile come normale, neanche se si hanno ottime relazioni con gli altri.
Io per primo, eh.
è quel che penso anchio, forse, la caratteristica principale dell'otaku è proprio l'ossessività, e non tanto la mancanza di altri interessi.
Comunque secondo me in occidente il termine è usato in modo sbagliato e molti appassionati si definiscono otaku senza esserlo veramente e senza conoscere il vero significato del termine.
Detto questo io non faccio e non ho mai fatto il porta bandiera di alcuno dei miei interessi, anime/manga compresi. Certo se saltava nel discorso dicevo di essere appassionato di queste cose ma salvo non fosse richiesto non ho mai dato dettagli poiché è una passione un pò di nicchia e che facilmente in molti vedono in maniera ambigua tant'è che mi è capitato fin troppe volte di essere preso in giro (anche all'università) perché io guardavo "i cartoni animati per bambini" e i "fumetti"... portandomi appresso le classiche affermazioni del tipo "ma quanti anni hai?"
Che dire... io credo non sia del tutto esatto delimitare delle categorie per ogni tipologia di appassionato di media giapponesi. Ogni persona è un caso a sé stante, c'è chi vi si avvicina per sfuggire ai problemi della vita, chi lo fa come passione genuina, chi lo fa in maniera superficiale, e cosi via... Personalmente mi sono appassionato a questo mondo fin da piccolo ma ciò non è mai stato la causa della mancanza di amici o vita sociale, quello è dovuto ad altri fattori.
L'otaku da definizione originale è quello per cui l'estrema passione per anime e manga porta il soggetto ad isolarsi, non avere contatti reali, etc.
Per quanto riguarda me ad esempio invece, sicuramente seguo molti anime, la ritengo tranquillamente una passione, ma non sono questi la causa principale che ha portato me ad avere pochi contatti con amici reali, ad uscire di casa etc. Bensì tante altre motivazioni principali che mi hanno portato a questo, ad esempio la mia grande timidezza mista a pigrizia, la mia ansia sociale e da prestazione, fino anche a poter arrivare a picchi depressivi che han portato un "tagliare i ponti" con amici e vita reali. Sono queste le vere cause per cui io, e come possono essere tanti altri, portano ad isolarsi a perdere i contatti etc., quella degli anime e i manga come grande passione sono solo una conseguenza, oltretutto secondaria.
O forse se non ti dai un etichetta non sei nessuno?
La differenza è che l'appassionato sano non accumula dati in modo ossessivo-compulsivo su determinati prodotti di consumo e non si masturba con immagini di ragazzine moe vestite da cameriera, nekomimi ecc.
(Fonti: Generazione Otaku di Hiroki Azuma; Babaru di Karl Taro Greenfield, ultimo capitolo).
infatti chi, per vari motivi, si chiude in casa e si isola da tutti per anni, in Giappone è definito hikikomiri, e non è necessariamente un otaku. Sono due cose distinte.
@AkiraSakura
grazie per la citazione della definizione.
Ma è difficile trovare una persona completamente coerente a un determinata immagine preimpostata, no?
e loro hanno il problema degli otaku... tutti problemi risolvibili con un minimo di buon senso e usando la testa.
si, dall'oggi al domani
/s
il termine otaku penoso poi è odiosissimo. harada dimentica che quelli là usano soldi loro che si son guadagnati loro e come li usano a lui non deve fregare un accidente di niente
E invece gliene deve fregare visto che possono essere un potenziale peso per la nazione stessa. Posto che dubito che non esistano otaku che campino con i soldi della propria famiglia
e comunque queste analisi più che frutto di studio mi sembrano frutto di preconcetti e pregiudizi da caccia alle streghe
infatti, grazie per avermi citato la tua fonte. O forse ti stai facendo un preconcetto su un (eventuale) preconcetto?
se il problema fosse il fenomeno otaku fanno in fretta a risolverlo, basta ridurre drasticamente la produzione di animazione, j-pop, novel di ogni genere, fumettistica, gadgettistica ecc... invece di pensare a come mai ci stanno persone che nella loro società si isolano e per quale motivo, vanno a cercare il capro espiatorio... bha... ridicolo
Si, chi se ne frega della economia del paese! Fuck you animatori, fuck you registi, fuck you scrittori. Ovviamente il tutto da un giorno all'altro, in un battito di ciglia. Ma prima di scrivere hai riletto la marea di luoghi comuni che hai esplicato nel tuo commento?
Per dirla con una parola sono considerati "asociali" e, per quanto forse meno di un tempo, per loro la "società" è ancora una cosa estremamente importante.
Logica molto discutible ma è una cosa diversa dal bigottismo che semmai dovrebbe riguardare più ciò di cui si è "otaku", nel nostro caso sintetizzabile con "il mondo 2D".
