Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Atama yama
9.5/10
“Atama yama” letteralmente "testa montagna", è un corto di circa 10 minuti, che ci racconta l’esistenza di un uomo pervaso dalla tirchieria, che si sveglia con un germoglio in testa.
L’inizio della storia, per quanto abbia un soggetto abbastanza fantasioso, rimarrà su un piano terreno e pressoché realistico, mostrandoci le reazioni e la vita quotidiana dell’uomo, rispetto a questo avvenimento.
Man mano che proseguirà tale condizione, il racconto si farà sempre più fantasioso e distorto, fino ad arrivare a una significativa svolta onirica e toccare un piano d’esistenza che non si poteva immaginare all’inizio della visione.
In brevissimo tempo si riuscirà a capovolgere e sconvolgere il punto di vista dello spettatore, mostrando svariate chiavi di lettura, per dei “semplici” e “banali” dieci minuti, che ha dell’incredibile.
Tutto risulterà suggestivo e coinvolgente, perché il racconto verrà accompagnato da una canzone suonata tramite lo shamisen e il narratore evocherà la classica cadenza che ricorderà un racconto esposto come nella tradizione del Rakugo. La differenza più ovvia è che nel Rakugo è richiesto allo spettatore della fantasia, per poter immaginare quanto gli viene raccontato, mentre in questo corto c’è già una base visiva che non richiede nessuna astrazione dal soggetto che ci sta venendo esposto, o almeno così parrebbe.
Il bello di questo corto, sono le sensazioni e i messaggi che ognuno di noi percepisce e estrapola dal racconto, cosa non banale e per niente scontata, perché nonostante il vettore sia univoco, la destinazione del suo contenuto varia totalmente il messaggio che tale mezzo sta trasportando, riuscendo a creare infinite opere, quanti sono gli spettatori che guarderanno “Atama Yama”.
Quindi è richiesto uno sforzo non indifferente, una visione attiva e condivisa, non un semplice subire inermi una messa in scena ma un partecipare con i nostri pensieri, per dare compimento a quanto si sta guardando.
Nell’incredibile, ed estenuante, fatica che sto facendo, nel non farmi prendere dalla smania e di cadere nello spoiler, per non rovinare la visione di nessuno, vorrei cercare di riportare gran parte delle emozioni e dei messaggi che mi sono arrivati. Sicuramente l’idea di far parte di un’insieme, che non è solo la società o la natura in sè, ma più una riflessione che noi come individui siamo anche soggetti, grazie alle interazioni con gli altri e da come veniamo trattati, quindi subiamo l’influenza di una miriade di variabili che ci plasmano e cambiano la realtà che viviamo.
L’idea di condividere quanto ci circonda, quindi il non deturpare il “mondo”, perché non è semplicemente un oggetto, un pensiero o un’idea, ma qualcosa che è parte di noi, il “mondo” o meglio la realtà è anche qualcosa che si forma e acquista di significato in base ai nostri pensieri, quindi non roviniamo noi stessi, magari rintanandoci e marcendo con una smania di risparmio di cose ed energie, perché vivere in questo modo farà imputridire anche la nostra mente e la realtà che ci circonda. Oltre a tantissime altre riflessioni che mi vengono alla mente, facendo riferimenti, più o meno centrati a Nietzsche, ma credo che sarebbero “semplici” accostamenti dettati dal mio io soggettivo, piuttosto che una presentazione il più veritiera e candida possibile, di questo prodotto.
La musica, come accennato in precedenza permetterà di entrare in uno stato evocativo, coadiuvato da una rappresentazione satirica e a volte grottesca, che permetteranno di coinvolgere e focalizzare la mente dello spettatore, come fosse un bambino che è in attesa di una risposta difronte a situazioni nuove e inspiegabili e invece riceve una semplice e blanda rappresentazione, quasi stilizzata e povera di particolari dettagli e nonostante ciò, si vede la grande cura del corto prodotto, risultando così fluido e registicamente oculato nei suoi tempi e nel modo di rappresentare le cose, come spesso cambiare il punto di vista delle cose, passando dalla terza persona a un punto di vista alla prima, che permetterà di aumentare notevolmente l’immedesimazione con il protagonista.
