The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbye: recensione del film romantico-soprannaturale

Al cinema il 10, 11 e 12 giugno per Anime Factory

di Ironic74

La vicenda di Urashima Tarō è sicuramente una delle storie del folklore giapponese tra le più famose anche da noi, specie tra chi legge manga e vede anime.
Questa leggenda parla di un uomo (Urashima Tarō per l'appunto) che, dopo aver salvato una tartaruga, viene portato in un regno subacqueo dove trascorre tre splendidi giorni ma, una volta sopraggiunta la nostalgia di casa, torna in superficie. Qui però si accorge che il tempo è molto differente tra i due mondi: in superficie sono passati molti anni e ormai nessuno si ricorda più di lui.
Una storia affascinante che nel tempo ha suggestionato diversi scrittori, fumettisti e registi. Non fa quindi strano che si torni a cavalcarla in un momento storico in cui l'animazione giapponese arriva a giocare moltissimo tra tradizione e fantastico, unendo il tutto alla classica storia di crescita personale adolescenziale.
The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbye (in originale Natsu e no Tunnel, Sayonara no Deguchi) nasce dalla light novel di Mei Hachimoku e Kukka del 2019 per poi essere trasposta in manga l'anno seguente con il titolo "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes: Ultramarine", edito in Giappone da Shogakukan e portato in Italia da Star Comics. Ecco quindi arrivare il film cinematografico nel 2022 che finalmente arriva anche sugli schermi italiani il 10, 11 e 12 giugno grazie Anime Factory.


 
Kaoru è un adolescente dalla vita difficile: vive insieme al padre, che si è dato all'alcol in seguito alla morte della figlia minore, mentre la madre li ha abbandonati poco dopo quel tragico incidente. Una mattina di un giorno d’estate a Kaoru capita di sentire una leggenda metropolitana. Lo chiamano Tunnel di Urashima: nessuno sa dove sia, ma se qualcuno lo trova può chiedergli qualsiasi cosa.
Tuttavia, il tempo trascorre in modo diverso all'interno del tunnel e, una volta usciti, si scopre di essere invecchiati. Quella notte, uscito a fare una passeggiata, Kaoru si imbatte in un luogo sovrannaturale e, incuriosito, decide di testarne i poteri, sperando che si tratti davvero di quel luogo misterioso di cui ha sentito parlare perché sa esattamente quale desiderio chiedere: che sua sorella torni in vita. Anzu Hanashiro, una misteriosa studentessa trasferitasi da poco gli offre il suo aiuto.


"Do ut des": così dicevano i latini. Dare per ricevere qualcosa in cambio. Ma fino a dove ci si può spingere per ottenere quello che si desidera? Cosa siamo disposti a sacrificare? Questo è il nocciolo centrale del film.

La trama segue le vicende di uno studente delle superiori che, casualmente, arriva a scoprire che una leggenda metropolitana nella sua città è in realtà vera. Esiste un tunnel segreto in grado di esaudire i desideri, ma (sorpresa!?) a caro prezzo.

 



Analizzando gli elementi che compongono la sceneggiatura di quest'opera ci troviamo di fronte sicuramente a tanti elementi piuttosto noti a chi mastica da tempo il mondo dell'animazione e del fumetto giapponesi: abbiamo un profondo trauma che ha sconvolto la vita del protagonista, un'ambientazione estiva in un piccolo centro della costa giapponese, una nuova, bellissima e molto particolare compagna di classe appena trasferitasi da Tokyo con anch'essa un segreto e con cui stringere un'alleanza dato che il tunnel sembrerebbe esaudire anche ciò che risulta impossibile.
Anzu e Kaoru (questi i nomi dei protagonisti) devono però fare da subito i conti con l'aspetto più inquietante della loro scoperta: ovvero che ogni tre secondi nel tunnel equivalgono a due ore fuori, da qui il mito che lo circonda secondo cui un desiderio costa cento anni. 

I due incroceranno così le loro esistenze proprio grazie al tunnel e uniranno le forze per capire come funziona per ottenere ciò che più desiderano. Ma a quale costo?

In modo sottile ma non banale il film cerca di far riflettere lo spettatore su quali siano i confini della moralità e della mortalità, ponendo a tutti la domanda su quanto e su cosa si sia disposti a rinunciare in cambio di qualcos'altro. Che prezzo hanno i nostri desideri?

Kaoru vuole superare il suo trauma. Il ragazzo non riesce a far sì che ci sia un'adeguata elaborazione del lutto nelle condizioni in cui vive. Quello che gli succede fa sì che possa vedere una luce in fondo al tunnel (reale questa volta) della propria depressione, e poco gli importa di sacrificare ore, giorni o addirittura anni.
Quello che forse non aveva calcolato era il forte legame che viene a crearsi con la propria partner di avventura. Legame che va ad intensificarsi nell'ultimo atto del film, forse un po' frettolosamente, a mio avviso.  Come espediente narrativo, il tunnel è davvero un'idea interessante in effetti. Ma il contributo migliore che dà al film è quello di essere una location perfetta per le scene ricche di fascino. Le animazioni riescono a regalarci la sensazione di una realtà che si distorce e dove il tempo rallenta.


Tomohisa Taguchi (Bleach: Sennen Kessen Hen) dirige il film per lo studio di animazione CLAP (conosciuto da noi di recente per Eiga Daisuki Pompo-san) ma ne è anche sceneggiatore e storyboarder. Tomomi Yabuki (direttrice dell’animazione sempre per Eiga Daisuki Pompo-san) è la character designer e direttrice principale dell’animazione. Questi due fanno un lavoro oserei dire egregio per quanto riguarda la parte visiva del lungometraggio, soprattutto nel trasmettere l'atmosfera che circonda i due protagonisti,  come il tempo piovoso e appunto le scene nel tunnel, tra bagliori e chiaroscuri. D'altronde uno dei tratti distintivi già noti nei precedenti lavori registici di Taguchi è quello di utilizzare in maniera funzionale il colore, con sorprendenti tavolozze monocromatiche che si esaltano nel gioco dei contrasti. Questo ovviamente non può mancare anche in questo film, dove, come già detto, spesso si utilizza il colore per scopi estetici e simbolici. Il tunnel è buio e oscuro e le foglie cadenti degli aceri color arancio dorato formano strutture simili a cancelli, facendo sembrare spazioso e vivo anche lo spazio più claustrofobico.



Una menzione particolare merita per me la scena dell'acquario che mi ha particolarmente colpito e che ci fa capire in pieno i sentimenti della coppia protagonista con la sola forza delle immagini. Il tutto incorniciato deliziosamente da quell'artista che risponde al nome di Harumi Fuuki, le cui ost stiamo imparando a conoscere proprio attraverso i film che giungono in Italia, in ultimo Il castello invisibile, sempre per Anime Factory.
Non mi posso invece ritenere troppo soddisfatto dal punto di vista della storia, dove le dinamiche tra i due vanno avanti prima lentamente per poi procedere troppo velocemente, lasciandomi piuttosto interdetto su alcune scelte nel finale dove le vibes alla Your Name., dopo 8 anni, sembrano ancora prendere il sopravvento in buona parte di pellicole di questo tipo.
 



 
Pur usando alcuni stereotipi del genere, questo film si eleva da molte altre pellicole tutte uguali, pdolorosamente malinconici che fanno leva su un curatissimo tocco estetico e musicale. Regista e staff sono in evidente crescita professionale, sentiremo ancora parlare di loro sicuramente. 


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