Japanese Film Festival Online 2024: multi-impressioni sui film dello speciale evento gratuito
Sino al 3 luglio 2024 disponibili ben 23 film e 2 serie TV. I nostri pareri su My Broken Mariko, Metamorfosi, Anime Supremacy!, Baby Assassins e non solo
di zettaiLara
La rassegna si svolge dal 5 giugno al 3 luglio 2024 e consente la visione in streaming a titolo del tutto gratuito di 23 film live action e d'animazione e 2 serie TV complete.
Ricordiamo che il JFFO24 è strutturato in due fasi:
5 giugno - 19 giugno > disponibili 23 film
dalle ore 05.00 del 5 giugno alle ore 05.00 del 19 giugno
(ora italiana)
dalle ore 05.00 del 5 giugno alle ore 05.00 del 19 giugno
(ora italiana)
19 giugno - 3 luglio > disponibili 2 serie TV
dalle ore 05.00 del 19 giugno alle ore 05.00 del 3 luglio
(ora italiana)
dalle ore 05.00 del 19 giugno alle ore 05.00 del 3 luglio
(ora italiana)
Di seguito vi proponiamo le nostre impressioni sui film sinora visionati:
The Lines that Define Me
Poetico, emozionante e intenso, “The lines that define me” è come un flusso che piano piano ti travolge, similmente a come il colore preparato dal protagonista fluisce nell’acqua e la colora. In questo film tutto è perfetto, ogni dettaglio è bilanciato a pennello: fotografia, ambientazione e, soprattutto, luci.
I dialoghi sono recitati quasi lentamente e quasi sussurrando, scandendo bene ogni parola, trasmettendo allo spettatore un senso di pace e tranquillità.
Ho trovato suggestivo che la frase fuori campo che pensa all’inizio del film il protagonista, sia quella poi ripresa nel finale per concludere la storia.
Quasi inutile dire che tutti gli attori sono stati eccellenti, primo fra tutti, proprio l’attore che interpreta il protagonista, Ryusei Yokohama.
Ad accompagnare il tutto, in sottofondo abbiamo delle musiche meravigliose che ci trasportano in questo bellissimo percorso di rinascita grazie all’arte del Sumi-e.
Questa è una storia toccante, in cui non solo vedremo crescere e star meglio i protagonisti, ma che ha un impatto terapeutico anche sullo spettatore.
I dialoghi sono recitati quasi lentamente e quasi sussurrando, scandendo bene ogni parola, trasmettendo allo spettatore un senso di pace e tranquillità.
Ho trovato suggestivo che la frase fuori campo che pensa all’inizio del film il protagonista, sia quella poi ripresa nel finale per concludere la storia.
Quasi inutile dire che tutti gli attori sono stati eccellenti, primo fra tutti, proprio l’attore che interpreta il protagonista, Ryusei Yokohama.
Ad accompagnare il tutto, in sottofondo abbiamo delle musiche meravigliose che ci trasportano in questo bellissimo percorso di rinascita grazie all’arte del Sumi-e.
Questa è una storia toccante, in cui non solo vedremo crescere e star meglio i protagonisti, ma che ha un impatto terapeutico anche sullo spettatore.
Autore: alis89
**
Un dipinto che richiama ricordi ed emozioni per troppo tempo evitati. Un incontro (ma meglio dire più di uno) che ha la capacità di riuscire a far ritrovare se stessi e la propria strada.
La sublime e delicata arte del Sumi-e che riesce a trasmettere serenità e benessere anche dove è in corso una tempesta.
La forza di non arrendersi nel cercare di superare gli ostacoli.
Un maestro che sprona a vedere al di là delle cose. La voglia di poter rinascere.
"The lines that define me" è tutto questo e molto altro ancora.
Questo film traccia in maniera delicata ma energica la rappresentazione dei turbamenti umani e di come una nuova passione può rivoluzionare il proprio mondo, riuscendo a sbloccare delle vite che da troppo tempo sono ancorate a delle difficoltà.
Con un ritmo leggero, misurato ma intenso questa pellicola riesce già dalle prime scene a catturare il pubblico, coinvolgendolo grazie anche a una musica sorprendente di Masaru Yokoyama che scandisce perfettamente i sentimenti e gli stati d’animo dei protagonisti.
Gli attori danno prova di interpretazioni intense, ma mai eccessive, anche dove si potrebbe cadere in errore, riuscendo a donare una recitazione briosa, salda e vigorosa allo stesso tempo.
Un film che non può lasciare indifferenti.
La sublime e delicata arte del Sumi-e che riesce a trasmettere serenità e benessere anche dove è in corso una tempesta.
La forza di non arrendersi nel cercare di superare gli ostacoli.
Un maestro che sprona a vedere al di là delle cose. La voglia di poter rinascere.
"The lines that define me" è tutto questo e molto altro ancora.
Questo film traccia in maniera delicata ma energica la rappresentazione dei turbamenti umani e di come una nuova passione può rivoluzionare il proprio mondo, riuscendo a sbloccare delle vite che da troppo tempo sono ancorate a delle difficoltà.
Con un ritmo leggero, misurato ma intenso questa pellicola riesce già dalle prime scene a catturare il pubblico, coinvolgendolo grazie anche a una musica sorprendente di Masaru Yokoyama che scandisce perfettamente i sentimenti e gli stati d’animo dei protagonisti.
Gli attori danno prova di interpretazioni intense, ma mai eccessive, anche dove si potrebbe cadere in errore, riuscendo a donare una recitazione briosa, salda e vigorosa allo stesso tempo.
Un film che non può lasciare indifferenti.
Autore: CloveRed
We're broke, my lord
Ambientata durante il periodo Edo, questa commedia racconta i guai che passa il povero Koshiro, che si ritrova daimyo per puro caso (e per sua sfortuna), impegnato a salvare le finanze del proprio feudo e con esse la propria testa. Sebbene si tratti di un film commedia, vengono affrontate delle tematiche di una certa importanza per la storia del Giappone. Innanzitutto il fatto che i feudi dovessero al Bakufu (governo militare dello shogun) tasse esose, di cui ne faceva le spese la povera gente. In secondo luogo, la constatazione che nel Paese regnasse la corruzione, che rendeva ancora più difficili le cose per chi cercava di far quadrare i conti. In terzo luogo, il concetto che se si faceva qualcosa che veniva considerato indegno dal governo centrale, la punizione era la morte per seppuku.
Pertanto, il risultato è quello di una commedia dolceamara, che da un lato è divertente e leggera, ma dall’altro porta a riflettere sul passato e fare confronti anche col presente che, seppuku a parte, tanto diverso da quei concetti non è.
Pertanto, il risultato è quello di una commedia dolceamara, che da un lato è divertente e leggera, ma dall’altro porta a riflettere sul passato e fare confronti anche col presente che, seppuku a parte, tanto diverso da quei concetti non è.
Autore: Godaime Hokage
**
“E così sei diventato daimyo? Che storia divertente” - Sayo
“Non è per niente divertente” - Koshiro
“Non è per niente divertente” - Koshiro
Koshiro, interpretato dal camaleontico Ryunosuke Kamiki, mente. Mente sapendo di mentire.
Ci troviamo nel Giappone del 1840 e il piccolissimo Koshiro si diletta al mercato a vendere il salmone salato che, con amore e dedizione, il padre, pescatore povero ma soddisfatto, prepara tutti i giorni. A quando pare questo salmone è il migliore di tutto il Giappone. Così Koshiro cresce fino a diventare un giovane adulto esperto nell’arte del commercio e dei conti, generoso, altruista e gioioso di vivere. Un giorno però alla porta della sua modesta casa bussano gli ufficiali del daimyo Ikkosai, rivelando il segreto che gli cambierà la vita: Koshiro infatti non è altro che il quarto figlio del daimyo stesso, richiamato a corte per prendere in mano le redini del feudo dopo che il suo vero padre a deciso di ritirarsi dal comando.
La storia, come dice Sayo, amica di infanzia di Koshiro, interpretata dalla solare e risoluta Hana Sugisaki, è assai divertente. Benché il giovane signore si ritrovi sommerso dai debiti e per questo rischi la sua preziosa vita, la narrazione risulta divertente, scanzonata, grottesca e esilarante. Nonostante le avversità che deve affrontare, per evitare di fare harakiri per ripagare il debito, Koshiro non si perde mai d’animo e grazie all’aiuto dei fratelli e delle persone che presto gli si affezionano, notando in lui le vere caratteristiche di un comandante moderno e capace, riuscirà a risolvere tutti i guai che gli sono capitati addosso e anche a smascherare una cospirazione.
Molti volti si affiancano a quelli del giovane signore e tutti brillano di luce propria. La risoluta interpretazione di Kōichi Satō nei panni di Ikkosai, lo svampito Shinjiro Matsudaira, primo fratello di Kenshiro, i cui panni sono rivestiti da Ken'ichi Matsuyama (se non avesse avuto quel moccolo...), Dori Sakurada che ricopre il ruolo di Kisaburo Matsudaira, il cagionevole e poetico fratello minore, e il mitico Kisaburo Matsudaira che ritroviamo qui nel ruolo di un fedele doppiogiochista (fino a un certo punto). Ma questo non è che un banale elenco di quei visi che forse hanno un leggero minutaggio in più rispetto ad altri che si avvicendano nella storia che dura due ore piene.
