Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).
I titoli al momento disponibili sono:
[ANIME] Mushishi Special: Hihamukage (Scadenza: 12/4/2015)
[LIVE] Piece (Scadenza: 19/4/2015)
[ANIME] Mujaki no rakuen (Scadenza: 22/4/2015)
[MANGA] White Haired Devil (Scadenza: 26/4/2015)
Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi torniamo nel 1990, con i manga Yu degli spettri, Tokyo Babylon e Hime-chan no Ribbon.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Yu degli Spettri
9.0/10
Recensione di mastersilver88
-
Mai lettura di shounen mi fu più lieta, escluso Dragon Dai, ovviamente!
Avevo già visto la serie TV (o almeno, fino al torneo con i fratelli Toguro), e con un affarone ho comprato la serie in blocco (e letta famelicamente in circa 3 giorni).
Beh che dire? Mi è piaciuta, così come mi piace ogni genere di storia che tratta di demoni, spiriti, morti, fantasmi e compagnia cantante. Purtroppo non so quanto riuscirò ad essere obbiettiva in questa recensione!
La storia rientra nel classico genere sovrannaturale, sinceramente non me ne vengono in mente di similari, a parte un certo pezzo di Dragon Ball, dove la tematica dell'aldilà è comunque trattata in maniera superficiale.
Decisamente, a questo shounen manca la superficialità: i personaggi hanno il loro classico level up, momento di sconfitta e di "resurrezione", ma nel frattempo vivono nella loro realtà (il Giappone anni '90), affrontano tematiche reali e non (bullismo, suicidio giovanile, demoni impazziti, e per gli altri leggetevi la storia eh!), e ovviamente se c'è di mezzo Yusuke Urameshi la soluzione sarà un bel calcio nelle parti basse o un pugno pronto a spezzarti la faccia. Tranquilli, ogni singolo pugno o calcio viene sferrato con logica semplice e disarmante, nessuna scazzottata è gratuita, nessuno sputo di sangue, o budella impazzita. Ogni singolo pensiero emesso da ogni personaggio, che sia umano o non, vivo o non, è armato di logica e di senso, nulla nella storia è lasciato al caso (tralasciando i momenti di calo dell'autore e le storielle bonus dell'ultimo volume). E questo direi che è un punto di forza di questa storia, una di quelle cose che ti fa dire "cavolo, anch'io avrei voluto scrivere e disegnare una storia così tosta!", penso che riuscire a dire cose vere ed attuali parlando non necessariamente della realtà con tono lagnoso o di autocommiserazione sia un pregio di pochi autori, e, nel bene o nel male, Mr. Togashi è uno di loro (in questo caso).
Ok lo ammetto, in alto c'è scritto che è "solo" uno shounen, ma in molti altri casi si trova scritto "seinen/josei" e non si trovano contenuti o disegni decenti.
I disegni sono particolari, Togashi è uno di quei mangaka che riconosci dal segno anche a distanza, specialmente per la passione per le pieghe dei vestiti, di cui riempie i personaggi. A me personalmente piace molto, trovo che un disegno personale ed espressivo sia fondamentale per un fumettista.
La pecca di questo fumetto, che a me è comunque piaciuta e mi ha fatto decisamente ridere, è che l'autore da un certo volume in poi inizia a venir meno al disegno.
Spiego meglio: nel volume 1 i disegni sono quello che sono, mano a mano migliorano e raggiungono l'apice nella descrizione dei personaggi e degli ambienti, ma dal volume 15 si assiste alla discesa negli inferi dei retini, mentre i fondali iniziano ad essere rapiti da creature misteriose e l'inchiostrazione si sintetizza sempre più, arrivando a tavole scarne, con vignette che mi hanno lasciato il sospetto fossero addirittura matite scansionate coi toni del nero, segni sporchi e dinamici (esempio, vol. 19 pag 12, lì ho riso come una pazza lo ammetto, e le magnifiche pagg 34/35 del vol 18, per non parlare dello stesso volume a pag 21, con un mezzobusto di un personaggio così sporco da farmi pensare a un sottile delirio dato da un'unione tra Kentaro Miura e Takehiko Inoue!).
