Ciuccio Digitale, videogiochi e le sfide dei genitori 4.0
La tecnologia avanza, ma i problemi sono sempre gli stessi... o forse no?
di Revil-Rosa
Il concetto di ciuccio digitale è proprio questo, un dispositivo capace di tenere impegnato il pargolo senza eccessivo sforzo da parte del genitore, ma proprio come il ciuccio fisico che alla lunga può causare problemi reali, anche la controparte digitale ha delle controindicazioni da non sottovalutare. Diversi specialisti hanno analizzato il fenomeno e uno studio svolto su un campione di 422 genitori e altrettanti figli di età compresa tra i 3 e i 5 anni ha rivelato che i bambini su cui si è ricorsi spesso all’uso di smartphone, tablet o device digitali paragonabili per calmare o intrattenere hanno una capacità molto bassa nella gestione delle proprie emozioni e sono più inclini agli scatti d’ira.
Ora, non servivano certo studi e professori per capire che affidare il ruolo di guida ad un device di intrattenimento (elettronico o meno) fosse inefficace e controproducente, ma sebbene non si trovino numeri precisi sul numero di genitori che ricorrono in modo frequente a questo genere di approccio è innegabile che sempre più bambini in luoghi pubblici abbiano il telefono del genitore in mano. La dipendenza da telefono sembrerebbe proseguire anche in età più avanzate con insegnanti che si lamentano dell’uso massivo degli smartphone in classe fino all’arrivo di una circolare che li vede banditi nelle scuole anche per chi vedeva in loro potenzialità per migliorare l’istruzione.
Smartphone nel 2024 non è certamente solo videogiochi perché sebbene questi stiano effettivamente spopolando su scala mondiale ci sono anche i vari social network a cannibalizzare l’attenzione del ragazzo di turno; dopotutto uno degli scopi principali di piattaforme come Instagram o TikTok è proprio tenere incollati gli utenti per più tempo possibile, ma questo è un altro discorso. Che i (video)giochi possano dare dipendenza non è certo una novità e che i più giovani siano più sensibili alle dipendenze è un dato che sembra mettere d’accordo i neurologi, dunque abbandonare i ragazzi davanti ad applicazioni il cui intento è effettivamente tenerli incollati non sembra proprio la migliore delle idee, soprattutto quando questi non hanno ancora la maturità per dire “basta”. Se poi si è abituati fin dalla più tenera età a passare svariate ore davanti agli schermi, come può un adolescente interrompere la sua maratona su Fortnite? Forse quei genitori spaventati dalla “Plaistacion che ti lobotomizza il cervello” non avevano tutti i torti. Forse se quei genitori avessero accompagnato i propri figli nella scoperta del gioco invece che demonizzarlo, lasciando che il piccolo vi si approcciasse da solo, avrebbero permesso di comprendere meglio rischi e benefici dello strumento e ora avremmo una generazione di genitori desiderosi di condividere la scoperta delle novità con i figli piuttosto che abbandonarli nel processo.
Questo articolo non vuole assolutamente essere un’accusa ai genitori che giocano e lasciano giocare i figli né tantomeno una guida a come allevare le proprie bestiole di casa, ma se da un lato è vero che la nostra generazione è più esperta e può capire meglio i dilemmi del tipo “sono online, non posso mettere in pausa” è anche vero che sarà più facile per noi sottovalutare certi rischi. Il concetto di gioco è cambiato molto negli anni e le nuove generazioni si trovano ad affrontare problematiche simili ma diverse a cui noi “adulti” ci approcciamo con la stessa ingenua arroganza di chi ci è passato prima, quella stessa superficialità che ha portato i genitori a lasciare i bambini per interi pomeriggi con il telecomando di Sky in mano senza avere idea di cosa fosse il parental control.
Abbiamo davvero idea di cosa voglia dire per un bambino gestire il battle pass di un free to play? Come reagirà davanti alla quantità assurda di titoli tra cui scegliere e alla possibilità di perdere l’oggetto ambito perché non si è dedicato abbastanza? Per (buona parte di) noi non ci sono problemi perché sono aspetti del gioco con cui ci siamo scontrati quando avevamo già maturato una certa consapevolezza di noi stessi e degli strumenti in uso... ma abbiamo davvero la sicurezza di dire che un bambino, in solitaria, sappia gestire certi sistemi in modo sano? Ridurre il tutto ad un “a noi è andata bene” significa ignorare la discrepanza di contesto ed età che ci separa e forse è una reazione dovuta alla rabbia repressa che la nostra generazione nutre verso le numerose campagne anti-gamer, anti-anime, anti-manga, anti-tutto di cui noi in primis siamo stati vittime.
Si potrebbe dire che i problemi sono altri e che basterebbe avere dei genitori che stanno più dietro ai figli, ma a parte che bilanciare il rapporto lavoro-casa non è così scontato, qui non si parla solo di argomenti trattati nelle opere di intrattenimento. I genitori 4.0 non hanno certo bisogno del PEGI per capire che lasciare un bambino di quarta elementare giocare da solo a un The Witcher 3 non è proprio il massimo, ente che comunque si è rivelato poco efficace negli anni passati perché un Call of Duty a caso bollato come 18+ ha sempre avuto server invasi da dodicenni urlanti. Il pericolo per i nuovi genitori nasce dalla facilità con cui si ricorre al device digitale: già nel 2012 uno studio effettuato da Microsoft su 2000 teenagers canadesi rivelava l’enorme difficoltà di quest’ultimi nel concentrarsi proprio a causa della quantità di interazioni via device digitali. Oggi l’uso della tecnologia proposta già in tenera età è una normalità, come potrebbero essere le condizioni dei giovani?
Viene da chiedersi quali potrebbero essere le strategie, gli approcci e le soluzioni dei nuovi genitori davanti ad un mondo digitale sempre più ricco e accattivante ma che al tempo stesso, tra facilitazioni e semplificazioni, rende gli utenti sempre più succubi e meno capaci di apprezzarne i benefici. E’ certamente compito di “noi senpai” fare da guida alle nuove generazioni, aiutare loro a capire che gli strumenti facilitano ma non sostituiscono, dopotutto siamo stati l’avanguardia del digitale, sopravvissuti alle più catastrofiche delle previsioni, ma come dicevo prima questa sicurezza può rivelarsi un'arma a doppio taglio. Sembrerebbe proprio che, forse fin troppo abituati a giocare in facile e a gestirci da soli, la nostra generazione ricorra un po’ troppo spesso al ciuccio digitale, abbandonando il bimbo davanti ad uno schermo e lasciando che sia la nuova app ad intrattenerlo, il video su Youtube a cantargli la buona notte dopo che l’audio-libro ha letto la fiaba al nostro posto.
Fonte consultata:
Jamapediatrics
Orizzontescuola
Rolling Hills Hospital
Pewresearch
Wiley Online Library
Microsoft Research
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