16 agosto dell’anno S.1208. Grazie alle riparazioni del dopoguerra, la repubblica di Calvard sperimenta una crescita economica senza precedenti, ma la maggiore ricchezza attira anche organizzazioni criminali e disordini pubblici. Nei sotterranei della Capitale di Calvard, un gruppo di delinquenti sta consegnando delle valige a due membri di un'organizzazione mafiosa recentemente in rapida crescita, Almata, ma le trattative si interrompono: i due mafiosi tirano fuori le armi e attaccano il gruppo. Poco dopo la polizia giunge sul posto, costringendo i membri di Almata ed i delinquenti a fuggire senza la merce.  

Nel frattempo, una studentessa di nome Agnès Claudel, sta cercando su Orbal Net informazioni su dove si trovino gli Eight Genesis, dei cimeli del suo bisnonno Claude Epstein, uno dei più grandi scienziati della storia, andati perduti. Utilizzando il "Kitty Engine", un motore di ricerca creato da Renne, sua compagna del liceo, Agnès scopre che lo scorso fine settimana un vecchio globo, corrispondente alla descrizione degli appunti di Epistein, è stato rubato da un negozio di antiquariato. Determinata a recuperarlo, segue il consiglio che le ha dato Renne: fare richiesta all'Arkride Solutions Office, un'agenzia gestita da un "risolutore di problemi" conosciuto con l'epiteto di Spriggan. Cercando il nome in codice "4SPG", riesce a trovare l'indirizzo dell'ufficio, nella "Città Vecchia", dove fa la conoscenza di Van Arkride, il quale accetta qualsiasi tipo di lavoro che non possa essere risolto dalla Bracer Guild o dalla Polizia, legale o meno, purché ne abbia la voglia. Agnès gli presenta quindi la sua richiesta: vuole aiuto per localizzare il globo Eight Genesis. 

Sono passati esattamente vent’anni dall’uscita di Trails in the Sky, primo, storico capitolo della macro-saga “Kiseki” di The Legend of Heroes, ambientata del continente di Zemuria. Quasi la metà di questi vent’anni li abbiamo passati nell’Impero Erebonia e i suoi problematici confini, con la tetralogia di Trails of Cold Steel e il successivo Trails into Reverie, cinque rpg tanto enormi quanto appassionanti che hanno contribuito a far conoscere meglio la serie in occidente, in virtù di meccaniche più moderne e di una maggior diffusione su più sistemi di gioco, con i lunghi tempi di localizzazione quale unico ostacolo rimasto alla serie Falcom per imprimersi maggiormente sul panorama dei giochi di ruolo giapponesi. Nondimeno, con ormai dieci capitoli sul groppone interconnessi tra loro da un world building sempre più esteso e profondo, gli eventuali curiosi spesso si ritrovano frenati sul nascere, soverchiati dalla mole di contenuto che sta assumendo questa saga, e di questa cosa il presidente Toshihiro Kondo ha iniziato a rifletterci già da qualche anno, il prossimo passo dovrebbe essere infatti la realizzazione di remake atti a facilitare l’approdo in questo universo narrativo, nel mentre che la storia giunge alla sua naturale conclusione (secondo Falcom, con Kai no Kiseki saremo all’80% della sua completezza). 

Con The Legend of Heroes: Trails through Daybreak inizia quindi un nuovo capitolo per la saga Falcom, un nuovo inizio che si traduce in nuovi personaggi, nuove ambientazioni, nuove storie, ed è una sensazione che effettivamente ci mancava dal primo Cold Steel. Con una certa affinità tematica a Trails from Zero (sensazione avvalorata anche dal medesimo character designer dei due giochi ambientati a Crossbell, Katsumi Enami), tanto nel suo genere “investigativo” quanto nel suo contesto principalmente urbano, Trails through Daybreak è una vicenda che si articola pian piano su diverse location, costituendosi da capitoli abbastanza corposi raccordati unicamente da un intreccio che, come di consueto, va allargandosi per importanza e complessità, coinvolgendo una dimensione assai sfaccettata, ben più ampia di quella nazionale vista nell’arco di Crossbell e in Reverie. Falcom al solito non fa molto per smorzare la complessità e la densità della propria creatura, proponendo un gioco fra piani narrativi che all’inizio può sembrare lento, e in effetti lo è, come spesso avviene per i “Capitoli I” di ogni saga, un approccio che però ha il merito di dare il giusto spazio ai personaggi e al loro background, cui viene dedicato praticamente un capitolo per ognuno, che sono nuovi e necessitano di tutta l’attenzione per entrare nel cuore dei giocatori nel tentativo di avvicinarsi ai loro predecessori. 

