Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi appuntamento libero, con i manga Classe di ferro, Marine Blue: Accarezzati dal vento marino e Bastard.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi appuntamento libero, con i manga Classe di ferro, Marine Blue: Accarezzati dal vento marino e Bastard.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Classe di ferro
9.0/10
Recensione di The Narutimate Hero
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"Se non dovessi farcela, sappi amore mio che vivrò per sempre nel tuo cuore, e ti aspetterò nell'aldilà, ti ho sempre voluto bene e sempre te ne vorrò..."
"Caro, devi solo operarti di unghia incarnita, non c'è bisogno di fare tutte queste scene, sii uomo!"
"Prof, non posso essere interrogato, vede... Ieri non sono riuscito a tornare a casa, l'autobus è rimasto senza benzina... Avevo una gomma a terra... Non avevo i soldi per prendere il taxi... La biblioteca non mi ha consegnato i libri! C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!"
"John, se non avevi voglia di studiare almeno ammettilo, sii uomo..."
"Oddioddioddioddioddio... non ce la faccio a dirglielo, ho troppa paura... e se poi mi dice di no?"
"Dai, si vede che le piaci, e lei ti piace, fatti coraggio e diglielo, sii uomo!"
Cos'è un uomo?
Cosa vuol dire essere uomini veri, è solo una sterile dimostrazione di forza bruta, di tracotanza fine a sé stessa, o è qualcosa di più profondo, di più importante?
Per saperlo dobbiamo tornare indietro di parecchi anni, e spostarci in Giappone, per vedere che stava accadendo da quelle parti in quel periodo.
Nel 1985 D.C., tutto il Giappone era stato conquistato dalla cultura occidentale. Tutto? No!
Nella periferia di Tokyo c'è una piccola scuola superiore che resiste ancora e sempre all'invasore, una piccola scuola di irriducibili Giapponesi, la Otoko Juku. Una scuola dove l'unico indumento di biancheria concesso è il fundoshi, dove cantare canzoni che non siano Kimi Ga Yo (l'inno nazionale Giapponese) e i canti di guerra è vietato, dove si affrontano prove terribili per forgiare gli animi più saldi e dove solo al secondo anno si cominciano a studiare le "terribili somme delle frazioni".
Sakigake!! Otoko Juku (conosciuto in Italia come Classe di Ferro-Otoko Juku) mostra le sue carte sin dal primo volume, e si può facilmente capire dove voglia andare a parare l'autore Akira Miyashita: azione, legnate, umorismo, mascolinità strabordante (soprattutto grazie ai disegni che molto devono a Tetsuo Hara e lo dicono anche abbastanza esplicitamente in un paio di scene) e genialità nell'inventarsi tante arti marziali, tante soluzioni assurde, tanti combattimenti con regole deliranti e pericolosissime, più qualche messaggio nascosto.
Chi conosce la storia Giapponese del Ventesimo Secolo sa che quello è stato un periodo di rivoluzione assoluta per il sol levante, dove la rigidissima cultura nipponica si è ritrovata a doversi aprire a quella delle altre nazioni, tra assolutisti che vedevano il nuovo come il demonio e i giovani, più aperti e ribelli, che abbracciavano queste novità, musicali, letterarie o culturali in generale.
Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku (personaggio assolutamente geniale e ben stampato nell'immaginario collettivo Giapponese) è per certi versi un ottimo punto di svolta per la gestione della sua scuola. Si è laureato all'Università Imperiale di Tokyo, ha combattuto nella seconda Guerra Mondiale, venendo poi venerato come un mito, e infine ha raggiunto la sua posizione all'interno dell'istituto, e qui, a poco a poco, pur mantenendo salde le radici di orgoglio nipponico che contraddistinguono l'edificio, si è aperto anche lui al resto del mondo, a una maggiore libertà pur rimanendo orgoglioso delle sue origini, per far si che i suoi studenti possano crescere anche in maniera migliore.
L'adattarsi ai tempi che cambiano pur non perdendo la propria identità storica è quindi una delle tematiche nascoste dietro alla fracassona trama di questo manga, e di pari passo va anche il tema del ricambio generazionale, un ricambio consapevole e da accettare per far sì che le nuove generazioni crescano nel modo giusto e raggiungano a loro volta la vetta, questo si noterà soprattutto nella seconda metà della serie, con passaggi di testimone tra senpai e kohai così commoventi da far percepire nel profondo quanto la fiducia verso le capacità degli uomini del domani dev'essere sentita, in quanto non è semplicemente il futuro che sostituisce il passato bensì dev'essere proprio il passato a farsi da parte per primo, lasciando comunque traccia di sé, un segno indelebile nell'eternità anche nelle generazioni successive.
Oltre al tema del rinnovamento "intelligente" e del ricambio generazionale, è un altro il tema che circonda la storia, senza dubbio il più sentito e più evidente, tanto da essere sottilmente ammesso dall'autore nel discorso in chiusura della serie: il tema dei legami tra le persone e della loro solidità.