Ma i Giapponesi a riguardo sono tutt'altro che bigotti, basti vedere l'uso generalista e ormai anche "promozionale" che si fa di queste cose, sia in patria che verso l'estero.
Poi dato che li considerano asociali finiscono per allontanarli ancora di più giustificando tale comportamente con il semplice "sono loro a non volerne far parte", innescando un circolo vizioso dove l'emarginazione dell'emarginato lo porta ad emarginarsi sempre più (alla faccia del gioco di parole).
Mah. C'è gente che cerca le cure alle malattie mortali e poi ci sono tizi come questo qua.
Comunque mah, non so cosa pensare. Concordo con chi ha detto che se questa passione diventa ossessione per tanti giapponesi forse, invece di creare articoli o libri come questi, sarebbe il caso di andare alla radice del problema e risolverlo, ma comunque alla fine se non ci hanno mai pensato un motivo ci sarà (e non trovo nemmeno giusto diminuire il lavoro di qualcuno solamente perché ci sono persone che "non si sanno dare una calmata" fino al punto di ammalarsi, anche se non credo che tutto parta esclusivamente dalla passione per qualcosa)
Io spendo abbastanza soldi in un mesetto tra manga e figures, e ho vari amici sia "reali" che online con cui parlarne, non mi sembra di avere altre passioni ben pensandoci... ma a parte che dopo il lavoro il tempo libero è poco per tutti, se passo le restanti due ore libere dopo cena a leggere o a giocare ai videogames e poi filo dritta a dormire che devo fà? Sono considerata otaku perché non faccio altro? Il tempo è poco quindi è normale che lo passo facendo l'unica cosa che mi piace. Se poi penso che i giapponesi sono anche più chiusi di noi e hanno in generale anche pochi contatti umani, ci credo che passano il tempo libero in casa facendo quello che preferiscono (e magari rilassandosi dopo una settimana di lavoro che ti spacca la schiena). Insomma, io ammetto di non aver ben capito da quale punto, in Giappone, una persona viene considerata Otaku e quando no...
@Natsuki
credo che sia la grande ossessione per anime e manga ecc. che caratterizza l'otaku, il preferire il 2D al 3D ecc.
l'argomento secondo me non è semplice.
Penso che il tuo, come quello di tutti noi quì, sia un semplice passatempo o passione.
Gli otaku dopotutto sono una subcultura settoriale profondamente radicata nella società giapponese, e un suo studio approfondito può essere importantissimo o addirittura fondamentale in svariati campi; Hiroki Azuma partendo dalla cultura otaku e dall'assunto che AkiraSakura ha postato poco sopra, ovvero quello dell'otaku come accumulatore ossessivo-compulsivo di dati, ha svolto addirittura un'importante analisi sulla postmodernità in generale; e senza voler arrivare a tanto, un suo studio approfondito può essere utile anche solo per comprendere meglio gli aspetti di consumo delle forme culturali e d'intrattenimento che tanto ci piacciono. Non sarebbe affatto male se la gente fosse un po' più informata su questo argomento, si eviterebbero diversi facepalm.
Parto dal presupposto che non mi piace né essere definita otaku né autodefinirmi otaku. Sta di fatto che una persona come me, che vede quasi tutte le serie di una stagione di anime e spende sul centinaio di euro mensili in manga, non è molto sana, dato che alla sua passione dedica la maggior parte del tempo libero che ha e dei guadagni che ottiene.
La mia passione per i manga, in particolare, si è evoluta sempre di più in una mania ossessivo compulsiva, che so di dover controllare e curare, ma che tutt'oggi è la mia unica (e ripeto) unica fonte di benessere puro. Ho detto più volte che a me più che leggere piace comprare, il collezionismo viene prima di tutto. Ecco perché, se anche l'otaku penoso è quello che più mi si distacca, perché io cerco di badare alle apparenze e di non mostrarmi mai per una matta da legare, dentro di me io mi faccio pena da sola, perché so che per questa passione sconfinata mi sono bruciata oltre 10000€ e tanto di quel tempo che avrei potuto dedicare agli amici o alla famiglia. O a trovarmi un fidanzato.
Sono una persona molto socievole, adoro parlare con la gente, ma la maggior parte del mio tempo lo trascorro da sola. Qualche domanda me la sono fatta e sono arrivata a capire che se rimanere al passo con gli anime stagionali mi dà più sollievo che uscire il sabato sera a bere una birra c'è qualche problema di fondo... Mi sono rintanata nella mia passione per una questione di insicurezza, che a 26 anni sarebbe buono lasciare chiusa nell'armadio assieme agli scheletri, altrimenti non potrò mai fare bene nella vita o realizzare quello che vorrei realizzare. Devo dire che il Giappone mi sta aiutando molto in questo senso, guardare i matti da legare sudati e putridi che girano ad Akihabara, o le giapponesi pazze che all'Animate di Ikebukuro comprano in serie gadget uguali di uno stesso personaggio, fa bene. Pensi, c'è chi sta peggio! Sarà che ho un lavoretto e la scuola di lingua, ma adesso non ho più il terrore di restare indietro rispetto al fandom, faccio tutto coi miei tempi. Ma prima davvero mi veniva l'ansia se qualcuno guardava le cose prima di me e mi diceva "è bellissimo, vedilo".