In conclusione, non posso che continuare a pensare e interrogarmi sulla visione di “Atama Yama”, che per quanto adori visioni così stimolanti non posso che addurre come difetti la sua brevità e la sua singolarità; come ciliegie ne avrei voluti tanti altri, ma poi rischierei di finire proprio come il nostro caro protagonista, quindi forse è meglio finirla qui.
L’inizio della storia, per quanto abbia un soggetto abbastanza fantasioso, rimarrà su un piano terreno e pressoché realistico, mostrandoci le reazioni e la vita quotidiana dell’uomo, rispetto a questo avvenimento.
Man mano che proseguirà tale condizione, il racconto si farà sempre più fantasioso e distorto, fino ad arrivare a una significativa svolta onirica e toccare un piano d’esistenza che non si poteva immaginare all’inizio della visione.
In brevissimo tempo si riuscirà a capovolgere e sconvolgere il punto di vista dello spettatore, mostrando svariate chiavi di lettura, per dei “semplici” e “banali” dieci minuti, che ha dell’incredibile.
Tutto risulterà suggestivo e coinvolgente, perché il racconto verrà accompagnato da una canzone suonata tramite lo shamisen e il narratore evocherà la classica cadenza che ricorderà un racconto esposto come nella tradizione del Rakugo. La differenza più ovvia è che nel Rakugo è richiesto allo spettatore della fantasia, per poter immaginare quanto gli viene raccontato, mentre in questo corto c’è già una base visiva che non richiede nessuna astrazione dal soggetto che ci sta venendo esposto, o almeno così parrebbe.
Il bello di questo corto, sono le sensazioni e i messaggi che ognuno di noi percepisce e estrapola dal racconto, cosa non banale e per niente scontata, perché nonostante il vettore sia univoco, la destinazione del suo contenuto varia totalmente il messaggio che tale mezzo sta trasportando, riuscendo a creare infinite opere, quanti sono gli spettatori che guarderanno “Atama Yama”.
Quindi è richiesto uno sforzo non indifferente, una visione attiva e condivisa, non un semplice subire inermi una messa in scena ma un partecipare con i nostri pensieri, per dare compimento a quanto si sta guardando.
Nell’incredibile, ed estenuante, fatica che sto facendo, nel non farmi prendere dalla smania e di cadere nello spoiler, per non rovinare la visione di nessuno, vorrei cercare di riportare gran parte delle emozioni e dei messaggi che mi sono arrivati. Sicuramente l’idea di far parte di un’insieme, che non è solo la società o la natura in sè, ma più una riflessione che noi come individui siamo anche soggetti, grazie alle interazioni con gli altri e da come veniamo trattati, quindi subiamo l’influenza di una miriade di variabili che ci plasmano e cambiano la realtà che viviamo.
L’idea di condividere quanto ci circonda, quindi il non deturpare il “mondo”, perché non è semplicemente un oggetto, un pensiero o un’idea, ma qualcosa che è parte di noi, il “mondo” o meglio la realtà è anche qualcosa che si forma e acquista di significato in base ai nostri pensieri, quindi non roviniamo noi stessi, magari rintanandoci e marcendo con una smania di risparmio di cose ed energie, perché vivere in questo modo farà imputridire anche la nostra mente e la realtà che ci circonda. Oltre a tantissime altre riflessioni che mi vengono alla mente, facendo riferimenti, più o meno centrati a Nietzsche, ma credo che sarebbero “semplici” accostamenti dettati dal mio io soggettivo, piuttosto che una presentazione il più veritiera e candida possibile, di questo prodotto.
La musica, come accennato in precedenza permetterà di entrare in uno stato evocativo, coadiuvato da una rappresentazione satirica e a volte grottesca, che permetteranno di coinvolgere e focalizzare la mente dello spettatore, come fosse un bambino che è in attesa di una risposta difronte a situazioni nuove e inspiegabili e invece riceve una semplice e blanda rappresentazione, quasi stilizzata e povera di particolari dettagli e nonostante ciò, si vede la grande cura del corto prodotto, risultando così fluido e registicamente oculato nei suoi tempi e nel modo di rappresentare le cose, come spesso cambiare il punto di vista delle cose, passando dalla terza persona a un punto di vista alla prima, che permetterà di aumentare notevolmente l’immedesimazione con il protagonista.