Legami d'amicizia, d'affetto, d'amore, di stima e d'ammirazione, ma anche contrastanti, d'odio, di rivalità, di vendetta, d'invidia, sentimenti che possono legare amici, compagni di scuola, compagni d'armi, genitori e figli, fratelli, innamorati corrisposti e non corrisposti, persino uomini e animali, in quanto è pieno di combattenti che lottano al fianco di creature di vario ordine e grado e che li trattano come veri e propri figli o, nel caso dei più deplorevoli, solo come armi di cui sbarazzarsi quando non servono più.
Si tratta di una vera e propria analisi della vita adolescenziale in salsa combattiva, perché è quella l'età dei protagonisti, anche se non sembra, e loro vivono, come più o meno noi, lo stesso tipo di scoperta del rapportarsi con gli altri tipico dell'adolescenza, i legami d'amicizia coi compagni di scuola, il voler rendere orgogliosi i genitori o il volersi ribellare a loro rifilandogli uno schiaffo morale, gli amori dolorosi o meno, e anche il dolore nel perdere qualcuno, dolore che porta a crescere e maturare, se affrontato con lo spirito giusto, lo spirito della Otoko Juku, in fondo.
Inizialmente poi, si può trovare folle che la frase-tormentone "io sono Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku!" possa essere considerato un discorso con parole ricche di significato, ma chiuso il ventesimo volumetto italiano, si finisce per comprendere almeno un po' cosa voglia dire questa frase, di cui non spiegherò la mia interpretazione personale, lascerò alla mente di chi legge, finita la storia, fare le giuste supposizioni.
Le avventure di Momotaro, di Togashi, di Matsuo, Tazawa, del professor Orco Barbuto e di tutti quelli che verranno dopo saranno intensissime, senza mai un attimo di stanca, pur andando nella parte finale dell'opera (dal diciassettesimo volume Italiano in poi) a standardizzarsi un po'.
Sono purtroppo presenti alcune dimenticanze di trama che non generano incongruenze pesanti ma sono comunque da segnalare, come gente che recupera dita o braccia perse senza che venga detto niente su come ha fatto, ok che hanno le antichissime tecniche di medicina cinese dalla loro, ma un minimo di spiegazione sarebbe stato gradito.
È tutto sommato un peccato poi che la penultima saga si chiuda in un modo un po' frettoloso, per quanto comunque l'autore sia riuscito a mettere in piedi una conclusione divertente ed esaltante.
Il tratto di Miyashita è quanto di più anni '80 possibile, con personaggi maschili possenti e dall'aspetto adulto (e anche parecchio nerboruto) e, di contro, pochissimi personaggi femminili disegnati, dove non sono vecchiette comiche, in maniera aggraziata e con garbo, senza eccedere in maniera esagerata come sovente capita oggi, ma senza risparmiarsi in delicato fascino.
Il character design subisce un'impennata nel corso dell'opera, con personaggi assolutamente fuori dagli schemi ed estremamente diversi l'uno dall'altro: se all'inizio l'opera si basa solo su ciò che avviene all'interno della scuola, e quindi l'abbigliamento dei personaggi è ricco di ragazzi/omoni con le divise scolastiche lunghe e nere, proseguendo si avrà modo d'aver a che fare con antichi Egizi, Dei dell'Olimpo, citazioni ad altre famosissime opere dell'epoca o tizi talmente ben caratterizzati da ispirare in futuro personaggi di altre produzioni (Dhalsim e T.Hawk di Street Fighter sono nati qui).
Peccato solo il buon Akira seppur ricco di fantasia pecchi in attenzione di quando in quando, sono presenti infatti alcuni refusi (non troppo grandi in realtà) nell'aspetto di alcuni personaggi: cicatrici che vanno e vengono, per esempio, e in una scena il buon Tazawa riesce a tenere le braccia conserte e contemporaneamente massaggiarsi il mento con una terza mano.
Sono dettagli minuscoli, che di certo non rendono l'opera meno bella sotto l'aspetto grafico dove anzi eccelle ma che è giusto citare per dovere di cronaca.
L'edizione italiana dell'opera, a cura della Star Comics, è più breve dell'originale in quanto i volumi sono più grandi di quelli giapponesi ma la storia è stata pubblicata nella sua integrità.
L'adattamento è ottimo e divertente, per quanto da un certo punto in avanti (in corrispondenza con l'addio dei Kappa Boys alla Star, peraltro) c'è un calo qualitativo generale nell'adattamento e nel lettering, con refusi sia grammaticali che di natura più problematica (nel volume 17, il peggio adattato di tutta l'opera, viene detto che tre personaggi sono morti quando non lo sono e la frase era intesa come "sono rimasti loro e sono morti gli altri", oltre a esserci un grossolano errore di matematica, stavolta non colpa dei cattivi insegnamenti dei prof della scuola).