Ho detto che mi piace chiacchierare, proprio per questo community come Animeclick, o avere un account su Twitter, sono cose mi servono, perché sul web riesco sempre a trovare qualcuno con cui commentare quello che guardo o leggo, e a dar sfogo alla mia passione che in real life (?) non vede tanti sbocchi. Perciò sono un otaku autentico, ma al contempo sono anche un otaku nascosto, perché con chi so di non avere questa passione in comune faccio finta che non esista.
Insomma, credo di essere un otaku superstite in evoluzione, anche se ripeto, essere definita otaku o autodefinirmi otaku non mi piace ancora. Forse quando arriverò a riconoscere di avere bisogno di uno psicologo potrò fare un passo avanti verso la sanità mentale.
Parlo delle persone non "otaku", che sempre di più si relazionano nei social network, questo se si vuole è un altro tipo di "problema", per certi aspetti anche peggiore perchè privo di una causa ben precisa come può essere una passione portata all'eccesso o un carattere molto timido o altro.
Sembra un mix tra "faccio prima così" e una sorta di "collezionismo", il classico "ho millemigliaiadimigliaia di amici su facebook, anche se poi ne conosco si e no 10".
PS: Domanda per Animeclick, ma la foto/banner, con la ragazza semiaddormentata tra i volumi manga è un'immagine "reale" o costruita ad arte (modella) ?
Comunque io sono un nerd, lo ero prima dei manga e lo sarò in futuro.. Con molta probabilità :/
Se oggi, alla mia età, preferisco restare a casa il sabato sera per farmi una maratona anime, leggere manga, guardare un film o fare nottata davanti alla Play, è semplicemente perché al contrario di quando avevo 15 anni, molti amici lavorano il sabato sera o io sono troppo stanca per uscire a mezzanotte e fare una passeggiata attorno alla solita piazza (con le solite persone) vista e stravista per tutto il decennio precedente!
Seppur abbia avuto pochissimi amici appassionati di anime e manga in real life, non ho mai nascosto i miei hobby e mai ho avuto problemi a parlarne, neanche ora che sono grandicella e il rischio "guardi ancora i cartoni animati!!!1111!!!" è sempre più alto, o essendo donna devo sentirmi dire che alla mia età dovrei pensare a sposarmi e fare figli invece che andare in fiera.
Sono contenta di avere amici, seppur virtuali, con cui condividere le mie passioni, mi dispiacerebbe non poterlo fare con nessuno, ma per il resto le vivo molto tranquillamente e non mi sento ossessionata o malata seppur nutra per questo mondo un grande amore.
Io amo l'arte del fumetto non per una moda ma per l'autentico gusto estetico e sentimentale che alcune (non tutte) opere mi danno.
E si..apprezzo in modo particolare la cultura e l arte orientale da quando l'ho potuta conoscere e apprezzare.
I manga o gli anime mi hanno aiutato,a volte,nei vuoti e tristi pomeriggi di solitudine facendomi sempre tirare su il morale e alcune di queste storie le porto sempre nel mio cuore come una bella esperienza.Cosi come anche la musica.
Mi hanno anche salvato in certe mie debolezze insegnandomi una morale e facendomi coltivare una grande passione: quella del disegno.
I mie amici non per forza devono o condividono il mio stesso interesse non sono un fanatico e anzi non li ho mai sopportati.
La mia ragazza for example non li legge anzi li detesta .. ma non per questo rinuncerei mai ad una passeggiata all'aria aperta per starmene a casa sulla scrivania dico bene ? questo solo per dirvi ragazzi non fate diventare il piacere una schiavitù o una moda.
PS. Non so il perche questo articolo mi abbia spinto a questo sfogo forse perche in passato mi è capitato pure a me di essermi etichettato come .. e amare i fumetti non significa essere per forza un nerd isolato dalla vita "reale".Ciao
c'è qualcuno a farti compagnia!
L'articolo è davvero molto interessante e ci aiuta a capire come, in Giappone, gli atteggiamenti degli otaku stanno cambiando.
Personalmente, leggendo le definizioni riportate nell'articolo, mi considero un "riaju" (che, tra l'altro, è proprio l'opposto dell'otaku), anche se, per certi aspetti, possiedo anche alcuni tratti da "kakure".
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