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7.5/10
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Da quando lo vidi, bambino, sull'ora scomparsa Euro TV, "Godam" è sempre stato per me "il robot pancione". Ed è proprio il suo design così particolare, massiccio e tondeggiante, che per me lo rende memorabile e gli dà un carattere "retrofuturistico".

Il robot Godam si trova all'interno dell'Isola del Diavolo, una grande massa rocciosa che emerge dalla baia su cui si affaccia la città giapponese in cui abitano i "Gowapper 5", una banda di cinque ragazzi adolescenti o preadolescenti che sono degli autentici scavezzacollo e che hanno come distintivi dei cappelli di varie fogge e colori, con disegnato un piccolo teschio, e delle sciarpe in tinta. Ne fanno parte una ragazza bionda (il capo della banda), un ragazzo belloccio, uno grasso, uno occhialuto (ma che non per questo si dimostra particolarmente studioso o sapiente) e uno molto più piccolo degli altri. Durante una gita all'isola i ragazzi scoprono una caverna artificiale piena di apparecchiature elettroniche; vi trovano anche un geologo (che sarà il loro principale alleato adulto), approdato come loro in esplorazione, che spiega che tutto è stato costruito dal professor Hoarai, che aveva scoperto la minaccia portata dagli Uomini degli Abissi, che vivono al centro della Terra e che sarebbero intenzionati a conquistare anche la superficie. Hoarai non era stato creduto dalle autorità a cui si era rivolto: aveva allora costruito la base segreta e il robot Godam, che potessero essere usati dopo la sua morte da chi se ne fosse dimostrato degno.

I Gowapper 5 diventano allora gli esecutori delle volontà del professore: a essi sono assegnati dei veicoli personalizzati, che trovano posto nelle gambe del robot e coi quali vanno ad investigare gli eventi che potrebbero essere causati dagli Uomini degli Abissi, prima di richiamare Godam in caso di necessità (che finisce sempre coll'agire da "deus ex machina").
Una caratteristica dell'Impero degli Abissi è che le sue truppe sono costituite in massima parte non da esseri umani, ma da androidi con occhiali rossi e pelle violacea, riempiti di una sabbia particolare; l'imperatore stesso, di cui prima dell'ultima puntata si vede soltanto il volto sullo schermo mentre parla col suo luogotenente, non è umano ma un mostro di lava incandescente.

La seconda parte della serie, in cui il Godam diventa in pratica un robot componibile che può assumere diverse configurazioni e non compare più l'ologramma del professor Hoarai, mi è piaciuta di meno, anche se ciò permette di variare un po' i combattimenti con i mostri dell'Impero degli Abissi, che prima sembravano essere decisi solo dall'urto con la grande stazza di Godam.

Tranne che per certe puntate particolarmente cupe, l'opera si potrebbe annoverare tra le serie Tatsunoko più scanzonate, a partire dal design dei personaggi che ricordano quelli delle "Time Bokan". Molto buono il doppiaggio, anche se qua e là emerge qualche errore di traduzione, e indimenticabile la sigla italiana dei Cavalieri del Re, sebbene lo stesso Riccardo Zara dichiari di averla realizzata in poco tempo e senza particolare impegno.