E, lo ammetto, mi sono piaciute, terribilmente! In un manga del 1990 trovare certi segni, macchie, dinamismi che si intravedono a malapena nelle tavole e negli schizzi inchiostrati in modo "fossilizzante" da Hiroshi Shiibashi nel suo "I signori dei mostri" (2008), beh, mi emoziona.
Lo so che li è mancanza di voglia di lavorare (ed è per questo che ci ho riso su), però funzionano, narrano, sono piazzati in momenti dove la storia viene a mancare per svogliatezza ma viene aiutata e sorretta solo da disegni, in una corsa finale verso l'ultima pagina che ha fatto correre pure me lettore.
I volumetti sono i classici Star Comics fine anni '90, avendoli presi usati (e probabilmente chi me li ha venduti li ha tenuti in un luogo caldo e asciutto,oltre che stretti come sardine) si erano un poco "seccati", i primi scricchiolavano ma non c'è stata nessuna scollatura grave (grazie Star Comics che hai fatto per prima i segni sulla copertina per piegare il cartone!).
Il mio voto poteva essere più alto (circa un 13 direi), ma mi terrò sul 9, sapendo che sono molto sul soggettivo e che desideravo da tanto questo fumetto, ne consiglio la lettura perché è piacevole da leggere, non annebbia troppo il cervello e ogni tanto ti dà quel colpo allo stomaco che fa sempre bene mettere in ogni storia.
Se pensate che il nostro mondo non sia come sembra, se sentite ribollire qualcosa di strano nel vostro sangue, se sentite voci e sguardi nel vuoto della vostra stanza, se volete porvi un bel po di domande, questo è il manga che fa per voi. In fondo, chi è peggio tra gli spettri e gli umani?
Avevo già visto la serie TV (o almeno, fino al torneo con i fratelli Toguro), e con un affarone ho comprato la serie in blocco (e letta famelicamente in circa 3 giorni).
Beh che dire? Mi è piaciuta, così come mi piace ogni genere di storia che tratta di demoni, spiriti, morti, fantasmi e compagnia cantante. Purtroppo non so quanto riuscirò ad essere obbiettiva in questa recensione!
La storia rientra nel classico genere sovrannaturale, sinceramente non me ne vengono in mente di similari, a parte un certo pezzo di Dragon Ball, dove la tematica dell'aldilà è comunque trattata in maniera superficiale.
Decisamente, a questo shounen manca la superficialità: i personaggi hanno il loro classico level up, momento di sconfitta e di "resurrezione", ma nel frattempo vivono nella loro realtà (il Giappone anni '90), affrontano tematiche reali e non (bullismo, suicidio giovanile, demoni impazziti, e per gli altri leggetevi la storia eh!), e ovviamente se c'è di mezzo Yusuke Urameshi la soluzione sarà un bel calcio nelle parti basse o un pugno pronto a spezzarti la faccia. Tranquilli, ogni singolo pugno o calcio viene sferrato con logica semplice e disarmante, nessuna scazzottata è gratuita, nessuno sputo di sangue, o budella impazzita. Ogni singolo pensiero emesso da ogni personaggio, che sia umano o non, vivo o non, è armato di logica e di senso, nulla nella storia è lasciato al caso (tralasciando i momenti di calo dell'autore e le storielle bonus dell'ultimo volume). E questo direi che è un punto di forza di questa storia, una di quelle cose che ti fa dire "cavolo, anch'io avrei voluto scrivere e disegnare una storia così tosta!", penso che riuscire a dire cose vere ed attuali parlando non necessariamente della realtà con tono lagnoso o di autocommiserazione sia un pregio di pochi autori, e, nel bene o nel male, Mr. Togashi è uno di loro (in questo caso).
Ok lo ammetto, in alto c'è scritto che è "solo" uno shounen, ma in molti altri casi si trova scritto "seinen/josei" e non si trovano contenuti o disegni decenti.
I disegni sono particolari, Togashi è uno di quei mangaka che riconosci dal segno anche a distanza, specialmente per la passione per le pieghe dei vestiti, di cui riempie i personaggi. A me personalmente piace molto, trovo che un disegno personale ed espressivo sia fondamentale per un fumettista.
La pecca di questo fumetto, che a me è comunque piaciuta e mi ha fatto decisamente ridere, è che l'autore da un certo volume in poi inizia a venir meno al disegno.