I film in costume d’epoca hanno sempre un certo fascino per me, tanto più se ambientati in un Giappone feudatario, dove kimono, katane e tatami la fanno da padrone. Ma in questa pellicola non si può fare a meno di notare e apprezzare in particolare modo proprio i costumi di scena scelti per i personaggi: tutti sono sgargianti, colorati ed eccessivi. Sottolineando il tema di cui si fa portavoce il film: la vita è bella e colorata, vale la pena impegnarsi per tenersela stretta, anche se sei stato incastrato e invischiato in un complotto. Anche le musiche risultano altrettanto colorite, marcate, incisive e sopra le righe, anche qui grottesche: adatte per strappare un sorriso in più allo spettatore. La regia si diletta con riprese velocizzate, fermi-immagini e slow-motion, la sceneggiatura la accompagna in queste bizzarrie che rendono tutto assai comico.
Il film si presenta quindi come una produzione divertente, ma che nasconde un trama per nulla leggera. La maestria di tutte le forze in campo, dagli attori allo staff del dietro le quinte, sta nel far divertire lo spettatore nonostante le preoccupazioni che affliggono il protagonista, alle prese con il salvare la vita sua e del feudo.
Ci troviamo nel Giappone del 1840 e il piccolissimo Koshiro si diletta al mercato a vendere il salmone salato che, con amore e dedizione, il padre, pescatore povero ma soddisfatto, prepara tutti i giorni. A quando pare questo salmone è il migliore di tutto il Giappone. Così Koshiro cresce fino a diventare un giovane adulto esperto nell’arte del commercio e dei conti, generoso, altruista e gioioso di vivere. Un giorno però alla porta della sua modesta casa bussano gli ufficiali del daimyo Ikkosai, rivelando il segreto che gli cambierà la vita: Koshiro infatti non è altro che il quarto figlio del daimyo stesso, richiamato a corte per prendere in mano le redini del feudo dopo che il suo vero padre a deciso di ritirarsi dal comando.
La storia, come dice Sayo, amica di infanzia di Koshiro, interpretata dalla solare e risoluta Hana Sugisaki, è assai divertente. Benché il giovane signore si ritrovi sommerso dai debiti e per questo rischi la sua preziosa vita, la narrazione risulta divertente, scanzonata, grottesca e esilarante. Nonostante le avversità che deve affrontare, per evitare di fare harakiri per ripagare il debito, Koshiro non si perde mai d’animo e grazie all’aiuto dei fratelli e delle persone che presto gli si affezionano, notando in lui le vere caratteristiche di un comandante moderno e capace, riuscirà a risolvere tutti i guai che gli sono capitati addosso e anche a smascherare una cospirazione.
Molti volti si affiancano a quelli del giovane signore e tutti brillano di luce propria. La risoluta interpretazione di Kōichi Satō nei panni di Ikkosai, lo svampito Shinjiro Matsudaira, primo fratello di Kenshiro, i cui panni sono rivestiti da Ken'ichi Matsuyama (se non avesse avuto quel moccolo...), Dori Sakurada che ricopre il ruolo di Kisaburo Matsudaira, il cagionevole e poetico fratello minore, e il mitico Kisaburo Matsudaira che ritroviamo qui nel ruolo di un fedele doppiogiochista (fino a un certo punto). Ma questo non è che un banale elenco di quei visi che forse hanno un leggero minutaggio in più rispetto ad altri che si avvicendano nella storia che dura due ore piene.
I film in costume d’epoca hanno sempre un certo fascino per me, tanto più se ambientati in un Giappone feudatario, dove kimono, katane e tatami la fanno da padrone. Ma in questa pellicola non si può fare a meno di notare e apprezzare in particolare modo proprio i costumi di scena scelti per i personaggi: tutti sono sgargianti, colorati ed eccessivi. Sottolineando il tema di cui si fa portavoce il film: la vita è bella e colorata, vale la pena impegnarsi per tenersela stretta, anche se sei stato incastrato e invischiato in un complotto. Anche le musiche risultano altrettanto colorite, marcate, incisive e sopra le righe, anche qui grottesche: adatte per strappare un sorriso in più allo spettatore. La regia si diletta con riprese velocizzate, fermi-immagini e slow-motion, la sceneggiatura la accompagna in queste bizzarrie che rendono tutto assai comico.
Il film si presenta quindi come una produzione divertente, ma che nasconde un trama per nulla leggera. La maestria di tutte le forze in campo, dagli attori allo staff del dietro le quinte, sta nel far divertire lo spettatore nonostante le preoccupazioni che affliggono il protagonista, alle prese con il salvare la vita sua e del feudo.
Autore: Arwen1990
Kiba: the fang of fiction
In questo film ambientato nel mondo dell’editoria giapponese si respira aria di tradimento sin dal primo minuto. I vari personaggi cercano, per conto proprio o altrui, di fare le scarpe a chi è considerato un ostacolo per il raggiungimento dei propri obiettivi, fagocitando i più deboli in nome di un profitto o del bene più grande (che spesso coincidono in realtà). Poco importante se a farne le spese sono i lavoratori di una o più riviste, che rischiano di ritrovarsi trasferiti, o peggio, licenziati perché nell’occhio del ciclone delle lotte di potere.
Si lavora di sottigliezze, di stratagemmi, di inganni veri e propri, quasi si volesse mettere in scena la trama di uno dei romanzi che vengono pubblicati dal colosso editoriale per cui si lavora. E i colpi di scena sono davvero ben studiati, perché arrivano davvero quando meno lo spettatore si aspetta.
Ho apprezzato questo film sia perché mostra un’industria che mi ha sempre affascinato, sia perché la trama non è scontata e i personaggi sono interessanti e dalle mille sfaccettature.
Si lavora di sottigliezze, di stratagemmi, di inganni veri e propri, quasi si volesse mettere in scena la trama di uno dei romanzi che vengono pubblicati dal colosso editoriale per cui si lavora. E i colpi di scena sono davvero ben studiati, perché arrivano davvero quando meno lo spettatore si aspetta.
Ho apprezzato questo film sia perché mostra un’industria che mi ha sempre affascinato, sia perché la trama non è scontata e i personaggi sono interessanti e dalle mille sfaccettature.
Autore: Godaime Hokage
**
A causa della morte improvvisa del CEO di una nota casa editrice, il nuovo vertice decide che è il momento di tagliare i fondi ad alcune delle riviste che ne fanno parte. Ciò è dovuto anche alla crisi dell’editoria e della carta stampata: con l’avvento di internet, nessuno legge più e anche le librerie stanno fallendo. Il nuovo CEO Tomatsu quindi decide che di due riviste gemelle (entrambe pubblicano libri, anche se una in blocco e l’altra a puntate) solo una può sopravvivere. Ne scaturisce una guerra interna a colpi di furbizia e astuzia soprattutto da parte del capo redattore Hayami Teruya, interpretato da un eccezionale Yō Ōizumi, ostacolato prima e aiutato poi dalla editor Megumi Takano, interpretata dalla determinata Mayu Matsuoka. La vicenda si svolge per lo più in modo affannato: la guerra tra le due riviste porta a delle vere vittime sia in senso psicologico che reale, ma Hayami non si ferma davanti a nulla pur di ottenere il suo scopo e assicurarsi che la sua rivista la spunti. Il ruolo di Megumi è di fondamentale supporto, in quanto grazie alla sua caparbietà, si riusciranno a trovare soluzioni determinanti per la riuscita del piano di attacco. Tuttavia quello che succede ai “piani bassi” è solo il riflesso di quelle che sono le vere intenzioni del nuovo CEO Tomatsu, che punta a eliminare alcuni oppositori che vorrebbero come nuovo CEO il figlio del defunto amministratore, Koretaka Iba.
La storia non è per nulla lineare, anzi. Le vicende si susseguono in modo criptico e risulta difficile collegare tutti i puntini che nel frattempo si mettono davanti allo spettatore. Ognuno ha più interessi, che non vengono mai rivelati fino alla fine, e neanche lasciati intendere nel durante. Questo lascia del tutto spaesati e fino alla fine non si capisce perché è in atto una guerra così spietata nella stessa casa editrice.
Le vicende si susseguono aggiungendo carne al fuoco, senza aspettare che la precedente sia cotta a puntino, riempiendo di informazioni lo spettatore che rimane confuso. La regia dai toni freddi e scuri non aiuta nel processo di comprensione, rimanendo quindi distaccata; anche i dialoghi risultano criptici e difficili da seguire. Le musiche per lo più drammatiche accompagnano i momenti salienti, ma appesantiscono la struttura narrativa. Gli attori, però, sono davvero tutti molto bravi nei ruoli in cui sono chiamati.