In conclusione, non posso che continuare a pensare e interrogarmi sulla visione di “Atama Yama”, che per quanto adori visioni così stimolanti non posso che addurre come difetti la sua brevità e la sua singolarità; come ciliegie ne avrei voluti tanti altri, ma poi rischierei di finire proprio come il nostro caro protagonista, quindi forse è meglio finirla qui.
Dareka no Manazashi
7.0/10
Recensione di dawnraptor
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Il mio rapporto con Makoto Shinkai è piuttosto difficile, nel senso che non riesco a percepire il genio che in così tanti osannano. Anzi, man mano che visiono i suoi titoli li trovo sempre meno attraenti, autoreferenziali e un po’ (tanto) gigioni.
Questo titolo non sfugge al trend. Nel raccontare una piccola storia di allontanamento e, forse, riavvicinamento fra padre e figlia, fa un uso smodato della voce fuori campo, affidando, ancora una volta, alla gatta di casa il compito di spiegarci la situazione. Ma, dopo aver visto "Lei e il gatto" e poi "Lei e il gatto Everything Flows", questa terza opera sulla stessa falsariga sinceramente stufa, anche perché non ha la stessa intensità dei titoli che la precedono. Inoltre, il finale va a ricalcare in qualche modo quello di "Everything Flows". Non ho potuto trattenere un moto di fastidio per l’utilizzo dello stesso espediente, e io i gatti li adoro incondizionatamente.
Non solo: il lavoro pare ambientato in un prossimo futuro, in cui si risponde al telefono attraverso degli ologrammi, ma tutto il resto delle vicende e dell’ambientazione è di stampo antico, quindi non si comprende la ragione di questa scelta. Volendo suggerire che le vicende narrate sono senza tempo, si sarebbe forse dovuto pigiare il pedale su situazioni più fantascientifiche. Così la cosa sembra campata per aria, senza motivo.
C’è chi ritiene che abbia un pregio particolare il raccontare un storia per immagini, con pochi dialoghi. Può essere, ma se poi sostituisci alla mancanza di dialoghi una voce narrante molto invadente, allora non è propriamente vero che racconti per immagini. Stai semplicemente trasformando un discorso da diretto a indiretto. E, mi spiace dirlo, il primo è quasi sempre molto più vivace e interessante. Sembra di ascoltare una lezioncina impartita dalla maestra di turno, espediente che mi ha personalmente distrutto il pathos che la vicenda avrebbe potuto ispirare. Perché devo dire, e suppongo non sarò l’unica, che nella storia mi ci sono anche ritrovata, ma purtroppo non è riuscita a suscitare in me il coinvolgimento e l’emozione che avrebbe potuto darmi se raccontata in modo diverso.
Le animazioni però sono una gioia per gli occhi e i disegni sono come sempre molto belli, parlando dei fondali. Sempre molto belli, ma un po’ meno spettacolari se parliamo dei personaggi, in special modo dei gatti, che sono molto semplificati. Insomma, il comparto personaggi è ben fatto, ma non geniale.
L’ho visionato con l’audio originale e ho trovato molto piacevole la voce del padre di Aya, la protagonista, un bel basso che risuona nell’anima. Anche la stessa ragazza ha ricevuto una bella voce e, devo ammetterlo, anche la voce narrante è stata molto abile. Peccato abbia strabordato, ma oggettivamente l’attrice ha fatto un ottimo lavoro. Manca l’opening, mentre c’è una breve ending piuttosto dolce, così come esiste una insert song orecchiabile. Il resto della colonna sonora è gradevole senza essere importuna.
Si tratta di un’opera che parte con l’ottima ambizione di raccontare l’evolversi – in peggio - dei rapporti familiari man mano che i figli crescono e cercano di trovare una propria strada, allontanandosi dal nido, mentre ai genitori non resta che la malinconica contemplazione del tempo che passa. O forse no.