Spiego meglio: nel volume 1 i disegni sono quello che sono, mano a mano migliorano e raggiungono l'apice nella descrizione dei personaggi e degli ambienti, ma dal volume 15 si assiste alla discesa negli inferi dei retini, mentre i fondali iniziano ad essere rapiti da creature misteriose e l'inchiostrazione si sintetizza sempre più, arrivando a tavole scarne, con vignette che mi hanno lasciato il sospetto fossero addirittura matite scansionate coi toni del nero, segni sporchi e dinamici (esempio, vol. 19 pag 12, lì ho riso come una pazza lo ammetto, e le magnifiche pagg 34/35 del vol 18, per non parlare dello stesso volume a pag 21, con un mezzobusto di un personaggio così sporco da farmi pensare a un sottile delirio dato da un'unione tra Kentaro Miura e Takehiko Inoue!).
E, lo ammetto, mi sono piaciute, terribilmente! In un manga del 1990 trovare certi segni, macchie, dinamismi che si intravedono a malapena nelle tavole e negli schizzi inchiostrati in modo "fossilizzante" da Hiroshi Shiibashi nel suo "I signori dei mostri" (2008), beh, mi emoziona.
Lo so che li è mancanza di voglia di lavorare (ed è per questo che ci ho riso su), però funzionano, narrano, sono piazzati in momenti dove la storia viene a mancare per svogliatezza ma viene aiutata e sorretta solo da disegni, in una corsa finale verso l'ultima pagina che ha fatto correre pure me lettore.
I volumetti sono i classici Star Comics fine anni '90, avendoli presi usati (e probabilmente chi me li ha venduti li ha tenuti in un luogo caldo e asciutto,oltre che stretti come sardine) si erano un poco "seccati", i primi scricchiolavano ma non c'è stata nessuna scollatura grave (grazie Star Comics che hai fatto per prima i segni sulla copertina per piegare il cartone!).
Il mio voto poteva essere più alto (circa un 13 direi), ma mi terrò sul 9, sapendo che sono molto sul soggettivo e che desideravo da tanto questo fumetto, ne consiglio la lettura perché è piacevole da leggere, non annebbia troppo il cervello e ogni tanto ti dà quel colpo allo stomaco che fa sempre bene mettere in ogni storia.
Se pensate che il nostro mondo non sia come sembra, se sentite ribollire qualcosa di strano nel vostro sangue, se sentite voci e sguardi nel vuoto della vostra stanza, se volete porvi un bel po di domande, questo è il manga che fa per voi. In fondo, chi è peggio tra gli spettri e gli umani?
Tokyo Babylon
8.0/10
Il binomio CLAMP - opere interrotte è spesso e volentieri tirato in ballo quando si parla del celebre quartetto di mangaka, madri di opere del calibro di "X/1999", "Chobits" e "Tokyo Babylon". E proprio perché si parla di una delle due opere in questione voglio premettere fin da subito che il giudizio dell'opera in questione è sicuramente compromesso da questo cattivo rapporto con i finali che le autrici si portano dietro sin dai loro albori.
"Tokyo Babylon" è sicuramente un manga di protesta; Tokyo, come le biblica Babele, è un mostro di slealtà, finto perbenismo, aggressività ed egoismo diffuso, un mostro che soffoca letteralmente i puri di cuore che vi abitano, guadagnandosi persino l'odio dei propri cittadini. Il protagonista delle vicende che si sviluppano in questo scenario degradato è Subaru, tredicesimo caposcuola di dell'arte magica Onmyodo per la famiglia Sumeragi, giovane studente col sogno di diventare veterinario, impegnato nella lotta contro creature mistiche e malvagie che infestano la già di suo minacciosa metropoli nipponica.
Il manga, partendo da una serie di vicende scollegate, si evolve tramite lo sviluppo dei suoi personaggi e di una trama di fondo, fino a formare quasi un unicum nei volumi finali. I disegni sono accurati, spesso fantastici e dai dettagli raffinati, un lavoro quasi tendente al virtuosismo quello delle autrici, che se da un lato curano così tanto i particolari dei protagonisti, dall'altro tralasciano talvolta una descrizione più completa di sfondi e ambientazioni. Tuttavia sono altri due i fattori che rendono "Tokyo Babylon" un ottimo manga: la regia e i personaggi.
