Il team italiano Storm in a Teacup non è certo nuovo a produzioni di qualità: già autori di N.E.R.O. – Nothing Ever Remains Obscure e Close to the Sun, e freschi vincitori del premio "Best Action Game" alla Game Developers Conference 2025, gli sviluppatori romani si presentano oggi con l’ambizione di alzare ulteriormente l’asticella, tentando di competere con produzioni di fascia più alta. Forte di figure con grande esperienza nel settore, come il fondatore Carlo Ivo Alimo Bianchi (ex Ubisoft, Square Enix, Crytek), lo studio ha deciso di puntare su una nuova IP – sempre una scommessa, in un panorama così affollato – con un tempismo nella scelta delle tematiche che sembra particolarmente azzeccato: nel 2025, con l’intelligenza artificiale sempre più radicata nella nostra quotidianità, la visione del dottor Archer e il mondo in cui si ritrova a muoversi Zoe, sua figlia, non suonano affatto inverosimili. A nostro avviso, Steel Seed è un prodotto riuscito, che merita attenzione e fiducia, e che dimostra la chiarezza di intenti e la maturità produttiva dello studio. In questa recensione vi spiegheremo bene il perché.
 
Steel Seed La recensione.jpg

Una cosa abbastanza immediata di questo titolo è che è uno di quelli per i quali le influenze sono sin da subito riconoscibili e, intendiamoci, non reputiamo affatto un male questa peculiarità: si spazia da Nier Automata ai due Star Wars Jedi, accogliendo l'ampio spettro di materiale sci-fi e cyberpunk come le opere di Asimov e citazioni ai capisaldi cinematografici quali Blade Runner e RoboCop, portandosi dietro l'intero fardello di dilemmi filosofici che questo comporta. Il risultato? Un mondo futuristico e distopico in cui l’umanità è praticamente già estinta, i piani per una graduale ripopolazione sono appesi ad un filo e, soprattutto, in mano a intelligenze artificiali e a scelte moralmente complesse.

La prima impressione che abbiamo muovendoci nelle splendide e suggestive ambientazioni che si parano davanti a Zoe ed al suo fedele drone volante KOBY, è quella di stare girovagando in un ambiente che non ha neanche provato a considerare l'ipotesi di essere fruibile per gli esseri umani. Asettico, minimale, buio, austero: un mondo concepito esclusivamente da e per robot, macchine con un obiettivo ed una programmazione impostate millenni prima, uno scopo che cercano di portare a termine finché ci sarà energia in loro. L'oscurità opprimente – ma giusta – il senso di smarrimento e la costante presenza di suoni meccanici trasferiscono perfettamente, pad alla mano, tutto quello che gli sviluppatori avevano in mente. Scenograficamente tutto funziona bene e parlando di scelte azzeccate ho apprezzato la volontà di eliminare quasi completamente le OST, perché aiuta concretamente a calarsi nell'atmosfera, mentre il sound design riproduce rumori meccanici e ripetitivi. Non è solo un discorso funzionale però, quanto anche un vero piacere visivo: avanzando nella trama le ambientazioni diventeranno sempre più belle ed evocative, mantenendo un'eccellente coerenza narrativa e dando via via maggior respiro, man mano che anche la conoscenza degli eventi di Zoe e di conseguenza del giocatore, si fanno più profonde. L'esplorazione è poco guidata, costringendoci a osservare bene l'ambiente attorno a noi e a sfruttare i potenziamenti del nostro corpo cibernetico, come il doppio salto, la planata, le camminate sui muri. 
 
Steel Seed Zoe e KOBY.jpg

L'avanzamento nella trama è story driven e non lascia discrezionalità al giocatore che si trova, un po' come Zoe, in balia degli eventi e soprattutto di fronte a situazioni decisamente adrenaliniche e spettacolari, dal forte taglio cinematografico. Vi è una giusta alternanza tra fasi di esplorazione e combattimento e fasi scriptate o più didascaliche ed il gioco, nelle circa 15 ore che occorrono per essere completato a modalità standard e senza raccogliere tutti i collezionabili, non annoia praticamente mai. Parlando più nel dettaglio del combat system, il titolo ha una vaga ispirazione ai soulslike ma senza barra della stamina, con attacchi leggeri, pesanti ed una schivata da sfruttare anche al momento opportuno per massimizzarne l'effetto. Tramite KOBI si avrà accesso ad una serie di abilità a distanza che andranno dai basilari proiettili ad accessori più tattici come mine, trappole acustiche e così via, mentre proseguendo nel gioco si amplierà anche il set di mosse nel corpo a corpo. La realtà però è che il focus principale gira tutto attorno all’approccio stealth, che è di gran lunga la scelta più vantaggiosa: la resistenza ai danni di Zoe è molto scarsa ed un approccio a viso aperto sarà praticamente sempre sconsigliato. Questo almeno fino alle fasi finali di gioco, dove un drastico aumento della curva di difficoltà costringerà il giocatore a trovarsi un paio di volte in una situazione che si era molto probabilmente (ed in maniera coerente con il personaggio) cercato di evitare per tutto il resto della partita, risultando abbastanza spiazzante. La varietà dei nemici non è ampia, ci troveremo di fronte a sei diversi robot e, seppur si sarebbe potuto osare un po' di più in tal senso, non è una cosa che pesa durante il gioco. In questo senso la calibrazione della durata della partita è stata una scelta saggia: allungare il brodo inutilmente avrebbe generato soltanto un continuo riproporsi delle stesse meccaniche.

