Di seguito il nostro reportage completo di tutti gli incontri di Lucca Comics and Games 2018 con Leiji Matsumoto, creatore di storie senza tempo come Captain Harlock, La corazzata spaziale Yamato e Galaxy Express 999.

Press Cafè, giovedì 1 novembre dalle ore 14:00 alle ore 15:00 presso l'Area Stampa.
 


Dopo le raccomandazioni di rito del moderatore, che porge la prima domanda e il saluto al sensei con tutti gli onori, si passa alle domande preparate per l'incontro, indirizzato alla sola Stampa.

L'autore viene accolto con un applauso.

"Ringraziamo il sensei Matsumoto di essere qui con noi, qui con la Stampa a Lucca Comics and Games, è un grande onore avere il Maestro, uno tra i più grandi narratori di storie di fantascienza".

Il sensei è stato uno degli artisti che ha fatto sognare di più la mia generazione con le sue creazioni, ha una carriera lunghissima, fatta di grandi successi. Come si riesce a mantenere una qualità così alta nel corso del tempo e ispirare ancora oggi le nuove generazioni?".

Matsumoto: "In realtà anche io ho fatto tanti errori, non è vero che tutte le mie opere sono di livello così alto, però ho sempre pensato di disegnare quello che mi piaceva, studiavo molto la storia, anche quella dell'Europa, e già alle scuole elementari, e poi dai quindici anni in poi, leggevo molte riviste, osservavo le fotografie, e spesso disegnavo quello che sognavo, le architetture che mi piacevano e che avevo visto, e che poi rifacevo nei miei disegni. Semplicemente ho messo su carta quello che ho desiderato fare".


Le domande della Stampa

"Maestro, quest'anno è stato un anno in cui le sue opere in Giappone sono state fortemente presenti, è stato ospite della serie TV di Shonen Jump, poi c'è stato lo stage play con Harlock, Queen Emeraldas e tutti i suoi personaggi, è stato girato in presa diretta un episodio di Galaxy Express, e in più, cosa che ci ha reso più felici, ha ricominciato a disegnare Galaxy Express. Può parlarci di questi progetti e delle sue intenzioni sulla continuazione del manga?".

Matsumoto: "Tutte le mie storie sono come un viaggio che non finisce mai. Quindi Harlock, Emeraldas e Galaxy Express sono tutti parte di un puzzle, di un'unica storia della quale non ho intenzione di scrivere il finale, come un Viaggio che volesse continuasse per l'eternità. Tutte le storie sono parte di un unico pezzo e non voglio dare fine a nessuno di esse. Quindi l'idea è di continuare a scriverle, anche perchè scrivere dello spazio e di questi personaggi è un apprendimento continuo, imparo mentre le scrivo e disegno, è un processo che non voglio interrompere".
 
"Nella maggior parte delle sue storie c'è sempre un elemento western. Questi elementi che abbiamo visto usati anche in Galaxy Express e Captain Harlock hanno avuto ispirazione effettivamente da Sergio Leone e dagli spaghetti western?".

Matsumoto: "Più che da un regista o film particolare, da bambino vedevo molto i film americani, non solo western, almeno fino ai vent'anni, e anche quelli italiani, appunto gli spaghetti western e di Sergio Leone, e quando andavo a dormire li sognavo e il giorno dopo li riportavo nei miei disegni. Ero molto affascinato anche dalle pistole, che collezionavo. Uno degli aspetti che più mi interessavano nei film italiani era quell'aspetto Romantico".
 
"Secondo lei, Maestro, sono cambiati, se lo sono, lo spettatore e il pubblico delle storie di fantascienza e di avventura che lei ha raccontato, considerata anche l'evoluzione della tecnologia rispetto all'epoca d'oro della fantascienza nipponica che lei continua a raccontare?".

Matsumoto: "Scrivo le storie per le persone che le leggono, penso dunque a mettermi anche nei panni del lettore, ma ciò che metto su carta sono mie idee e pensieri, rivolte alle persone che come me sanno apprezzarle. Molti scrittori, molti artisti, vanno avanti per le loro idee e scrivono le cose come le hanno sempre pensate, ma io scrivo le mie opere pensando alle persone che poi le vedranno. E' un po' un venirsi incontro... Un processo bilaterale e di scambio col lettore".

"Il mondo è cambiato dall'uscita del film Space Pirate Capitan Harlock. Questo influenza il suo modo di costruire una storia? I suoi personaggi in qualche modo seguono questi cambiamenti o vanno per un percorso loro?".

Matsumoto: "Non è tanto il problema che il mondo sia cambiato o no, il mio messaggio globale è di Pace, il mondo non deve avere bandiere, e i cambiamenti non devono influenzare la popolazione, perchè non è più il momento delle divisioni, non ci devono essere differenze di religione, razza, paesi, è il momento di unirci perché è il momento di imparare dalla Storia e da quanto abbiamo vissuto e studiato, e proteggerci a vicenda, dobbiamo diventare una popolazione unica. E' il momento di collaborare e unirci per andare avanti come popolo e di proteggere il pianeta, la Terra, con l'ambiente che ci circonda. Questo è il messaggio che cerco di mandare, che tutti possano andare d'accordo e lavorare per un futuro insieme".
 
"A Venezia una frase del sensei mi ha colpito molto: 'I giovani non dovrebbero mai vergognarsi di piangere, l'unica cosa di cui dovrebbero vergognarsi è arrendersi'. Questo mi ha ricordato una frase di Phantom Harlock che diceva: 'Se si continua a credere nei propri sogni la nostra vita non sarà stata vana'. Quanto è importante questo insegnamento che è anche lo stesso di Harlock? I giovani sembrano sognare sempre di meno e assomigliare sempre più a quell'umanità invecchiata che alla fine è riuscita a dimenticare Harlock e le sue storie...".

