Lucca Comics & Games 2024: la nostra intervista a Charles Cecil (Broken Sword)
Padre delle avventure punta e clicca e memoria storica del medium videoludico, ecco Charles Cecil
di DannyK
Charles, iniziamo con Broken Sword, dobbiamo parlarne per forza: da dove viene l'idea della saga e qual era il budget iniziale?
Dunque, parto dal principio per creare un po' di contesto. Il nostro primo gioco, The Order of the Temperance, costò circa 25-30.000 sterline. Beneath a Steel Sky fu un po’ più costoso, attorno alle 50.000 sterline. Anche se i giochi vendevano bene in Europa, negli Stati Uniti non riuscivano ad avere lo stesso successo. Il nostro editore, Virgin, disse: “I vostri giochi sono stati ben accolti. Vorremmo che aumentaste le ambizioni, soprattutto dal punto di vista grafico e del valore di produzione.” Così il budget per Broken Sword fu portato a un milione di sterline.
Era un salto enorme, ma fummo molto fortunati: Virgin ci diede carta bianca e finanziò completamente lo sviluppo. Tutti i mesi arrivava il denaro, e noi non dovevamo preoccuparci troppo. Purtroppo, la situazione cambiò quando Virgin fu acquisita da Viacom, ma per un certo periodo ci trovammo in una situazione splendida: fiducia e finanziamenti. Quello che invece facciamo ora è autopubblicarci, ci autofinanziamo tramite Kickstarter. Tutti dicevano che non funziona per i videogiochi, che non avremmo dovuto farlo, che sarebbe stato un disastro ed è uno dei motivi per cui abbiamo fissato l'obiettivo così basso: in un certo senso non credevo a quello che dicevano, ma ero preoccupato che potessero avere ragione. Quindi ci siamo settati a, mi pare 50.000 sterline o giù di lì ed abbiamo raccolto 650.000 sterline! Abbiamo guadagnato di più con Broken Sword Reforged che con Broken Sword 5. Penso che dipenda moltissimo da chi sei, da chi sta chiedendo i finanziamenti. Grazie alla nostra community siamo andati ben oltre le aspettative, soprattutto considerando che gli editori non vogliono più investire nel genere avventura, mentre con l'autofinanziamento siamo riusciti ad essere molto più ambiziosi di quanto qualsiasi editore avrebbe mai permesso.
E l'idea per la saga?
Ah, scusa, era quella la tua domanda iniziale (ride). L’idea della saga è nata da una conversazione a cena con Sean Brennan, il vice CEO di Virgin. Si parlava dei cavalieri templari e del libro Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco. Sean mi fece conoscere questa storia complessa e ricca di contraddizioni e l'idea mi intrigava, perché io non sapevo nulla o quasi sui templari, ma ero entusiasta di saperne di più.
L’unico riferimento erano dei libri, ce n’erano diversi in francese, fantastici, ma pochi ne erano a conoscenza. Iniziando a conoscere meglio la storia ho capito che quello che amavo erano le contraddizioni. I templari erano guerrieri, i migliori, erano combattenti d’élite, ma erano anche monaci e in molti modi incarnavano le contraddizioni dell’umanità. Divennero molto ricchi e per questo ad un certo punto si corruppero e furono infine distrutti da persone ancora più corrotte: il Papa e il Re di Francia. Il Re di Francia voleva le loro ricchezze, e il Papa aveva i suoi motivi, qualunque essi fossero. La storia racconta che, il giorno venerdì 13 ottobre 1307, i deputati del Re arrivarono per arrestarli e scoprirono che tutti i tesori erano già spariti. E la flotta, una gigantesca flotta, la più grande d’Europa, che era ancorata a La Rochelle, aveva già preso il largo. Nessuno trovò mai né il tesoro né la flotta. Così nacque una grande cospirazione basata su fatti storici. L’unico riferimento all’epoca era un libro intitolato Il Santo Graal e la Linea di Sangue, scritto da tre autori inglesi. Un romanzo pseudo-storico: affermavano di aver scoperto alcuni documenti segreti nella Biblioteca Nazionale e furono così ingenui da credere che fossero autentici, quando in realtà erano falsi. Naturalmente erano pure sciocchezze, ma da lì venne fuori l’idea del Priorato di Sion, che ovviamente includeva Leonardo da Vinci e Isaac Newton come grandi maestri. Per quanto assurdo storicamente l'incipit fu interessante sia per noi che per Dan Brown: molti fan credono che per il Codice Da Vinci abbia preso ispirazione da Broken Sword, a causa delle somiglianze. Non lo dico io, ma alcuni lo pensano (ride).