Ancor più del protagonista Van, un adulto disilluso, dalla perenne aria svogliata, un po’ Spike Spiegel, i cui occhi si illuminano solo dinnanzi ad una bella auto sportiva, lontano certamente sia dal senso di giustizia di Lloyd Bannings quanto dal confezionato eroe shonen Rean Schwarzer, sono le eroine, la giovane e ingenua (ma intelligente) Agnés, la misteriosa Judith Lanster e l’inizialmente inafferrabile Elaine Auclaire, a prendersi la scena, con una personalità, spontaneità di dialoghi e giochi di sguardi che Falcom lentamente ha imparato a padroneggiare, con la mancanza di doppiaggio in molte scene come unico veniale difetto della produzione. Feri è la giovanissima jaeger costretta a crescere in fretta, Trails through Daybreak non perde infatti troppo tempo a mostrare scene drammatiche, Aaron ricorda un po’ Randy, ma più giovane e senza quel fare da "fratello maggiore", mentre Renne giganteggia come suo solito. Il ritorno ad un’alternanza tra fasi di storia e side-quest, presenti in un numero forse più alto del necessario, più o meno obbligatorie, più o meno interessanti, rischia di contribuire ad appesantire il ritmo della narrazione, se questo non succede è grazie proprio al carisma dei personaggi e al fascino delle nuove ambientazioni desiderose di essere scoperte.  

Calvard ci è stata descritta a lungo come una Repubblica liberale e cosmopolita, come una sorta di Stati Uniti di questo mondo, contrapposta all’altra grande potenza di Zemuria, ovvero Erebonia, dal potere autoritario, militare ed espansionista, che trova invece come fonte di ispirazione l’Impero Germanico di fine ‘800. Ebbene, oggi abbiamo modo di scoprire tutte le sfaccettature e le contraddizioni di questo enorme paese; Calvard, come tutte le grandi nazioni, ha i suoi problemi e i suoi lati oscuri, ma è anche una nazione ricca di cultura e tecnologicamente avanzata, dal simil-steampunk di Liberl a Calvard ci sembrerà di aver compiuto un balzo di cinquant’anni nel futuro, in un contesto da “Guerra Fredda” che richiama gli anni Sessanta (ma con cellulari e droni), in cui la prossima frontiera sarà la corsa allo Spazio. Ma Calvard è anche un paese ricco di storia oscura e multietnico, dove troviamo Langport, ennesimo omaggio di Kondo a Taiwan e alla ex colonia Hong Kong, con queste rovine di Heilong Cheng Zan che rimandano praticamente alla città murata di Kowloon, e Tharbad, oasi nel deserto arricchitasi in fretta, sostanzialmente Dubai, tutti luoghi raggiungibili tramite comode, e moderne autostrade a sei corsie. Ma questa parte del continente di Zemuria è anche culla dell’antica civiltà zemuriana, così come del grande Impero di Iska nell’estremo oriente del continente (equivalente del Giappone), distrutto da una calamità e oggi ridotto ad una remota città-stato, storia che si allaccerà a quelle del clan Heiyue e Ikaruga, un tempo padroni di queste terre, con l’entrata in scena di un personaggio destinato a diventare molto rilevante nei prossimi capitoli, ovvero la fortissima “Divine Blade of Silver” Shizuna Rem Misurugi. Insomma, con Trails through Daybreak ci sembrerà di aver soltanto scalfito la superfice di questo nuova e decisiva fase della saga Falcom, ma già questo capitolo ha davvero tanto da offrire sia in termini di sviluppi narrativi, con scene di forte impatto, che di contenuto. 