Le CLAMP sono famose per un'impostazione delle proprie tavole quanto meno atipica; può piacere o meno, ma bisogna riconoscere che in quest'opera è geniale. Le vignette non seguono mai ordini prestabiliti, variano in forme e dimensioni, spesso di compenetrano, vengono riempite con retini dalle fantasie più strane e astratte, un lavoro che eleva l'opera ad un livello surreale, almeno quanto quello della scena rappresentata; i combattimenti di Subaru, le formule e le tecniche magiche, sembrano prendere vita in uno spazio indefinito e apparentemente in espansione, che circonda e sospende il lettore con la sua aura mistica e talvolta lugubre.
Altro aspetto fondamentale di "Tokyo Babylon" sono i personaggi, e in particolare la loro psicologia. Il fatto che quest'opera sia definita, appunto, psicologica è da imputare alla varietà di tipi umani degradati o corrotti che le autrici riescono a mettere in scena nella Tokyo descritta; la purezza di cuore, che a contatto con la corruzione della società porta l'individuo a essere completamente alienato e che, senza poter riscontrare i propri valori, diviene incapace di provare affetto o amore per qualcuno; la debolezza e l'altruismo, che divengono causa di debolezza e non più motivo di lode; la solitudine, che diventa causa di ossessione e attaccamento morboso verso chiunque dimostri anche solo un po' di affetto; l'incapacità di provare un qualsiasi sentimento, che porta alla sperimentazione delle azioni più estreme, dall'autolesionismo all'omicidio, pur trovare uno scampo.
Il motivo per cui la godibilità di quest'opera è sicuramente limitata è proprio il finale, che in perfetto stile CLAMP, è avventato, non conclude per niente la serie e rimanda ad un'altra opera, cioè X/1999, per poter vedere la serie conclusa. Quindi, nonostante "Tokyo Babylon" mi sia davvero piaciuto, dalla trama ai personaggi e dal disegno alla regia, mi sento di assegnare solo un 8, con un bel po' di rammarico.
"Tokyo Babylon" è sicuramente un manga di protesta; Tokyo, come le biblica Babele, è un mostro di slealtà, finto perbenismo, aggressività ed egoismo diffuso, un mostro che soffoca letteralmente i puri di cuore che vi abitano, guadagnandosi persino l'odio dei propri cittadini. Il protagonista delle vicende che si sviluppano in questo scenario degradato è Subaru, tredicesimo caposcuola di dell'arte magica Onmyodo per la famiglia Sumeragi, giovane studente col sogno di diventare veterinario, impegnato nella lotta contro creature mistiche e malvagie che infestano la già di suo minacciosa metropoli nipponica.
Il manga, partendo da una serie di vicende scollegate, si evolve tramite lo sviluppo dei suoi personaggi e di una trama di fondo, fino a formare quasi un unicum nei volumi finali. I disegni sono accurati, spesso fantastici e dai dettagli raffinati, un lavoro quasi tendente al virtuosismo quello delle autrici, che se da un lato curano così tanto i particolari dei protagonisti, dall'altro tralasciano talvolta una descrizione più completa di sfondi e ambientazioni. Tuttavia sono altri due i fattori che rendono "Tokyo Babylon" un ottimo manga: la regia e i personaggi.
Le CLAMP sono famose per un'impostazione delle proprie tavole quanto meno atipica; può piacere o meno, ma bisogna riconoscere che in quest'opera è geniale. Le vignette non seguono mai ordini prestabiliti, variano in forme e dimensioni, spesso di compenetrano, vengono riempite con retini dalle fantasie più strane e astratte, un lavoro che eleva l'opera ad un livello surreale, almeno quanto quello della scena rappresentata; i combattimenti di Subaru, le formule e le tecniche magiche, sembrano prendere vita in uno spazio indefinito e apparentemente in espansione, che circonda e sospende il lettore con la sua aura mistica e talvolta lugubre.