Matsumoto: "Il mio pensiero non è cambiato: tenetevi stretti i vostri sogni, sono importanti e sono quelli che vi porteranno ad avere un futuro migliore. Credete nei vostri sogni e portateli avanti, perchè la vita è fatta per vivere, non per la morte. Nessuno nasce per morire, tutti nascono per vivere. Magari oggi posso perdere, posso essere sconfitto, ma questa non è una vergogna, perchè domani ci potrà essere qualcosa di positivo, qualcosa che mi riporterà a rialzarmi. Ecco il mio pensiero su questo tema, è un pensiero di speranza e di incoraggiamento a rialzarsi e combattere per realizzare i propri sogni".
 
"Nelle sue rappresentazioni del futuro e dello spazio talvolta vengono inseriti prodotti della tecnologia passata, come in Galaxy Express un treno vecchio. perché queste scelte?".

Matsumoto: "Ho disegnato quel treno perché lo vedevo e lo prendevo da ragazzo, quando avevo 18 anni. Vivevo nel Kyushu e quindi questi treni fanno parte della sua esperienza personale. Non sempre potevo permettermi il biglietto per salire su questi treni, perchè la mia era una fammiglia povera, e mi dovevo accontentare di vederli sulle riviste, e nei sogni, quando tornavano a percorrere i suoi sogni. A questo proposito, quando spedivo i disegni alle case editrici per cercare di diventare fumettista, a Tokyo, un editor lo chiamò dicendo di raggiungerlo a Tokyo, però non aveva i soldi per il treno.

Misi assieme tutto quello che avevo per comprare un biglietto di sola andata, per quello che era diventato il mio viaggio del sogno, per salire su quel treno che poi ho riproposto nel manga. Disegno questo tipo di tecnologia passata perché fa parte della mia esperienza di vita. In seguito ho potuto permettermi molti viaggi, per esempio in Africa, ha visitato molti paesi, e tutta l'esperienza accumulata la riporto nelle mie opere e nei miei disegni. Sempre nell'ottica del pensiero bilaterale, ossia mettendomi anche dalla parte del lettore. Questo è il mio modo di lavorare e così continuerò a fare. Ah, il treno era il C62 che da Kyushu a Tokyo ci metteva ventiquattro ore e avevano fatto anche il modellino".
 
"Può ricordare l'esperienza lavorativa e umana relativa alla serie La corazzata spaziale Yamato?".

Matsumoto: "Quando mi hanno chiesto di fare la serie animata era molto preoccupato perché non sapeva effettivamente come sviluppare la cosa, ma d'altra parte era anche una grande opportunità per cominciare a lavorare sugli anime. Voleva semplicemente raccontare una storia sullo spazio. La nave presa a modello esisteva realmente ai tempi della seconda guerra mondiale. L'ho voluto riportare in un contesto spaziale aggiungendo il motore a energia. I personaggi tra l'altro sono personaggi ispirati a vere persone, per esempio il capitano della nave, Okita, era ispirato nella fisionomia a suo padre, Susumu a suo fratello minore. Quindi, come dicevo prima, tutto nasce dalle mie idee, dai miei sogni e dalle mie esperienze personali".
 
"Ha parlato di cadere e di rialzarsi. Io pratico kendo, proprio qui a Lucca, dove c'è una scuola da oltre venticinque anni. Vorrei chiedere al Maestro se tra le sue ispirazioni c'è anche un'arte marziale tradizionale giapponese a cui fa riferimento".

Matsumoto: "Sì, il mio credo è un po' quello del samurai, del 'scegli la tua strada e non scappare mai', 'continua a combattere anche nei momenti di sconfitta'. Quando ero bambino e veniva rimproverato dai miei genitori non mi sono mai scoraggiato, ho sempre creduto in questa filosofia del rialzarsi. Ricordo che inizialmente, durante la guerra, la bomba atomica doveva essere sganciata nella zona dove vivevo io, ma poi per le condizioni atmosferiche non favorevoli, fu deciso dagli americani di lanciarla su Nagasaki.

In questo senso mi considero un sopravvissuto, come tutti i ragazzi della mia zona. Conosco molte persone direttamente o indirettamente morte nelle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki e per le radiazioni. Ho vissuto direttamente questa storia, il dolore e la sofferenza, e tutta questa esperienza la mette su carta per diffondere questa filosofia, di combattere e rialzarsi sempre, questo messaggio a tutti.
Un'altra grande fonte di ispirazione è stato per me il film Via col vento, quando il personaggio di Rossella O'Hara grida 'Non avrò più fame!'. E' un film visto al cinema quando avevo nove anni e rimasi colpito da questo messaggio, che mi ha portato poi a pensarla allo stesso modo, ossia 'Non mollerò, non avrò più fame!'. Perciò sono state varie le mie fonti di ispirazione, tra i tanti film americani, francesi e italiani visti, in generale europei, ma anche personaggi come Miyamoto Musashi, per la filosofia dei samurai".
 
"Vorrei sapere se l'essere entrato nel mondo dell'animazione relativamente tardi rispetto al debutto sui manga ha influito in qualche modo sulle sue storie".

Matsumoto: "Sì, quando ha iniziato a scrivere manga avevo quindici anni, con gli anime trentuno… Era nel periodo dopo la guerra, e ovviamente vedevo il mondo come un uomo del dopoguerra. La mia idea era quella di scrivere qualcosa con un messaggio di speranza e disimpegno ambientato nello spazio, appunto Yamato".
 
"Come mai nelle sue opere sono così importanti i personaggi femminili, che sono sempre presenti e spesso sono donne forti e portatrici di messaggio?".
 

Matsumoto: "Mi sono molto impegnato a disegnarli bene, ma probabilmente è qualcosa che era già nel mio DNA, nei miei geni, perché nella nostra zona abitava una donna europea e mi accorsi che già prima di vederla nelle foto di un vicino di casa mi accorsi che riuscivo a disegnare i personaggi femminili esattamente com'era lei e pensai che probabilmente per la vicinanza e la conoscenza che i miei antenati avevano avuto con queste donne europee questa abilità mi era entrata dentro. Ho tratto ispirazione anche da un film francese, Marianne de ma jeunesse, di Julien Duvivier"
 
"Vorrei chiedere al Maestro come il periodo post bellico ma anche il successivo e miracoloso boom economico del Giappone, con il suo incremento tecnologico imponente, hanno influenzato le sue opere".