Sei minuti sono un po’ pochi per approfondire le vicende e la psicologia di padre e figlia, per cui si è fatto ricorso all’espediente della voce narrante, ma rendendo così il tutto piatto e noioso. Non mancano un paio di situazioni anche coinvolgenti, ma purtroppo l’insieme sa di blando e già visto, assumendo a tratti la sgradevole veste del predicozzo. In sunto, un’occasione abbastanza sprecata.
(Sì, lo so, avrei potuto fare lunghissimi panegirici sull’attualità del messaggio, sui rapporti sempre più tenui fra i genitori e i figli quando questi crescono, sull’importanza dei rapporti familiari che sono spesso gli unici che durano tutta una vita, sull’egoismo, sull’indifferenza, sull’incomprensione reciproca, sulla difficoltà di comunicazione, sull’abitudine che diventa apatia… appunto.)
Sono stata tentata di assegnare un 6,5... ma poi ho preferito salvare la pelle.
Questo titolo non sfugge al trend. Nel raccontare una piccola storia di allontanamento e, forse, riavvicinamento fra padre e figlia, fa un uso smodato della voce fuori campo, affidando, ancora una volta, alla gatta di casa il compito di spiegarci la situazione. Ma, dopo aver visto "Lei e il gatto" e poi "Lei e il gatto Everything Flows", questa terza opera sulla stessa falsariga sinceramente stufa, anche perché non ha la stessa intensità dei titoli che la precedono. Inoltre, il finale va a ricalcare in qualche modo quello di "Everything Flows". Non ho potuto trattenere un moto di fastidio per l’utilizzo dello stesso espediente, e io i gatti li adoro incondizionatamente.
Non solo: il lavoro pare ambientato in un prossimo futuro, in cui si risponde al telefono attraverso degli ologrammi, ma tutto il resto delle vicende e dell’ambientazione è di stampo antico, quindi non si comprende la ragione di questa scelta. Volendo suggerire che le vicende narrate sono senza tempo, si sarebbe forse dovuto pigiare il pedale su situazioni più fantascientifiche. Così la cosa sembra campata per aria, senza motivo.
C’è chi ritiene che abbia un pregio particolare il raccontare un storia per immagini, con pochi dialoghi. Può essere, ma se poi sostituisci alla mancanza di dialoghi una voce narrante molto invadente, allora non è propriamente vero che racconti per immagini. Stai semplicemente trasformando un discorso da diretto a indiretto. E, mi spiace dirlo, il primo è quasi sempre molto più vivace e interessante. Sembra di ascoltare una lezioncina impartita dalla maestra di turno, espediente che mi ha personalmente distrutto il pathos che la vicenda avrebbe potuto ispirare. Perché devo dire, e suppongo non sarò l’unica, che nella storia mi ci sono anche ritrovata, ma purtroppo non è riuscita a suscitare in me il coinvolgimento e l’emozione che avrebbe potuto darmi se raccontata in modo diverso.
Le animazioni però sono una gioia per gli occhi e i disegni sono come sempre molto belli, parlando dei fondali. Sempre molto belli, ma un po’ meno spettacolari se parliamo dei personaggi, in special modo dei gatti, che sono molto semplificati. Insomma, il comparto personaggi è ben fatto, ma non geniale.
L’ho visionato con l’audio originale e ho trovato molto piacevole la voce del padre di Aya, la protagonista, un bel basso che risuona nell’anima. Anche la stessa ragazza ha ricevuto una bella voce e, devo ammetterlo, anche la voce narrante è stata molto abile. Peccato abbia strabordato, ma oggettivamente l’attrice ha fatto un ottimo lavoro. Manca l’opening, mentre c’è una breve ending piuttosto dolce, così come esiste una insert song orecchiabile. Il resto della colonna sonora è gradevole senza essere importuna.
Si tratta di un’opera che parte con l’ottima ambizione di raccontare l’evolversi – in peggio - dei rapporti familiari man mano che i figli crescono e cercano di trovare una propria strada, allontanandosi dal nido, mentre ai genitori non resta che la malinconica contemplazione del tempo che passa. O forse no.