Altro aspetto fondamentale di "Tokyo Babylon" sono i personaggi, e in particolare la loro psicologia. Il fatto che quest'opera sia definita, appunto, psicologica è da imputare alla varietà di tipi umani degradati o corrotti che le autrici riescono a mettere in scena nella Tokyo descritta; la purezza di cuore, che a contatto con la corruzione della società porta l'individuo a essere completamente alienato e che, senza poter riscontrare i propri valori, diviene incapace di provare affetto o amore per qualcuno; la debolezza e l'altruismo, che divengono causa di debolezza e non più motivo di lode; la solitudine, che diventa causa di ossessione e attaccamento morboso verso chiunque dimostri anche solo un po' di affetto; l'incapacità di provare un qualsiasi sentimento, che porta alla sperimentazione delle azioni più estreme, dall'autolesionismo all'omicidio, pur trovare uno scampo.
Il motivo per cui la godibilità di quest'opera è sicuramente limitata è proprio il finale, che in perfetto stile CLAMP, è avventato, non conclude per niente la serie e rimanda ad un'altra opera, cioè X/1999, per poter vedere la serie conclusa. Quindi, nonostante "Tokyo Babylon" mi sia davvero piaciuto, dalla trama ai personaggi e dal disegno alla regia, mi sento di assegnare solo un 8, con un bel po' di rammarico.
Hime-chan no ribbon è un manga del 1990 di Megumi Mizusawa noto in Italia per il relativo anime "Un fiocco per sognare, un fiocco per cambiare". Planet Manga lo propone al pubblico nostrano in una edizione (la cosiddetta bunko, più spessa e più piccola di un normale tankobon) per una volta pregevole, con tanto di sovraccoperta a colori e pagine bianchissime, lucidissime e, unica pecca, trasparentissime. Ne valeva la pena, dopo tanti anni? Secondo il mio giudizio sì: "Hime-chan" si conferma un majokko eccezionale, capace di non invecchiare di un giorno e al tempo stesso di incarnare le migliori qualità della sua generazione.
La trama è risaputa, ma vale sempre la pena elencarla: Himeko Nonohara è una ragazzina di tredici anni molto vivace e intraprendente, che però si duole per essere reputata un maschiaccio. Un giorno viene avvicinata dalla principessa del regno della magia Erika che le propone un patto: la fanciulla sarà osservata a distanza per un anno, in cambio riceverà in prestito un fiocco magico che le consentirà di trasformarsi e di parlare con l'amico di sempre Pokota. È solo l'inizio di una serie di rocambolesche avventure che coinvolgeranno Himeko, i suoi amici e i suoi improvvisati rivali.
Hime-chan no ribbon è quindi un majokko convenzionale, erede di Stilly/Atsuko, Yu e Mai, ragazze ugualmente capaci di assumere identità a lungo sospirate con un pizzico di magia. La morale di questo tipo di storie è ovvia: imparare a accettare sé stessi passando per l'aspetto di altri, accantonare così la voglia di crescere in fretta tipica di un'età così incerta, segnata da improvvisi ardori e cocenti delusioni.
Ciò che permette a "Hime-chan" di emergere, a volte perfino di superare la concorrenza, è il sapiente dosaggio dei seguenti ingredienti: un disegno curato, una protagonista trascinante, una storia genuina e priva di malizia. Con il tacito consenso del lettore andrò ad approfondire ciascuno di essi.
Sui disegni c'è poco da dire: sono quanto di meglio abbia mai offerto il genere di appartenenza. Si può amare o meno il lo stile anni '90, ma bisogna riconoscere alla Mizusawa un segno perfetto, delicato e perfettamente in linea con le storie che racconta. I personaggi sono caratterizzati con pochi elementi distintivi, privi di feticci estetizzanti che con gli anni hanno portato a distinguere la popolazione shoujo tra bellocci e tenerelli/e. Meritano lodi pure le assistenti per la perizia nell'applicazione dei retini e nella rappresentazione di prospettive e ambientazioni non semplici. La composizione delle tavole è piuttosto ordinata e facilita la lettura senza risultare artificiosa.
Per parlare di Himeko Nonohara dovrei iniziare da me e da tutte coloro che alla sua età si sono sentite come lei, esuberanti ma poco femminili e per questo scarsamente desiderabili. E' una ragazzina goffa e capricciosa, dotata però di una purezza e di una spontaneità che altre eroine più "giovani" (in termini di pubblicazione) e leziose possono solo invidiare. Il suo percorso verso la maturità è reso in maniera estremamente naturale e ciò la rende empatica in classe come tra i lettori; difficile quindi non appassionarsi di fronte alle sue vicende, specie quando riguardano l'amicizia indissolubile con Pokota o la tenera complicità con Kobayashi. I comprimari, sebbene un filo stereotipati, sono simpatici e tratteggiati con adeguata cura, ma la principessa del manga è senza dubbio lei.