Matsumoto: "Rispetto al periodo post bellico il messaggio era quello già detto, ossia 'Siamo nati per vivere e qualsiasi cosa succeda non mollerò mai, continuerò a combattere'. In quegli anni era anche il messaggio più diffuso nella società giapponese, la gente lavorava molto, e quindi il boom nasce anche da questo. Ho sempre avuto questo messaggio, di non tradire gli amici e sostenersi a vicenda, fin da bambino".
 
"Prima ha detto che nella figura dell'ammiraglio Okita della  Yamato ritraeva il volto di suo padre. Suo padre le raccontava della guerra, da pilota, le parlava della Yamato? Racconti di guerra le arrivavano attraverso i suoi genitori ispirandola a voler far ritornare questi mezzi da combattimento dal loro sonno, dal passato?".

Matsumoto: "Ho sentito tante storie da mio padre, pilota di aerei della seconda guerra mondiale che prima ancora del conflitto volava con i francesi. Mio padre tornò vivo dalla guerra, ma molti amici suoi e conoscenti non sono tornati, addirittura i tre quarti delle persone andate in guerra sono morte. Mio padre è tornato dalla guerra cambiato e con il messaggio che finora ho dato, 'Siamo nati per vivere, non per morire', la guerra è una cosa che non deve ripetersi mai più, non si deve ripetere assolutamente. Il messaggio di rialzarsi e non mollare è in realtà il messaggio di mio padre, che già mi dava da bambino nei momenti di sconforto. Quindi alla fine di tutto se c'è una persona che mi ha ispirato nel mio messaggio è mio padre. Pensando a questa figura paterna ha creato il personaggio dell'ammiraglio della Yamato".


Infine aggiunge una curiosità sulla sigla "999" di Galaxy Express, il numero è 999 e non un numero intero come 1000 per dare un segnale di Incompiuto e di Giovinezza.
 

Intervista a Leiji Matsumoto, giovedì 1 novembre dalle ore 16:30 alle ore 18:00 presso il Teatro del Giglio.

L'incontro moderato dal direttore generale del Lucca Comics and Games Emanuele Vietina si apre con l'entrata di Matsumoto accolto tra gli applausi del pubblico alla presenza del sindaco di Lucca, Alessandro Tambellini, che gli consegna la Medaglia della Città.
 


Il pubblico alla fine potrà porre al Maestro un'unica domanda in base a un sorteggio dei posti a sedere (per assistere all'incontro serviva infatti ritirare in mattinata un biglietto apposito per l'evento indicante il relativo posto a sedere).
 
Matsumoto: "Grazie a tutti, in realtà mi sento un po' sotto pressione".
 
Vietina: "Per provare a sciogliere la tensione vorrei iniziare con una domanda tra le meno attese, ricordando che il Maestro ha realizzato con Hiroshi Sasagawa, l'autore di Paul e Nina, 'Tyltyl e Mytyl' (L'uccellino azzurro), tratto dall'opera di Maeterlinck, in cui due fratelli entrano nella Terra del Sogno. Com'è stato per il sensei Matsumoto, abituato alla fantascienza dei grandi viaggi interstellari, affrontare un testo tipicamente europeo sulla Terra del Sogno e qual è il suo rapporto col Sogno?".
 
Matsumoto: "Vero, è stato molto diverso dalle storie a cui sono abituato, però lavorare con Sasagawa è stato bello e mi è piaciuto molto".
 
Vietina: "Harlock nasce da un suo sogno di bambino, quando vedeva il cielo quasi come un mare. Quello che le vorrei chiedere è com'è nato il sogno di Harlock e com'è il suo rapporto con i sogni; quanto, i sogni, hanno avuto valore nella sua produzione?".
 
Matsumoto: "Il nome di Harlock arriva da una canzone che da piccolo, a cinque/sei anni, canticchiavo sempre quando andavo a scuola camminando per strada. Faceva 'Harlock! Harlock! Harlock!'. Partendo da quel nome poi ha creato il personaggio. E' un nome che mi è venuto da solo".
 
Vietina: "Invece il tema del cielo, che per lei era come un mare abitato dai pirati? Come ha creato l'Arcadia e il tema di un pirata fra le stelle? E qual è il suo rapporto con i pirati?".
 
Matsumoto: "Sì, ho sempre visto il cielo come un mare, come un posto dove si poteva viaggiare e spaziare in libertà; l'Arcadia era il mezzo, ho sempre sognato da bambino di partire con questa nave verso luoghi inesplorati, esattamente come succede in Harlock, vedendo lo spazio come un mare infinito".
 
Vietina: "I pirati, questi uomini così determinati... Qual è il suo rapporto con la Determinazione ma anche con la guerra, che comunque è sempre estremamente presente nelle sue opere, nelle sue storie?".
 
Matsumoto: "I pirati mi hanno sempre affascinato perché sono persone che portano avanti il proprio credo e viaggiano in libertà seguendo solo le proprie opinioni e le proprie idee. Anche il simbolo del teschio con le ossa non è un simbolo che serve per spaventare le persone ma significa 'Combatterò fino a diventare ossa'; esprime semplicemente l'autodeterminazione e la forza con cui i pirati perseguono i loro obiettivi. Ce l'ho anche io sul mio cappello, in rosso perché sono ancora vivo" (risate e applausi).
 
Vietina: "Abbiamo parlato quindi di persone libere che portano avanti il loro Credo. Le storie di Leiji Matsumoto hanno sempre dei grandi condottieri, da dove nasce il suo amore per loro? E pensa che oggi il nostro mondo abbia bisogno di grandi condottieri?".
 
Matsumoto: "La creazione di questi personaggi è stata un processo naturale. Sin da piccolo pensavo a questo tipo di persone, come il comandante della Yamato e Harlock, delle figure di riferimento, che non si arrendono alla prima difficoltà, che non si lasciano abbattere dalle sconfitte, che si rialzano sempre e vanno avanti perché credono in quello che stanno facendo. E' questo il tipo di persone che ho preso a modello, per veicolare il messaggio che non ci dobbiamo far abbattere dalle sconfitte di oggi, ma combattere per la vittoria di domani.
 
