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“Planetarian” è una serie di sole cinque puntate, uscita nella stagione estiva 2016. Un anime che, a mio avviso, avrebbe potuto anche rendere qualcosa di più, se solo avesse avuto il tempo di articolarsi meglio. Una storia con ambientazione futuristica, che unisce in sé il gusto per il drammatico e il piacere di una buona commedia fantascientifica. Eppure, in tutto ciò, manca qualcosa. Che sia un vero e proprio inizio o una fine completa, non saprei dirlo, ma questa serie ha dimostrato carenze intrinseche insuperabili. Ed è un peccato.

Cinque puntate veramente cariche raccontano le vicende di Kuzuya, un ragazzo girovago, il quale decide di avventurarsi per una città deserta in cerca di cibo. Niente ci viene descritto in maniera precisa, ma siamo noi ad accorgerci subito che la situazione non quadra. Il mondo non è come ce lo aspettavamo, ma appare più lugubre e vuoto.
In tutto ciò, Kuzuya avrà la sfortuna (o fortuna) di incontrare Yumemi Hoshino, un robot di forma umanoide. E’ una “ragazza” semplice, incaricata di presidiare un grande telescopio. Il suo compito, oltre a quello di proteggere il planetario, consiste nel sovrintendere lo spettacolo e raccontare al pubblico le meraviglie delle stelle. Ma è da anni che non arriva più nessuno...
All’inizio il giovane pare scontroso nei confronti di Yumemi. Vuole andar subito via, cercare cibo e pensare alla propria salvezza. Che ne può sapere un robot del mondo esterno? Eppure, per qualche strana ragione, non l’abbandona subito. I due si conoscono in quei pochi giorni di convivenza e stringeranno un legame fortissimo. Peccato che non tutto finisce con un “happy ending”.

Per quanto riguarda i personaggi, non si può che concentrare la nostra attenzione sugli unici due protagonisti esistenti: Yumemi e Kuzuya. In qualche flashback compariranno anche altri personaggi, ma, a essere onesti, avranno ben poca rilevanza. E allora oscuriamo tutto il panorama circostante e chiudiamoci anche noi in questo planetario abbandonato.
Non esiste una vera e propria storia, se non la conoscenza reciproca dei due protagonisti. In un lasso di tempo ristretto, impareranno a convivere e comprendersi in maniera più approfondita. Ci si dimentica di tutto: dalle preoccupazioni esterne alle differenze di genere (robot-umano). Eppure aleggerà sempre un’atmosfera di cupa tristezza.
La pioggia funge da sipario, un modo per separare i due ragazzi dalla distruzione circostante, ma, allo stesso tempo, è una triste nenia che non abbandonerà mai le nostre orecchie. Il mondo piange, e i protagonisti con lui.

La grafica è molto bella e i colori possiedono una forza incredibile. Negli sfondi si riscontra un grande effetto scenografico e, per tutte le puntate, si cercherà sempre di stupire lo spettatore da questo punto di vista. D’altra parte, era il minimo concentrarsi su questo aspetto in una serie così corta.
Carino il doppiaggio e le musiche, che aumentano la qualità di tutto il comparto tecnico.

E allora di cosa ci si può lamentare? A conti fatti è una vicenda carina, che racconta la storia di due protagonisti e riesce anche a renderla al meglio. Tuttavia manca ciò che l’avrebbe resa un capolavoro, ovvero tutto lo sfondo circostante. Come già ricordato, il planetario svolge il ruolo di contenitore. Tutto si svolge lì dentro (o quasi) e tutto rimarrà racchiuso in questo grande scatolone. E il resto? Si fanno accenni a una guerra, si mostrano piccoli flashback di un passato splendente, ci si arrabbia per un qualche nome misterioso... Ma ovviamente non può che cadere nel dimenticatoio, quando l’intera vicenda “termina” dopo soli cinque episodi. Ci si lancia in un’avventura e, subito dopo, si scopre che il viaggio è già concluso.
Potremmo considerarla come un piccolo episodio in una storia molto più grande, ma il rammarico non può che rimanere.
E’ già stato annunciato un film, e quindi si potrà vedere qualcosa di più. Eppure, considerando solamente la suddetta opera, non si può che rimanere con l’amaro in bocca e l’ardente desiderio di voler scoprire qualcosa di più.

Voto finale: 6 e mezzo