Papakatsu: farsi pagare per fare compagnia a uomini di mezza età
Cosa c'è dietro il mercato degli appuntamenti a pagamento in Giappone
di Hachi194
Ha avuto diversi nomi ma forse i più noti per indicare il fenomeno sono enjokosai e papakatsu che indicano appunto quando giovani donne offrono compagnia (dietro pagamento di denaro o in cambio di regali) a uomini più anziani, di solito facoltosi, senza però che ci sia una relazione fisica.
Questi uomini sono spesso indicati con il termine inglese "sugar daddy" e sono di solito di mezza età, disposti a pagare per trascorrere del tempo con giovani ragazze, spesso minorenni: gli appuntamenti prevedono attività piuttosto innocenti come mangiare assieme, fare la spesa o andare al cinema senza oltrepassare il confine della camera da letto. Infatti incontri del genere non sono illegali fintanto che non sono di natura sessuale.
I servizi online che propongono questi incontri nascono come funghi e la maggior parte di loro tenta di attirare le donne lodando i loro utenti maschi, descrivendoli come individui ricchi con carriere prestigiose. Vantano la possibilità di guadagnare più di 100.000 yen al mese (800 euro) senza dover assolutamente avere rapporti carnali. Ma ovviamente questi servizi rischiano di diventare focolai di prostituzione minorile.
Satomi (nome di fantasia) è una liceale di 17 anni e usa Twitter e le app di appuntamenti per trovare nuovi amici, scrivendo nel suo profilo che è aperta ad incontrare sugar daddy. Attualmente esce regolarmente con diversi uomini, tutti impiegati a tempo pieno, con una fascia di età compresa tra i venti e i cinquant'anni.
Satomi dichiara che quello che fa non è mosso dall'ottenere denaro: lei è semplicemente interessata agli uomini più anziani. Chiede 5.000 yen l'ora (40 euro) per un appuntamento in un bar o in un ristorante, ma rifiuta rigorosamente qualsiasi rapporto sessuale con i suoi clienti.
La ragazza ha avviato questa attività circa un anno fa, dopo che qualcuno l'ha contattata su Twitter.
"Tutto quello che faccio è prendere un caffè e ascoltare" spiega. "Mi limito ad annuire e a sorridere a tutte le cose noiose di cui gli uomini mi parlano, ma la maggior parte di loro è felice e mi dice che li calma parlare con me".
Questa pratica è ovviamente disapprovata dall'opinione pubblica: ad esempio nell'aprile 2018 il governatore della prefettura di Niigata si è dovuto dimettere dopo che i tabloid giapponesi avevano pubblicato il suo coinvolgimento in appuntamenti a pagamento con donne che aveva incontrato online.
Ma questo tipo di pratica affonda le sue radici ben prima dell'avvento di internet. Negli anni 70 il termine enjokôsai si riferiva alla prostituzione di donne sposate.
A quel tempo, le persone che desideravano questo tipo di incontri registravano i loro nomi presso i cosiddetti “Date club”. Gli uomini pagavano le tasse di registrazione, venivano sottoposti a screening per il loro reddito e dovevano anche coprire i costi degli appuntamenti.
Ma una volta che le due persone si incontravano i club non erano più coinvolti, lasciando alla discrezione di entrambe le parti come e quanto procedere. Le donne diplomate di un liceo femminile rispettabile, le modelle o le assistenti di volo avevano quindi la garanzia virtuale di un flusso regolare di clienti.
Questi club furono presto soppiantati da "Club telefonici" che non prevedevano alcuna registrazione. Gli uomini entravano nel locale e si sedevano davanti a un telefono assegnato loro da un membro dello staff e aspettavano che una delle donne chiamasse.
Si dice che il primo club di questo tipo sia stato aperto a Kabuki-cho, il quartiere a luci rosse di Tokyo, nel 1985. Queste strutture offrivano un maggiore anonimato rispetto ai Date club e attiravano una maggiore varietà di clienti. Ovviamente hanno allarmato l'opinione pubblica e sono stati rapidamente presi di mira da decreti locali che ne limitavano le attività.