La storia non è per nulla lineare, anzi. Le vicende si susseguono in modo criptico e risulta difficile collegare tutti i puntini che nel frattempo si mettono davanti allo spettatore. Ognuno ha più interessi, che non vengono mai rivelati fino alla fine, e neanche lasciati intendere nel durante. Questo lascia del tutto spaesati e fino alla fine non si capisce perché è in atto una guerra così spietata nella stessa casa editrice.
Le vicende si susseguono aggiungendo carne al fuoco, senza aspettare che la precedente sia cotta a puntino, riempiendo di informazioni lo spettatore che rimane confuso. La regia dai toni freddi e scuri non aiuta nel processo di comprensione, rimanendo quindi distaccata; anche i dialoghi risultano criptici e difficili da seguire. Le musiche per lo più drammatiche accompagnano i momenti salienti, ma appesantiscono la struttura narrativa. Gli attori, però, sono davvero tutti molto bravi nei ruoli in cui sono chiamati.
Autore: Arwen1990
My Broken Mariko
Dalle pagine del manga della sensei Waka Hirako e tramite la regia di Yuki Tanada, prende vita quello che è un viaggio tra passato e presente, per non dimenticare, per ritrovare sé stessi e per elaborare un lutto che segna nel profondo. Tomoyo è una giovane donna che lavora presso una di quelle aziende definite Black company, il cui capo non le lascia un attimo di fiato, dove gli straordinari non sono pagati e prendere giorni di ferie è visto come una mancanza di rispetto nei confronti dei colleghi e della dirigenza. Ascoltando il notiziario durante la pausa pranzo, Tomoyo scopre che la sua migliore amica si è suicidata; dai tempi delle elementari erano rimaste in rapporti molto stretti, tanto da lasciar sottintendere un altro tipo di sentimento tra loro, e fino al giorno prima della scomparsa di Mariko, le due si erano scambiate messaggi tramite la app Line.
Nei primi istanti dall’apprendimento della notizia, mille emozioni si avvicendano sul volto della bravissima Mei Nagano che riveste il ruolo della protagonista: sconforto, amore, incredulità, rassegnazione. Piano piano dunque iniziano a riaffiorare i ricordi che si affollano nella sua mente, e per mezzo di essi ci viene concesso di conoscere la vita della dolce e fragile Mariko e capire cos’è che l’ha portata a prendere la decisione più estrema. Mariko non è riuscita ad affrancarsi dal malessere che una condizione di abusi ripetuti le ha provocato; Tomoyo era la sua unica ancora di salvezza. Quello che succede a chi viene lasciato indietro e deve continuare a vivere con il rimorso di non aver fatto abbastanza, è perfettamente espresso nelle azioni di Tomoyo, che cerca in tutti i modi di salvare la sua amica almeno ora che è solo cenere.
La disperazione che affiora è davvero straziante e lascia nel totale sconforto anche lo spettatore, che capisce quanto queste due persone fossero legate davvero l’una all’altra, indispensabili l’una per l’altra. Tomoyo si sente lasciata indietro, senza più speranza né appigli. La prova attoriale di Mei Nagano è eccezionale e riesce a dare una tridimensionalità al personaggio che lascia stupiti; se nel manga questo tutto tondo viene a mancare, il film riesce a riscattare quella profondità che in certe storie è quasi d’obbligo. La Mariko affidata a Nao arriva come uno schiaffo in pieno volto, la sua fragilità colpa di una società del tutto indifferente al suo malessere, neanche celato, che la portano verso una fine che si può dire già scritta.
La regia è rispettosa, silenziosa e accorta, in grado di sottolineare sentimenti tristi e oscuri. La sceneggiatura rimane fedele all’originale cartaceo senza troppe sorprese. Le musiche invece sono potenti e silenziose allo stesso modo, lasciando spazio a riflessioni e pensieri senza mai sovraccaricare le scene, ma donando un senso di coinvolgimento essenziale. La pellicola ha una durata di poco più di un’ora e venti minuti, ma è in grado di riuscire a penetrare nel cuore dello spettatore.
Nei primi istanti dall’apprendimento della notizia, mille emozioni si avvicendano sul volto della bravissima Mei Nagano che riveste il ruolo della protagonista: sconforto, amore, incredulità, rassegnazione. Piano piano dunque iniziano a riaffiorare i ricordi che si affollano nella sua mente, e per mezzo di essi ci viene concesso di conoscere la vita della dolce e fragile Mariko e capire cos’è che l’ha portata a prendere la decisione più estrema. Mariko non è riuscita ad affrancarsi dal malessere che una condizione di abusi ripetuti le ha provocato; Tomoyo era la sua unica ancora di salvezza. Quello che succede a chi viene lasciato indietro e deve continuare a vivere con il rimorso di non aver fatto abbastanza, è perfettamente espresso nelle azioni di Tomoyo, che cerca in tutti i modi di salvare la sua amica almeno ora che è solo cenere.
La disperazione che affiora è davvero straziante e lascia nel totale sconforto anche lo spettatore, che capisce quanto queste due persone fossero legate davvero l’una all’altra, indispensabili l’una per l’altra. Tomoyo si sente lasciata indietro, senza più speranza né appigli. La prova attoriale di Mei Nagano è eccezionale e riesce a dare una tridimensionalità al personaggio che lascia stupiti; se nel manga questo tutto tondo viene a mancare, il film riesce a riscattare quella profondità che in certe storie è quasi d’obbligo. La Mariko affidata a Nao arriva come uno schiaffo in pieno volto, la sua fragilità colpa di una società del tutto indifferente al suo malessere, neanche celato, che la portano verso una fine che si può dire già scritta.
La regia è rispettosa, silenziosa e accorta, in grado di sottolineare sentimenti tristi e oscuri. La sceneggiatura rimane fedele all’originale cartaceo senza troppe sorprese. Le musiche invece sono potenti e silenziose allo stesso modo, lasciando spazio a riflessioni e pensieri senza mai sovraccaricare le scene, ma donando un senso di coinvolgimento essenziale. La pellicola ha una durata di poco più di un’ora e venti minuti, ma è in grado di riuscire a penetrare nel cuore dello spettatore.
Autore: Arwen1990
Baby Assassins
"Baby Assassins," realizzato nel 2021, è il primo film di una trilogia su due giovani killer. Scritta e diretta da Yūgo Sakamoto, questa pellicola è un'adrenalinica e divertente action comedy dalle tinte nere.
Pur non essendo tanto originale nel soggetto, la storia è raccontata con maestria, e le scene d'azione, piene di violenza e sangue, sono molto spettacolari. Le due eroine interpretate da Saori Izawa, ex stuntman, e dalla celebre Akari Takaishi danno vita a personaggi carismatici e ben delineati. La sceneggiatura puntuale contribuisce poi a rendere la visione piacevole e coinvolgente. Inoltre, tra le righe, il regista offre anche alcune sottili critiche alla società, aggiungendo un ulteriore livello di profondità alla narrazione. Decisamente consigliato, ma data la violenza estrema di alcune scene, non ai più impressionabili.
Pur non essendo tanto originale nel soggetto, la storia è raccontata con maestria, e le scene d'azione, piene di violenza e sangue, sono molto spettacolari. Le due eroine interpretate da Saori Izawa, ex stuntman, e dalla celebre Akari Takaishi danno vita a personaggi carismatici e ben delineati. La sceneggiatura puntuale contribuisce poi a rendere la visione piacevole e coinvolgente. Inoltre, tra le righe, il regista offre anche alcune sottili critiche alla società, aggiungendo un ulteriore livello di profondità alla narrazione. Decisamente consigliato, ma data la violenza estrema di alcune scene, non ai più impressionabili.
Autore: Rudido
**
Piacevole film di azione, con protagoniste due neo diplomate che hanno come attività principale quella di sicario. E il lavoro lo fanno molto bene. Ma non sono altrettanto brave a gestire la vita di copertura, come trovare e mantenere un lavoro part time di facciata. Ho apprezzato le scene di combattimento e le sparatorie, solo, da amante di questo genere di film, ne avrei voluto qualcuna in più. Ma a parte questo mio personale desiderio, il film si lascia guardare più che bene, il tempo scivola rapido senza neanche accorgersi del suo fluire, i personaggi si inseriscono bene nella trama e i colpi di scena sono divertenti.
Per gli amanti del genere.
Per gli amanti del genere.
Autore: Godaime Hokage
**
Baby Assassin è un film divertente e scanzonato che intrattiene piacevolmente ed efficacemente. Mahiro e Chisato sono due teenager annoiate e senza un vero scopo, cresciute a pane e... pistole. Non si sa bene come queste due giovani fanciulle siano finite a essere addestrate come sicari, né per quale organizzazione segreta lavorino, ma sta di fatto che lo fanno. La storia non ha un granché di speciale, Chisato si ritrova invischiata un po’ casualmente e un po’ a causa del suo profumo Dolce&Gabbana, con la Yakuza della zona, portando entrambe le ragazze verso un bellissimo scontro finale che non ci risparmia cazzotti, acrobazie e sangue.
