Far East Film Festival 26: critica sociale e ironia per When this is all over, Becky and Badette
Esplorando la complessità delle Filippine attraverso lo schermo: una conversazione approfondita con i registi di "When This Is All Over" e "Becky and Badette" sulle loro ispirazioni, le sfide affrontate e le prospettive uniche portate al FEFF
di mxcol
Di seguito Vi proponiamo il focus sui film filippini When This Is All Over di Kevin Mayuga e Becky and Badette di Jun Robles Lana, incentrati su temi sociali e umani, offrono una panoramica variegata e coinvolgente della vita e della società nelle Filippine contemporanee.
Per When This Is All Over, a Udine sono giunti come ospiti il regista Mayuga Kevin, la produttrice esecutiva De Guia Christine, il produttore Pineda Jan e il costume designer Gonzales Mano.
AnimeClick: Buongiorno, sono Micol di AnimeClick, un sito dedicato ad anime, manga, drama e cinematografia asiatica. Ho apprezzato moltissimo il suo film e mi chiedevo: ”When This Is All Over" esplora temi di privilegio, apatia e disuguaglianza sociale attraverso il punto di vista dei giovani più benestanti.
Qual è stata l'ispirazione che vi ha spinto a concentrarvi su questo gruppo demografico e quali sfide avete incontrato nel rendere i personaggi così autentici? Soprattutto per dare vita al protagonista, anche lei si è sentito nel corso della sua esistenza come se non apparteneste a nessun posto e che quindi necessitaste della “morte dell’ego”?
Mayuga Kevin: Per rispondere alla prima parte della domanda, le cose che mi hanno più ispirato sono i problemi esistenziali e tutto ciò che succedeva durante la pandemia, soprattutto vedere come le divisioni di classe fossero esasperate. Le disuguaglianze risvegliano in me un certo senso di colpa: vedevo le difficoltà che dovevano affrontare le persone, perciò mi sentivo fortunato e privilegiato, ma allo stesso tempo "sbagliato". Mi chiedevo: perché non stiamo aiutando gli altri? Perché non facciamo nulla? Quindi, il nocciolo della questione è questo.
Nel frattempo ero anche molto interessato alla musica, alla scena rave e dei club, volevo diventare un dj e questo mi appassionava molto. Vedevo come i giovani in quella sorta di scena fossero apatici o stessero attraversando una crisi esistenziale o forse fossero, in generale, confusi dalla vita, che è quello che stavo attraversando anch'io. Quindi il film è come se mettesse insieme tutti i miei interessi, l'elaborazione di quello che mi stava succedendo durante la pandemia e quello che stavo provando.
A: Quindi possiamo dire che "That guy" era lei, in un certo senso?
M. Kevin: Sì, ero io, è un modo per dirlo. Ci ho messo molto di me stesso e credo che in questo modo il film sia risultato molto autentico, perché scrivevo davvero per esperienza. Io e l'attore Juan Carlos Labajo, che tra l'altro è anche un musicista, siamo entrati davvero in sintonia, ho condiviso la mia vita con lui e credo abbia apprezzato molto.
A: Sì, sono d'accordo. Non mi aspettavo nulla del genere da questo film e ne sono rimasta piacevolmente stupita! A mio avviso è stata fondamentale anche la colonna sonora, che ho sentito essere stata particolarmente apprezzata per il suo ruolo nell'immersività e nel trasporto degli spettatori nella narrazione.
Qual è stata l'importanza della musica nella creazione dell'atmosfera del film e come avete selezionato le tracce per accompagnare la storia?
M. Kevin: Sì, la musica era parte integrante della storia, come ho detto, ero anche un dj. Volevo che le esperienze risultassero molto autentiche. Il mio direttore musicale, Jorge Juan B. Wieneke V, fa parte di un gruppo chiamato Kindred Music Production Inc: dei ragazzi in gamba con cui mi sono seduto e a cui ho spiegato come volevo la storia. Volevo che il loro gusto, i loro sentimenti ci fossero dentro, quindi abbiamo discusso a lungo sul fatto che forse la musica doveva essere in un certo modo, doveva evocare una determinata sensazione. In questo film l'editor è il secondo regista e anche il direttore musicale, ha contribuito moltissimo a questo film e il suo compito è stato molto simile a quello di un "emotional director". Ecco come ho affrontato la musica e come è stata per me in questo film.
A: Alcune delle OST utilizzate nella colonna sonora erano sue?