La carta utilizzata è solida e priva di trasparenze, e i volumi per quanto cicciosi sono resistenti.
Classe di Ferro-Otoko Juku si prefigge dunque un obiettivo chiaro e tondo (voler essere uno shonen ironico/iconico ricchissimo di combattimenti sì drammatici, sì seri, ma dotati di una vena delirante evidente, anche solo nelle descrizioni delle arti marziali, che se all'inizio sembrano serissime, poi diventano una chiara farsa da millantatore di quart'ordine e non si vergognano d'esserlo) e tanti obiettivi segreti (narrare una storia con un evidente invito al rinnovamento, sull'importanza del ricambio generazionale e sulla forza dei legami che si vengono a creare e sciogliere, nel bene e nel male, nel corso dell'adolescenza, o della vita in generale) sin dalla prima pagina e li centra tutti, finendo per stamparsi a chiare lettere nel cuore di chi ha saputo cogliere lo spirito della Otoko Juku e quindi lo spirito dell'opera, e si è affezionato a quei personaggi, tanto da sentirli davvero come loro compagni di crescita, e si stima il preside come se fosse il proprio, come un vero e proprio padre, anzi, una figura così calda, possente, seriosa e affidabile e così incredibilmente divertente e comica che è davvero impossibile non amare.
Una bellissima opera sfaccettata, con dei piccoli lati grezzi, ma con un grande cuore e un'atmosfera speciale, guascona fuori, dolce (una dolcezza mascolina e virile, ma sempre calda è) e matura dentro.
E soprattutto, divertentissima e comica come ormai non se ne vedono più.
Tratto da: Mille modi per elaborare una recensione sulla narrativa disegnata orientale nel corso dei secoli, pubblicato dalla Minmei Shobo
"Caro, devi solo operarti di unghia incarnita, non c'è bisogno di fare tutte queste scene, sii uomo!"
"Prof, non posso essere interrogato, vede... Ieri non sono riuscito a tornare a casa, l'autobus è rimasto senza benzina... Avevo una gomma a terra... Non avevo i soldi per prendere il taxi... La biblioteca non mi ha consegnato i libri! C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!"
"John, se non avevi voglia di studiare almeno ammettilo, sii uomo..."
"Oddioddioddioddioddio... non ce la faccio a dirglielo, ho troppa paura... e se poi mi dice di no?"
"Dai, si vede che le piaci, e lei ti piace, fatti coraggio e diglielo, sii uomo!"
Cos'è un uomo?
Cosa vuol dire essere uomini veri, è solo una sterile dimostrazione di forza bruta, di tracotanza fine a sé stessa, o è qualcosa di più profondo, di più importante?
Per saperlo dobbiamo tornare indietro di parecchi anni, e spostarci in Giappone, per vedere che stava accadendo da quelle parti in quel periodo.
Nel 1985 D.C., tutto il Giappone era stato conquistato dalla cultura occidentale. Tutto? No!
Nella periferia di Tokyo c'è una piccola scuola superiore che resiste ancora e sempre all'invasore, una piccola scuola di irriducibili Giapponesi, la Otoko Juku. Una scuola dove l'unico indumento di biancheria concesso è il fundoshi, dove cantare canzoni che non siano Kimi Ga Yo (l'inno nazionale Giapponese) e i canti di guerra è vietato, dove si affrontano prove terribili per forgiare gli animi più saldi e dove solo al secondo anno si cominciano a studiare le "terribili somme delle frazioni".
Sakigake!! Otoko Juku (conosciuto in Italia come Classe di Ferro-Otoko Juku) mostra le sue carte sin dal primo volume, e si può facilmente capire dove voglia andare a parare l'autore Akira Miyashita: azione, legnate, umorismo, mascolinità strabordante (soprattutto grazie ai disegni che molto devono a Tetsuo Hara e lo dicono anche abbastanza esplicitamente in un paio di scene) e genialità nell'inventarsi tante arti marziali, tante soluzioni assurde, tanti combattimenti con regole deliranti e pericolosissime, più qualche messaggio nascosto.
Chi conosce la storia Giapponese del Ventesimo Secolo sa che quello è stato un periodo di rivoluzione assoluta per il sol levante, dove la rigidissima cultura nipponica si è ritrovata a doversi aprire a quella delle altre nazioni, tra assolutisti che vedevano il nuovo come il demonio e i giovani, più aperti e ribelli, che abbracciavano queste novità, musicali, letterarie o culturali in generale.
Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku (personaggio assolutamente geniale e ben stampato nell'immaginario collettivo Giapponese) è per certi versi un ottimo punto di svolta per la gestione della sua scuola. Si è laureato all'Università Imperiale di Tokyo, ha combattuto nella seconda Guerra Mondiale, venendo poi venerato come un mito, e infine ha raggiunto la sua posizione all'interno dell'istituto, e qui, a poco a poco, pur mantenendo salde le radici di orgoglio nipponico che contraddistinguono l'edificio, si è aperto anche lui al resto del mondo, a una maggiore libertà pur rimanendo orgoglioso delle sue origini, per far si che i suoi studenti possano crescere anche in maniera migliore.