Possiamo tranquillamente dire che tu sei uno dei primi sviluppatori di videogames moderni e sicuramente che sei nell'industria da molto tempo: qual è stata la maggiore evoluzione nel settore secondo te?
La tecnologia è certamente ciò che guida il cambiamento. Il motivo per cui Broken Sword era così diverso da Beneath a Steel Sky è che quest'ultimo era distribuito su 16 floppy disk, ognuno con una capacità di 1,4 megabyte, quindi circa 20 MB in totale. Un CD musicale, invece, aveva 600 MB. Improvvisamente, con i CD, c’è stato un salto enorme. Ma credo che il cuore della tua domanda riguardi ciò che sta succedendo oggi e il modo in cui l'industria è cambiata profondamente, mettendo da parte gli upgrade tecnologici. Amo i videogiochi, ho scritto il mio primo videogioco nel 1981 per un computer con 1 kB di memoria. Il mio iPhone oggi ha 256 milioni di volte quella capacità di memoria, ma quel computer era straordinario perché per la prima volta il potere del calcolo arrivava nelle mani della gente comune. È incredibile pensare che il suo processore e la sua memoria fossero gli stessi dei computer che hanno portato l'Apollo 11 sulla Luna solo dieci anni prima. Abbiamo iniziato programmando in BASIC, un linguaggio molto semplice. Poi abbiamo scoperto che si poteva programmare direttamente il chip Z80 utilizzando il linguaggio assembly. Era incredibile e stimolante e ha dato vita a una generazione straordinaria.
All’epoca vendevamo i giochi direttamente e se vendevano bene, ottenevamo successo, se non vendevano, fallivamo, era tutto molto semplice. Con il passaggio al digitale, però, abbiamo potuto autopubblicarci, una cosa che prima era impossibile. In passato ricevevamo meno del 10% dei ricavi dai giochi venduti tramite editori e quei ricavi venivano comunque compensati dai costi di sviluppo, rendendo quasi impossibile recuperare le spese. Ad esempio con Broken Sword 3, l’editore THQ ha guadagnato almeno 5 milioni di dollari, mentre noi abbiamo perso 200.000 sterline. Abbiamo dovuto prendere in prestito i soldi e ci sono voluti anni per ripagarli. Non era un buon modello di business, ma era così che funzionava perché gli editori e i rivenditori erano i custodi del sistema. Nel 2007 Apple ci chiamò dicendo di aver appena rilasciato un nuovo dispositivo, l’iPhone e che pensavano che i nostri giochi sarebbero stati perfetti per la loro piattaforma. È stato un grande cambiamento. Passare dalla distribuzione fisica, che era svantaggiosa per noi, alla distribuzione digitale ci ha portato da una royalty del 10% a una del 70%. Trovo ironico che molti sviluppatori oggi, come Epic, si lamentino del fatto che Apple prenda il 30%, mentre per noi che eravamo abituati al 10%, il 70% è fantastico. Ritengo giusto che piattaforme come Apple, Steam, Google, PlayStation, Xbox o Switch prendano quella percentuale, perché offrono un mercato, gestiscono le entrate, gli accordi fiscali e l’hosting. Quello che mi preoccupa è che molti giovani sviluppatori vogliono distruggere questo sistema senza sapere cosa lo sostituirà.
E cosa pensi del passaggio al free-to-play o agli acquisti in-app?
Non ci siamo mai coinvolti in quel modello. Per me è troppo commerciale. E poi ci sono i token non fungibili (NFT) e le Blockchain. Non li capisco e non li considero nulla di speciale, mentre per quanto riguarda il multiplayer online, che è fantastico, semplicemente non è il mio campo. Sono vecchio stile.