M. Kevin: Oltre ai pezzi creati insieme alla Kindred Music Production, avevamo anche altri dj della scena musicale locale, delle Filippine, da cui ho voluto prendere in prestito i brani. Per esempio, il primo brano (del film) si chiama “Damla” di Hideki Ito, che significa speranza. Era il brano che dava il via al lunghissimo ciak e mi sembrava perfetto per la scena del club. Ho voluto inserire molti di questi artisti locali piuttosto che prendere in prestito musica dall'estero. Io stesso non produco musica, ma la creo e questo ci ha aiutato molto a dare forma al film attraverso il paesaggio sonoro.
A: "When This Is All Over" è stato descritto come un viaggio psichedelico attraverso il limbo del lockdown nelle Filippine. Qual è stata la vostra visione estetica e narrativa nel rappresentare questo viaggio e come avete lavorato insieme per dar vita a questa visione sullo schermo? E quali messaggi speravate di trasmettere al pubblico attraverso questa rappresentazione?
M. Kevin: Ogni "viaggio" ha il proprio adattamento visivo, quindi sono stato molto vicino alla mia direttrice della fotografia Martika Ramirez-Escobar e abbiamo fatto in modo che ogni volta che riprendeva qualcosa dovesse avere un aspetto diverso, proprio perché è una sensazione diversa. Non abbiamo potuto replicare le esperienze psichedeliche, perché ritengo che siano diverse per ogni persona. Ho pensato che questa fosse la traduzione cinematografica migliore per ogni tipo di sostanza assunta.
Molti lo hanno ritenuto un film sulla droga, ma io non sono molto d'accordo: la droga è il mezzo per raccontare la storia, fa parte della scena, dell'estetica visiva e naturalmente dell'ambiente in cui vivono i giovani. Quello che voglio dire sull'uso o l'abuso di sostanze è che quando se ne fa un uso responsabile o perlomeno si è in grado di elaborare se stessi, di vedere il mondo in modo diverso, forse non è una cosa così negativa da sperimentare e di cui avere paura. La mia frase preferita del film è “there are no bad trips” e anche se so che ci sono varie persone che hanno brutte esperienze o brutti trip con le sostanze, la mia convinzione è che devi solo passare attraverso quel momento e vedere te stesso attraverso il viaggio e realizzare “vedi, non era così male”.
A: Il film mostra i contrasti tra i diversi segmenti della società. Qual è stato il processo di ricerca e preparazione per creare una rappresentazione autentica di questo periodo storico?
M. Kevin: Come ho già detto, il divario di classe è esagerato, volevo fare molte più ricerche e un po' lo rimpiango perché avrei voluto conoscere meglio le classi più povere. Ma a quel tempo potevo davvero scrivere solo dalla mia prospettiva, dal mio punto di vista, e mi sembrava che non molti film filippini di quel periodo la avessero. Molti mostravano la prospettiva di una classe sociale più bassa, ma sentivo che la mia visione fosse abbastanza unica.
La mia preparazione per questo film, naturalmente, è stata nel parlare con diversi miei superiori, diverse persone che potevano aver vissuto la stessa cosa; con i miei collaboratori che avevano una prospettiva migliore su classi diverse, su mondi diversi. Sono molto diffidente nei confronti di chi pensa che io sembri molto privilegiato o fuori dal mondo e forse non si è reso conto che stavo solo facendo della satira... mostrando uno stereotipo sui ricchi, ma credo che sia un argomento molto delicato, a prescindere dalla classe di appartenenza.
A: Avete ricevuto commenti negativi sul film?
M. Kevin: Sì, certo, da molte persone, soprattutto nelle Filippine. Forse all'inizio avevo paura che la gente dicesse che fosse “borghese” o “fuori dal mondo”. Mi hanno turbato quei commenti perché ero già sensibile alla cosa, ma stavo attivamente cercando di ritrarre qualcos'altro, che forse non è stato capito o forse c'è stata una mancanza di comprensione da parte mia. Ho avuto sicuramente commenti simili anche nei miei cortometraggi precedenti, ma molti registi continuano a dirmi “no, questa è la tua prospettiva, questo è il luogo da cui provieni”. Inoltre, almeno ho la sensibilità per non incoraggiare o affermare le disuguaglianze.
A: E com’è stato accolto il film nelle Filippine?
M. Kevin: Il film è stato presentato a Cinemalaya (il più grande festival di cinema indipendente delle Filippine) e ha avuto un buon tasso di partecipazione. Direi che ci potevano essere più recensioni e feedback positivi, ma la gente non l'ha visto in quel modo, il che mi ha fatto capire che questo film non era adatto a quel pubblico. Il che, in realtà, va benissimo perché ero felice che il Cinemalaya fornisse un'opportunità per una nuova voce e un nuovo film ed era quello che stavo cercando di fare, ma è una realtà che ha le sue radici, il suo modo di pensare e la mia era sicuramente una voce fuori dal coro. Quindi forse qualcuno non l'ha capito, a qualcun altro non è piaciuto, non ci si può fare niente, è molto soggettivo; ma finora qui (a Udine) tutto è andato bene, dalla proiezione all'accoglienza.A: La ringrazio moltissimo per l'intervista che ci ha concesso, ancora congratulazioni per il film!