Sei minuti sono un po’ pochi per approfondire le vicende e la psicologia di padre e figlia, per cui si è fatto ricorso all’espediente della voce narrante, ma rendendo così il tutto piatto e noioso. Non mancano un paio di situazioni anche coinvolgenti, ma purtroppo l’insieme sa di blando e già visto, assumendo a tratti la sgradevole veste del predicozzo. In sunto, un’occasione abbastanza sprecata.
(Sì, lo so, avrei potuto fare lunghissimi panegirici sull’attualità del messaggio, sui rapporti sempre più tenui fra i genitori e i figli quando questi crescono, sull’importanza dei rapporti familiari che sono spesso gli unici che durano tutta una vita, sull’egoismo, sull’indifferenza, sull’incomprensione reciproca, sulla difficoltà di comunicazione, sull’abitudine che diventa apatia… appunto.)
Sono stata tentata di assegnare un 6,5... ma poi ho preferito salvare la pelle.
lilac (bombs Jun Togawa)
7.5/10
Mi sono imbattuta in questo video per puro caso, e, incuriosita da quel che ho visto, ho provato a vedere qui, su AnimeClick.it, se ci fosse qualche notizia utile a darmi informazioni più precise sui contenuti. Ma niente, ad oggi non ci sono né brevi commenti né recensioni. Perciò tocca a me aprire le danze.
Se pensate che la sottoscritta possa illuminarvi su cosa state per vedere, siete sulla cattiva strada, e dovrete quindi cercare altrove. Anzi, se le vostre ricerche saranno fruttuose, siete pregati di farmi un fischio, perché sarei proprio curiosa di saperne un poco di più al riguardo. Le mie indagini in rete, infatti, sono state fallimentari, anche riguardo l'autore stesso o sul messaggio che voleva darne al pubblico. Quello che sono riuscita a scovare è che il brano è del gruppo giapponese Vampillia, una band che non segue regole, in collaborazione con Jun Togawa, nota cantante/attrice, ormai sessantenne, che negli anni giovanili si fece notare per il suo essere controcorrente e sempre provocatoria. In un certo qual senso, provocatorio e fuori dalle regole lo è anche questo brano, che difatti viene catalogato come sperimentale.
Il video si apre con l'immagine di una giovane che indossa la sua divisa scolastica. In pochi fotogrammi successivi la vediamo fluttuare, cadere nel vuoto e affondare nell'acqua dolcemente. La cosa scioccante, se così si può dire, è che, mentre lo spettatore è cullato da questa visione onirica (e dalla musica che l'accompagna), la visione stessa si trasforma gradualmente in immagini da incubo: la pelle della ragazza, a poco a poco, si lacera, fino a disintegrarsi del tutto, rivelando tendini, ossa, e creature viscide simili a vermi o serpenti, i quali hanno tutte forme falliche. Queste avvolgono e si intrufolano nelle fessure del corpo della liceale, e in qualche modo ti comunicano che stai guardando una scena di stupro. O perlomeno è quello che ci ho visto io. E l'ho rivisto più volte per esserne sicura. Quello che succede dopo è un susseguirsi di scene angoscianti, macabre, di teschi e vermi, e di incontri con creature non ben definite che si potrebbero identificare con il male, con il bene, con il proprio io, i propri fantasmi e la redenzione finale. Questo è il messaggio visivo che è arrivato a me, nudo e crudo, e ripeto, un messaggio semplicemente visivo e uditivo, non influenzato dal significato del testo, poiché l'ho visto senza sottotitoli.
Non potete quindi immaginare la sorpresa che ho avuto andandomi a cercare il testo e la sua traduzione. Poiché non l'ho trovata in italiano, ma solo in inglese, ad una prima lettura, non ero propriamente sicura delle mie capacità conoscitive della lingua, poiché ho trovato il testo completamente slegato dalle immagini. Non convinta del mio inglese, mi sono fatta aiutare da qualcuno di più esperto, che però ha confermato la mia comprensione del testo, e quindi anche la mia impressione d'insieme: testo e immagini non hanno nulla a che fare tra di loro, fanno a pugni. Ora, non mi sto a dilungare sull'analisi del testo, che non è necessaria, in quanto è davvero banalotto, ordinario come tanti, ma vi basti sapere che non dà nessun rilievo alle immagini che scorrono. Che sia stata una scelta voluta? O, mi sorge il dubbio, un legame tra testo e video c'è, e piuttosto sono io che non lo riesco a cogliere. Se qualcuno lo trova, fatemi pure un altro fischio, che sono tutta orecchi.