Ultima, per ordine ma non per rilevanza, è la storia. Hime-chan no ribbon offre una panoramica ariosa e frizzante sulla vita alle scuole medie giapponesi, ancor prima di una scoppiettante storia di magia; questo perché la protagonista non ha nemici da sconfiggere oltre sé stessa. Sebbene le difficoltà poste sul suo cammino siano numerose hanno spesso una dimensione intima, familiare: realizzare un bello spettacolo teatrale, riappacificarsi con un amico, sconfiggere i pettegolezzi, risolvere una questione amorosa e via dicendo, imprese che ai lettori più grandicelli possono sembrare banali, ma che per un adolescente hanno un valore immenso. Himeko, con il suo infinito entusiasmo per la vita e la capacità di non arrendersi mai, offre un esempio valido a tutte le generazioni senza cadere nella pedagogia, anzi strappando a più riprese grasse risate.
Si possono trovare dei difetti nella narrazione, come il reiterarsi di certi concetti per marcarli a fuoco nella testa dei lettori - "a Pokota mancano X mesi per tornare un peluche inanimato","Daichi è buono e gentile" - o la sterzata buonista del finale, ma sono invero poca cosa rispetto a quanto di buono questo manga ha da offrire. Se vi piacciono minimamente le storie di maghette, o anche solo avete la curiosità di provare uno shoujo di altri tempi non fatevi fuggire Hime-chan no ribbon. Girella a parte, è davvero delizioso.
La trama è risaputa, ma vale sempre la pena elencarla: Himeko Nonohara è una ragazzina di tredici anni molto vivace e intraprendente, che però si duole per essere reputata un maschiaccio. Un giorno viene avvicinata dalla principessa del regno della magia Erika che le propone un patto: la fanciulla sarà osservata a distanza per un anno, in cambio riceverà in prestito un fiocco magico che le consentirà di trasformarsi e di parlare con l'amico di sempre Pokota. È solo l'inizio di una serie di rocambolesche avventure che coinvolgeranno Himeko, i suoi amici e i suoi improvvisati rivali.
Hime-chan no ribbon è quindi un majokko convenzionale, erede di Stilly/Atsuko, Yu e Mai, ragazze ugualmente capaci di assumere identità a lungo sospirate con un pizzico di magia. La morale di questo tipo di storie è ovvia: imparare a accettare sé stessi passando per l'aspetto di altri, accantonare così la voglia di crescere in fretta tipica di un'età così incerta, segnata da improvvisi ardori e cocenti delusioni.
Ciò che permette a "Hime-chan" di emergere, a volte perfino di superare la concorrenza, è il sapiente dosaggio dei seguenti ingredienti: un disegno curato, una protagonista trascinante, una storia genuina e priva di malizia. Con il tacito consenso del lettore andrò ad approfondire ciascuno di essi.
Sui disegni c'è poco da dire: sono quanto di meglio abbia mai offerto il genere di appartenenza. Si può amare o meno il lo stile anni '90, ma bisogna riconoscere alla Mizusawa un segno perfetto, delicato e perfettamente in linea con le storie che racconta. I personaggi sono caratterizzati con pochi elementi distintivi, privi di feticci estetizzanti che con gli anni hanno portato a distinguere la popolazione shoujo tra bellocci e tenerelli/e. Meritano lodi pure le assistenti per la perizia nell'applicazione dei retini e nella rappresentazione di prospettive e ambientazioni non semplici. La composizione delle tavole è piuttosto ordinata e facilita la lettura senza risultare artificiosa.
Per parlare di Himeko Nonohara dovrei iniziare da me e da tutte coloro che alla sua età si sono sentite come lei, esuberanti ma poco femminili e per questo scarsamente desiderabili. E' una ragazzina goffa e capricciosa, dotata però di una purezza e di una spontaneità che altre eroine più "giovani" (in termini di pubblicazione) e leziose possono solo invidiare. Il suo percorso verso la maturità è reso in maniera estremamente naturale e ciò la rende empatica in classe come tra i lettori; difficile quindi non appassionarsi di fronte alle sue vicende, specie quando riguardano l'amicizia indissolubile con Pokota o la tenera complicità con Kobayashi. I comprimari, sebbene un filo stereotipati, sono simpatici e tratteggiati con adeguata cura, ma la principessa del manga è senza dubbio lei.
