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5.0/10
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Una moda degli ultimi anni riguardante l’animazione giapponese, ma l’editoria in primis perché gli adattamenti da lì provengono, è creare opere che nel titolo, solitamente fastidiosamente lungo, contengano praticamente una sinossi dell’opera che ti faccia intuire subito di cosa andrà a parlare, sono sicuro che chiunque abbia visto un anime fantasy, e al 99% isekai, degli ultimi dieci anni almeno sia andato incontro a questa esperienza; l’anime ivi recensito in particolare non rientra nel genere fantasy ma in quello assai più prosaico dell’hentai, o ero-anime se vogliamo restare in orbita giapponese, ma presenta curiosamente la stessa caratteristica visto che il titolo cita letteralmente: “Fūfu Kōkan: Otto Yori Sugoi Kongai Sex” che tradotto alla buona significa “Amicizia di coppia: sesso extraconiugale più sorprendente di quello con mio marito”.

Va da sé che tanta poesia trasmette immediatamente i contenuti dell’opera che ci accingiamo a vedere e, almeno in questo caso, il pericolo clickbait è decisamente scongiurato: “Fūfu Kōkan” è proprio la storia di una coppia di amici, Reiji e Kosuke, che durante una vacanza con le rispettive compagne di lunga data, Kanade e Asuka, tra una bevuta e uno scherzo di troppo finiscono invischiati in uno scambio di coppia reciproco, che si consuma da lì a poco senza particolare intenzioni di nasconderlo nonostante i classici imbarazzi del caso facciano pensare il contrario, con i quattro che finiscono ad amoreggiare in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi che la location residenziale consente. Curiosamente, questa veloce quanto appassionata frequentazione non solo ‘salva’ l’unione delle due coppie, ma almeno in un caso finisce anche per rafforzarla, rinvigorendo la fiamma della passione che andava un po’ sopendosi col tempo.

E niente, la recensione potrebbe finire anche qua praticamente visto che la serie, dato il numero esiguo di episodi, solo otto, e i pochi minuti a disposizione in ognuno, tra i cinque e i sei, non concede particolari voli pindarici di sceneggiatura preferendo concentrarsi sulle volenterose, per quanto abbastanza già viste, scene di sesso piuttosto che sulle motivazioni e i tormenti che muovono i personaggi, per cui gli otto episodi si risolvono velocemente in qualche dialogo banale seguito da una copula ’risolutiva’ che manda in qualche modo avanti la cosa più vicina assimilabile a una trama a cui si possa pensare in questo caso. Dal punto di vista tecnico l’anime è appena sufficiente anche come produzione squisitamente pornografica, si salvano sicuramente il design delle due prosperose e voluttuose protagoniste femminili (ma qui si riflette anche una personale predilezione per belle donne avvolte dai classici kimono da camera dei ryokan tradizionali giapponesi), che comunque è abbastanza appiattito paragonato al manga originale di cui questo anime è un ridotto adattamento, e il doppiaggio giapponese che in casi simili, per chi è appassionato del genere, regala comunque sempre soddisfazioni; poco da dire invece sulle ambientazioni, abbastanza standard, e soprattutto sulle animazioni delle scene di sesso che, per essere il ‘punto forte’ della serie, posso definire gradevoli al massimo ma senza rubare davvero mai l’occhio.

Insomma, anche se si fregia di appartenere a quel sottogenere di hentai che, per gli intrighi romantici e i coinvolgimenti sentimentali dei personaggi, si vende come indicato anche per un pubblico femminile, “Fūfu Kōkan” mi sembra davvero un pornazzo basico senza infamia e senza lode, che magari, data l’esigua durata dei singoli episodi che imporrebbero una velocità eccessiva, visto in una maratona può anche garantire qualche risata unita a una sana e appagante attività ricreativa, ma francamente anche da questo punto di vista ci sono serie molto più adatte e belle da vedere che consiglierei a chi fosse interessato; confesso che un’auspicabile, vivace e vigorosa attività di gruppo tra tutti i personaggi mi avrebbe pure convinto a lasciare una rispettabile sufficienza alla serie ma, spoiler alert, mancando anche quella mi risulta davvero difficile assegnare un voto che vada oltre il salomonico cinque, che tradotto in parole povere vuol dire: “mah, niente di che, ma ho visto di peggio”.