Prosegue la collaborazione tra AnimeClick.it e Una Stanza Piena di Manga, blog dedicato al fumetto giapponese, che, pur dando un'indubbia importanza ai “classici del manga”, presenta anche approfondimenti dedicati a titoli più recenti.
In questa rubrica aperiodica andremo a riportare le analisi di questi manga, per la maggior parte inediti in Italia, così da far conoscere ai nostri lettori alcuni titoli di sicuro interesse, benché forse poco noti, e magari convincere qualche editore italiano a curare un'edizione per il nostro Paese.
Alcune di queste analisi potrebbero contenere spoiler più o meno pesanti sulla trama dell'opera analizzata (finale compreso), per cui all'inizio di ogni recensione verrà segnalato il “livello” di spoiler presente.
P. S. Gli interessati possono seguire Una Stanza Piena di Manga anche su facebook.
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L'appuntamento odierno è con Umi no aria, manga in 2 volumi di Moto Hagio del 1989. La recensione contiene moderati spoiler sulla trama dell'opera.
Autore: Hagio Moto
Anno di prima pubblicazione: 1989
Numero di volumi: 2
Edizione consultata: Shōgakukan bunko
Editore: Shōgakukan
Pubblicato tra il 1989 e il 1991 sulle pagine di «Asuka», Umi no aria (Aria del mare) si inserisce a pieno titolo nel filone fantascientifico creato da Hagio Moto (n.1949), accanto a lavori come Mājinaru (Marginal, 1985-87) e Abunai oka no ie (La casa sulla pericolosa collina, 1992-94). Analizzando quest’opera in una prospettiva più ampia, però, non si faticheranno a individuare analogie e tratti comuni con altri suoi manga di stampo non fantascientifico, magari rielaborati o riadattati per ovvie esigenze narrative. Anche se Umi no aria non è di certo la sua opera più rappresentativa e conosciuta, è bene anticipare che al suo interno trovano spazio temi di notevole interesse e spessore.
Trama
Una mattina di agosto, quattro amici escono in mare aperto con due piccole imbarcazioni a vela. Una tempesta li coglie di sorpresa e uno di loro, Abel, scompare inghiottito dalle onde. Nessuno riesce a darsi pace per questa improvvisa perdita e tutta la responsabilità viene fatta ricadere su Colin, il fratello più piccolo del ragazzo. Anche se il mare non ne ha restituito il corpo, la famiglia celebra ugualmente la dipartita con un solenne funerale. Quel corpo, però, arriva fino a Okinawa: il ragazzo è vivo, ma appare profondamente cambiato, non riesce a parlare né a comprendere il linguaggio degli esseri umani. In compenso, dimostra notevoli doti musicali. E’ realmente Abel o è soltanto un ragazzo che gli somiglia? Appresa la notizia, Colin e gli altri due amici partono alla volta di Okinawa e si convincono che quel ragazzo, nonostante tutto e tutti, è proprio il loro Abel creduto morto. Ritornato a Tokyo, inizia per lui un faticoso periodo di “rieducazione”: Colin gli insegna ogni cosa, a partire dal linguaggio e dalla comunicazione. L’arrivo a scuola di Ariado - un extraterrestre che si finge un professore di musica - complica ulteriormente le vicende: Ariado è in realtà un “player” (un esecutore, un musicista) in cerca del suo “strumento musicale”, un organismo vivente che, nella fuga, si era appropriato del corpo senza vita di Abel. Lo scopo del professore è, ovviamente, rientrarne in possesso, anche se il suo strumento ha ora le fattezze di un essere umano.Considerazioni
L’edizione in formato bunko sembra - inconsapevolmente - dividere la storia in due parti, ciascuna delle quali mette a fuoco due personaggi distinti: nella prima Abel e nella seconda Ariado. Ne consegue che anche la narrazione tende a favorire temi introspettivi e d’identità nella prima parte, più fantascientifici nella seconda. La prima parte è quella più convincente, forse perché la Hagio cerca di vivisezionare con un bisturi l’animo dei suoi personaggi, mostrandone debolezze e lati oscuri. Essendo stato pubblicato prima di quel capolavoro nero che è Zankokuna kami ga shihai suru (Nelle mani di un Dio crudele, 1992-2001), Umi no aria sembra anticiparne alcuni temi chiave che vorrei sintetizzare di seguito:
- famiglia: ancora una volta, Hagio Moto sembra interessata a sviluppare la trama attorno a un complesso rapporto tra due fratelli, tra invidie e gelosie. Colin arriva quasi a odiare il fratello “perfetto”, amato e idolatrato da tutti; si sente messo in disparte, rifiutato da un padre che sembra non considerarlo affatto. Come le gemelle del racconto Hanshin (Semi-Dio, 1984), anche in Umi no aria la felicità di uno dei fratelli è legata alla scomparsa o alla morte dell’altro. La figura “ingombrante” di Abel è l’unico ostacolo alla felicità di Colin e a quell’amore paterno tanto anelato quanto più negato.
- abusi: se in Zankokuna kami ga shihai suru Jeremy è vittima degli abusi del patrigno, in Umi no aria è Abel a essere oggetto delle morbose attenzioni del medico della scuola. Gli incubi legati a quelle violenze, lungi dal dissolversi anche dopo la morte, si materializzano ancora nella testa del “nuovo” Abel, pronto finalmente a vendicarsi.
- segreti: una delle scene più angoscianti e forti di Zankokuna kami ga shihai suru è quando Ian si rende finalmente conto di che tipo di uomo fosse il padre. Non era il genitore premuroso che aveva amato per tanti anni, ma un aguzzino, un sadico, un manipolatore, un violento. Lo stesso avviene - seppur non in maniera così forte - anche in Umi no aria quando Colin scopre lati del fratello a lui ignoti: il biondo e affabile Abel non era altro che uno spregevole calcolatore, un ricattatore miserevole e squallido.
Se, dunque, la prima parte può far sfoggio di un plot misterioso costruito sulla falsariga del ritorno di Martin Guerre, la seconda parte abbandona questo sentiero in favore di una narrazione meno introspettiva e più avventurosa (rapimenti, ispettori spaziali, memorie cancellate). Ciò non toglie nulla alla storia, anche se risulta più frammentaria (troppi mini-plot) e a tratti confusionaria. Sorprendente - ma poco sviluppato - il tema di una società in cui non è contemplato il concetto di “amicizia” e dove neppure il dizionario ne fornisce una definizione. Il finale scioglie in parte i misteri, lasciandone irrisolti alcuni e, soprattutto, lasciando il lettore con la classica delle domande: “cosa accadrà dopo?”.
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