Per Becky and Badette, a Udine sono giunti come ospiti il regista Lana Jun, il produttore Intalan Perci e l'attrice Domingo Eugene.
AnimeClick: Buongiorno sono Micol e scrivo per AnimeClick un sito dedicato alla cultura nipponica, che tratta anime, manga, drama e cinematografia asiatica.
Eugene Domingo, Jun Lana: Piacere di conoscerti!
A: Innanzitutto complimenti per il film! Volevo chiedervi, ci sono stati momenti divertenti da girare? Come avete lavorato con il cast per ottenere il giusto equilibrio tra comicità e sensibilità?
E. Domingo: Il regista te lo spiegherà meglio, ma per me, come attrice, è stato molto divertente e stimolante, perché questo film è stata una sfida. È stato molto divertente e anche impegnativo, perché in questo film ho dovuto cantare e ballare. Dovevo cantare e ballare e io, come sapete, sono una cantante di prima categoria, volevo davvero essere una cantante anche prima di diventare attrice, quindi in questo film ho potuto immaginarmi come una cantante molto famosa. Quindi l'ho sentito davvero. Mi sono davvero divertita molto.
J. Lana: Durante le riprese abbiamo sicuramente avuto dei momenti divertenti perché gli attori sono stati davvero bravi. A volte, nel bel mezzo di una scena, scoppiavamo tutti a ridere e dovevamo fare un'altra ripresa o a volte era così divertente che guardavamo lo staff dietro la macchina da presa ridendo. Quindi è stato divertente. Ma per rispondere alla tua domanda su come abbiamo dovuto bilanciare il divertimento e la sensibilità, perché ci sono molti argomenti e questioni delicate che esploriamo e affrontiamo nel film, è stato piuttosto difficile. È stato creato un equilibrio e così, prima ancora di rilasciare la sceneggiatura, ho dovuto consultare un membro della comunità LGBTQI+ e fargliela leggere per assicurarmi che non ci fosse nulla di offensivo.
Ho fatto leggere alla consulente la sceneggiatura prima delle riprese e lei è anche apparsa alla fine del film. Dopo che Becky e Badette sono uscite allo scoperto e hanno detto la verità, che in realtà stavano solo recitando, ci sono state reazioni da parte di diverse comunità e una di queste è stata quella di una consulente sociale, una persona della comunity, che in realtà è davvero una delle consulenti del film.
Necessitavamo di un consulente perché volevo provocare, è importante farlo in modo che si possa avere una conversazione sui temi affrontati, ma non volevo offendere. Allo stesso tempo, però, volevo essere divertente e non volevo risultare troppo politicamente corretto, perché quando si è politicamente corretti è troppo sicuro. Quindi, fino alla fine, è stato davvero impegnativo e quando mi sono reso conto che questo era ciò che avremmo presentato al pubblico, ho avuto fiducia nel fatto di essere un narratore sincero e che il pubblico l'avrebbe apprezzato, si sarebbe divertito. Ma allo stesso tempo avrebbe dato vita a una conversazione sulla fama, sul successo, su come la società a volte ci costringa a interpretare dei ruoli, ci metta ai ferri corti e noi siamo costretti a confermare.
A: Oltre al lavoro fatto con la consulente, ha affrontato delle sfide particolari nella produzione del film riguardo alla rappresentazione della comunità LGBTQI+? Se sì, come le ha gestite?
J. Lana: Finora, quando abbiamo distribuito il film a dicembre, le recensioni, i commenti e il sostegno sono stati davvero ottimi. Sono stato davvero sollevato dal fatto che l'abbiano considerata una delle più belle commedie uscite negli ultimi anni e ne sono davvero grato. Come regista queer, come persona che fa parte della comunità, raccontare storie come questa è sempre una sfida: è una sfida convincere i produttori che questa è una storia che sarà apprezzata dal pubblico e così quando finalmente l'abbiamo distribuito e la gente ha accolto il film... Voglio dire, Eugene e io siamo anche andati al cinema a vedere diverse proiezioni perché volevamo sapere come avrebbe reagito il pubblico ed è stato bellissimi vederli ridere e divertirsi. Quindi questo film è stato un viaggio rimarchevole.