Tralasciando il testo, quindi, che ci delude e basta, se ci si sofferma su disegni, animazione e musica, non verremo delusi affatto. Anzi, specifico: a me ha soddisfatto. Ma più che soddisfatto, direi che mi ha incuriosito e trasmesso delle emozioni belle forti.
Innanzitutto l'intero video è in bianco e nero, nessun colore, o se c'è, è talmente sbiadito che non se ne coglie il calore. I disegni sono semplici, dalle linee molto tondeggianti, e la tecnica d'animazione sembra datata, non sembra affatto sofisticata. Infatti, di primo acchito, proprio per questi tre elementi, assenza di colore, disegno semplice e tondeggiante, e animazione rudimentale, sembra un corto degli anni '20/'30. Invece il prodotto è datato 2014. Perciò tutto è voluto dalla mente torbida dell'autore (ma chissà cosa gli passava per la testa nell'ideare tutto questo... vorrei tanto saperlo).
E ora veniamo alla musica.
La struttura musicale è tipicamente orientale, ovvero le armonie rimangono sospese. Per questo motivo, il risultato ottenuto è una musica doppiamente descrittiva, in quanto, così come vediamo quella ragazza, sospesa nel vuoto e nell'acqua, che non cade, così, anche il brano musicale "non cade", non conclude mai con chiusure intermedie, ma rimane sospeso. Questa sospensione musicale, che spicca soprattutto in apertura (con quella nenia un po' infantile), sorregge e completa bene l'immagine, portandola fino alla fine. La descrive quindi.
Per fare un paragone, è come se avessimo una linea al centro di un foglio che non fa mai curve, ma al di sopra e al di sotto abbiamo solamente quei giochi musicali costruiti dai vari strumenti (ad arco, a pizzico, e popolari) che via via montano sempre più. Quella linea si chiude in un cerchio solo alla fine, con il termine del video.
Il mio giudizio è più che buono, proprio per quello che mi hanno trasmesso immagini e musica, emozioni impattanti direi. Un giudizio che sarebbe stato ottimo se il testo avesse avuto più coerenza con quello che si andava a vedere. Poi, sono pronta a cambiare opinione se nel tempo mi si accende una lampadina in testa a chiarirmi l'intera genialità del prodotto (oppure aspetto un altro fischio...)
In sintesi, considerata la durata del brano, quattro minuti circa, lo consiglio a tutti. Se vi piacerà, saranno stati quattro minuti spesi bene, se rimarrete delusi, non ci avrete perso molto tempo.
Se pensate che la sottoscritta possa illuminarvi su cosa state per vedere, siete sulla cattiva strada, e dovrete quindi cercare altrove. Anzi, se le vostre ricerche saranno fruttuose, siete pregati di farmi un fischio, perché sarei proprio curiosa di saperne un poco di più al riguardo. Le mie indagini in rete, infatti, sono state fallimentari, anche riguardo l'autore stesso o sul messaggio che voleva darne al pubblico. Quello che sono riuscita a scovare è che il brano è del gruppo giapponese Vampillia, una band che non segue regole, in collaborazione con Jun Togawa, nota cantante/attrice, ormai sessantenne, che negli anni giovanili si fece notare per il suo essere controcorrente e sempre provocatoria. In un certo qual senso, provocatorio e fuori dalle regole lo è anche questo brano, che difatti viene catalogato come sperimentale.