Ciò che mi accomuna a Harlock è la determinazione, perché anche il mangaka dev'essere determinato a proseguire il suo lavoro, non si può far abbattere dalle sconfitte e deve credere nel lavoro che sta facendo, continuare a guardare avanti credendo in se stesso".
 
Vietina: "Il Maestro quindi ci lancia un bel messaggio di Determinazione: ognuno, ogni giorno nella propria nave, deve andare avanti nella propria avventura" (applauso).
 
Matsumoto: "Collegandomi alla seconda domanda, sì, secondo me nel mondo ce ne sono tantissimi di Harlock ed Emeraldas, sono persone che non si arrendono e combattono per portare avanti le proprie idee".
 
Vietina: "Magari ci sono anche qui, in mezzo al nostro pubblico! Ecco, visto che il Maestro parla anche dei suoi personaggi femminili, che sono presentissimi e riconoscibilissimi, con un tratto unico e specifico, Maetel (Maisha), o la principessa Aurora per esempio, da dove vengono questi character design del mondo femminile e qual è il suo rapporto con la bellezza femminile?".
 
Matsumoto: "Il character design di queste donne credo di averlo sempre avuto dentro, nei miei geni, in quanto ho avuto antenati che hanno incontrato donne europee, ne ho avuto la conferma anni dopo, quando ho visto delle foto di queste donne che erano molto simili a quelle che già disegnavo, quindi probabilmente mi è stato tramandato attraverso i geni".
 

Vietina: "C'è qualche relazione con i suoi inizi nello shojo manga per le riviste femminili, era già così chiara la sua cifra stilistica?".
 
Matsumoto: "No, in realtà non c'è molta correlazione con gli shojo manga, perché il primo che ho pubblicato fu Mitsubachi no bouken (Le avventure di un'ape) e mi dissero che non stavo disegnando bene le donne, problema che pare riguardasse anche molti altri autori della mia generazione tra cui Ishinomori, Fujiko Fujio, Tezuya Chiba, nessuno particolarmente bravo a disegnare le donne, anche perché in quel periodo salirono alla ribalta le disegnatrici, che nella raffigurazione delle figure femminili ebbero subito successo. Ho cominciato a sviluppare la tecnica sui personaggi femminili con i seinen manga, su riviste con storie per adulti, quando pubblicai Sexaroid. Da lì cominciai ad affinare la tecnica del disegno sulle figure femminili".
 
Vietina: "Stentiamo a crederci che non fosse molto bravo, ma probabilmente è molto severo con se stesso e con determinazione è migliorato. Ecco, parlando di Determinazione e di design, praticamente lei ha reinventato il moderno design dei mecha e delle navi spaziali. Quanto è stato lungo il lavoro per la loro elaborazione, a che cosa si è ispirato? Ha inserito anche la sua esperienza del mondo militare delle navi?".
 
Matsumoto: "L'interesse per il mecha design diciamo che è qualcosa che ho sempre avuto, l'ispirazione è arrivata più che altro da navi reali del periodo, inoltre mio padre ha combattuto la seconda guerra mondiale, dopo la quale il Giappone sconfitto ha vissuto un periodo di povertà assoluta. Sognavo queste macchine, e creavo le navi spaziali basandomi su quello che conoscevo, ma in particolare l'interesse per i mecha lo abbiamo in famiglia; anche mio fratello minore, lui è un progettista di razzi e missili come tecnico per la Mitsubishi".
 
Vietina: "Quindi un Matsumoto invia razzi nello spazio mentre l'altro invia Sogni nello spazio" (applauso).
 
Matsumoto: "E' vero, progetto i Sogni ma ho anche altri interessi, per esempio ho curato il design di un orologio della Omega, insomma faccio tutto quello che mi può piacere. Anche mio fratello in qualche modo si occupa di portare alla realtà i propri sogni".
 
Vietina: "Visto che abbiamo parlato di navi spaziali e della Corazzata Yamato, mi vien da chiedere se fin dall'inizio la fonte di ispirazione era la vera nave Yamato della seconda guerra mondiale, o se qualcosa è cambiato in corso d'opera e, visto che siamo a Lucca Comics and Games, se le piace il modellismo che hanno sprigionato le sue opere".
 
Matsumoto: "Si, ho preso ispirazione non solo dalla nave, ma un po' da tutti i veicoli reali che mi piacevano. Alcuni mi dicono che lavorando nell'animazione probabilmente mi sono ispirato ai design di altre opere che hanno preceduto le mie, in realtà il tutto è uno scambio bilaterale, ma sempre molto personale come tutte le mie opere".
 
Vietina: "Da dove nasce l'idea del treno spaziale che è stato ripreso di recente in Macchine Mortali di Philip Reeve? Il cielo era un mare, nel mare c'erano le navi spaziali, poi ad un certo punto invece nel viaggio per conquistare l'Immortalità a scapito dell'Umanità compare un treno".
 
Matsumoto: "Il disegno del treno di Galaxy Express 999 nasce da un modello reale, il C62, un treno che era in servizio subito dopo la seconda guerra mondiale, ed è il treno che ho preso per andare da Kyushu a Tokyo quando sono chiamato a disegnare come mangaka professionista. Non avevo soldi, quindi comprai un biglietto di sola andata per questo viaggio della durata di ventiquattro ore. Durante il viaggio il treno entrava in una galleria lunghissima subito dopo il Kyushu, e nel momento in cui mi sono trovato al buio nella galleria ho immaginato che stesse viaggiando nello spazio. E da lì che nasce l'idea".
 
Vietina: "Quindi un'altra lezione che ci dà il Maestro, un messaggio di Determinazione, è che per realizzare i propri sogni essite un bigleitto di sola andata (applauso). Non si torna indietro".
 
Matsumoto: "E' il destino, ma se non fossi salito su quel treno ora non sarei qui a parlare di questo. Ma proprio per questo ora posso continuare a scrivere dei miei Sogni".
 
Vietina: "Che significa che Harlock deve stare al passo con i tempi, come quattro anni fa ha dichiarato?".
 