Complessivamente il gameplay colpisce per fluidità e reattività in ogni aspetto. Combattere e muoversi per la mappa diventano molto presto gesti naturali e ben implementati sia nel design dei livelli che nella user experience del gioco. In generale il titolo non vuole essere punitivo anzi; i checkpoint sono piuttosto ravvicinati e cadere durante i nostri spostamenti non determinerà la morte ma soltanto la perdita di circa 1/3 dell'energia. Ben strutturati i puzzle ambientali da superare anche con l'aiuto di KOBY, del quale si potrà letteralmente prendere il controllo ed utilizzarlo sia per la risoluzione di enigmi che come marcatore dei bersagli per riuscire meglio nelle sezioni stealth. L'IA è in generale buona, i nemici indagheranno situazioni sospette e non si arrenderanno facilmente nella ricerca, mentre in combattimento sceglieranno un posizionamento a loro vantaggioso, evitando di mettersi in situazioni sfavorevoli.
 
Steel Seed Stealth.jpg

Chiudiamo questa recensione parlando della trama di Steel Seed, evitando ovviamente qualsiasi spoiler. La storia, pur non brillando per originalità, è ben articolata e spiegata attraverso una narrazione che si dipana bene. Quello su cui un po' il gioco si perde è sulla chance di farci davvero affezionare ed empatizzare con i vari personaggi che, forse anche per mancanza di tempo e di sufficienti interazioni, non riescono ad entrarci tanto nel cuore da permettere alle loro vicende di colpirci particolarmente in profondità. Ad esempio, mentre la storia di Zoe e della sua famiglia ci sembra troppo distante per poterci coinvolgere, KOBY è un personaggio che si sarebbe potuto sfruttare tantissimo, ma la scelta di rendere le sue comunicazioni con lui una serie di bip che solo la protagonista può interpretare (in stile wall-e ma senza la sua espressività a schermo), ha impedito di farmi sentire davvero parte di questo profondo legame che i due creano. Ciò detto permane il giudizio positivo anche in quest'ambito: lungo tutta la partita non ci sono mai cali di tensione ed il climax finale è ben costruito per generare nel giocatore la voglia di conoscere ed affrontare la conclusione degli eventi. Quello che invece resta molto più impresso è l'aspetto psicologico e filosofico che ha portato alla situazione raccontata nel gioco, quella che in gergo si definisce lore ed il cui racconto viene, come da tradizione, per gran parte parzialmente affidato ai documenti che si trovano in giro. Le motivazioni che hanno spinto il dr. Archer a compiere le sue scelte, le modalità di attuazione di questo piano, i dilemmi etici dati dal ricorrere ad una soluzione così estrema, sono anche tristemente attuali, forse per questo così ben rappresentati.

Tecnicamente il titolo è di livello molto alto: Steel Seed è un titolo visivamente sbalorditivo, che punta a stupire con la grafica, ma anche – come abbiamo detto – a coinvolgere con ambienti vivi, reattivi e immersivi. Nonostante la nostra prova su PC sia di una versione pre-release non possiamo segnalare criticità che ne compromettano la piena funzionalità. Per realizzare quello che gli sviluppatori avevano in mente è stato indispensabile sfruttare al meglio l'Unreal Engine 5, che permette di generare un comparto grafico capace di stupire per livello di dettaglio e atmosfera, grazie anche all'uso di tecnologie come Lumen (che che consente un’illuminazione globale dinamica e riflessi in tempo reale) e Nanite (permette di gestire milioni di poligoni in tempo reale, aumentando enormemente il dettaglio di ogni oggetto). 
 
Steel Seed World.jpg
Conclusioni
Amalgamando con efficacia la visione degli sviluppatori alle potenzialità offerte dall’Unreal Engine 5, Steel Seed si presenta come un titolo visivamente sbalorditivo, capace di immergere il giocatore in ambienti austeri e a tratti angoscianti, sospesi in un'affascinante atmosfera dark sci-fi. È costruito attorno a un’atmosfera di forte impatto visivo ed emotivo, dove scenografia e level design diventano strumenti narrativi fondamentali per farci vivere il mondo post apocalittico immaginato da Storm in a Teacup. Fasi ad alto tasso adrenalinico e cinematografico si alternano a momenti di esplorazione, tra enigmi ambientali e scontri, per lo più in stealth, contro macchine prive di coscienza. La durata del titolo – circa 15 ore – è giusta, ma la narrazione risente della mancata costruzione di un numero sufficiente di interazioni per farci davvero affezionare a eventi e personaggi. La trama è funzionale e regge bene l’esperienza, ma è la lore, costruita con cura e profondità, a dare spessore e significato all’intera avventura, affrontando dilemmi morali e filosofici che ci riguardano sempre più da vicino. È un titolo che merita senz’altro una possibilità, soprattutto per chi ama le tematiche che mettono in discussione il confine tra uomo e macchina, coscienza e sopravvivenza.