Reinterpretare un classico: 10 anni fa usciva Casshern Sins

Uno dei più importanti titoli della Tatsunoko anni '70 rinarrato in chiave moderna

di Thorgrim

I reboot sono qualcosa di veramente, ma veramente, delicato, ed impostarli nel modo giusto è impresa spesso ardua. Non che in Giappone non siano abituati a operazioni del genere anzi, spesso e volentieri si ottengono risultati superiori all'originale: a questa categoria appartiene Casshern Sins.
Ispirato alla serie cult Shinzō ningen Kyashān (1973), Casshern Sins non è considerabile come un reboot in senso lato, bensì un progetto a sé stante che dalla serie madre trae soltanto ambientazione e personaggi. Quello che ci verrà proposto è una sorta di universo parallelo che, grazie anche all'inserimento di nuovi personaggi, vedrà narrata una storia totalmente nuova rispetto al passato.

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Il mondo è oramai in rovina e Casshern è un giovane cyborg senza memoria che vaga in giro per il mondo alla ricerca di se stesso e della sua memoria perduta. Nel suo peregrinare scopre come tutto ciò che lo circonda è soggetto alla "rovina" (concedetemi eventuali inesattezze, ho visto l'anime con i sottotitoli in inglese, ndr), un processo di decadimento irreversibile iniziato con la morte di Luna, colei che incarna la vita e la prosperità del pianeta e di tutti gli esseri che vi risiedono. Grazie all'incontro con altri personaggi secondari come la giovane Lyuze e la piccola Ringo, Casshern ricorderà pian piano come in realtà sia stato lui ad uccidere Luna e che non sono in pochi a volerlo vedere morto nella speranza di poter riportare tutto come prima.

Ciò che colpisce subito di Casshern Sins è indubbiamente il comparto tecnico che vede un ispiratissimo Yoshihiko Umakoshi alle chine (Saint Seiya Omega) e un superbo Kaoru Wada alle musiche (Alita Battle Angel, InuYasha e D.Gray-Man); il vero plauso va però fatto a Yasuko Kobayashi, autore di una sceneggiatura a dir poco superba in cui il dramma si unisce all'azione attraverso una visione quasi filosofica del mondo. Notevole è la profondità con la quale ogni personaggio coinvolto, sia nuovo che vecchio, sia stato caratterizzato da storie personali intense, mai banali o ridondanti, saggiamente narrate a piccoli morsi affinché lo spettatore sia invogliato a seguire il tutto fino alla fine. Un mosaico di pensieri creato ad arte affinché ognuno dei protagonisti possa far decollare la storia nella storia, ovvero il tema narrativo principale di questa serie. Se inizialmente tutti i personaggi sembrano essere indirizzati verso obbiettivi ben definiti, con il passare degli episodi essi verranno messi in condizione di cambiare le proprie idee, catapultandosi in eventi di più grandi di loro che segneranno profondamente il resto delle loro esistenze.
La morte, e la paura da essa scaturita, è considerabile come un leitmotif di Casshern Sins; essa viene difatti dipinta in uno splendido affresco di dolore e speranza capace di tramutare i cyborg sopravvissuti in esseri dalla spiccata umanità. La spasmodica ricerca di un appiglio alla vita rende la narrazione drammaticamente sontuosa, come nella migliore delle tradizioni shakespeariane, e si ha la sensazione di poter leggere nell'animo di ogni personaggio come fosse un libro aperto che mostra tutte le loro emozioni più profonde.
Tutto ha un'utilità in questa storia, uno scopo superiore da seguire affinché il metaforico "cerchio" possa finalmente chiudersi facendo tornare tutto alla normalità; poiché laddove vi è immortalità non può esservi ordine.
 
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Tirando le somme possiamo dire che Casshern Sins vince ed avvince, forse uno dei migliori reboot che abbia mai visto, e che è riuscito a dare nuova linfa ad un classico anziché spremerlo come una rapa.
Uniche note negative che impediscono a questa serie di essere considerata un capolavoro assoluto sono il numero eccessivo di puntate (18 sarebbero bastate ed avanzate) e, paradossalmente, la natura profondamente ermetica della narrazione (limitante, e non di poco, nei confronti del potenziale pubblico a cui quest'opera può essere indirizzata). Da vedere.


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