"In quanto Personaggio non cambia mai perché intraprende un viaggio che non ha fine, ha fatto tante esperienze e viaggi, come anche Emeraldas, ed entrambi sono in continuo movimento; forse proprio per questo senza mai cambiare. Le storie dei vari personaggi sono tutte collegate e rappresentano un viaggio unico, un viaggio che non voglio ancora portare a termine. Per questo non sto scrivendo nessun finale delle opere, le storie continuano...".

 
Arriva il momento dell'unica domanda del pubblico. Viene estratto il posto 11 fila 2:
"Ci sarà un seguito per Galaxy Express 999? Ci può dare delle anticipazioni?".
 
Matsumoto: "Si, come appena detto continueranno, così come Harlock, le storie dell'Arcadia ed Emeraldas, perché tutto è parte di una storia unica, e questo viaggio non viene fatto solo dai protagonisti ma anche da me stesso, e non voglio concluderlo, non finirà mai".

 
Un'ultima domanda dal direttore del Lucca Comics: "Nelle sue storie l'Uomo e l'Umanità vengono travolte dagli eventi e l'unico modo per affrontare il Cambiamento è il Viaggio. Come si immagina il futuro della nostra società?".
 
Matsumoto: "Dobbiamo collaborare per proteggere il nostro pianeta perché il Futuro è qui… Tempo fa ho visto la foto di quella che poteva essere una civiltà sommersa su Venere, una sorta di città sott'acqua, forse una civiltà che è andata distrutta perché il pianeta non è stato protetto a sufficienza. Noi dobbiamo unirci per riuscirci, dobbiamo superare le nostre differenze per farlo!".
 
Infine aggiunge che scrive e disegna manga per la gente che li apprezza e che il significato che lui stesso attribuisce a "manga" non è "immagini divertenti", ma "un mondo che non finisce".
 
 
Un treno per le stelle. Dallo spazio immaginato a quello vissuto, venerdì 2 novembre dalle ore 18:00 alle ore 20:00 presso l'Auditorum San Francesco.
 

Terzo incontro con Matsumoto per cui si richiedeva un biglietto speciale da ritirare gratuitamente fino a esaurimento nella mattinata prima dell'evento, tenuto questa volta a due passi dal Japan Town presso l'Auditorium della chiesa San Franceso dalle ore 18.00 alle ore 20.00.
 
Purtroppo la giornata era molto piovosa e l'evento, iniziato con oltre mezz'ora di ritardo, è stata occasione per le persone in fila di una bella doccia con gli abiti addosso in attesa che lo staff preposto si degnasse di consentire ai numerosi presenti, alcuni muniti del solo biglietto giornaliero per la fiera, di entrare nonostante il diluvio. Personalmente devo ringraziare una gentilissima ragazza che mi ha offerto riparo sotto il suo ombrello (se stai leggendo, grazie ancora!!), purtroppo poi dentro ci siam persi di vista mentre gli addetti facevano a quel punto entrare tutti indirizzando le persone in base all'ispirazione del momento, ignorando anche definitivamente la disposizione dei posti riservati a chi aveva il famoso biglietto.  
 
L'incontro, moderato dall'autrice e astrofisica Licia Troisi, ha visto la partecipazione dell'astronauta italiano Umberto Guidoni. Alla fine dell’evento, una lotteria in cui venti fortunati che hanno acquistato l'artbook in edizione limitata per Lucca Comics & Games 2018 “Leiji Matsumoto Artworks” (32 tavole del Maestro per circa 100 euro) saranno sorteggiati per ottenere l'autografo del sensei sul libro. Estratti inoltre per altrettanti fortunati tre disegni originali realizzati dal Maestro durante lo showcase al Teatro del Giglio.
 
L'intervista sarà un confronto tra "chi lo spazio l'ha immaginato, ossia il sensei Matsumoto, e chi invece nello spazio ci è stato veramente, il nostro astronauta Umberto Guidoni".
 

Licia Troisi: "Che cos'è per voi lo Spazio?".
 
Matsumoto: "Se penso a cosa è lo spazio per me, lo considero casa mia".
 
Guidoni: "Anche per me è casa. Lo è stato materialmente anche se per un periodo relativamente breve, purtroppo. E' una casa un po' insolita, che parafrasando una famosa canzone non ha il pavimento perché letteralmente si vola, ed è un ambiente in cui l'uomo deve imparare a vivere. Abbiamo impiegato cinquant'anni per cominciare a capire le difficoltà che avevamo là e oggi ci troviamo abbastanza a nostro agio. Abbiamo costruito una vera e propria abitazione nello spazio, ma davanti a noi c'è un oceano da esplorare. E' questo il vero senso dello spazio per l'umanità, una nuova frontiera, da attraversare e da esplorare".
 
Licia Troisi: "Per il sensei Matsumoto. Perché ha scelto di dedicarsi soprattutto al genere della fantascienza e quali sensibilità la portano verso di essa?".
 
Matsumoto: "Sin da piccolo ho sempre guardato le stelle, ho sempre pensato che quasi sicuramente ci dev'essere qualcun altro fuori da questo mare stellato e chiedevo conferma a mio padre, che era un pilota di aerei. Lui mi rispondeva 'Forse si, oppure semplicemente forse no'. Ma io penso che ci sia qualcuno che ci sta guardando. Da bambino mi capitava di addormentarmi e sentirmi un po' cullato da questo mare di stelle".

Licia Troisi: "Per Guidoni. La fantascienza ha giocato un ruolo nella sua scelta di diventare un astrofisico prima e un astronauta poi?".
 
Guidoni: "Senz'altro sì, da bambino leggevo i fumetti di Flash Gordon e libri di avventura e di fantascienza, quindi sono cresciuto con il Mito dell'esplorazione dello spazio e dei viaggi interplanetari, e poi è accaduto un fatto importante: due uomini hanno camminato sulla Luna. Quella è stata una vera e propria rivelazione perchè non era una finzione, ma erano uomini in carne ed ossa. Allora ho pensato che forse da grande avrei potuto fare proprio quello, mettere piede su un altro corpo celeste. Crescendo però mi sono reso conto che essere un astronauta in quegli anni da Roma, in Italia, ma anche in Europa, era difficile, l'astronauta era americano o russo, e ho deciso di fare la cosa che mi poteva portare più vicino allo spazio: studiandolo da Terra. Ho fatto l'astrofisico per molti anni, la mia tesi è stata proprio sulle galassie, guardavo molto lontano. 
 
