Umeboshi: le mille virtù della prugna giapponese
Molto presente nella cucina nipponica come condimento o come rimedio della nonna
di Hachi194
Per ottenere l'umeboshi, si prendono i frutti dell'albero Prunus mume quando è ancora acerbo, di solito a giugno, e si mettono in salamoia, all'interno di barili in legno. Oltre al sale si aggiungono foglie di Shiso (laminacea perilla frutescens f. purpurea) che agiscono come antibatterico e che essendo molto ricche di antociani conferiscono il tipico colore rosso. L'umeboshi così ottenuto ha un gusto accentuato acido e salato e conterrà molto calcio, magnesio e ferro dato dall'acido citrico che si è sprigionato dai frutti.
Il procedimento è abbastanza semplice, tanto che spesso è fatto in casa tramandando la tradizione di generazione in generazione. Dopo aver lavato i frutti, si lasciano in infusione nell'acqua fredda per togliere l'amaro. In seguito sono accuratamente scolati ed asciugati con un panno e quindi disposti sul fondo di un recipiente adatto (preventivamente sterilizzato con acqua bollente) e spruzzati o vaporizzati con acquavite.
A questo punto si lavano le foglie di shiso e si mescolano al sale marino, in proporzione di circa 200 grammi per chilo di frutta; quindi si dispone in strati sulle prugne, per favorire la fermentazione. Il recipiente è coperto con un peso per pressare bene i frutti nella loro salamoia. Quando la fermentazione è avvenuta le prugne vengono fatte seccare. Possono essere consumate intere o ridotte in polvere a formare un condimento chiamato shiso momiji.
L'albero di ume è stato introdotto dalla Cina più o meno 1500 anni fa, adattandosi e trasformandosi nel corso degli anni: le umeboshi nipponiche infatti ora sono di forma tonda, carnose e dal gusto acidulo, mentre in Cina sono di forma ovale con la buccia spessa e un sapore amarognolo. La prefettura di Wakayama è il principale produttore di prugne dell'arcipelago.
Molti sono i modi in cui si possono gustare gli umeboshi: il più tipico, come già detto nell'introduzione, è all'interno degli onigiri o posti al centro del riso in scatole di bento.
Ma spesso si usano come condimenti perché annullano l'odore di carne e pesce e nelle insalate grazie al loro sapore acidulo.
Anche se in effetti non tutti gli umeboshi sono acidi: esiste un'ampia varietà di sapori che vanno da quelli salati, a quelli di umami e persino quelli al gusto di kimchi!
Se non avete mai assaggiato l'umeboshi, il consiglio è quello di iniziare con quello al miele, perché mantiene un buon equilibrio tra dolcezza e acidità.
Molte sono le proprietà benefiche di questo alimento principalmente dovute all'alto contenuto in acido citrico, che promuovendo il metabolismo energetico, aiuta a recuperare energie quando si è esauriti.
Questo era noto sin dai tempi antichi: era usatissimo dai samurai per contrastare gli stati di affaticamento e debolezza fisica. Inoltre ha un effetto antiage e aumenta l'appetito, utile soprattutto per combattere l'astenia da caldo in estate.
Essendo depurativo, migliora anche la funzionalità epatica e quindi è perfetto per smaltire i postumi di una sbornia contribuendo ad eliminare le tossine in eccesso ed è utile anche, grazie alle sue proprietà astringenti, in caso di problemi gastro intestinali come nausea (anche da gravidanza), mal d'auto, acidità di stomaco e dissenteria.
L'umeboshi è un prezioso alleato anche per ridurre i sintomi delle malattie stagionali: ha infatti virtù antisettiche in grado di ridurre la febbre e il raffreddore. L’unico caso in cui è sconsigliato è se si soffre di ulcera al duodeno.
Oltre che in salamoia, l'umeboshi si può trovare sotto molte altre forme: come caramelle, dolci, come umami-kombucha, che combina il sapore acidulo della prugna con quello umami del konbu, dando a questo tè un sapore più simile a quello di una zuppa. Per chi invece ama i liquori va assolutamente assaggiato l'ume-shochu, unione di umeboshi e shochu (alcol giapponese) mescolato con acqua calda o fredda o soda.
Fonte consultata:
WowJapan