L'adattarsi ai tempi che cambiano pur non perdendo la propria identità storica è quindi una delle tematiche nascoste dietro alla fracassona trama di questo manga, e di pari passo va anche il tema del ricambio generazionale, un ricambio consapevole e da accettare per far sì che le nuove generazioni crescano nel modo giusto e raggiungano a loro volta la vetta, questo si noterà soprattutto nella seconda metà della serie, con passaggi di testimone tra senpai e kohai così commoventi da far percepire nel profondo quanto la fiducia verso le capacità degli uomini del domani dev'essere sentita, in quanto non è semplicemente il futuro che sostituisce il passato bensì dev'essere proprio il passato a farsi da parte per primo, lasciando comunque traccia di sé, un segno indelebile nell'eternità anche nelle generazioni successive.
Oltre al tema del rinnovamento "intelligente" e del ricambio generazionale, è un altro il tema che circonda la storia, senza dubbio il più sentito e più evidente, tanto da essere sottilmente ammesso dall'autore nel discorso in chiusura della serie: il tema dei legami tra le persone e della loro solidità.
Legami d'amicizia, d'affetto, d'amore, di stima e d'ammirazione, ma anche contrastanti, d'odio, di rivalità, di vendetta, d'invidia, sentimenti che possono legare amici, compagni di scuola, compagni d'armi, genitori e figli, fratelli, innamorati corrisposti e non corrisposti, persino uomini e animali, in quanto è pieno di combattenti che lottano al fianco di creature di vario ordine e grado e che li trattano come veri e propri figli o, nel caso dei più deplorevoli, solo come armi di cui sbarazzarsi quando non servono più.
Si tratta di una vera e propria analisi della vita adolescenziale in salsa combattiva, perché è quella l'età dei protagonisti, anche se non sembra, e loro vivono, come più o meno noi, lo stesso tipo di scoperta del rapportarsi con gli altri tipico dell'adolescenza, i legami d'amicizia coi compagni di scuola, il voler rendere orgogliosi i genitori o il volersi ribellare a loro rifilandogli uno schiaffo morale, gli amori dolorosi o meno, e anche il dolore nel perdere qualcuno, dolore che porta a crescere e maturare, se affrontato con lo spirito giusto, lo spirito della Otoko Juku, in fondo.
Inizialmente poi, si può trovare folle che la frase-tormentone "io sono Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku!" possa essere considerato un discorso con parole ricche di significato, ma chiuso il ventesimo volumetto italiano, si finisce per comprendere almeno un po' cosa voglia dire questa frase, di cui non spiegherò la mia interpretazione personale, lascerò alla mente di chi legge, finita la storia, fare le giuste supposizioni.
Le avventure di Momotaro, di Togashi, di Matsuo, Tazawa, del professor Orco Barbuto e di tutti quelli che verranno dopo saranno intensissime, senza mai un attimo di stanca, pur andando nella parte finale dell'opera (dal diciassettesimo volume Italiano in poi) a standardizzarsi un po'.
Sono purtroppo presenti alcune dimenticanze di trama che non generano incongruenze pesanti ma sono comunque da segnalare, come gente che recupera dita o braccia perse senza che venga detto niente su come ha fatto, ok che hanno le antichissime tecniche di medicina cinese dalla loro, ma un minimo di spiegazione sarebbe stato gradito.
È tutto sommato un peccato poi che la penultima saga si chiuda in un modo un po' frettoloso, per quanto comunque l'autore sia riuscito a mettere in piedi una conclusione divertente ed esaltante.
Il tratto di Miyashita è quanto di più anni '80 possibile, con personaggi maschili possenti e dall'aspetto adulto (e anche parecchio nerboruto) e, di contro, pochissimi personaggi femminili disegnati, dove non sono vecchiette comiche, in maniera aggraziata e con garbo, senza eccedere in maniera esagerata come sovente capita oggi, ma senza risparmiarsi in delicato fascino.
Il character design subisce un'impennata nel corso dell'opera, con personaggi assolutamente fuori dagli schemi ed estremamente diversi l'uno dall'altro: se all'inizio l'opera si basa solo su ciò che avviene all'interno della scuola, e quindi l'abbigliamento dei personaggi è ricco di ragazzi/omoni con le divise scolastiche lunghe e nere, proseguendo si avrà modo d'aver a che fare con antichi Egizi, Dei dell'Olimpo, citazioni ad altre famosissime opere dell'epoca o tizi talmente ben caratterizzati da ispirare in futuro personaggi di altre produzioni (Dhalsim e T.Hawk di Street Fighter sono nati qui).