E poi invece lavorando nel campo della ricerca, al Consiglio Nazionale delle Ricerche (il CNR), mi occupavo proprio di esperimenti da lanciare nello spazio con i satelliti, e quella è stata l'opportunità che mi ha aperto il mondo dell'astronautica, perché in quell'occasione l'Italia partecipò a una missione sullo Shuttle, per un satellite con un lungo filo di venti chilometri, una specie di ascensore spaziale alla Arthur Clarke, tanto per rimanere nel campo della fantascienza – non so chi di voi ha letto Le fontane del Paradiso, dove c'era l'idea di andare nello spazio con degli ascensori fino all'orbita geostazionaria a 36.000 chilometri – e da lì è cominciata la mia avventura. Appunto in quell'occasione fu scelto di addestrare il primo astronauta italiano. Ci fu un concorso pubblico a cui ovviamente non potevo che partecipare, anche se non avevo grandi aspettative, ho pensato che in generale i requisiti medici, generali e psicologici sarebbero stati difficili da superare, e invece, alla fine, eccomi qua" (applauso).
 
Licia Troisi: "Torniamo un po' ad accarezzare quest'idea dello spazio come luogo di avventura con i pirati, che nelle opere del sensei Matsumoto sono un elemento fondamentale. Cosa la affascina particolarmente di questa figura?".
 

Matsumoto: "Il pirata per me è uno stile di vita, vivere in libertà e scegliere liberamente il proprio destino. Anche il simbolo dei pirati, il teschio con le ossa incrociate, non è un simbolo di minaccia, ma un simbolo di autodeterminazione che significa 'combattere fino a diventare ossa', fino alla morte, un simbolo che portavano anche i guerrieri in Europa, e i samurai in Giappone, segno dell'autodeterminazione e caparbietà di questi personaggi e che li rende ancora più affascinanti. Per me un pirata spaziale era un Sogno, una figura che si muoveva libera nel mare infinito dello spazio" (applauso).
 
Licia Troisi: "Guidoni, che tipo di figura rappresenta invece nell'immaginario delle persone l'astronauta?".
 
Guidoni: "In base alla mia esperienza di questi anni, gli astronauti vengono guardati con occhi diversi e in un certo senso fanno da proseguimento all'epopea di esplorazioni, sono gli esploratori e i navigatori del nuovo millennio. Possiamo effettivamente considerare lo spazio come un oceano – tanto per dare un'idea, i nomi degli shuttle sono tutti nomi di vascelli, di velieri che in qualche modo hanno rappresentato la storia dell'esplorazione umana dei mari e degli oceani – e quindi questa idea del viaggio, dell'esplorazione oltre le frontiere, in qualche modo viene incarnata dagli astronauti. Ovviamente quando io vado nelle scuole e chiedo ai bambini cosa fa un astronauta, la maggior parte di loro dice che un astronauta va su un altro pianeta, quindi da questo punto di vista gli astronauti che conosciamo ancora questa caratteristica non ce l'hanno. Gli unici che hanno messo piede da qualche altra parte che non fosse l'orbita terrestre sono gli astronauti sbarcati sulla Luna.

Però non c'è dubbio che in futuro gli astronauti saranno l'avanguardia dell'umanità nello spazio, raggiungeranno Marte nei prossimi dieci o venti anni, e poi chissà qullo che ci aspetta... Naturalmente lo spazio è molto più complicato di come lo immaginiamo nei racconti. I racconti però ci danno la forza per affrontare l'Ignoto, perchè se davvero ci fermassimo alle difficioltà tecniche non avremo neanche provato ad alzarci da terra. Ma una volta in viaggio e ti rendi conto di quanto siano immense le distanze. Al momento è davvero difficile pensare di arrivare oltre Marte, tuttavia non ci dobbiamo scoraggiare perché l'umanità ha superato qualsiasi oceano e dislivello, quindi non ci fermerà nemmeno lo spazio" (applauso).
 
Licia Troisi: "E stato toccato il tema a me caro dell'importanza dell'immaginazione nella scienza, la molla che, assieme alla curiosità, ci spinge ad andare oltre. Una cosa che spesso il grande pubblico non percepisce è l'importanza della creatività all'interno della scienza. Abbiamo anche parlato di universo come oceano solcato da navi che sono delle astronavi, e questa è un'altra grande caratteristica dell opere del sensei Matsumoto, il cui mecha design è molto particolare. A cosa si ispira?".
 

Matsumoto: "Si, mi sono sempre interessato ai meccanismi e ai design delle macchine, dei treni, degli aerei, e visto che mio padre era proprio un pilota di aerei, ci sono anche potuto salire e conoscere dei meccanismi che non immaginavo. Fin da piccolo ho potuto sognare e metterre su carta quello che avevo vedevo, sentivo di disegnare il Futuro. Al tempo delle televisioni a tubo catodico io già disegnavo i primi schermi al plasma, che poi sono arrivati. Pregio della fantascienza è immaginare un futuro che poi si realizza. Ho portato tutto nei miei manga, e poi anche nella professione di designer per oggetti e meccanismi" (applauso).

Licia Troisi: "C'è quindi un amore per lo stumento disegnato. Ma mi interessa anche lo strumento reale, e il rapporto che si instaura tra l'uomo e la macchina che lo porta nello spazio, e nello spazio lo fa vivere, perché in ogni caso lo spazio è un ambiente alieno. Senza le macchine per raggiungerla e la stazione spaziale dove vivono, gli astronauti non ci potrebbero stare, quindi che tipo di rapporto si instaura con queste tecnologie?".
 
