Tokyo Mew Mew Return & Au lait: impressioni
Sulle pagine di Nakayoshi tornano le zuccherose eroine... e non solo!
di Kotaro
La miniserie in due capitoli Tokyo Mew Mew Return ci riporta dove ci eravamo lasciati, col gruppo al completo (completo dunque del trio di ex nemici alieni, e anche di Berry e Tasuku, le due new entry del poco fortunato sequel Mew Mew à la mode) pronto ad affrontare una nuova minaccia. Intendiamoci, non c'è nulla di diverso da quanto avevamo visto nella serie originale: altri animali mutanti sbucati dal nulla a far casino, le solite gag alla caffetteria identiche a quelle della vecchia serie, i soliti combattimenti rapidi e poco chiari, il solito triangolo amoroso tra l'alieno guascone Quiche, la tonta protagonista Ichigo e il bel perfettino Aoyama (sarà lui a spuntarla anche stavolta, dando vita alle solite scene amorose da carie ai denti tra lui e la protagonista).
Rileggere Mew Mew dopo tutti questi anni non fa che confermarci quanto in realtà non fosse un manga sciocchino, che all'epoca si leggeva, più che per una storia interesante, per i bei ragazzotti e i gradevoli disegni (ahimé, a distanza di anni, lo stile è cambiato, risultando ben più semplificato e approssimativo rispetto alla vecchia serie, ma la lettura sulle pagine variopinte di Nakayoshi non lo valorizza granché, va detto).
È buffo a dirsi, ma risulta più interessante lo spin-off Mew Mew Au Lait, che prosegue la sua corsa con un primo volumetto in uscita ad aprile, anche se nessuno ci credeva. La versione "al maschile" della storia originale, dalle prime presentazioni, sembrava una stupidata col botto, e in effetti lo è, ma da leggere è divertente e riesce ad appassionare alle vicende dei personaggi.
La storia è filtrata attraverso gli occhi di Anzu, ragazza appassionata di biologia, supporto del gruppo di eroi supertrash guidati dalla di lei geniale e misteriosa sorella maggiore, nonché interesse amoroso del protagonista Shibuya, cosa che già allontana lo spauracchio di una storia tutta omosessuale fra i vari, bellissimi, personaggi maschili e di un manga creato solo per quello. Shibuya, il personaggio principale, è sì bellissimo ma non se la tira, anzi è ingenuo, imbranato, molto umano in certe sue reazioni, al contrario di ciò che potevamo pensare guardando un bellissimo bishounen gatto in copertina. Più stereotipati sono i suoi compagni: il geniale e sarcastico Yoyogi col potere del delfino, l'allegro attore di strada Kanda col potere del drago di Komodo e il famosissimo e bellissimo Roppongi (i nomi dei quattro protagonisti, e suppongo anche quello del quinto che ancora deve entrare in scena, sono tutti quartieri di Tokyo).
Tuttavia, si gioca moltissimo, senza prendersi sul serio, sugli stereotipi dei bishounen e dei manga per ragazze, strappando più che volentieri qualche risata anche ad un lettore maschio, grazie ad una buona chimica tra i personaggi. Una storia sì, scema, ma che si fa seguire con inaspettato piacere, senza risultare eccessivamente ridicola o fuori dalla portata di un lettore di sesso maschile. Sicuramente non c'era bisogno di un manga del genere, ma al momento non disturba, quindi staremo a vedere.