Peccato solo il buon Akira seppur ricco di fantasia pecchi in attenzione di quando in quando, sono presenti infatti alcuni refusi (non troppo grandi in realtà) nell'aspetto di alcuni personaggi: cicatrici che vanno e vengono, per esempio, e in una scena il buon Tazawa riesce a tenere le braccia conserte e contemporaneamente massaggiarsi il mento con una terza mano.
Sono dettagli minuscoli, che di certo non rendono l'opera meno bella sotto l'aspetto grafico dove anzi eccelle ma che è giusto citare per dovere di cronaca.
L'edizione italiana dell'opera, a cura della Star Comics, è più breve dell'originale in quanto i volumi sono più grandi di quelli giapponesi ma la storia è stata pubblicata nella sua integrità.
L'adattamento è ottimo e divertente, per quanto da un certo punto in avanti (in corrispondenza con l'addio dei Kappa Boys alla Star, peraltro) c'è un calo qualitativo generale nell'adattamento e nel lettering, con refusi sia grammaticali che di natura più problematica (nel volume 17, il peggio adattato di tutta l'opera, viene detto che tre personaggi sono morti quando non lo sono e la frase era intesa come "sono rimasti loro e sono morti gli altri", oltre a esserci un grossolano errore di matematica, stavolta non colpa dei cattivi insegnamenti dei prof della scuola).
La carta utilizzata è solida e priva di trasparenze, e i volumi per quanto cicciosi sono resistenti.
Classe di Ferro-Otoko Juku si prefigge dunque un obiettivo chiaro e tondo (voler essere uno shonen ironico/iconico ricchissimo di combattimenti sì drammatici, sì seri, ma dotati di una vena delirante evidente, anche solo nelle descrizioni delle arti marziali, che se all'inizio sembrano serissime, poi diventano una chiara farsa da millantatore di quart'ordine e non si vergognano d'esserlo) e tanti obiettivi segreti (narrare una storia con un evidente invito al rinnovamento, sull'importanza del ricambio generazionale e sulla forza dei legami che si vengono a creare e sciogliere, nel bene e nel male, nel corso dell'adolescenza, o della vita in generale) sin dalla prima pagina e li centra tutti, finendo per stamparsi a chiare lettere nel cuore di chi ha saputo cogliere lo spirito della Otoko Juku e quindi lo spirito dell'opera, e si è affezionato a quei personaggi, tanto da sentirli davvero come loro compagni di crescita, e si stima il preside come se fosse il proprio, come un vero e proprio padre, anzi, una figura così calda, possente, seriosa e affidabile e così incredibilmente divertente e comica che è davvero impossibile non amare.
Una bellissima opera sfaccettata, con dei piccoli lati grezzi, ma con un grande cuore e un'atmosfera speciale, guascona fuori, dolce (una dolcezza mascolina e virile, ma sempre calda è) e matura dentro.
E soprattutto, divertentissima e comica come ormai non se ne vedono più.
Tratto da: Mille modi per elaborare una recensione sulla narrativa disegnata orientale nel corso dei secoli, pubblicato dalla Minmei Shobo
Marine blue rientra fra le opere giovanili della Yazawa, perciò come in Non sono un angelo lo stile è ben diverso da Nana.
Il che, a mio avviso, non è per tutti gli aspetti un motivo per disprezzarlo, anzi! Infatti anche se lo stile di disegno è un po' acerbo e le espressioni dei personaggi non sono ancora del tutto stabili (come ammette l'autrice stessa in un free-talk, lamentandosi del fatto che a volte sembrano ragazzini e a volte adulti) lo considero più gradevole in quanto non appaiono quei personaggi anoressici tipici del suo stile "maturo".
La trama risente sicuramente della sua età, infatti l'intreccio è molto meno complesso, in pratica il classico triangolo amoroso, con un'ambientazione in spiaggia anziché in un'aula scolastica: Haruka lavora in un bar sulla spiaggia, ed in tale contesto può incontrare dopo tanti anni Tooru, il suo primo amore dei tempi delle elementari che ha la passione del surf, che come lei pare non aver mai dimenticato i loro trascorsi. Anche Ippei, il cugino di Haruka pure innamorato di lei (in Giappone i cugini possono sposarsi!), ha lo stesso sogno di Tooru, così i due si ritrovano ad essere rivali nell'amore come nello sport.
Il contesto di Marine blue è sicuramente meno pesante che nei manga più recenti, i temi trattati non vanno al di fuori di problemi che possa avere qualsiasi normale adolescente. Certamente risente dei tempi in cui è stato realizzato, perciò certe situazioni che tormentano i protagonisti o certe soluzioni scelte potranno far sorridere gli adolescenti di oggi (che soprattutto potranno divertirsi a valutare in quante tavole in cui Haruka ha i lacrimoni, anche se credo che perderebbero il conto!), ma la storia è comunque godibile da qualsiasi fascia d'età.
Forse non è fra le migliori opere dell'autrice, ma sicuramente non la peggiore; inoltre, il numero ridotto di volumi se da un lato comporta lo scarso approfondimento di alcuni punti, dall'altro invoglia a tentare un acquisto non troppo impegnativo.
