Netflix: perché i sottotitoli sono così pessimi?
Scadenze rigide e salari ridotti: "C'è molto più lavoro ma cala la qualità"
di marco97fe
Come riportato da The Hollywood Reporter, da una parte Netflix ha speso solo nel 2021 più di mezzo miliardo di dollari per contenuti coreani, ma dall'altra parte, gli addetti ai lavori nel settore dei sottotitoli affermano che la stessa piattaforma ha abbassato le tariffe del loro lavoro, portando ad un conseguente calo della qualità. Questo scarso investimento nei sottotitoli rischia di tradursi in errori di traduzione che possono arrecare offesa culturale ai telespettatori bilingui o, come minimo, minare l'efficacia di uno spettacolo altrimenti prodotto con perizia.
Interrogato sulla qualità del lavoro, un portavoce di Netflix ha dichiarato: "In generale, pensiamo che i nostri sottotitoli e il nostro doppiaggio siano buoni, ma non ancora eccezionali. Quindi lavoriamo costantemente per migliorarli".
Come scrive il giornalista Gavin J. Blair "c'è una diffusa mancanza di apprezzamento nel settore per quanto possa essere impegnativo il lavoro di un sottotitolatore. Gli operatori del settore sono generalmente tenuti a limitare la lunghezza dei loro sottotitoli a circa la metà del numero di lettere o caratteri disponibili per uno script di doppiaggio audio, ma anche a mantenere il pieno significato del dialogo, rendendolo così facilmente leggibile da non compromettere la fruizione dell’azione sullo schermo. Il compito è già abbastanza arduo quando il significato è semplice, ma quando di mezzo ci sono elementi culturali, raramente lo è. I copioni spesso contengono parole tradotte male, battute poco credibili, riferimenti culturali privi di significato agli estranei e persino concetti e modi di dire che non hanno loro equivalenti in altri paesi.
Nelle lingue dell'Asia orientale, ad esempio, ci sono termini usati specificamente per i fratelli più grandi e per quelli più piccoli, che cambiano significato se applicati a persone al di fuori della famiglia, Queste parole non trovano un equivalente diretto in inglese, così come in molte altre lingue, e creano a volte mal di testa e grattacapi a coloro che devono tradurre questi concetti. Tali problemi sono sorti in Squid Game, dove la parola coreana "oppa", usata dalle donne per rivolgersi a un fratello maggiore o a un uomo di qualche anno più grande di loro, è stato tradotto con "old man" (cioè "vecchio") nel doppiaggio e con "babe" nei sottotitoli, mentre "ajumma", che si riferisce a una donna sposata di mezza età, è stato tradotto con "nonna". Non sorprende che, data la portata del successo dello show, Netflix abbia ricevuto migliaia di reazioni sui social media da parte degli spettatori bilingue di tutto il mondo per il goffo trattamento delle sfumature culturali coreane".
Il lavoro di Netflix soffre se comparato ad un'altra storia di successo coreana, ovvero Parasite del premio Oscar Bong Joon Ho, che gli addetti ai lavori indicano come un caso di studio su come eseguire correttamente i sottotitoli. Darcy Paquet, critico cinematografico, docente e attore con sede a Seoul, è stato chiamato per i sottotitoli del film e ha ricevuto lunghe note dal regista prima di iniziare a lavorarci.
"Ho avuto discussioni molto approfondite con il regista Bong mentre lavoravo alla traduzione di Parasite", spiega Paquet. "Ha compreso bene l'importanza della traduzione dei sottotitoli e mi ha dato molte indicazioni su quali aspetti del dialogo originale sottolineare".
Ma tale cura per i dettagli e le collaborazioni con gli stessi registi sono un lusso raro, soprattutto nel regno delle piattaforme di streaming.
Un esperto sottotitolatore dal coreano all'inglese, che ha chiesto di non essere nominato a causa del lavoro in corso con le piattaforme, ha riferito di essere stato pagato 255 dollari (226 euro) per un film di 110 minuti per un servizio di streaming locale, e che una retribuzione così bassa, spesso accompagnata da scadenze molto ravvicinate, può portare a un prodotto finale scadente.
In Giappone, il tipo di attenzione rivolta per Parasite è impensabile, secondo Jason Gray, sottotitolatore e produttore della Loaded Films di Tokyo. "Piuttosto che un modo di scrivere con una propria abilità artistica intrinseca, la sottotitolazione è generalmente considerata un'attività lavorativa necessaria per portare i "contenuti" giapponesi agli acquirenti", afferma Gray.
Secondo un veterano pluridecennale del settore che insegna anche il mestiere in un college specializzato di Tokyo, la retribuzione e le condizioni per i sottotitoli in Giappone sono peggiorate da quando Netflix è stato lanciato nel paese nel 2015: "I salari sono diminuiti di quasi il 25% per i lavoratori più esperti, e quasi dimezzati per quelli di livello base".
Il salario medio in Giappone per un episodio di un'ora è di circa 300 dollari, anche se i sottotitolatori più esperti che lavorano su una produzione importante possono chiedere il doppio. "Anche il tempo è un fattore", afferma Gray. "Una settimana è il tipico tempo di attesa per uno spettacolo di un'ora, ma il tempo per i controlli e le prove è spesso limitato, soprattutto per le produzioni più piccole".
In Giappone, un gran numero di lavori di sottotitolazione è gestito da agenzie che fungono da intermediari, contrattano con streamer e affidano il lavoro a freelance, portando il tutto ad una retribuzione ancora più bassa per i lavoratori effettivi. "Allora perché Netflix, una società multimiliardaria, esternalizza questo invece di avere un team interno dedicato per garantire la qualità?", si domanda un traduttore che lavora per i contenuti di Netflix e Hulu.
La situazione è leggermente migliore in Europa, dove i sottotitoli cinematografici sono ancora considerati un'arte. In Francia, ad esempio, la legge locale impone il riconoscimento dei sottotitoli nei crediti e i traduttori possono spesso beneficiare di vantaggi in quanto co-creatori di un'opera che genera entrate al di fuori della propria lingua madre. Ma l'ascesa degli streamer globali ha distorto anche qui il lavoro dei sottotitoli. "A causa degli streamer, c'è molto più lavoro, ma i prezzi stanno scendendo e con essi anche la qualità", afferma Isabelle Miller, presidente di ATAA, l'associazione che rappresenta i traduttori per il doppiaggio e i sottotitoli in Francia.
Per gli abbinamenti linguistici in cui scarseggiano i traduttori bilingue, come per il coreano-francese, la prassi standard prevede che il traduttore lavori da una versione del copione che è già stata tradotta una volta. Di conseguenza, la traduzione francese di una serie coreana come Squid Game è stata fatta seguendo una versione inglese del copione stesso.
Secondo Miller non costerebbe molto a Netflix e ad altre importanti case di produzione investire in traduzioni di alta qualità - "meno di 10.000 euro" per la traduzione della sceneggiatura e dei sottotitoli. "È un prezzo molto modesto", dice. "Se non vale la pena pagare un po' di più per una traduzione corretta, vale la pena fare un film?".
Fonte Consultata:
The Hollywood Reporter