La regia e la sceneggiatura descrivono e costruiscono bene l’ambientazione creando un forte contrasto tra l’ambiente casalingo che le due ragazze condividono, e ciò che sono davvero. La camera ferma davanti al tavolino da pranzo che le inquadra mentre mangiano o mentre si annoiano giocando ai videogiochi, piuttosto che leggendo manga o guardando video sul cellulare, dà allo spettatore un punto di vista fermo e quasi intimo che permette di cogliere la vera essenza delle protagoniste: Mahiro una disadattata senza speranza e Chisato, che lo è altrettanto, prova a essere più socialmente adeguata.
I dialoghi sono un altro punto di forza del film: forzati e farciti di discorsi senza senso, aggiungono quel pizzico di paradosso che ben si addice a questo tipo di storie un po’ splatterose, figlie di quel Tarantino che ha fatto scuola in tal senso. Anche le musiche in contrasto con ciò che accompagnano rispecchiano questo stile di messa in scena.
I combattimenti sono ben eseguiti e si denota uno studio efficace delle movenze, ma forse ne avrei messo anche solo uno in più per creare un po’ più movimento. Un film tutto sommato piacevole e poco impegnativo, da vedere se si ha voglia di qualcosa di diverso e senza troppe pretese.
La regia e la sceneggiatura descrivono e costruiscono bene l’ambientazione creando un forte contrasto tra l’ambiente casalingo che le due ragazze condividono, e ciò che sono davvero. La camera ferma davanti al tavolino da pranzo che le inquadra mentre mangiano o mentre si annoiano giocando ai videogiochi, piuttosto che leggendo manga o guardando video sul cellulare, dà allo spettatore un punto di vista fermo e quasi intimo che permette di cogliere la vera essenza delle protagoniste: Mahiro una disadattata senza speranza e Chisato, che lo è altrettanto, prova a essere più socialmente adeguata.
I dialoghi sono un altro punto di forza del film: forzati e farciti di discorsi senza senso, aggiungono quel pizzico di paradosso che ben si addice a questo tipo di storie un po’ splatterose, figlie di quel Tarantino che ha fatto scuola in tal senso. Anche le musiche in contrasto con ciò che accompagnano rispecchiano questo stile di messa in scena.
I combattimenti sono ben eseguiti e si denota uno studio efficace delle movenze, ma forse ne avrei messo anche solo uno in più per creare un po’ più movimento. Un film tutto sommato piacevole e poco impegnativo, da vedere se si ha voglia di qualcosa di diverso e senza troppe pretese.
Autore: Arwen1990
The Zen Diary
Attraverso il pacato e poetico "The Zen Diary", si viene a conoscenza di una vita umana placida e rispettosa che si muove in simbiosi con la natura e con l’avvicendarsi delle stagioni. Tsutomu è uno scrittore che vive in una vita isolata in montagna, quasi da eremita, in una casa tradizionale dal tetto in paglia. Fino all’età di 13 anni ha vissuto in un tempio buddista dove ha appreso, dai monaci, l’arte della cucina vegana: elevare ciò che la terra ci dona a qualcosa di sublime e ricercato, senza però elaborate preparazioni da cucina stellata, ma seguendo la più semplice tradizione contadina del Giappone.
Il film è scandito dal susseguirsi delle stagioni giapponesi, che non hanno sempre un corrispettivo con quelle occidentali, e dai frutti che la terra dona, che siano essi di raccolta nei boschi che circondano la dimora del protagonista, o coltivati dallo stesso Tsutomu nel piccolo orto che cura con amore e devozione tutto l’anno.
Interessante è apprendere come i prodotti vegetali vengono lavati, insaporiti, cucinati e curati per essere poi gustati con venerazione e gratitudine. In Giappone cucinare è un'arte come può esserlo la pittura; stare a tavola condividendo e assaporando ciò che ci viene offerto è un atto di riconoscenza verso le divinità che permeano la natura, pertanto vanno presi i giusti tempi per goderne appieno.
Da un occhio che non conosce questa sottile linea che unisce la cultura del popolo giapponese all’arte culinaria, l’attenzione e le movenze che non sono mai causali, possono sembrare esagerate e ridicole. Tuttavia per elevare la propria arte a qualcosa di superiore, trascendentale e prelibato c’è bisogno di dedizione e amore, di tempo per cogliere ogni dettaglio e non lasciare indietro nessun passaggio. Il film non ha una vera e propria trama, ci accompagna per mano, in un anno di vita di agricoltore e raccoglitore del signor Tsutomo. Al suo fianco si sente forte la presenza della sua editor che lo supporta nella vita e nella stesura del suo romanzo The Zen Diary, che da il titolo anche alla pellicola. Inutile sottolineare come gli attori Kenji Sawada e Takako Matsu siano perfetti nei ruoli che ricoprono, in grado di trasmettere quell’amore per le cose che crescono in modo genuino e sapiente.
I dialoghi sono pressoché radi e incentrati soprattutto su pensieri personali del protagonista, come riflessioni interiori o ricordi che gli tornano alla mente mentre assapora un cibo particolare o visita un luogo in cui ogni anno è solito tornare, per la raccolta di un qualche prodotto spontaneo che la terra gli concede.
La regia si concentra molto sullo scorrere delle stagioni, inquadrando la natura nelle sue minuzie che ne sottolineano il mutamento. La fotografia è chiara, capace di trasmettere un’emozione pura e solenne. Mentre le musiche sono tenui e mai troppo invadenti.
Il film è lento, si prende il tempo che serve per raccontare la vita di un essere umano nel ciclo di un anno; le cose belle e brutte che accadono vengono raccontate con attenzione, così come con meticolosità è espressa la gioia di condividere del buon cibo.
Forse non è un film apprezzabile da tutti, ma se si ama apprendere dei modi di fare di altre culture, lasciandosi cullare dal passare nitido del tempo, allora diviene qualcosa di imperdibile e sofisticato da vedere.
Il film è scandito dal susseguirsi delle stagioni giapponesi, che non hanno sempre un corrispettivo con quelle occidentali, e dai frutti che la terra dona, che siano essi di raccolta nei boschi che circondano la dimora del protagonista, o coltivati dallo stesso Tsutomu nel piccolo orto che cura con amore e devozione tutto l’anno.
Interessante è apprendere come i prodotti vegetali vengono lavati, insaporiti, cucinati e curati per essere poi gustati con venerazione e gratitudine. In Giappone cucinare è un'arte come può esserlo la pittura; stare a tavola condividendo e assaporando ciò che ci viene offerto è un atto di riconoscenza verso le divinità che permeano la natura, pertanto vanno presi i giusti tempi per goderne appieno.
Da un occhio che non conosce questa sottile linea che unisce la cultura del popolo giapponese all’arte culinaria, l’attenzione e le movenze che non sono mai causali, possono sembrare esagerate e ridicole. Tuttavia per elevare la propria arte a qualcosa di superiore, trascendentale e prelibato c’è bisogno di dedizione e amore, di tempo per cogliere ogni dettaglio e non lasciare indietro nessun passaggio. Il film non ha una vera e propria trama, ci accompagna per mano, in un anno di vita di agricoltore e raccoglitore del signor Tsutomo. Al suo fianco si sente forte la presenza della sua editor che lo supporta nella vita e nella stesura del suo romanzo The Zen Diary, che da il titolo anche alla pellicola. Inutile sottolineare come gli attori Kenji Sawada e Takako Matsu siano perfetti nei ruoli che ricoprono, in grado di trasmettere quell’amore per le cose che crescono in modo genuino e sapiente.
I dialoghi sono pressoché radi e incentrati soprattutto su pensieri personali del protagonista, come riflessioni interiori o ricordi che gli tornano alla mente mentre assapora un cibo particolare o visita un luogo in cui ogni anno è solito tornare, per la raccolta di un qualche prodotto spontaneo che la terra gli concede.
La regia si concentra molto sullo scorrere delle stagioni, inquadrando la natura nelle sue minuzie che ne sottolineano il mutamento. La fotografia è chiara, capace di trasmettere un’emozione pura e solenne. Mentre le musiche sono tenui e mai troppo invadenti.
Il film è lento, si prende il tempo che serve per raccontare la vita di un essere umano nel ciclo di un anno; le cose belle e brutte che accadono vengono raccontate con attenzione, così come con meticolosità è espressa la gioia di condividere del buon cibo.
Forse non è un film apprezzabile da tutti, ma se si ama apprendere dei modi di fare di altre culture, lasciandosi cullare dal passare nitido del tempo, allora diviene qualcosa di imperdibile e sofisticato da vedere.
Autore: Arwen1990
BL Metamorphosis
“Bl Metamorphosis” è un’ottima trasposizione live-action: ricorda benissimo l’atmosfera del manga e, anche se taglia alcune parti della storia per ovvie ragioni di tempistiche, lo spirito ne rimane inalterato.
Non vi fate scoraggiare dalla durata di quasi due ore, perché voleranno! Anche se è una storia semplice, io non ho smesso di sorridere dall’inizio alla fine di questo tenerissimo film.
La storia, infatti, parla di un’amicizia un po’ inusuale con una differenza di età di quasi 60 anni! Ma mentre la signora Ichinoi sprona Urara a crescere e fare quello che ama, Urara riesce a far riscoprire all’anziana signora l’adolescente che è in lei.