Il che, a mio avviso, non è per tutti gli aspetti un motivo per disprezzarlo, anzi! Infatti anche se lo stile di disegno è un po' acerbo e le espressioni dei personaggi non sono ancora del tutto stabili (come ammette l'autrice stessa in un free-talk, lamentandosi del fatto che a volte sembrano ragazzini e a volte adulti) lo considero più gradevole in quanto non appaiono quei personaggi anoressici tipici del suo stile "maturo".
La trama risente sicuramente della sua età, infatti l'intreccio è molto meno complesso, in pratica il classico triangolo amoroso, con un'ambientazione in spiaggia anziché in un'aula scolastica: Haruka lavora in un bar sulla spiaggia, ed in tale contesto può incontrare dopo tanti anni Tooru, il suo primo amore dei tempi delle elementari che ha la passione del surf, che come lei pare non aver mai dimenticato i loro trascorsi. Anche Ippei, il cugino di Haruka pure innamorato di lei (in Giappone i cugini possono sposarsi!), ha lo stesso sogno di Tooru, così i due si ritrovano ad essere rivali nell'amore come nello sport.
Il contesto di Marine blue è sicuramente meno pesante che nei manga più recenti, i temi trattati non vanno al di fuori di problemi che possa avere qualsiasi normale adolescente. Certamente risente dei tempi in cui è stato realizzato, perciò certe situazioni che tormentano i protagonisti o certe soluzioni scelte potranno far sorridere gli adolescenti di oggi (che soprattutto potranno divertirsi a valutare in quante tavole in cui Haruka ha i lacrimoni, anche se credo che perderebbero il conto!), ma la storia è comunque godibile da qualsiasi fascia d'età.
Forse non è fra le migliori opere dell'autrice, ma sicuramente non la peggiore; inoltre, il numero ridotto di volumi se da un lato comporta lo scarso approfondimento di alcuni punti, dall'altro invoglia a tentare un acquisto non troppo impegnativo.
Bastard!!
5.0/10
Correva il 1993 quando la compianta Granata Press decise finalmente di pubblicare un manga fantasy. Finalmente!
Bastard! E' ambientato in un futuro dove la civiltà umana, decaduta circa 400 anni prima, è regredita a una sorta di Medioevo, con le genti in continua guerra tra loro.
In questo mondo, non si sa come, hanno fatta la sua comparsa elementi come la magia e mostri tipo draghi e troll.
Anni prima un potente stregone guerriero, Dark Schneider, era stato sconfitto dal guerriero Lars Ulu e dal sacerdote Geo Nort Sort del Regno di Meta-Likana e confinato nel corpo di un bambino di nome Rusie Renren.
Il regno è perennemente sotto attacco perché i quattro (ex) generali di Dark Schneider Gara, il signore dei ninja, Arshes Ney, guerriera mezza-elfa che esperta nelle magie del fulmine ed ex amante di Dark, Kall Su, potente mago addestrato da Dark nelle magie dei ghiacci e Abigal, che padroneggia magie delle tenebra, sono intenzionati a rimuovere i sigilli che imprigionano il Dio distruttore Anslasax. Lo scopo è ovviamente di risvegliarlo per sfruttare il suo potere per dominare il mondo.
Una sera il regno è sotto attacco da parte di una potente armata ed è sull'orlo di una pesante sconfitta. L'unico modo per salvarsi è risvegliare il potente stregone imprigionato 15 anni prima. Per fare questo Tia Nort Yoko, bellissima figlia del sacerdote che lo aveva sconfitto, risveglia Dark Schneider con un sortilegio.
Dark Schneider a questo punto è "buono", conserva sì la sua indole un po' crudele e perversa, ma è dalla parte del regno di Meta Likana, perché diventato molto più umano dopo essersi incarnato in un ragazzino e soprattutto molto attratto dall'avvenente Yoko tanto da prenderne le parti.
Un po' alla volta combatte tutti i suoi vecchi compagni fino a quando non si svela la vera natura del potente Dio Distruttore che tanto ci tenevano a risvegliare.
La storia in un primo momento è molto bella ed appassionante, i combattimenti frequenti, pieni di duelli e di scontri fra stregoni.
I personaggi sono piuttosto ben caratterizzati, molto ricercati nei particolare alcuni anche complessi, soprattutto nel rapporto con il protagonista, e sicuramente in grado di suscitare le simpatie del lettore. A tratti ci sono delle gag veramente spiritose e divertenti, ma la vera forza è Dark Schneider: uno di quei personaggi forse stereotipati all'inverosimile, che subito o si apprezzano o si odiano, ma di grandissimo spessore e personalità. Questo Stregone dal nome difficilmente pronunciabile a tratti sembra solo un ragazzino -di oltre 400 anni- indisciplinato a cui piace un po' troppo allungare le mani ed usare un linguaggio scurrile, ma riesce comunque a stupire dimostrando a tratti grande coraggio e grande generosità verso i suoi amici.