Guidoni: "Senza la tecnologia non si va da nessuna parte. Per secoli l'uomo ha guardato le stelle e sognato di volare con i cavalli alati e tante altre creature mitologiche, ma finché non abbiamo costruito il Saturno 5, sulla Luna non ci siamo potuti andare. Quello che impressiona oggi, ma probabilmente ha impressionato anche negli anni sessanta, è come la tecnologia con cui noi ci siamo staccati da questo pianeta fosse rudimentale. Era veramente al limite delle capacità. Era una tecnologia che non aveva ancora i microprocessori, ma erano completamente cablata, erano computer che in confronto a quelli che oggi abbiamo in tasca erano poco più di mezzi primitivi. La memoria ancora si calcolava in kilobyte, non in gigabyte, eppure con questa tecnologia appena sufficiente per decollare, abbiamo raggiunto la Luna. Quindi la tecnologia è fondamentale, qualche volta anche rischiosa, e non c'è dubbio che quando sei seduto su milioni di litri di combustibile di Idrogeno e Ossigeno liquido sei in realtà su una bomba, e a dimostrazione che si tratta di una zona pericolosa le altre persone, anche quelle che ti hanno aiutato a salire a bordo, se ne vanno a otto chilometri di distanza; capisci che stai su un veicolo non proprio tranquillo…
 

E lo senti quando poi si accendono i motori e questo Shuttle, grande come un palazzo di venti piani, si sollevava vibrando violentemente, per raggiungere poi velocità inimmaginabili sulla terra, al massimo della spinta, per arrivare in orbita –  si va a 28.000 chilometri orari, venticinque volte la velocità del Suono – ma senza questa tecnologia lo spazio sarebbe rimasto un sogno. Perciò c'è bisogno di immaignnare nuove tecnologie, dello spirito di sognarle, ma senza la realizzazine pratica... Ed è questo uno dei maggiori problemi che abbiamo per arrivare su Marte, che la tecnologia attuale funziona bene in orbita e basta; abbiamo il supporto da terra, in caso di pericolo possiamo tornare giù, anche in tempi ragionevoli, ma altra cosa è un viaggio verso Marte, che richiederebbe oltre sei mesi e se ti trovi in difficoltà a metà del viaggio non puoi tronare indietro e devi cercare di risolverlo senza appoggio dalla base. Ciò la renderà un'avventura di tutt'altra dimensione. La prossima generazione la dovrà affrontare, se veramente vogliamo arrivare a mettere piede su Marte" (applauso).
 
Licia Troisi: "Torniamo a questa idea di universo come un mare. A me hanno sempre colpito tantissimo certe tavole del sensei Matsumoto in cui l'Arcadia solca meravigliosi cieli neri trapunti di stelle, un modo incredibile per restituire l'idea del silenzio dello spazio e contemporaneamente di quanto meraviglioso e terribile sia l'universo. Vorrei sapere se il sensei vorrebbe visitarlo realmente, lo spazio".
 
Matsumoto: "Sì, mi piacerebbe andarci e il mio obbiettivo è andare su Marte. Ed è per quello per cui sto lavorando e continuando a tenermi in forma (applauso, e una certa ilarità generale).
Ho intenzione di andarci e vederlo con i miei occhi, non mollerò di un centimetro finché non riuscirò ad andarci. Sono già stato sul Concorde, e ho volato ad alta quota, ho visto il mondo dall'alto ma non mi basta il mio obiettivo è proprio andare nello spazio. Già anni fa si parlava di questo tipo di viaggi in Giappone. Non mi interessa se sarà un viaggio di sola andata. Tra l'altro collaborando come designer con l'Agenzia Spaziale mi dicono spesso che mi ci manderanno" (applausi).
 
Licia Trioisi: "Penso che sia proprio questo lo spirito vero della scienza e della fantascienza, andare oltre i propri limiti, avere sempre un nuovo posto dove andare, un nuovo luogo da esplorare. E vorrei chiedere a Guidoni, che nello spazio c'è stato per davvero, qual è il ricordo più bello che serba delle sue esperienze nello spazio".
 
Guidoni: "Io direi senza dubbio la vista della Terra, non proprio a figura intera come l'hanno vista gli uomini che sono andati sulla Luna, perché siamo ancora abbastanza vicini, a quattrocento chilometri di altezza, ma da una distanza sufficiente per vederne la curvatura, come quelle immagini che si vedono spesso nei film di fantascienza; vista dallo spazio la Terra è ancora più bella di quanto sia vista da bassa quota, perché si riescono a cogliere tutte le sfumature di colore, del colore degli oceani, della vegetazione, dei ghiacci, dei corsi d'acqua... Poi una cosa che colpisce guardando la Terra da quattrocento chilometri di distanza, almeno di giorno, è che non si riesce a vedere le città, le costruzioni dell'uomo, non si vede nemmeno la muraglia cinese, nonostante si racconti questo talvolta, e appunto, questo colpisce perché basta allontanarsi di poco e sparisce la presenza dell'uomo sulla Terra. ovviamente di notte si vedono le luci delle città, quindi quella è una sensazione che vale solo di giorno, però è una sensazione per cui ci si sente completamente tagliati fuori dall'umanità, come l'aver reciso il cordone ombelicale che ti lega al resto degli uomini. Sai che sul pianeta ci sono miliardi di persone ma non se ne vedi traccia!

Spesso si parla delle attività spaziali per le sue ricadute sulla Terra, certamente ce ne sono di importanti dal punto di vista delle tecnologie. Pensiamo soltanto alle energie rinnovabili, che abbiamo cominciato a utilizzare in maniera importante nello spazio, a cominciare dai pannelli solari della stazione spaziale, le celle a combustibile, che alimentano i veicoli che hanno volato nello spazio dall'Apollo in poi e che oggi servono per le macchine a idrogeno, ma la cosa più importante è secondo me come abbiamo imparato a guardare al nostro pianeta. Le immagini scattate dagli astronauti dell'Apollo hanno proprio cambiato la nostra percezione del pianeta. Oggi sappiamo che è un pianeta bellissimo, raro, perché di pianeti come la Terra non ce ne sono altri nel sistema solare, forse ce ne sono intorno ad altre stelle, e ciò dovrebbe farci capire quanto è prezioso questo pianeta su cui stiamo viaggiando tutti, nell'arco di un anno intorno al Sole e nell'arco di 200.000 anni intorno alla galassia. Una delle ragioni per cui andiamo nello spazio è apprezzare di più il nostro pianeta, e anche chi in futuro lo lascerà avrà il ricordo del pianeta da cui tutto è cominciato (applauso). E' stato Gagarin, il primo uomo a volare nello spazio, a parlare della Terra come di Pianeta Azzurro, perché è il colore predominante dallo spazio.
 