Ho apprezzato tanto il parallelismo fra la vita delle protagoniste e la storia del manga che leggono e mi è piaciuto molto come lo hanno reso nell’inquadratura.
Strepitose le due attrici protagoniste: Mana Ashida nel ruolo di Urara e Nobuko Miyamoto nel ruolo della signora Ichinoi. Non era semplice rendere quello che avevamo letto nel manga.
Non vi fate scoraggiare dalla durata di quasi due ore, perché voleranno! Anche se è una storia semplice, io non ho smesso di sorridere dall’inizio alla fine di questo tenerissimo film.
La storia, infatti, parla di un’amicizia un po’ inusuale con una differenza di età di quasi 60 anni! Ma mentre la signora Ichinoi sprona Urara a crescere e fare quello che ama, Urara riesce a far riscoprire all’anziana signora l’adolescente che è in lei.
Ho apprezzato tanto il parallelismo fra la vita delle protagoniste e la storia del manga che leggono e mi è piaciuto molto come lo hanno reso nell’inquadratura.
Strepitose le due attrici protagoniste: Mana Ashida nel ruolo di Urara e Nobuko Miyamoto nel ruolo della signora Ichinoi. Non era semplice rendere quello che avevamo letto nel manga.
Autore: alis89
**
“Siamo diventare amiche grazie al suo manga.
Grazie per averlo scritto e disegnato”
Grazie per averlo scritto e disegnato”
Semplici, quasi banali eppure... intense ed efficaci. Con queste poche parole si descrive ciò che succede quando si condivide una passione. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse, poetava Shakespeare e, anche se qui forse è inteso con un'accezione meno romantica, quel libro può essere sostituito con qualsiasi oggetto di interesse che sia un manga, un gioco da tavolo, una lezione di calligrafia, di cucina o di fotografia, basta che sia il mezzo per unire due anime anche se molto distanti tra loro. E quante volte avremmo il desiderio di ringraziare chi tutto questo lo ha permesso? E cosa succede se poi questa possibilità si avvera? È quello che succede un po’ per caso all’allegra, anziana signora Yuki Ichinoi e alla timida e riservata studentessa Urara Sayama. Alla ricerca di un libro di cucina presso una libreria, l’anziana si imbatte in una parete dedicata ai manga, e mica manga qualsiasi, ma Boys’s Love. Incuriosita e affascinata dai bei disegni decide di acquistarne uno senza sapere nulla né del genere né delle tematiche e con una certa nonchalance, forse dovuta alla spavalderia che può essere tipica di quella età, si reca alla cassa per pagare. Quando la cassiera le chiede se vuole una copertina per coprire quella originale del manga, lei risponde semplicemente di no, provocando nella addetta una reazione di stupore. Ma la cassiera è proprio Urara, che quando vede la signora tornare in libreria per cercare i numeri successivi cerca di aiutarla in tutti i modi.
Urara tuttavia è una liceale impacciata e timida, anche lei amante dei BL, che si vergogna di mostrare interesse per storie d’amore tra uomini. Il fare diretto e ardito della signora Yuki la intimidisce, sorprende e la fa sentire fuori luogo. Tuttavia Yuki ha bisogno di trovare qualcuno con cui condividere i pensieri sulla storia che tanto la appassiona e vede proprio in Urara la persona giusta. Da questo scambio di opinioni prenderà il via un’amicizia che sarà la base per una crescita personale per entrambe le figure femminili.
La giovane donna si ritrova a confrontarsi con le proprie paure e insicurezze, a superare diversi ostacoli per riuscire a partecipare ad eventi a tema e condividerne la gioia con Yuki, che dal canto suo le dà quella fiducia e quella stima di cui la ragazza ha tanto bisogno.
Dall’altra parte c’è l’anziana donna rimasta sola in seguito alla scomparsa del marito, afflitta dai dolori che la sua età porta con se; ha perso la voglia di vivere e il suo unico desidero è quello di raggiungere al più presto il marito. Tuttavia ora che ha una giovane amica con la quale condividere, con spensieratezza e passione un interesse che in lei divampa sempre più forte, ritrova la gioia di guardare avanti e uno scopo per vivere.
A volte le amicizie che nascono un po’ per caso creano legami profondi di stima reciproca, di amore e felicità di partecipazione. È cosi le due donne si ritrovano non solo a passare insieme i momenti dedicati alla lettura del manga, ma anche piccoli attimi di vita quotidiana come l’assaporare il curry o partecipare alle lezioni di calligrafia.
Il film è in grado di commuovere profondamente lo spettatore perché è talmente semplice mettersi nei panni di queste due protagoniste che qualsiasi cosa facciano ci si rivede in pieno: chi di noi non desidera un qualcuno con cui discutere dei libri che leggiamo, dei film che vediamo, della musica che ascoltiamo?
Il condividere rinfresca lo spirito, da' luce all’anima e nutre il cuore.
La regia e la sceneggiatura sono molto attente e minuziose, ricalcando quanto più fedelmente quelle del manga dal quale è tratta la storia, gestendo in modo ottimale le varie scene in parallelo che si avvicendano.
La musica affidata al duo blues T-Junjis è scanzonata e divertente, giusto accompagnamento nei momenti divertenti che si susseguono ma riesce a prendere dei toni leggermente più cupi su alcuni passaggi più tristi e sentiti. Sulle stesse note poi è composta la canzone di chiusura cantata dalle due protagoniste: "Se solo potessi farlo”.
Le attrici chiamate nel ruolo delle protagoniste sono la dolce Nobuko Miyamoto nei panni di Yuki e la brava Mana Ashida in Urara. Entrambe restituiscono alla storia passione, amore e carattere. Altri personaggi poi circondano le nostre eroine: Tsumugu Kawamura amico di infanzia di Urara interpretato da Kyōhei Takahashi, Yu Komeda l’autrice del manga galeotto interpretata da Kotone Furukawa, oltre ad altri di minor presenza ma comunque lodevoli per il lavoro svolto.
La pellicola è portatrice di un messaggio universale, poco importa che qui il condividere riguarda i manga BL, l’importante è avere una passione che porta a essere curiosi, a conoscere ma sopratutto ad aprire le porte del proprio cuore per entrare in sintonia con persone che non ti aspetti.
Autore: Arwen1990
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“BL Metamorphosis” è un film, ispirato all’omonimo manga (“Metamorphose no Engawa”), che riesce a portare il suo messaggio allo spettatore con dolcezza e leggerezza, grazie anche alle splendide musiche che intercalano la pellicola e aggiungono una spensieratezza perfettamente in linea con la narrazione.
Fin dall’inizio è chiaro il sentimento che gli autori ci vogliono trasmettere riguardo al BL, l’emozione che dà seguire lo sviluppo di una storia d’amore sincera ma tormentata. Per dirlo con le parole di Yuki, “Forse sono troppo vecchia per questo, ma voglio tifare per loro.”
Diversi sono i temi trattati, e non solo riguardanti il Boy’s Love. Oltre alla riflessione sulle sfaccettature del genere BL, la pellicola affronta sia il timore del giudizio sociale da parte di Urara per il fatto che si scopra che ne è lettrice, sia il superamento del pregiudizio legato all’età di Yuki che si appassiona, senza remore, a un genere socialmente ritenuto insolito per un’anziana e lo fa con sincera energia, ritrovando anche la se stessa più giovane. Non meno importante il tema del ruolo che il supporto da parte del lettore può rivestire per una mangaka nel suo percorso creativo, grazie all’interazione delle protagoniste con la mangaka Yu Komeda.
Toccante, soprattutto per chi tra gli spettatori avesse mai sognato una carriera nel mondo del manga, la positività che viene trasmessa riguardo alla passione e all’impegno che Urara mette nel suo manga, il quale, nonostante tecnicamente non sia a livello professionale, è per lei fonte di gioia e soddisfazione.
Una pellicola toccante per tutti gli appassionati di manga e per chi fosse alla ricerca di una storia di positività riguardo il superamento dei propri limiti.
Fin dall’inizio è chiaro il sentimento che gli autori ci vogliono trasmettere riguardo al BL, l’emozione che dà seguire lo sviluppo di una storia d’amore sincera ma tormentata. Per dirlo con le parole di Yuki, “Forse sono troppo vecchia per questo, ma voglio tifare per loro.”
Diversi sono i temi trattati, e non solo riguardanti il Boy’s Love. Oltre alla riflessione sulle sfaccettature del genere BL, la pellicola affronta sia il timore del giudizio sociale da parte di Urara per il fatto che si scopra che ne è lettrice, sia il superamento del pregiudizio legato all’età di Yuki che si appassiona, senza remore, a un genere socialmente ritenuto insolito per un’anziana e lo fa con sincera energia, ritrovando anche la se stessa più giovane. Non meno importante il tema del ruolo che il supporto da parte del lettore può rivestire per una mangaka nel suo percorso creativo, grazie all’interazione delle protagoniste con la mangaka Yu Komeda.
