Recensione
Atelier of Witch Hat
8.0/10
Attenzione: la recensione contiene spoiler!
La prima cosa che colpisce di Atelier of Witch Hat sono sicuramente le illustrazioni; precise, dettagliate, che spiccano rispetto ad altri manga, con un tratto più occidentaleggiante che ricalca i libri illustrati per bambini. Ma non sono solo le illustrazione dei singoli personaggi o dei paesaggi a colpire, Shirahama presta una particolare attenzione alla composizione delle tavole, sperimentando con la disposizione delle singole vignette e la decorazione delle stesse. In particolare sono le scene riguardanti la storia della magia ad essere incorniciate da intricate decorazioni e il cui stile interno cambia sostanzialmente, per meglio sottolineare la differenza con il resto della trama.
L’idea dietro al world building di Atelier of Witch Hat non è particolarmente originale nel suo concetto di base, ma nella sua costruzione risulta molto interessante, soprattutto nella visione che ne hanno i vari personaggi. Infatti, per quanto inizialmente la trama sembri muoversi su binari lineari in modo simile a molti manga dello stesso genere, appare presto chiaro che nonostante la protagonista sia una bambina, viene dato ampio spazio a momenti più crudi colmi di dubbi e disperazione. Ad esempio, nell’arco narrativo in corso al momento della scrittura di questo articolo, si pone molta attenzione sulle differenze tra i maghi e le persone normali e su come le leggi che sono state imposte per difendere la pace sembrino “stare strette” a questi bambini che vogliono soltanto vivere davvero per l’ideale dell’aiutare gli altri. Le guerre hanno portato a misure drastiche e leggi severe, che Coco, insieme al lettore, inizialmente condivide, ma che con il passare del tempo portano a galla le grandi falle e i limiti che vengono imposti.
I personaggi sono ben caratterizzati e ad ognuno viene dato un suo spazio per mostrarsi ed evolversi, con particolare attenzione, ovviamente, alle bambine e a Qifrey, sia nel loro carattere che nel loro aspetto esteriore, mai scontato, nemmeno negli abiti.
Sarebbe difficile al momento trovare qualcosa di davvero negativo da dire su questo manga, forse il fatto che non sia ancora concluso non aiuta per un’analisi approfondita, ma questa sarà una discussione per i volumi a venire.
https://chiamateminihil.wordpress.com/2023/03/11/witch-hat-atelier/
La prima cosa che colpisce di Atelier of Witch Hat sono sicuramente le illustrazioni; precise, dettagliate, che spiccano rispetto ad altri manga, con un tratto più occidentaleggiante che ricalca i libri illustrati per bambini. Ma non sono solo le illustrazione dei singoli personaggi o dei paesaggi a colpire, Shirahama presta una particolare attenzione alla composizione delle tavole, sperimentando con la disposizione delle singole vignette e la decorazione delle stesse. In particolare sono le scene riguardanti la storia della magia ad essere incorniciate da intricate decorazioni e il cui stile interno cambia sostanzialmente, per meglio sottolineare la differenza con il resto della trama.
L’idea dietro al world building di Atelier of Witch Hat non è particolarmente originale nel suo concetto di base, ma nella sua costruzione risulta molto interessante, soprattutto nella visione che ne hanno i vari personaggi. Infatti, per quanto inizialmente la trama sembri muoversi su binari lineari in modo simile a molti manga dello stesso genere, appare presto chiaro che nonostante la protagonista sia una bambina, viene dato ampio spazio a momenti più crudi colmi di dubbi e disperazione. Ad esempio, nell’arco narrativo in corso al momento della scrittura di questo articolo, si pone molta attenzione sulle differenze tra i maghi e le persone normali e su come le leggi che sono state imposte per difendere la pace sembrino “stare strette” a questi bambini che vogliono soltanto vivere davvero per l’ideale dell’aiutare gli altri. Le guerre hanno portato a misure drastiche e leggi severe, che Coco, insieme al lettore, inizialmente condivide, ma che con il passare del tempo portano a galla le grandi falle e i limiti che vengono imposti.
I personaggi sono ben caratterizzati e ad ognuno viene dato un suo spazio per mostrarsi ed evolversi, con particolare attenzione, ovviamente, alle bambine e a Qifrey, sia nel loro carattere che nel loro aspetto esteriore, mai scontato, nemmeno negli abiti.
Sarebbe difficile al momento trovare qualcosa di davvero negativo da dire su questo manga, forse il fatto che non sia ancora concluso non aiuta per un’analisi approfondita, ma questa sarà una discussione per i volumi a venire.
https://chiamateminihil.wordpress.com/2023/03/11/witch-hat-atelier/