Ultima, per ordine ma non per rilevanza, è la storia. Hime-chan no ribbon offre una panoramica ariosa e frizzante sulla vita alle scuole medie giapponesi, ancor prima di una scoppiettante storia di magia; questo perché la protagonista non ha nemici da sconfiggere oltre sé stessa. Sebbene le difficoltà poste sul suo cammino siano numerose hanno spesso una dimensione intima, familiare: realizzare un bello spettacolo teatrale, riappacificarsi con un amico, sconfiggere i pettegolezzi, risolvere una questione amorosa e via dicendo, imprese che ai lettori più grandicelli possono sembrare banali, ma che per un adolescente hanno un valore immenso. Himeko, con il suo infinito entusiasmo per la vita e la capacità di non arrendersi mai, offre un esempio valido a tutte le generazioni senza cadere nella pedagogia, anzi strappando a più riprese grasse risate.
Si possono trovare dei difetti nella narrazione, come il reiterarsi di certi concetti per marcarli a fuoco nella testa dei lettori - "a Pokota mancano X mesi per tornare un peluche inanimato","Daichi è buono e gentile" - o la sterzata buonista del finale, ma sono invero poca cosa rispetto a quanto di buono questo manga ha da offrire. Se vi piacciono minimamente le storie di maghette, o anche solo avete la curiosità di provare uno shoujo di altri tempi non fatevi fuggire Hime-chan no ribbon. Girella a parte, è davvero delizioso.
Hime-chan No Ribbon lo conoscono tutti coloro fanno parte dlela vecchia generazione, perchè parlando con mia nipote non aveva idea di cosa stessi parlando... Mi rattrista molto. Essendo una maschiaccia nata e cresciuta devo ammettere che lo guardavo con ammirazione. L'originale è davvero da leggere assolutamente, mentre la nuova serie devo ammettere che per i disegni non l'ho apprezzata molto.
complimenti a tutti per le recensioni.
Complimenti al trio di recensori.
Sono praticamente d'accordo con tutti e tre i recensori, solo che al contrario di giacgiac, ho trovato comunque bello il finale non finale di TB, non so, mi piace che la questione rimanga in sospeso e sia lasciata all'immaginazione del lettore (stessa cosa per cui mi va bene il finale di Clover), certo è che se poi si legge X e si conosce la fine della vicenda, è anche più bello.
Hime-chan è bellissimo, lo adoro tanto quando adoravo il cartone animato quando ero piccola! Tra l'altro il tratto della Mizusawa si è migliorato ma è rimasto fedelissimo a se stesso, vorrei tanto leggere qualche altro suo manga!
Complimenti ai recensori, tutti spolliciati!
Di Hime-chan vidi l'anime all'epoca in tv anche se non lo ricordo bene, mentre il manga ce l'ho tutto anche se non ho ancora avuto il tempo di leggerlo...
Tokyo Babylon invece rientra tra le serie Clamp che mi mancano ancora da recuperare (insieme ad altre miniserie come Kobato., Lawful Drugstore+seguito, Clover, Wish, Miyuki, La Principessa Bianca e mi pare sia tutto )
Tokyo Babylon me l'hanno prestato ma non l'ho mai finito. Penso sia un manga che ha il suo perché, ma personalmente mal digerisco l'abitudine delle Clamp di creare personaggi maschili che giocano a fare i gay come se fossero delle scolarette amiche del cuore anche quando sono degli omoni fatti e finiti, e qua la storia è tutta incentrata su questo, quindi la lettura mi risultava un po' fastidiosa. Prima o poi lo finirò, però, ma non credo che intraprenderò mai la lettura di X.
Hime-chan no ribbon, nonostante lo abbia letto solo con la pubblicazione italiana, quindi un paio d'anni fa, è subito entrato a far parte della mia top 10: un majokko dolcissimo, tenero, educativo e splendidamente disegnato, che consiglio davvero a tutti.
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