Sei d'accordo se dico che ultimamente le grandi aziende non si fidino più degli sviluppatori e non lascino più libertà di creare?
Pensano più al profitto che ad altro, sì. Quando abbiamo iniziato nel 1990, lavorare con Virgin era fantastico. Io lavoravo per Activision, avevo scritto giochi d’avventura e la prima era d’oro per gli sviluppatori britannici è terminata intorno al 1984, quando tutti sono falliti perché le grandi aziende americane, come Viacom, sono arrivate e hanno cambiato tutto. Loro erano molto orientati al business, mentre noi ci stavamo divertendo, amavamo quello che facevamo, amavamo incontrare le nostre community, parlare e creare giochi. Gli americani, come Electronic Arts e Activision, erano tutti concentrati sull’importare giochi americani con valori di produzione molto più alti e tradurli per piattaforme come lo Spectrum e l’Amstrad. Noi, come sviluppatori britannici, siamo passati dal creare IP originali a semplicemente tradurre giochi americani e questa fu la fine della prima era.
Poi, di nuovo, l’industria crebbe nei primi anni ‘90 e per cinque anni abbiamo avuto una nuova ondata. È così che ci siamo ricostruiti, avevamo aziende come Revolution e Sensible, che sviluppò Sensible Soccer. Avevamo i ragazzi che avevano scritto Uridium e Paradroid e uscivano giochi davvero interessanti, alimentati dall’era a 16 bit. Avevamo avuto successo con gli 8 bit, poi tutto era crollato, poi abbiamo avuto di nuovo successo creando nuove IP sui 16 bit e tutto è crollato di nuovo quando, ancora una volta, i grandi gruppi aziendali sono entrati nel settore. Negli Stati Uniti il boss di Virgin di cui parlavo prima mi disse che odiava i giochi d’avventura e che dovevamo realizzare titoli più simili a dei film interattivi. Diceva che quello era il futuro. C'era un gioco che aveva appena pubblicato, The Deadalus Encounter, che rappresentava ciò che voleva che facessimo, o ancora Creature Shock. Diceva: "Questo è quello che dovresti scrivere. Dimentica quella roba che hai scritto fino ad ora" e poi concluse dicendo: "Il motivo per cui prendo decisioni così valide su cosa commissionare è perché non ho mai giocato a un videogioco in vita mia." Il problema è che le aziende, queste grandi aziende, erano gestite da persone che disprezzavano il medium. Questo ha distrutto molte opportunità creative, è stato davvero piuttosto deprimente perché non capivano cosa volesse il pubblico.
Quindi vi costringevano?
Beh, in pratica dicevano che non ci avrebbero finanziato e il punto è che, come ho detto prima, dovevi passare per un editore per raggiungere un rivenditore ed è per questo che il passaggio al digitale è stato così entusiasmante, perché ha spazzato via questa necessità. E la THQ, che era una compagnia indipendente ed una delle più grandi aziende di videogiochi al mondo, è fallita in tre anni. Ha cambiato tutto in modo così profondo. Prima nel retail avevi i titoli AAA e i "riempitivi", prodotti da aziende come THQ. E non c’era spazio per i giochi indie perché non venivano distribuiti, non venivano commissionati, i rivenditori non li prendevano. Quello che è successo quando siamo passati, di fatto, a un negozio infinito con Steam ed Apple, è che i tripla A sono sopravvissuti, gli indie sono sopravvissuti, mentre i "riempitivi" sono scomparsi. È lo stesso che sta succedendo in televisione con Netflix: quel materiale intermedio che la gente guardava, ma era costoso, non si produce più.