L'autore, Kazushi Hagiwara, è stato un collaboratore di Izumi Matsumoto; pertanto, soprattutto all'inizio, si nota molto nel suo stile di disegno l'influenza del suo "maestro", che raffigurava i suoi personaggi con "testone/frangiona/occhioni alla "Orange Road" stile piuttosto in uso alla fine degli anni ottanta. Inoltre l'autore e i suoi collaboratori dello studio Loud Scholl fanno tantissimo uso della retinatura e quindi lo stile grafico, anche se all'inizio è un po' "sporco" e con più di qualche imperfezione nelle anatomie è comunque piuttosto curato e tende a migliorare notevolmente nel corso dell'opera.
La prima pubblicazione di questo manga risale a fine 1993 da G.P., che pubblicò circa i primi tredici volumi, prima di chiudere i battenti alla metà del 1995. Con un po' di rammarico, dovetti aspettare fino al 1998, quando la Marvel/Panini decise di ripubblicarlo da capo.
Dopo tanta attesa sono rimasto immensamente deluso rendendomi conto che la parte migliore dell'opera l'aveva già pubblicata Granata! Ho letto con piacere un paio di volumi nuovi, ho apprezzato i grandi colpi di scena, ma poi mi sono reso conto che la storia aveva sempre più perso consistenza, ci si era quasi dimenticati quale fosse il filo conduttore della trama, molti personaggi erano usciti di scena in maniera troppo frettolosa e lo stile grafico si era fatto sì più curato, ma a parte i protagonisti molti personaggi si facevano fatica a riconoscere.
La cadenza di pubblicazione e irregolare, terribilmente irregolare, ormai frustrante: dal 1988 27 volumi in 25 anni, un manga tipo HNK 27 volumi li ha sfornati in 5 anni…
Insomma, tutti elementi che fanno supporre che, ahimè, Bastard! Si era ormai -da tempo- perso per strada.
Nel complesso il mio voto (5) è l'esatta media delle due "parti" cui posso dividere l'opera: fino al 14/15° volume circa è stato uno dei manga che più abbia apprezzato in assoluto, originale, divertente, appassionante, interessante e pieno di belle fanciulle. Poi si è perso tutto, buoni disegni sì, ma per il resto zero assoluto: tant'è che la storia è piena solo di scene erotiche come per trovare un modo disperato di suscitare l'interesse del lettore.
Insomma: un vero peccato! Quando un autore esaurisce energie e vena creativa è un bene protrarre le saghe così a lungo? Questo caso mi pare la dimostrazione che così facendo si tende solo a snaturarle e a far perdere l'interesse ai lettori.
A questo punto è anche facile voler dire che sarebbe stato meglio che la storia si fosse chiusa già anni fa: adesso a mio parere è rimasta solo un mezzo polpettone agonizzante.
Sarei curioso di sapere quanti lettori di quelli che l'hanno seguito dall'inizio sono rimasti a seguirlo.
Bastard! E' ambientato in un futuro dove la civiltà umana, decaduta circa 400 anni prima, è regredita a una sorta di Medioevo, con le genti in continua guerra tra loro.
In questo mondo, non si sa come, hanno fatta la sua comparsa elementi come la magia e mostri tipo draghi e troll.
Anni prima un potente stregone guerriero, Dark Schneider, era stato sconfitto dal guerriero Lars Ulu e dal sacerdote Geo Nort Sort del Regno di Meta-Likana e confinato nel corpo di un bambino di nome Rusie Renren.
Il regno è perennemente sotto attacco perché i quattro (ex) generali di Dark Schneider Gara, il signore dei ninja, Arshes Ney, guerriera mezza-elfa che esperta nelle magie del fulmine ed ex amante di Dark, Kall Su, potente mago addestrato da Dark nelle magie dei ghiacci e Abigal, che padroneggia magie delle tenebra, sono intenzionati a rimuovere i sigilli che imprigionano il Dio distruttore Anslasax. Lo scopo è ovviamente di risvegliarlo per sfruttare il suo potere per dominare il mondo.
Una sera il regno è sotto attacco da parte di una potente armata ed è sull'orlo di una pesante sconfitta. L'unico modo per salvarsi è risvegliare il potente stregone imprigionato 15 anni prima. Per fare questo Tia Nort Yoko, bellissima figlia del sacerdote che lo aveva sconfitto, risveglia Dark Schneider con un sortilegio.
Dark Schneider a questo punto è "buono", conserva sì la sua indole un po' crudele e perversa, ma è dalla parte del regno di Meta Likana, perché diventato molto più umano dopo essersi incarnato in un ragazzino e soprattutto molto attratto dall'avvenente Yoko tanto da prenderne le parti.
Un po' alla volta combatte tutti i suoi vecchi compagni fino a quando non si svela la vera natura del potente Dio Distruttore che tanto ci tenevano a risvegliare.