Toccante, soprattutto per chi tra gli spettatori avesse mai sognato una carriera nel mondo del manga, la positività che viene trasmessa riguardo alla passione e all’impegno che Urara mette nel suo manga, il quale, nonostante tecnicamente non sia a livello professionale, è per lei fonte di gioia e soddisfazione.
Una pellicola toccante per tutti gli appassionati di manga e per chi fosse alla ricerca di una storia di positività riguardo il superamento dei propri limiti.
Autore: hachi_rosa92
**
Film estremamente carino, dolce, piacevole e rilassante. Un'amicizia nata per caso grazie a alla passione per un manga, che aiuterà le due protagoniste a spronarsi a vicenda e ad aprissi al mondo.
La pellicola, diretta da Shunsuke Kariyama, riesce a trasmettere tutto l’amore che era già presente nel manga.
La determinazione, la curiosità, l’allegria, le paure, le mille domande e infine la dimostrazione che le differenze generazionali non sono degli ostacoli se possono essere d’aiuto, e fondamentali se trattate con rispetto e sincerità.
L’interpretazione di Nobuko Miyamoto è strepitosa, riesce a essere toccante, genuina e d'ispirazione, proprio come il suo personaggio rappresenta.
Le musiche, orecchiabili e allegre, scandiscono i tempi di tutto il film riuscendo a creare un’atmosfera serena e mai noiosa.
Una pellicola delicata, con un tema di fondo importante ma non gravoso, che incanta.
Adatta a chiunque apprezzi condividere le proprie passioni, qualunque essa siano.
La pellicola, diretta da Shunsuke Kariyama, riesce a trasmettere tutto l’amore che era già presente nel manga.
La determinazione, la curiosità, l’allegria, le paure, le mille domande e infine la dimostrazione che le differenze generazionali non sono degli ostacoli se possono essere d’aiuto, e fondamentali se trattate con rispetto e sincerità.
L’interpretazione di Nobuko Miyamoto è strepitosa, riesce a essere toccante, genuina e d'ispirazione, proprio come il suo personaggio rappresenta.
Le musiche, orecchiabili e allegre, scandiscono i tempi di tutto il film riuscendo a creare un’atmosfera serena e mai noiosa.
Una pellicola delicata, con un tema di fondo importante ma non gravoso, che incanta.
Adatta a chiunque apprezzi condividere le proprie passioni, qualunque essa siano.
Autore: CloveRed
Ammetto subito che ho iniziato questo film pensando che fosse qualcosa di leggero e simpatico, ma, almeno in parte, mi sbagliavo. Certamente “Anime Supremacy!” è una storia scorrevole e divertente, ma oltre a questo c’è molto di più!
Innanzitutto ci mostra uno spaccato del lavoro che c’è dietro alla produzione di un anime: quello che noi ci godiamo in una mezz’oretta del nostro tempo libero, sono giorni e notti passati su ogni fotogramma per registi e il resto della crew. E i due anime presentati in gara per il titolo di “haken” sono mostrati in maniera talmente accattivante che se uscissero come serie a sé, io li guarderei subito!
Non vediamo, però, solo la creazione di un anime: quello che rende veramente speciale questo film è la gestione dei personaggi. Parla, infati, delle loro storie, del loro passato, delle difficoltà e di come le hanno superate. Ci si affeziona a ogni protagonista, ai loro pregi e ai loro difetti, tanto che io ero indecisissima per quale regista tifare. Entrambi sono individui particolari e buffi (la scena della doppia intervista mi ha fatto ridere molto!)
Una raccomandazione importante: guardate il film fino alla fine, anche dopo i titoli di coda perché c’è una bella sorpresa…
Innanzitutto ci mostra uno spaccato del lavoro che c’è dietro alla produzione di un anime: quello che noi ci godiamo in una mezz’oretta del nostro tempo libero, sono giorni e notti passati su ogni fotogramma per registi e il resto della crew. E i due anime presentati in gara per il titolo di “haken” sono mostrati in maniera talmente accattivante che se uscissero come serie a sé, io li guarderei subito!
Non vediamo, però, solo la creazione di un anime: quello che rende veramente speciale questo film è la gestione dei personaggi. Parla, infati, delle loro storie, del loro passato, delle difficoltà e di come le hanno superate. Ci si affeziona a ogni protagonista, ai loro pregi e ai loro difetti, tanto che io ero indecisissima per quale regista tifare. Entrambi sono individui particolari e buffi (la scena della doppia intervista mi ha fatto ridere molto!)
Una raccomandazione importante: guardate il film fino alla fine, anche dopo i titoli di coda perché c’è una bella sorpresa…
Autore: alis89
**
Come nasce un anime? Cosa è importante per lo spettatore? E Per chi lo crea? E per chi invece lo mette in onda? In questo film vengono trattati tutti questi aspetti, offrendo allo spettatore uno spaccato sull’industria dell’anime. Dalla realizzazione dello storyboard alla creazione delle singole scene, al doppiaggio e montaggio, tutto concorre per creare un prodotto che affascini e coinvolga, così da trarne un adeguato profitto e magari anche vincere una sfida con altri prodotti similari.
La storia racconta il percorso di una regista esordiente, che si ritrova a competere con il suo idolo, ma in realtà questa vicenda resta un po’ sullo sfondo, perché il vero protagonista è proprio il processo di creazione di un anime, ma soprattutto tutto ciò che ne sta dietro le quinte.
Affascina vedere come i personaggi prendano vita, come i doppiatori diano voce alla loro anima, come ancora un lavoro ben fatto si traduca in un aumento delle vendite del merchandising. Il tutto ottenuto con il grande sacrificio delle persone che ci mettono tutte se stesse, rinunciando anche ad avere una vita privata.
Come dire, sarà un successo, ma è stato anche un immenso sacrificio.
La storia racconta il percorso di una regista esordiente, che si ritrova a competere con il suo idolo, ma in realtà questa vicenda resta un po’ sullo sfondo, perché il vero protagonista è proprio il processo di creazione di un anime, ma soprattutto tutto ciò che ne sta dietro le quinte.
Affascina vedere come i personaggi prendano vita, come i doppiatori diano voce alla loro anima, come ancora un lavoro ben fatto si traduca in un aumento delle vendite del merchandising. Il tutto ottenuto con il grande sacrificio delle persone che ci mettono tutte se stesse, rinunciando anche ad avere una vita privata.
Come dire, sarà un successo, ma è stato anche un immenso sacrificio.
Autore: Godaime Hokage
We Made a Beautiful Bouquet
Perché le storie d’amore devono essere sempre zuccherose, rose e fiori e con il lieto fine? Se cercate una storia di questo tipo, "We made a beautiful bouquet” non fa per voi. Invece fa per voi se volete vedere raccontata una storia d’amore normale, che nasce, cresce e (spoiler) muore (fine spoiler). Perché, lo dicono anche personaggi del film, l’amore alla fine ha una data di scadenza.
Ma anche se si tratta del racconto di una parabola, ascendente con mille sbrilluccichii e sorrisi e discendente con incomprensioni e dolore, il film è bello proprio per questo motivo.
I due protagonisti si conoscono, si amano, crescono, si allontanano, come molte volte succede nella vita. E a volte volersi bene è anche saper dire "oltre non possiamo andare". Bella la lettura della storia da entrambi punti di vista, belli i dialoghi, ma anche le scene di silenzio.
Ma anche se si tratta del racconto di una parabola, ascendente con mille sbrilluccichii e sorrisi e discendente con incomprensioni e dolore, il film è bello proprio per questo motivo.
I due protagonisti si conoscono, si amano, crescono, si allontanano, come molte volte succede nella vita. E a volte volersi bene è anche saper dire "oltre non possiamo andare". Bella la lettura della storia da entrambi punti di vista, belli i dialoghi, ma anche le scene di silenzio.
Autore: Godaime Hokage
Single8
Nostalgico e gustoso romanzo di formazione con note autobiografiche, quest'opera del veterano regista, sceneggiatore e producer Kazuya Konaka, celebre soprattutto per i film della saga di Ultraman, è un tributo affettuoso al cinema e a un'epoca ormai passata. Il film è pieno di amore per la settima arte, arricchito da curiosità simpatiche: Konaka cita e sfrutta infatti i suoi primi lavori, come il corto "Claws" (1976) su un orso cannibale, "Time Return" (1977) e "Turn Point 10:40," utilizzati per il cortometraggio realizzato dai protagonisti e di cui sono mostrati alcuni secondi sui titoli di coda.
Inoltre il regista omaggia Takeo Shindo inserendo il suo corto di animazione calligrafica "Mark" del 1981 direttamente nella narrazione e mostrandolo ai personaggi principali.
Una visione piacevole e divertente, che saprà conquistare soprattutto (ma non solo) gli appassionati di cinema.
Inoltre il regista omaggia Takeo Shindo inserendo il suo corto di animazione calligrafica "Mark" del 1981 direttamente nella narrazione e mostrandolo ai personaggi principali.
Una visione piacevole e divertente, che saprà conquistare soprattutto (ma non solo) gli appassionati di cinema.