Dopo numerosi capitoli di “rifinitura”, Trails through Daybreak attua finalmente importanti cambiamenti nel sistema di battaglia, così come nella gestione di equipaggiamento di magie e orbment. Allo scopo di rendere più snella l’esplorazione, Falcom ha optato per un’impostazione duplice dell’approccio alla battaglia, che prevede sia un controllo “action” libero, denominato Field Battle, sia un più tradizionale sistema a turni, il Command Battle. Nel momento in cui entriamo in contatto con dei mostri, possiamo effettuare alcuni comandi basici, attacco, schivata e un colpo speciale allo scopo di tramortire i nemici, il tutto utilizzando il solo leader e con la libertà totale di movimento nell’ambientazione. In questa fase però le azioni a disposizione sono, per l’appunto, limitate e contro i nemici più coriacei sarà necessario passare alla modalità Command Battle, effettuando uno Shard Strike, se lo faremo dopo aver tramortito i nemici avremo alcuni vantaggi che ci permetteranno di avere la priorità sugli attacchi e buff annessi. Lo stesso però possono fare i nemici, qualora il nostro personaggio subisca un colpo critico durante la Field Battle saranno loro a partire avvantaggiati. Dopo dieci capitoli in cui sostanzialmente il battle system è rimasto quasi invariato, servirà un po’ di tempo a prendere la mano con queste nuove meccaniche, ma è un sistema molto interessante e dal grande potenziale, va a smorzare sui tempi morti dei combattimenti comuni, senza per questo rinunciare alla profondità tattica della serie, in particolare durante le battaglie contro i boss.  
Altra novità di questo capitolo sono le scelte morali, collocate durante alcuni dialoghi, che andranno ad indirizzare i parametri di Van Law, Grey e Chaos. Non hanno effetti così incisivi sulla trama principale, ma andranno a determinare dei percorsi collocati nel Capitolo 5 con specifici alleati, oltre a dei boss opzionali nel Capitolo finale, ma entrare nello specifico si incapperebbe in facile spoiler.

Anche il sistema di Orbment ha subito delle modifiche. I Master Quartz sono qui sostituiti dagli Holo Core, delle intelligenze artificiali che conferiscono abilità di potenziamento, gli S-Boost. Le categorie elementali degli Orbment e i nomi rimangono invariati ma gli slot si dividono ora in quattro categorie, Weapon, Shield, Drive e Extra, il loro collocamento in questi slot conferisce al personaggio le Shard Skill, ovvero le abilità passive in battaglia. Le Art, ovvero le magie, sono ora incluse all’interno di Arts Driver, ovvero contenitori di Art acquistabili che includono un set di magie predefinito a tema (ad esempio temporale, di fuoco, etc), con giusto una manciata di slot extra personalizzabili; anche questa scelta va a tagliare di molto il tempo che prima si passava all’interno dell’inventario, per gestire ed equipaggiare tutte le magie. Forse per la questione di ambientamento di cui sopra, ho trovato la difficoltà media dei boss leggermente superiore rispetto ai capitoli precedenti (in particolare di Reverie), ma in linea di massima, il gioco è risultato scorrevole senza ricorrere al grinding, nella maggior parte delle situazioni più complesse è stato sufficiente cambiare set-up e accessori. 

Trails through Daybreak inaugura anche il nuovo e a lungo richiesto per la serie motore grafico proprietario, e lo stacco rispetto alla saga di Erebonia è evidente, anche se è bene non aspettarsi una prestanza tecnica in grado di impensierire una PlayStation 5. Diciamo che Falcom ha recuperato un po’ il gap con altri developer giapponesi e a giovare sono in particolare i modelli e le animazioni dei personaggi, mentre la resa degli scenari presenta ampi margini di miglioramento. Ottime come al solito tutte le interpretazioni vocali, al netto di scene non doppiate che smorzano un po’ il coinvolgimento, per quanto sia comprensibile vista la mole di personaggi, in una recente intervista Kondo ha dichiarato che per il solo doppiaggio servono circa tre mesi di lavoro. L’adattamento è sembrato buono, anche se la frase “Bear the Nightmare” per la trasformazione di Van fa un po’ ridere, si poteva scegliere un altro termine. Esperienza fluida su PlayStation, Switch fa decisamente più fatica, ma si può trarre le proprie conclusioni provando la demo disponibile. 

The Legend of Heroes: Trails through Daybreak sarà disponibile dal 5 luglio per PS5, PS4, Switch e PC.

Kuro no Kiseki rimarca la scrupolosa costruzione dal basso che caratterizza questa serie, dimostrandosi stratificato come non mai e riprendendo quel contesto urbano che tanto avevamo apprezzato nell’arco di Crossbell. I personaggi, vecchi e nuovi, hanno la funzione di esaltare differenze culturali in modo da rendere questo mondo ancora più vivido, tra deserti, nuove frontiere tecnologiche e metropoli asiatiche. Con la suadente ambientazione, un sistema rinnovato e l’adozione di un timbro più maturo, l’undicesimo Trails si rivela progressivamente una sorta di "inizio della fase finale” per la ventennale saga Falcom, che dimostra ancora una volta coerenza e zelo, nella sua ricchezza di sfaccettature e forme, che semplicemente non ha eguali nel panorama dei giochi di ruolo nipponici.