La storia in un primo momento è molto bella ed appassionante, i combattimenti frequenti, pieni di duelli e di scontri fra stregoni.
I personaggi sono piuttosto ben caratterizzati, molto ricercati nei particolare alcuni anche complessi, soprattutto nel rapporto con il protagonista, e sicuramente in grado di suscitare le simpatie del lettore. A tratti ci sono delle gag veramente spiritose e divertenti, ma la vera forza è Dark Schneider: uno di quei personaggi forse stereotipati all'inverosimile, che subito o si apprezzano o si odiano, ma di grandissimo spessore e personalità. Questo Stregone dal nome difficilmente pronunciabile a tratti sembra solo un ragazzino -di oltre 400 anni- indisciplinato a cui piace un po' troppo allungare le mani ed usare un linguaggio scurrile, ma riesce comunque a stupire dimostrando a tratti grande coraggio e grande generosità verso i suoi amici.
L'autore, Kazushi Hagiwara, è stato un collaboratore di Izumi Matsumoto; pertanto, soprattutto all'inizio, si nota molto nel suo stile di disegno l'influenza del suo "maestro", che raffigurava i suoi personaggi con "testone/frangiona/occhioni alla "Orange Road" stile piuttosto in uso alla fine degli anni ottanta. Inoltre l'autore e i suoi collaboratori dello studio Loud Scholl fanno tantissimo uso della retinatura e quindi lo stile grafico, anche se all'inizio è un po' "sporco" e con più di qualche imperfezione nelle anatomie è comunque piuttosto curato e tende a migliorare notevolmente nel corso dell'opera.
La prima pubblicazione di questo manga risale a fine 1993 da G.P., che pubblicò circa i primi tredici volumi, prima di chiudere i battenti alla metà del 1995. Con un po' di rammarico, dovetti aspettare fino al 1998, quando la Marvel/Panini decise di ripubblicarlo da capo.
Dopo tanta attesa sono rimasto immensamente deluso rendendomi conto che la parte migliore dell'opera l'aveva già pubblicata Granata! Ho letto con piacere un paio di volumi nuovi, ho apprezzato i grandi colpi di scena, ma poi mi sono reso conto che la storia aveva sempre più perso consistenza, ci si era quasi dimenticati quale fosse il filo conduttore della trama, molti personaggi erano usciti di scena in maniera troppo frettolosa e lo stile grafico si era fatto sì più curato, ma a parte i protagonisti molti personaggi si facevano fatica a riconoscere.
La cadenza di pubblicazione e irregolare, terribilmente irregolare, ormai frustrante: dal 1988 27 volumi in 25 anni, un manga tipo HNK 27 volumi li ha sfornati in 5 anni…
Insomma, tutti elementi che fanno supporre che, ahimè, Bastard! Si era ormai -da tempo- perso per strada.
Nel complesso il mio voto (5) è l'esatta media delle due "parti" cui posso dividere l'opera: fino al 14/15° volume circa è stato uno dei manga che più abbia apprezzato in assoluto, originale, divertente, appassionante, interessante e pieno di belle fanciulle. Poi si è perso tutto, buoni disegni sì, ma per il resto zero assoluto: tant'è che la storia è piena solo di scene erotiche come per trovare un modo disperato di suscitare l'interesse del lettore.
Insomma: un vero peccato! Quando un autore esaurisce energie e vena creativa è un bene protrarre le saghe così a lungo? Questo caso mi pare la dimostrazione che così facendo si tende solo a snaturarle e a far perdere l'interesse ai lettori.
A questo punto è anche facile voler dire che sarebbe stato meglio che la storia si fosse chiusa già anni fa: adesso a mio parere è rimasta solo un mezzo polpettone agonizzante.
Sarei curioso di sapere quanti lettori di quelli che l'hanno seguito dall'inizio sono rimasti a seguirlo.
Marine Blue non mi interessa mi dispiace.
Bastard!! è un manga che mi ha sempre interessato nella sua(palese)esagerazione ma la latitanza dell'autore nel continuarlo mi ha sempre fermato nell'iniziarlo, qualcuno potrebbe dirmi cortesemente se c'è una fine intermedia o è meglio abbandonare già l'idea?
Marine Blue è un manga molto bello, per quanto minore. Anche a me piace di più il vecchio stile, più garbato e meno modaiolo, della Yazawa. Quest'opera è ancora acerba e ingenua, ma ha già stile e ha avuto diversi momenti che mi han fatto lacrimare gli occhietti. Poi l'ambientazione marittima anni '90 vale tutto, per quanto mi riguarda
Bastard mi ha sempre incuriosito, ma non sono mai riuscito a leggerlo, dato che è Panini e quindi è più facile trovare il Santo Graal che i numeri di questo manga, a meno di non doversi comprare la ristampa pornolusso (esce ancora?) a 20 euro a volume.
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