Fatta la legge, trovato l'inganno, anche grazie alle nuove tecnologie che stavano nascendo: quando il gigantesco operatore telefonico NTT lanciò il suo servizio di messaggistica Dengon Dial nel 1986, seguito dal suo servizio telefonico a tariffa premium Dial Q2 nel 1989, i club li adottarono subito creando i servizi di composizione "two-shot" che collegavano le persone in modo anonimo per telefono.
Questa tecnologia trasformò profondamente il mercato: gli utenti non avevano più bisogno di uscire da casa e nacquero così tantissimi servizi per tutti i gusti, anche il sesso telefonico.
Ma tra le bollette stratosferiche che arrivavano e il fatto che dietro a queste linee spesso si nascondevano casi di prostituzione minorile, le autorità si prodigarono per mettere un freno al fenomeno. Senza grande successo però, perché si stava affacciando il nuovo ennesimo mezzo tecnologico per aggirare l'ostacolo: internet.
Quando Internet iniziò ad espandersi a metà degli anni '90, queste attività presero la forma di siti di incontri che rendevano facile chattare fra perfetti sconosciuti. Ma le tragedie non tardarono ad arrivare.
Nel 2001, diversi crimini furono collerati a queste piattaforme. Da uno studente delle superiori che tentò di pugnalare a morte una casalinga incontrata online all'omicidio di una studentessa universitaria a Kyoto da parte di un uomo con cui aveva scambiato e-mail.
Questi tragici eventi portarono le autorità a vietare nel 2003 l'accesso a questo tipo di siti ai minori di 18 anni. Ma l'arrivo di social network come Mixi e Gree l'anno successivo rese il tutto vano. Accessibili a qualsiasi utente, grazie ad una messaggistica diretta, era un modo semplice per fare ad esempio avance sessuali non richieste o negoziare i termini di appuntamenti a pagamento.
E poi arrivarono gli smartphone a prendere il posto di piattaforme come Mixi e Gree: app come Twitter, Facebook e LINE soppiantarono gli altri mezzi.
Nel 2017 l'Agenzia Nazionale di Polizia (NPA) ha registrato 1.813 casi in cui minori di 18 anni sono stati vittime di atti osceni o di prostituzione organizzata tramite applicazioni o sui social network. Questa cifra era raddoppiata rispetto al 2008, il primo anno in cui l'NPA aveva compilato queste statistiche.
Verso la fine del primo decennio degli anni 2000 poi si è sviluppato il cosidetto en-deli: il cliente si collega ad un sito di incontri online ma quando contatta una donna per fissare un appuntamento, in realtà interagisce inconsapevolmente con un supervisore maschio (chiamato uchiko) che negozia i dettagli come il luogo dell'incontro e il pagamento, prima di inviare sul posto quella che è a tutti gli effetti una ragazza squillo.
Queste pratiche segrete di prostituzione sfruttano la facilità di iscriversi a siti di incontri casuali e, anche se gli autori vengono scoperti, scompaiono senza sforzo e ricompaiono sotto un profilo diverso.
Riuscire a sorvegliare è praticamente impossibile: aggiungendo hashtag a termini come "papakatsu", "appuntamenti a pagamento" e "appuntamenti", Twitter può, suo malgrado, trasformarsi in un vero e proprio servizio di incontri online. Una volta connessi, tutti sono liberi di comunicare in messaggistica privata e fissare un appuntamento. Naturalmente Twitter non è l'unico social network coinvolto.
La polizia, tuttavia, non è rimasta passiva e ha aumentato la propria capacità di monitorare l'attività online. Gli agenti hanno persino iniziato a chattare con account di posta elettronica collegati a appuntamenti a pagamento, organizzando incontri per educare le persone coinvolte sui pericoli delle loro azioni. La polizia della prefettura di Aichi ha recentemente avviato un programma in cui studenti volontari inviano messaggi di avvertimento ai minori in cerca di appuntamenti sui social media.
Ci troviamo di fronte perciò ad un infinito gioco del gatto e del topo: ogni volta che un nuovo servizio appare su Internet, viene trovato un modo per usarlo per organizzare gli appuntamenti online, continuando a perpetuare l'eterna contrapposizione fra domanda e offerta.
Fonte consultata:
Nippon