Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin - Recensione del seguito su Playstation

Dopo tre anni di attesa, il seguito del monster collector di Capcom giunge sui lidi di Sony

di Klarth Curtiss

Monster Hunter Stories è un'opera particolare nel parco titoli di Capcom, una voglia di reinventare un brand creando qualcosa di nuovo ma al contempo familiare e, nell'attesa del mastodontico Wilds in arrivo il prossimo anno, la software house nipponica ha ben pensato di rispolverare questi suoi due titoli e se il primo ha ricevuto una tirata a lucido ed è approdato su console moderne era finalmente il momento per il secondo capitolo, Wings of Ruin (già uscito su PC e Nintendo Switch), di approdare anche in territorio Sony, lo abbiamo giocato per parecchie ore (probabilmente più di quanto avremmo dovuto) ed oggi siamo qui per svelarvi se si tratta di un banalissimo "more of the same che tanto vende lo stesso" oppure se ci siano miglioramenti concreti (e ve lo anticipiamo già: utenti Playstation tenete pronto il portafogli)
 
Il secondo capitolo delllo spin off ritorna più grosso, più bello e più longevo che mai

È possibile fin da subito notare come Capcom abbia imparato da alcuni errori del precedente episodio, poiché la maturazione di Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin è evidente già da un primo sguardo al comparto narrativo: l'isola di Hakolo, conosciuta come la dimora secolare di una colonia di Rathalos, vede quest'ultima emigrare totalmente per ragioni sconosciute e, come se non bastasse, ad una ragazza Wyveriana di nome Ena viene affidato un particolare uovo contenente al suo interno un cucciolo della razza dei sovrani dei cieli sfoggiante delle ali nere, che i cacciatori locali ritengono come presagio di sventura e del quale vogliono sbarazzarsi il prima possibile, ad aggravare ulteriormente la situazione ci pensa una strana piaga che sta interessando tutta la fauna locale, facendo brillare i loro occhi di rosa e rendendoli estremamente aggressivi; in tutto ciò noi vestiremo i panni del discendente del leggendario rider Red per tentare di risolvere questa crisi e scoprire il mistero dietro al peculiare neonato.
 
Se la trama del primo capitolo non vi aveva convinto qui troverete pane per i vostri denti

Dal punto di vista del gameplay il titolo non punta a discostarsi troppo dall'originale, offrendo sempre un sistema di combattimento carta-forbici-sasso che si basa sulla collaborazione tra mostri e cacciatori, già però possiamo iniziare a vedere alcune migliorie anche qui, in quanto oltre alle quattro armi presenti nell'originale (spadone a due mani, spada e scudo, martello e corno da caccia) ne sono state introdotte due nuove, ossia l'arco e la lancia fucile, che vanno ad ampliare sensibilmente il roster di possibilità offensive, soprattutto grazie all'introduzione della nuovissima funzionalità di cambio arma, potremo infatti portare con noi un secondo strumento di combattimento da cambiare al volo durante gli scontri, in modo da passare più velocemente da build offensive a build di supporto, tuttavia la vera introduzione game changing che caratterizza la produzione è la manipolazione dei geni, dopo diverse ore trascorse nella nostra avventura (in quanto all'inizio sarà una funzione piuttosto trascurabile, visto il roster ridotto di mostri disponibile nelle prime battute di gioco) potremo iniziare ad improvvisarci esperti di DNA per sacrificare i mostri duplicati per fare ereditare le loro tecniche ad altri membri della stessa specie, in uno schema 3x3 soggetto inoltre ad una sorta di "sistema bingo" per ottenere ulteriori bonus; i giocatori che si metteranno davvero a sperimentare con questo sistema potranno ottenere molto facilmente dei compagni perfetti e come si vogliono (cosa che nel primo episodio risultava piuttosto difficile e grindoso), arrivando addirittura a cambiare il loro elemento; se a questo poi aggiungiamo le nuovissime tane oro dove trovare mostri estremamente rari e potenti potete capire quanto assemblare un team da endgame sia tanto facile quanto soddisfacente (anche perché nell'overworld avremo la possibilità di eliminare all'istante i gruppi di nemici più deboli, saltando a pié pari inutili scontri di basso livello).
 
Il sistema di combattimento rimane sostanzialmente invariato dal primo capitolo, il che é un po' un peccato

Una delle pecche più grosse del primo episodio, come avevamo sottolineato, era l'aspetto tecnico figlio di un'epoca 3DS un po' troppo vetusta, ebbene anche qui Capcom si è scatenata, potenziando sensibilmente il suo engine ed offrendo cutscenes veramente spettacolari e modelli che, nonostante la grafica in cel shading, non sfigurano assolutamente e risultano davvero gradevoli, il tutto unito ad un framerate ancorato ai 60fps senza il minimo calo e tempi di caricamento praticamente inesistenti (perlomeno sulla versione PS5 da noi testata); per quanto riguarda la longevità sicuramente i fan dei jrpg possono sfregarsi per bene le mani, poiché per quanto la trama si attesti sempre sulle 40 ore, andando a spulciare le missioni secondarie e "paciugando" con la funzionalità dei geni si superano tranquillamente le 100, rendendo il titolo all'effettivo con il triplo del contenuto del primo

 
Se il primo Monster Hunter Stories ci aveva decisamente convinto, il secondo a nostro dire ha consolidato la serie spin-off come uno dei migliori gdr a turni degli ultimi anniWings of Ruin riesce a migliorare tutti gli aspetti carenti dell'episodio precedente proponendo al contempo nuove armi, un roster di mostri più ampliato, una trama più matura e soprattutto uno sviluppo dei nostri compagni infinitamente più stratificato e dalle immense potenzialità; se ancora non lo avete giocato su pc o Switch non riusciamo davvero a trovare un motivo per non consigliarvi di recuperarlo su Playstation.


Versione originale della notizia