Licia Troisi: "Per tutti e due, come vedete il futuro delle esplorazioni spaziali?".
 
Guidoni: "Quando uno guarda al futuro non può non fare riferimento alla fantasia. Anche spesso, nel bene e nel male, le cose non avvengono come previsto, i progressi possono avvenire rapidamente fino a stupirci. Siamo partiti rapidissimamente negli anni sessanta col primo volo umano nello spazio, era il 1961, il primo sbarco sulla Luna, nel 1969; tutto in meno di dieci anni. Sembrava un viaggio rapidissimo che ci avrebbe portato in pochissimi decenni su Marte – Von Braun prevedeva di arrivare su Marte negli anni ottanta – ma chiaramente non è stato così. Lì abbiamo avuto una disillusione, peraltro legata al fatto che abbiamo imparato a conoscere meglio lo spazio e a capire che è un ambiente completamente alieno e senza la tecnologia non potremmo sopravvivere a lungo. Dall'altra ci sono sicuramente delle sorprese. Per esempio Internet, nessuno aveva immaginato questo sviluppo enorme della Rete, la possibilità di mettere tutti attorno a un sapere diffuso, e questo forse non era previsto, ma facendo uno sforzo di immaginazione e proiettandoci avanti di trenta o quaranta anni, io una certezza ce l'ho: che andremo su Marte! Gli uomini e le donne che metteranno piede su Marte sono già nati, probabilmente.

Più difficile fare la proiezione successiva, perché Marte è al limite della tecnologia presente. Quindi a meno di grandi sviluppi, peraltro possibili, nei prossimi decenni, andare oltre Marte è veramente complesso. Pensiamo che le sonde che inviamo ai confini del sistema solare impiegano anche decine di anni per arrivare; sono pertanto viaggi ancora tutti da immaginare. 
Grazie al fatto che abbiamo cominciato a guardare oltre, attraverso i telescopi in orbita – e adesso sappiamo che si sono altre Terre, altri pianeti potenzialmente abitati, e dico potenzialmente perché in realtà non sappiamo come sono fatti, possiamo dire che sono grandi come la Terra, che hanno più o meno la stessa energia che ricevono dalla loro stella, e perciò possiamo immaginarci che le condizioni siano più o meno le stesse, anche se non ne siamo certi – abbiamo inventato questa idea della zona abitabile, basata sul concetto di una distanza dalla stella che più o meno tale che l'acqua sia liquida, quindi non più fredda di 0 gradi e non più calda di 100. Eppure in questo tipo di ambiente, se noi facessimo l'esempio del nostro sistema solare, ci sono tre pianeti, Marte, Terra e Venere compatibili, ma di questi sappiamo che solo uno è abitabile. Evidentemente non è così facile…

Però, sapendo questo, possiamo immaginare di mandare delle sonde, verso questi pianeti, e un giorno raggiungerli. Quello che è certo è che dovremo reinventare il concetto di Viaggio. Per noi il viaggio è di andata e ritorno; in questo secolo ci muoviamo in tempi relativamente brevi, ma in passato non era così, per migliaia di anni l'umanità ha fatto viaggi di sola andata. Ecco, temo che per lo spazio dovremo riprendere quell'abitudine. E quelli per i pianeti lontani probabilmente saranno viaggi di sola andata, a bordo di navi giganti che porteranno decine di migliaia di persone per la sola andata. Chi arriverà saranno i discendenti di quelli che sono partiti. Per certi versi questa idea è un po' scoraggiante, per altri dà l'idea di un'umanità che rirpende il cammino interrotto qualche secolo fa, nel momento in cui abbiamo esplorato tutto il pianeta, e lo spazio è la nuova frontiera. Nel frattempo, nei prossimi dieci o vent'anni ci saranno i viaggi turistici nello spazio, almeno per quelli che se lo potranno permettere, anche senza diventare astronauti" (applauso).

Matsumoto: "Come detto, vorrei andare nello spazio, è il mio sogno, ma una cosa che reputo importante ancora prima dell'esplorazione spaziale è la protezione di questo nostro pianeta, che è quello da cui veniamo e su cui stiamo, e se non lo facciamo non arriveremo mai ad esplorare altri pianeti come vogliamo fare (applauso).
Da sempre le persone guardano le stelle immaginando di andare su pianti lontani, e si domandano da dove veniamo, perché magari abbiamo geni che appartengono ad altri pianeti; chissà, forse non siamo veramente originari di questo pianeta, ma semplicemente siamo una parte del tutto…

La cosa più vicina che ho fatto all'esplorazione spaziale è stata inviare alcune unghie della mia mano nello spazio, affidandole a una missione spaziale. Ma ovviamente vorrò andarci di persona. Non possiamo comunque non proteggere il nostro ambiente e la nostra Terra, è questo il messaggio che cerco di mandare con le mie storie, perché parte tutto dal nostro pianeta. La voglia di esplorare è probabilmente qualcosa che abbiamo intrinseco dentro di noi, nei nostri geni. Io mi impegnerò a scrivere altre storie e spero che voi le leggiate, con il messaggio che questo non è il momento delle divisioni, non dobbiamo creare problemi di razza e di religione, ma è il momento di stare uniti per proteggere il pianeta e costruire insieme il futuro che poi sarà anche il futuro dei viaggi nello spazio (applauso). Crediamo in questo sogno e veramente saremo in grado di andare nello spazio".
 

Concludiamo proponendovi dal canale ufficiale di Lucca su YouTube lo Showcase "Silenzioso" del Maestro Matumoto, tenutosi venerdì 2 novembre presso il teatro del Giglio dalle ore 14.00 alle ore 16.00 (ingresso possibile solo tramite biglietto speciale, ritirabile gratuitamente fino a esaurimento presso la biglietteria del teatro dalla mattina dell'evento).