Editoriale - Control, Carl Jung e New Weird: lo strano intreccio di Remedy

Facciamo una analisi sull' importanza di Control, a 5 anni dalla sua uscita

di Marcello Ribuffo

Uno dei titoli più importanti del 2019 è stato sicuramente Control, lavoro di Remedy capace di entrare senza troppa fatica nell’immaginario collettivo, grazie a scelte stilistiche e narrative uniche nel suo genere.
 
Ogni scorcio è un wallpaper

Il progetto capitanato da Sam Lake, è un’opera complessa, intricata e memorabile, ispirata palesemente alla corrente letteraria del New Weird e le opere di David Lynch. Ma oltre l’impatto visivo c’è molto di più: archetipo, inconscio, linguaggio, iperreale e bizzarro sono solo alcune delle parole chiave che ci porteranno a esplorare la poetica di Control, passando attraverso l’eclettico Carl Gustav Jung, Jean Baudrillard, Jeff Vandermeer e perché no, il sempreverde H.P. Lovecraft.

Quella del cosiddetto New Weird è una corrente che comincia la sua cavalcata negli anni novanta, anche se è possibile trovarne radici ben molto prima. Già a fine ottocento, tra H.P. Lovecraft e Clark Ashton Smith possiamo trovare elementi che possiamo considerare fondamenta costituite da “stranezze inspiegabili” ma che nei decenni a venire, soprattutto con l’avanzare di scienza e tecnologia, prenderanno altri connotati, arrivando all’accettazione e all’amalgama con la realtà: reale e irreale diventano due facce della stessa medaglia e in Control, è ciò che avviene costantemente.
Il nuovo direttore del Federal Bureau of Control, Jesse Faden (Courtney Hope) pur avendo avuto contatto con qualcosa di “alieno” in tenera età, è comunque stranita inizialmente da ciò che avviene tra le mura della Oldest House, in cui alcuni elementi come gli Oggetti del Potere o gli Oggetti Alterati non fanno altro che distruggere, mescolare o ribaltare certezze e leggi fisiche su cui si basa il nostro inconscio. Nonostante questo però, Jesse, accetterà ben presto la serie di incredibili eventi posta davanti ai suoi sensi, trovando risposte che nella “classica” realtà non avrebbe potuto trovare. In questo universo, in cui il fantasy poggia le sue basi sulla scienza teorica, il New Weird dilaga, portando qualcosa di unico nel panorama videoludico.
Ma dove il titolo protagonista trae maggiormente ispirazione e nella Trilogia dell’Area X di Jeff Vandermeer, composta da Annientamento (da cui è stato tratto un lungometraggio con  protagonista Natalie Portman), Autorità e Accettazione. In questi racconti, il nostro pianeta sta per essere inglobato in una nuova dimensione (Area X per l’appunto), producendo eventi che trascendono la realtà che tutti conosciamo. Facile notare come in Control sia l’Hiss la minaccia, una forza paranaturale e inter-dimensionale in grado di spazzare via o controllare ogni forma di vita alla stregua di un virus. È proprio l’FBC a studiare e contenere l’avanzata dell’Hiss, così come il Southern Reach agisce con l’Area X degli scritti di Vandermeer che, in Autorità, racconta le vicende di un nuovo direttore che si farà chiamare Control. Coincidenze? Vedremo successivamente come queste forse non esistono.
Ma, come detto, Remedy va oltre il mero “aspetto”, approfondendo alcune tematiche chiave nella nostra società e ancora in fase di studio.
 
Take Control

Control è un’opera piena zeppa di documenti, utili per creare e approfondire un contesto bizzarro. Tra i vari scritti, troviamo diverse citazioni agli studi sul paranormale, psicoanalisi e sociologia e tra questi, un nome esce in maniera diretta: Carl Gustav Jung. Proprio il concetto di Inconscio Collettivo, in antitesi con quanto sostenuto dal suo maestro Freud (inconscio solamente individuale), è uno dei concetti chiave di titolo: definito come una serie di meccanismi di base, insiti in ogni individuo, l’Inconscio Collettivo è ciò che permette a una società di svilupparsi grazie all’ausilio di concetti chiave in qualche modo pre-impostati in ogni struttura cerebrale, degli Archetipi cui significato varia in base al contesto storico e geografico. Remedy ha reso gli Archetipi “junghiani” vere e proprie presenze fisiche, suddivise in Oggetti del Potere e Oggetti Alterati, un’antitesi che trova unione nel concetto di linguaggio.
Gli Oggetti del Potere sono elementi in grado di racchiudere un potere smisurato, cui la protagonista Jesse Faden farà uso “sbloccando” diverse abilità. Ogni OdP ha un significato ben preciso, esplicitato dalla manifestazione del potere stesso: l’arma multifunzionale del Direttore del Federal Bureau of Control, ad esempio, è uno dei più potenti e manifestazione del concetto di Potere e di Forza. Tra i documenti presenti, scopriamo come quest’arma, abbia cambiato forma nel corso dei secoli, prendendo sembianze diverse in base al contesto storico “vissuto”: si passa così dal Mjölnir (il martello di Thor per intenderci) a una lancia, sino a una pistola nel nostro presente.
 