Autore: Rudido
**
Una storia nella storia. Un racconto pieno d’amore per il cinema che trasuda tutta la passione e quella spensieratezza tipica degli adolescenti. L’ambientazione anni’80 rende il ritmo suggestivo e malinconico, ma non nostalgico.
Interessante la regia, che è impostata quasi come se fosse un documentario, una sorta di diario di viaggio pieno di quell’affetto, di quelle parole non dette e quelle piccole sfumature che ci permettono di comprendere meglio gli stati d’animo dei protagonisti.
La pellicola è piena zeppa di tutti quei “trucchi del mestiere” dell’epoca, che ci vengono mostrati in maniera amatoriale ma professionale, che rende questo film davvero imperdibile per tutti quelli che amano il cinema.
Interessante la regia, che è impostata quasi come se fosse un documentario, una sorta di diario di viaggio pieno di quell’affetto, di quelle parole non dette e quelle piccole sfumature che ci permettono di comprendere meglio gli stati d’animo dei protagonisti.
La pellicola è piena zeppa di tutti quei “trucchi del mestiere” dell’epoca, che ci vengono mostrati in maniera amatoriale ma professionale, che rende questo film davvero imperdibile per tutti quelli che amano il cinema.
Autore: CloveRed
Father of the milky way railroad
Questo film è pura poesia. Bravissimi i protagonisti nel rendere il rapporto padre figlio, immenso l'amore che traspare da ogni singola scena.
Commovente sino alle lacrime.
Non conoscevo Kenji Miyazawa, ma rimedierò presto questa lacuna.
Commovente sino alle lacrime.
Non conoscevo Kenji Miyazawa, ma rimedierò presto questa lacuna.
Autore: Godaime Hokage
**
"Father of the Milky Way Railroad", film del 2023 diretto da Izuru Narushima, racconta la vita del celebre scrittore Kenji Miyazawa (1896-1933), attraverso il rapporto speciale con suo padre Masajiro, nonché con la sua famiglia e la sua terra.
Realizzato con maestria, il film offre spaccati di vita familiare e scorci di un'epoca lontana, seguendo le vicende della famiglia Miyazawa tra lutti ed eventi lieti. Le interpretazioni del cast sono eccellenti, in particolare quelle dei protagonisti Koji Yakusho e Masaki Suda.
La regia è inoltre particolarmente efficace nel dosare gli elementi drammatici per dare una rappresentazione forse un po' stilizzata ma credibile e toccante. Il finale, che rende omaggio alle fiabe di Miyazawa, è la conclusione perfetta di questa storia intensa e coinvolgente.
Realizzato con maestria, il film offre spaccati di vita familiare e scorci di un'epoca lontana, seguendo le vicende della famiglia Miyazawa tra lutti ed eventi lieti. Le interpretazioni del cast sono eccellenti, in particolare quelle dei protagonisti Koji Yakusho e Masaki Suda.
La regia è inoltre particolarmente efficace nel dosare gli elementi drammatici per dare una rappresentazione forse un po' stilizzata ma credibile e toccante. Il finale, che rende omaggio alle fiabe di Miyazawa, è la conclusione perfetta di questa storia intensa e coinvolgente.
Autore: Rudido
I am what I am
“I am what I am” è un film che non ci presenta una trama mozzafiato, ma che vi terrà ugualmente incollati allo schermo dall’inizio alla fine.
Questa storia è fatta di tanti piccoli eventi e personaggi che si susseguono e che ruotano attorno alla protagonista: nessuno di loro è fondamentale, ma tutti sono rilevanti e preziosi per farci comprendere a fondo Kasumi.
Il focus è sulle sue emozioni e su quello che prova.
In un mondo in cui la sfera romantica è così predominante, tanto da essere anche argomento per rompere il ghiaccio o passare il tempo, Kasumi è una persona aromantica e asessuale.
La cosa che mi ha colpito subito e che mi ha piacevolmente stupito, è che la protagonista non mette mai in dubbio quella che è e la sua identità, ma vuole semplicemente essere accettata dalle altre persone che davanti alla sua confessione reagiscono in modi diversi.
Molto significativa anche la rappresentazione delle altre figure femminili della famiglia di Kasumi, la nonna, la madre e la sorella: loro non sono come Kasumi, ma questo non significa che abbiano una vita semplice o che siano sempre appagate, perché ognuna di loro ha avuto o ha problemi con il proprio partner; tutto questo sta a sottolineare che essere una persona “normale” non implica essere felici.
In sottofondo, la musica è quasi assente: qui l’importante sono le parole.
Questa storia è fatta di tanti piccoli eventi e personaggi che si susseguono e che ruotano attorno alla protagonista: nessuno di loro è fondamentale, ma tutti sono rilevanti e preziosi per farci comprendere a fondo Kasumi.
Il focus è sulle sue emozioni e su quello che prova.
In un mondo in cui la sfera romantica è così predominante, tanto da essere anche argomento per rompere il ghiaccio o passare il tempo, Kasumi è una persona aromantica e asessuale.
La cosa che mi ha colpito subito e che mi ha piacevolmente stupito, è che la protagonista non mette mai in dubbio quella che è e la sua identità, ma vuole semplicemente essere accettata dalle altre persone che davanti alla sua confessione reagiscono in modi diversi.
Molto significativa anche la rappresentazione delle altre figure femminili della famiglia di Kasumi, la nonna, la madre e la sorella: loro non sono come Kasumi, ma questo non significa che abbiano una vita semplice o che siano sempre appagate, perché ognuna di loro ha avuto o ha problemi con il proprio partner; tutto questo sta a sottolineare che essere una persona “normale” non implica essere felici.
In sottofondo, la musica è quasi assente: qui l’importante sono le parole.
Autore: alis89
**
"I Am What I Am" è un film ben realizzato che brilla soprattutto grazie alla performance della protagonista. La sua interpretazione convincente permette agli spettatori di empatizzare profondamente con il suo disagio. Il film offre una critica incisiva ai "valori tradizionali," mettendoli in discussione con intelligenza e sensibilità.
La fotografia e il comparto tecnico sono solidi, mentre la colonna sonora riesce a catturare perfettamente le atmosfere intimiste della sceneggiatura.
La regia dimostra grande abilità nel mantenere coesa la narrazione, nonostante la natura semi-episodica della storia.
Particolarmente incisivi tre momenti chiave dai toni completamente diversi: la cena confronto in famiglia, la performance al violoncello al matrimonio e la corsa finale.
La fotografia e il comparto tecnico sono solidi, mentre la colonna sonora riesce a catturare perfettamente le atmosfere intimiste della sceneggiatura.
La regia dimostra grande abilità nel mantenere coesa la narrazione, nonostante la natura semi-episodica della storia.
Particolarmente incisivi tre momenti chiave dai toni completamente diversi: la cena confronto in famiglia, la performance al violoncello al matrimonio e la corsa finale.
Autore: Rudido
The lone ume tree
Un racconto difficile, ma che lascia intravedere una flebile luce di speranza verso il futuro. L’amore di una madre verso suo figlio disabile, che si interroga su cosa potrà mai accadere quando lei non ci sarà più.
La difficoltà di cooperare e convivere con il vicinato, l’indifferenza e la poca empatia del prossimo. La voglia di lottare per non sentirsi esclusi, l’amarezza nel sentirsi soli e abbandonati dalla società… è infine la speranza di riuscire a superare i pregiudizi iniziali.
"The Lone Ume Tree" in maniera chiara, ma incisiva, traccia uno spaccato di vita che è più “naturale” di quello che il mondo creda.
Questa pellicola riesce ad affrontare tematiche scomode ai più, con garbo, arrivando a essere in grado di aprire le menti dello spettatore e far riflettere sui nostri comportamenti… insomma un film semplice, ma dal forte impatto emotivo.
La difficoltà di cooperare e convivere con il vicinato, l’indifferenza e la poca empatia del prossimo. La voglia di lottare per non sentirsi esclusi, l’amarezza nel sentirsi soli e abbandonati dalla società… è infine la speranza di riuscire a superare i pregiudizi iniziali.
"The Lone Ume Tree" in maniera chiara, ma incisiva, traccia uno spaccato di vita che è più “naturale” di quello che il mondo creda.
Questa pellicola riesce ad affrontare tematiche scomode ai più, con garbo, arrivando a essere in grado di aprire le menti dello spettatore e far riflettere sui nostri comportamenti… insomma un film semplice, ma dal forte impatto emotivo.
Autore: CloveRed
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Il pruno del titolo fa da sfondo a questa storia, che racconta le vicissitudini di Tamako, un’anziana signora, e di suo figlio Shu (soprannome di Tadao), autistico: combattono ogni giorno contro la discriminazione, a volte sottile, altre alquanto pesante, che gli abitanti del quartiere fanno nei loro confronti giorno dopo giorno.
In un Paese in cui la gentilezza spesso è solo di facciata, esiste una società che relega i disabili in scuole speciali e una volta adulti li vuole lontani dal proprio sguardo perché disturbano e fanno paura (quasi fossero dei mostri cattivi). E queste stesse cose vengono insegnate alle nuove generazioni. Eppure, in questo film, non si percepisce alcun odio da parte di chi subisce. Si trova la rassegnazione, ma a volte anche la rivalsa.