A: Il film gioca con il concetto di celebrità improvvisa e il suo impatto sulla vita dei personaggi principali. Qual è stato il suo approccio nel rappresentare questo tema in modo divertente, ma anche riflessivo?
E. Domingo: Stiamo parlando di trovare il giusto equilibrio, quindi devi essere divertente ma allo stesso tempo non vuoi essere offensivo, questo è il punto di vista del copione e l'interpretazione del regista. Nel mio caso, come attrice devo anche avere un equilibrio. So di essere una comica, ma voglio anche essere una comica responsabile. Voglio essere divertente, ma allo stesso tempo voglio anche offrire una performance molto sincera, quindi è impegnativo, ma fa parte del lavoro. È un'abilità questa e la prendo davvero sul serio: voglio divertire, ma allo stesso tempo voglio anche avere sostanza.
A: Come ha selezionato la musica per questo film e quali sono stati i criteri guida nelle sue scelte?
J. Lana: Ho lavorato a lungo con Teresa Barroso, che è una mia grande amica e una grande compositrice. Fa anche parte della comunità LGBTQI+ e quindi è stata anche una delle mie consulenti quando ho raccontato la storia di Becky e Badette perché comprende effettivamente cosa stanno passando questi personaggi. Inoltre è in grado di capire perfettamente la musica più adatta ad ogni contesto. Teresa è una musicista brillante e non potrei fare un film senza di lei, perché mi capisce, ci capiamo e lei sa come deve realizzare la giusta colonna sonora, sa quando deve essere divertente e quando deve ridimensionarla perché deve essere sensibile. Il rischio è che senza la musica giusta, ad esempio se è troppo forte e rumorosa, i personaggi possano diventare delle caricature e questo è l'ultimo dei miei desideri. Voglio che i personaggi siano il più possibile umani... sì, sono divertenti, ecc. ma sono persone in cui ci si può immedesimare.
A: Le ha dato un'idea di come voleva risultassero i brani durante la scena?
J. Lana: Le ho dato qualche esempio di come sarebbero potuti risultare i brani durante la scena. Il modo in cui parliamo di musica... non parliamo di note, non parliamo di come deve suonare, parliamo di emozioni e a volte le nostre conversazioni diventano molto filosofiche, molto astratte ed è il tipo di conversazione che posso avere solo con Teresa. Con altri compositori devi dare loro esempi di altri film o musiche già esistenti e io non voglio questo, non voglio che la musica sia qualcosa di già sentito, voglio che la musica sia basata sulla storia, sulle emozioni.
A: Gli elementi culturali delle Filippine sembrano essere parte integrante della trama. Come ha lavorato per bilanciarne perfettamente l'accessibilità per il pubblico internazionale? Nel film le protagoniste sono fissate con un'attrice del passato (Vilma Santos) di cui vedono in continuazione i film e la citano. Inoltre sappiamo che il film vuole anche omaggiare: Dolphy, Sharon Cuneta e Maricel Soriano (i primi due sono attori comici, la terza è un'attrice e personaggio tv filippino, ndr).
J. Lana: Per questo avevo tanta paura... Ero terrorizzato quando abbiamo dovuto proiettarlo qui, perché quando abbiamo fatto il film, ad essere sincero, pensavo solo al pubblico filippino... L'ho realizzato principalmente per i filippini, perciò quando è stato accettato qui a Udine ne sono stato grato, ma allo stesso tempo ho avuto paura, perché non sapevo se la commedia sarebbe stata adatta ad un pubblico internazionale. Non ero sicuro che avrebbero colto i riferimenti culturali pop, se le clip di Vilma Santos sarebbero state altrettanto divertenti per loro, se alcune battute che abbiamo lasciato tratte da vecchi film filippini avrebbero avuto lo stesso contesto, se avrebbero avuto lo stesso impatto su un pubblico internazionale come su quello filippino. Quindi ero davvero spaventato perché non ho mai pensato a un pubblico internazionale, a dire il vero.
Faccio i miei film principalmente per il pubblico filippino, perché penso che ci sia una necessità di definire le storie filippine come storie che sollevano lo spirito delle stesse Filippine. È quello di cui abbiamo davvero bisogno in questo momento. Così ieri sera, quando abbiamo avuto una proiezione qui e la gente rideva, sono stato grato. È stato davvero emozionante per me vedere che il pubblico italiano, in particolare, si è immedesimato nella storia, perché onestamente non ero sicuro sarebbe successo.
A: Grazie per questa intervista!
Fonti consultate:
Si ringrazia Rudido per la realizzazione delle domande per l'intervista al regista e all'attrice di Becky and Badette, nonché l'ufficio stampa del Far East Film Festival per la disponibilità