Si vola!

Tutto questo si scontra con gli Oggetti Alterati, che spesso si manifesteranno come boss fight all’interno del gioco. Questi, non sono altro che elementi che hanno perso il loro intrinseco significato, non riuscendo più a trasmettere quello che in realtà dovrebbero. È come se una penna, che può rappresentare il concetto di scrittura, si dissociasse dalla realtà, trasmettendo un’altra funzione pur mantenendo la stessa forma. Vi è dunque uno scontro, da parte dell’osservatore, tra realtà e percezione che smonta gli Archetipi e ne crea di nuovi, come suggerito dagli studi e letteratura post Jung. Gli Archetipi dunque, non solo sono innati ma possono essere anche costruiti ad hoc e diffusi nella collettività, ed è qui che entra in scena la figura di Jean Baudrillard, sociologo e filosofo francese del novecento.
Percezione e realtà è una dicotomia ben affrontata da quest’ultimo, in cui la costruzione di nuovi archetipi da parte dei governi e diffusi dai media (l’esempio è la Prima Guerra del Golfo), hanno creato una scissione netta tra quello che è effettivamente accaduto e quello percepito dal pubblico, cosa che avviene ormai in ogni momento della nostra vita. Lo scontro tra l’FBC, Jesse e l’Hiss, non è altro che una metafora che analizza uno dei temi più importanti del nostro nuovo secolo, in cui anche l’inconscio può esser manipolato senza alcuna difficoltà. Modificando di volta in volta le tessere del puzzle (archetipi) è possibile modificare la percezione della realtà non solo di un individuo ma anche di un’intera società (1984 docet). Una delle chiavi per affrontare questi temi, e analizzati in Control è anche il concetto di Sincronicità:

«…Come fa un sogno a prevedere il futuro sul piano fisico? Perché un segugio piange per il padrone anche se è morto a miglia di distanza? Il mondo è unito in modi che ancora non riusciamo a capire, e alle volte inciampiamo su queste funi invisibili e ci stupiamo per il risultato…»
 
Non dimentichiamo i legami con Alan Wake

Da questo piccolo estratto di uno dei documenti presenti nel gioco, la sincronicità, termine introdotto da Jung nel 1950, lega effetti a cause non conosciute o non conoscibili, che potrebbero avere valenza di semplice coincidenza. Come la fisica quantistica dimostra o tenta di dimostrare il, nostro universo è connesso in modi che forse non possiamo nemmeno immaginare. Persino i sentimenti potrebbero essere una sorta di “dimensione”, come espresso da Interstellar di Christopher Nolan, in grado di connettere persone lontane nello spazio e nel tempo e in questo caso, siamo ben al di là del “battito d’ali di una farfalla”… Proprio la sincronicità è un modo per superare il contrasto tra realtà e percezione, non solo in campo psicoanalitico ma anche in quello scientifico e spirituale: la protagonista di Control (così come il fratello) è qualcuno cui il livello di sincronicità è tale da unire nello stesso contesto la realtà di tutti i giorni e le azioni dell’Hiss, che normalmente verrebbero viste come aliene e qualcosa che semplicemente non dovrebbe esistere.
Control dunque, ci invita ad andare al di là di quel che vediamo: là fuori potrebbero esserci universi interi da esplorare, in grado di dirci qualcosa in più su noi stessi e su chi e cosa ci sta attorno. Forse ciò che percepiamo come realtà non è altro che un guscio, in cui sentirci al sicuro ma, fortunatamente, ad alcuni questo guscio comincia a star stretto.


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