Per quanto gli argomenti trattati siano di per sé di un certo peso, esso in realtà non viene percepito, perché il tutto viene narrato con leggerezza e dolcezza, di cui sono intrisi tanti piccoli gesti che fanno intravedere la speranza di un futuro diverso e migliore.
In un Paese in cui la gentilezza spesso è solo di facciata, esiste una società che relega i disabili in scuole speciali e una volta adulti li vuole lontani dal proprio sguardo perché disturbano e fanno paura (quasi fossero dei mostri cattivi). E queste stesse cose vengono insegnate alle nuove generazioni. Eppure, in questo film, non si percepisce alcun odio da parte di chi subisce. Si trova la rassegnazione, ma a volte anche la rivalsa.
Per quanto gli argomenti trattati siano di per sé di un certo peso, esso in realtà non viene percepito, perché il tutto viene narrato con leggerezza e dolcezza, di cui sono intrisi tanti piccoli gesti che fanno intravedere la speranza di un futuro diverso e migliore.
Autore: Godaime Hokage
Wedding High
“Wedding High” è una caotica commedia nuziale diretta dalla regista Akiko Ōku e con la sceneggiatura del comico Bakarhythm; è inutile, quindi, dire che questo film è frizzante e divertente. Nonostante le risate, viene presentato uno spaccato molto realistico del matrimonio introducendoci i due protagonisti con un classico cliché: la sposa che è tutta eccitata e attenta a qualsiasi dettaglio del matrimonio e lo sposo che vuole arrivare alla fine della cerimonia senza aver discusso con la sua amata per cose per lui futili, come il colore della tovaglia.
Accanto a loro ruoteranno molti personaggi perché, dopotutto, il matrimonio non è una cerimonia che riguarda solo gli sposi. Verranno così presentati amici e conoscenti e con loro anche le proprie storie: in ognuna di loro vi ho percepito anche un pizzico di satira verso la società nipponica.
Forse i personaggi che prendono la parola sono anche troppi, ma il ritmo incalzante e frenetico fa in modo di non annoiare lo spettatore.
Tantissimi gli inconvenienti che la wedding planner assunta dalla coppia dovrà affrontare, ma, dopotutto, gli sposi hanno avuto solo un assaggio di quella che sarà la loro vita insieme: problemi e trambusti che si potranno risolvere anche grazie all’aiuto della famiglia e degli amici più cari, pronti a mettersi in gioco per loro.
Accanto a loro ruoteranno molti personaggi perché, dopotutto, il matrimonio non è una cerimonia che riguarda solo gli sposi. Verranno così presentati amici e conoscenti e con loro anche le proprie storie: in ognuna di loro vi ho percepito anche un pizzico di satira verso la società nipponica.
Forse i personaggi che prendono la parola sono anche troppi, ma il ritmo incalzante e frenetico fa in modo di non annoiare lo spettatore.
Tantissimi gli inconvenienti che la wedding planner assunta dalla coppia dovrà affrontare, ma, dopotutto, gli sposi hanno avuto solo un assaggio di quella che sarà la loro vita insieme: problemi e trambusti che si potranno risolvere anche grazie all’aiuto della famiglia e degli amici più cari, pronti a mettersi in gioco per loro.
Autore: alis89
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Il giorno più importante della vita di due persone visto da diversi punti di vista, e con dei focus su alcuni personaggi. Ma tra preparativi, parenti che vogliono intromettersi, ex che spuntano improvvisamente da dietro l’angolo, imprevisti dell’ultimo minuto, riusciranno i novelli sposi Akihito e Haruka a superare indenni lo stress causato dal giorno del fatidico sì?
Il film all’inizio spiazza un po’ perché la storia non viene raccontata in maniera lineare, ma proprio attraverso i punti di vista di diversi personaggi, con tanto di flashback che mostra il rapporto che hanno con gli sposi.
Questa scelta rende la narrazione più lenta e di non immediata comprensione, arrivando in alcuni momenti a chiedersi se valga la pena di vedere il film, perché può sfociare nella noia. Ma il mio consiglio è di vederlo sino alla fine, perché la seconda parte è il cuore della storia, è molto divertente e certe scene sono davvero esilaranti!
Il film all’inizio spiazza un po’ perché la storia non viene raccontata in maniera lineare, ma proprio attraverso i punti di vista di diversi personaggi, con tanto di flashback che mostra il rapporto che hanno con gli sposi.
Questa scelta rende la narrazione più lenta e di non immediata comprensione, arrivando in alcuni momenti a chiedersi se valga la pena di vedere il film, perché può sfociare nella noia. Ma il mio consiglio è di vederlo sino alla fine, perché la seconda parte è il cuore della storia, è molto divertente e certe scene sono davvero esilaranti!
Autore: Godaime Hokage
School meals time graduation
Sarò sincera. Forse non ho capito il film, ma a me non è piaciuto. Ho trovato la trama insulsa, priva di un intreccio coinvolgente. Il protagonista è una macchietta che a volte sfocia nel ridicolo. Più di una volta mi sono chiesta se mancasse molto alla fine e se si arrivasse ad un punto di svolta che facesse dire “ok, quindi tutto ciò che è avvenuto prima aveva un perché”. Invece no. Mi sento di consigliarlo solo per vedere se qualcuno riesce a scovare un messaggio che a me non è arrivato.
Autore: Godaime Hokage
The Handsome Suit
“The Handsome Suit” riesce nel non semplice compito di risultare comico e profondo allo stesso tempo.
Si tratta di una fiaba moderna in perfetto stile giapponese, con un’azienda improbabile che produce marchingegni futuristici in grado di risollevare la vita sentimentale delle persone. Eppure il tutto è perfettamente funzionale al messaggio degli autori.
Il protagonista, Takuro, non solo è sovrappeso, ma anche di aspetto non gradevole. Ed è talmente preso dal suo tormento a causa del proprio aspetto e del giudizio altrui, che non riesce a rendersi conto di quanto di buono c’è nella sua vita: gli amici che lo apprezzano, i clienti che lo stimano, la ragazza innamorata di lui… ed egli per primo, proprio a causa di questo suo cruccio, finisce per non riuscire a vedere al di là dell’aspetto delle persone, almeno in ambito sentimentale.
“The Handsome Suit” è un percorso di consapevolezza sul fatto che la bellezza non solo non sia tutto, ma finisca per diventare una prigione quando è tutto ciò per cui si viene apprezzati.
I protagonisti riusciranno a emanciparsi dalla bellezza e a trovare i veri se stessi al di sotto degli aspetti scintillanti con cui si identificano o vengono identificati?
La pellicola riesce a riflettere con la giusta profondità su questo tema e allo stesso tempo intervallare i momenti drammatici con situazioni comiche mai esagerate, dosate al punto giusto, con scelte armoniose a livello di colonna sonora e una buona recitazione.
Un film che scalda il cuore.
Si tratta di una fiaba moderna in perfetto stile giapponese, con un’azienda improbabile che produce marchingegni futuristici in grado di risollevare la vita sentimentale delle persone. Eppure il tutto è perfettamente funzionale al messaggio degli autori.
Il protagonista, Takuro, non solo è sovrappeso, ma anche di aspetto non gradevole. Ed è talmente preso dal suo tormento a causa del proprio aspetto e del giudizio altrui, che non riesce a rendersi conto di quanto di buono c’è nella sua vita: gli amici che lo apprezzano, i clienti che lo stimano, la ragazza innamorata di lui… ed egli per primo, proprio a causa di questo suo cruccio, finisce per non riuscire a vedere al di là dell’aspetto delle persone, almeno in ambito sentimentale.
“The Handsome Suit” è un percorso di consapevolezza sul fatto che la bellezza non solo non sia tutto, ma finisca per diventare una prigione quando è tutto ciò per cui si viene apprezzati.
I protagonisti riusciranno a emanciparsi dalla bellezza e a trovare i veri se stessi al di sotto degli aspetti scintillanti con cui si identificano o vengono identificati?
La pellicola riesce a riflettere con la giusta profondità su questo tema e allo stesso tempo intervallare i momenti drammatici con situazioni comiche mai esagerate, dosate al punto giusto, con scelte armoniose a livello di colonna sonora e una buona recitazione.
Un film che scalda il cuore.
Autore: hachi_rosa92
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Per l'elenco completo dei film disponibili vi rimandiamo alla nostra notizia di presentazione, augurandovi buona visione.
Il JFF, ovvero il Japanese Film Festival è un progetto istituito dalla Japan Foundation per promuovere la cinematografia nipponica nel mondo: avviata nel 2016 con lo slogan "film giapponesi ovunque e in qualunque momento," la prima edizione della rassegna contava dieci nazioni asiatiche, con un network di partecipanti che nel corso degli anni si è espanso fino a includere nazioni come Cina, Russia e India. Nel 2021 nasceva poi il JFF Plus: Online che allargava ulteriormente il circuito ad alcune nazioni americane, africane ed europee, tra cui l'Italia.
Fonti consultate:
Sito ufficiale Japanese Film Festival Online I, II