Inoltre, come continuo a dire, abbiamo una community meravigliosa. Quella community vuole più del solo digitale. Vent’anni fa, abbiamo visto il cambiamento e in generale la gente pensava: "Nessuno vuole più il formato fisico, ormai è roba vecchia. Nessuno vuole più le scatole." Ma il problema non erano le scatole o il formato fisico era che se una volta contenevano libretti, mappe, artwork, improvvisamente, quasi da un giorno all’altro, si sono ridotte a contenere solo un CD. D'improvviso il pubblico si è ritrovato a dire: "Beh, perché c’è una scatola se c’è solo un CD?". Mi ricordo i manuali dei giochi MicroProse? Erano spessi e pieni di roba, era bellissimo. Oppure acquistavi un LP, un vinile, toglievi la plastica, lo aprivi e c’era un libretto dentro, lo leggevi e poi lo mettevi su e faceva parte della gioia della fisicità, piuttosto che semplicemente andare sul tuo servizio di streaming come Spotify, premere un pulsante e sentire la musica.
Pensa che io ho imparato a leggere, quando avevo 4 anni, solo per poter capire i manuali di Mario Bros.
I miei figli hanno imparato il giapponese per poter comprendere i manuali giapponesi! (ride). Sono andato in America, fui invitato da Sony al lancio della PlayStation 2, e portai a casa un Dreamcast giapponese, che non era ancora uscito in Europa, insieme ad alcuni giochi giapponesi. Così, i miei figli hanno dovuto imparare il giapponese perché era quello che avevano a disposizione.
Stiamo tornando piano piano a queste confezioni, collezionabili, gadget e libretti, anche piccoli artbook. Per il nostro Kickstarter, tutti ci hanno detto: "Vogliamo i manuali." Così, invece di fare un manuale scadente, abbiamo creato layout bellissimi che spiegano il sistema di controllo. Poi ci sono i personaggi, un libretto scritto da Steve Jackson sui Guerrieri Selvaggi, e alla fine c'è una sezione con tutte le location. Per esempio, se ti interessa Broken Sword, queste sono le location autentiche che potresti voler visitare, come le catacombe in Francia. Scrivere i manuali era un'arte, era una parte davvero importante del gioco perché ti preparava, ti emozionava, e ti faceva godere di più l’esperienza. Ma quindi, perché hanno smesso di fare manuali così? Ah, semplice: per risparmiare. I costi di produzione sono più bassi.
In realtà penso che ci sia ancora una forte domanda di fisico, specialmente nella nostra community. I nostri fan amano la fisicità, amano avere oggetti da collezione, cose belle che possono toccare e tenere. Questo non significa che il digitale non abbia il suo posto, ma che c’è qualcosa di speciale nel fisico che non sparirà mai. Penso che l’industria abbia sottovalutato questo elemento, ma noi, come sviluppatori indipendenti, siamo in una posizione unica. Possiamo connetterci direttamente con il nostro pubblico, ascoltarli e offrire ciò che vogliono. Questo è qualcosa che i grandi editori, con tutta la loro attenzione ai profitti e alle azioni, non possono fare.
Ultima domanda: il fascino dei tuoi giochi è anche nella cura per i dettagli, come il numero di oggetti e dialoghi, anche se a volte le opzioni a nostra scelta sono "particolari", come ad esempio degli indumenti intimi usati. Come mai questa scelta?Uno degli aspetti di Broken Sword su cui il nostro team di scrittura è stato molto progressista è che volevamo che i nostri enigmi fossero logici, mentre Monkey Island, che è brillante, propone enigmi che in gran parte non hanno molto senso: con i giochi LucasArts ti ritrovi a usare ogni oggetto su tutti gli altri oggetti finché non trovi casualmente la soluzione. Questo andava bene negli anni '90, ma oggi non è più accettabile, oggi vuoi che ci sia logica. Ad ogni modo, devi comunque avere un certo numero di oggetti, perché se ne avessi solo 3 o 4 la risposta sarebbe fin troppo ovvia. Quindi cerchiamo di fare in modo che le soluzioni degli enigmi siano logiche, ma con un certo numero di opzioni, che siano anche divertenti.
Ad esempio, in Broken Sword potevi mostrare un fazzoletto bagnato a qualcuno o mostrare una salsiccia, che era una cosa ridicola da fare. I nostri scrittori si sono divertiti ad inserire risposte che prendevano in giro il giocatore anche con combinazioni apparentemente insensate, rompendo in un certo senso la quarta parete. È un modo per intrattenere e sorprendere.
Grazie mille, Charles è stato un piacere.Piacere mio!