Il video si apre con l'immagine di una giovane che indossa la sua divisa scolastica. In pochi fotogrammi successivi la vediamo fluttuare, cadere nel vuoto e affondare nell'acqua dolcemente. La cosa scioccante, se così si può dire, è che, mentre lo spettatore è cullato da questa visione onirica (e dalla musica che l'accompagna), la visione stessa si trasforma gradualmente in immagini da incubo: la pelle della ragazza, a poco a poco, si lacera, fino a disintegrarsi del tutto, rivelando tendini, ossa, e creature viscide simili a vermi o serpenti, i quali hanno tutte forme falliche. Queste avvolgono e si intrufolano nelle fessure del corpo della liceale, e in qualche modo ti comunicano che stai guardando una scena di stupro. O perlomeno è quello che ci ho visto io. E l'ho rivisto più volte per esserne sicura. Quello che succede dopo è un susseguirsi di scene angoscianti, macabre, di teschi e vermi, e di incontri con creature non ben definite che si potrebbero identificare con il male, con il bene, con il proprio io, i propri fantasmi e la redenzione finale. Questo è il messaggio visivo che è arrivato a me, nudo e crudo, e ripeto, un messaggio semplicemente visivo e uditivo, non influenzato dal significato del testo, poiché l'ho visto senza sottotitoli.
Non potete quindi immaginare la sorpresa che ho avuto andandomi a cercare il testo e la sua traduzione. Poiché non l'ho trovata in italiano, ma solo in inglese, ad una prima lettura, non ero propriamente sicura delle mie capacità conoscitive della lingua, poiché ho trovato il testo completamente slegato dalle immagini. Non convinta del mio inglese, mi sono fatta aiutare da qualcuno di più esperto, che però ha confermato la mia comprensione del testo, e quindi anche la mia impressione d'insieme: testo e immagini non hanno nulla a che fare tra di loro, fanno a pugni. Ora, non mi sto a dilungare sull'analisi del testo, che non è necessaria, in quanto è davvero banalotto, ordinario come tanti, ma vi basti sapere che non dà nessun rilievo alle immagini che scorrono. Che sia stata una scelta voluta? O, mi sorge il dubbio, un legame tra testo e video c'è, e piuttosto sono io che non lo riesco a cogliere. Se qualcuno lo trova, fatemi pure un altro fischio, che sono tutta orecchi.
Tralasciando il testo, quindi, che ci delude e basta, se ci si sofferma su disegni, animazione e musica, non verremo delusi affatto. Anzi, specifico: a me ha soddisfatto. Ma più che soddisfatto, direi che mi ha incuriosito e trasmesso delle emozioni belle forti.
Innanzitutto l'intero video è in bianco e nero, nessun colore, o se c'è, è talmente sbiadito che non se ne coglie il calore. I disegni sono semplici, dalle linee molto tondeggianti, e la tecnica d'animazione sembra datata, non sembra affatto sofisticata. Infatti, di primo acchito, proprio per questi tre elementi, assenza di colore, disegno semplice e tondeggiante, e animazione rudimentale, sembra un corto degli anni '20/'30. Invece il prodotto è datato 2014. Perciò tutto è voluto dalla mente torbida dell'autore (ma chissà cosa gli passava per la testa nell'ideare tutto questo... vorrei tanto saperlo).
E ora veniamo alla musica.
La struttura musicale è tipicamente orientale, ovvero le armonie rimangono sospese. Per questo motivo, il risultato ottenuto è una musica doppiamente descrittiva, in quanto, così come vediamo quella ragazza, sospesa nel vuoto e nell'acqua, che non cade, così, anche il brano musicale "non cade", non conclude mai con chiusure intermedie, ma rimane sospeso. Questa sospensione musicale, che spicca soprattutto in apertura (con quella nenia un po' infantile), sorregge e completa bene l'immagine, portandola fino alla fine. La descrive quindi.
Per fare un paragone, è come se avessimo una linea al centro di un foglio che non fa mai curve, ma al di sopra e al di sotto abbiamo solamente quei giochi musicali costruiti dai vari strumenti (ad arco, a pizzico, e popolari) che via via montano sempre più. Quella linea si chiude in un cerchio solo alla fine, con il termine del video.
Il mio giudizio è più che buono, proprio per quello che mi hanno trasmesso immagini e musica, emozioni impattanti direi. Un giudizio che sarebbe stato ottimo se il testo avesse avuto più coerenza con quello che si andava a vedere. Poi, sono pronta a cambiare opinione se nel tempo mi si accende una lampadina in testa a chiarirmi l'intera genialità del prodotto (oppure aspetto un altro fischio...)
In sintesi, considerata la durata del brano, quattro minuti circa, lo consiglio a tutti. Se vi piacerà, saranno stati quattro minuti spesi bene, se rimarrete delusi, non ci avrete perso molto tempo.
Di questi tre corti non conosco il primo, che mi incuriosisce parecchio.
@dawnraptor tu che dici? 😜
Che dire, per me Atama Yama merita veramente molto, forse non sono riuscito a tirare fuori il meglio dell'opera con la mia recensione, però è veramente poliedrico, insomma bello sotto molti punti di vista, per i miei gusti, quindi ve lo consiglio spassionatamente.
Da parte mia consiglio il video da me recensito, che in certo qual modo ho trovato scioccante😅
"Dareka" è una piccola chicca!
Io il primo l'ho visto, e devo dire che mi aveva lasciato anche una bella impressione. Quello che non ho visto è Lilac, ma dato che è così breve non è escluso che vada a darci un'occhiata. Di sicuro ispira.
E... grazie per avermi scelto per questa rubrica!
Ho visto solo Dareka no Manazashi, che ho apprezzato,
messo in lista gli altri due!
Shinkai, ok, ma nulla di che, dopo tutto l'ha detto lui stesso in un intervista che questo è un mezzo scarto de il Giardino, preferisco di gran lunga lo Shinkai del primo periodo.
Atama... lo ricordo, molto stimolante a livello concettuale e di contenuti, anche bavel's book dello stesso autore mi era piaciuto parecchio, due gemme che in poco fanno molto.
A Dareka no Manazashi ho dato anch'io 7. E' un peccato che sia solo un cortometraggio.
Gli altri due non li ho visti.
Per quanto riguarda Atama Yama...dalla recensione sembra di leggere di un qualcosa alla Tenshi no Tamago...cioè ehm no, quindi non sono d'accordo né con il voto (per me è un 6) nè tantomeno con la recensione...!
L'ultimo non lo conosco, cercherò di rimediare appena possibile!
Ciao, posso capire cosa intendi, purtroppo nelle opere che mi piacciono mi lascio trasportare e ho inserito troppa rimasticatura mentale, però anch’io devo dissentire specialmente per la similitudine che hai fatto, ti spiego.
Atama yama è fattuale, cioè hai proprio uno scandire di una storia, con una sua conclusione, quindi non si scappa, il bello è che lo spazio di riflessione si apre per capire le motivazioni dietro a tale conclusione, suppongo tu l’abbia visto quindi:
L’apertura di se, la vedo nella decisione di far crescere l’albero, anziché tagliarlo, il “calpestare” la sua persona, dalla festa e incivilita che avviene sopra la sua testa, insomma sono eventi reali e che ognuno di noi da un significato diverso in base alla propria chiave di lettura (e potrei andare avanti all’infinito…)
Il problema sta che hai nominato l’innominabile, cioè Tenshi no tamago, un film criptico, in cui più che supposizioni e illazioni non si possono fare, avendo qualcosa come 2 minuti contati di dialogo, in più di 1 ora di film, ok, la trama si può desumere anche senza un parlato, ma anche su schermo, ciò che avviene è prevalentemente senza un contesto, come anche ammesso più volte dall’autore (in maniera anche stizzita a dire la verità).
Lungi da me disquisire sui gusti, ci sta che io ho trovato più profondo e introspettivo il primo, rispetto al secondo, però credo che sia più facile ragionare su dei fatti, piuttosto che partire per la tangente, senza una concreta base concettuale.
Insomma riassumendo, si potrebbe parlare per ore di un sasso, per capirne come sia finito la, di cosa sia composto e di cosa si possa fare con esso, ma non si può invece parlare della terra piatta, se non tirando fuori supercazzole allucinanti, perché una base non ci sta, per come la vedo io ^^
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