Trigun Stampede: due fratelli cantano la stessa canzone in modo differente - Recensione
Il far-west incontra la computer grafica
di Focasaggia
Il passato
Trigun nasce come manga nel 1995 grazie alla fervida immaginazione di Yasuhiro Nightow, l’autore ne cura storia e disegni.
Inizialmente la serializzazione venne terminata prematuramente per via del fallimento della rivista su cui era pubblicata nel 1997 per poi risorgere sotto il nuovo nome di “Trigun Maximum” terminando dopo 14 numeri (17 contando i primi 3 numeri della precedente parte) solo nel maggio del 2007.
La prima trasposizione animata venne trasmessa a cavallo tra la primavera e l’estate del 1998 tanto ben riuscita da influenzare il corso della storia originale, come ammesso dallo stesso autore in un’intervista.
Si era riuscito ad amalgamare due generi molto diversi tra loro, si respirava l’aria western in ogni scena, ma spesso ci si ritrovava ad affrontare temi fantascientifici venendosi a creare una sorta di ibrido credibile. Tutto era intelligentemente avvolto nel mistero. Molti fatti importanti, a partire dalla vera natura del protagonista vengono centellinati, lasciati quasi alla fantasia dello spettatore. A Rem Saverem, e al suo rapporto con Vash, era dato molto più spazio, al passato del reverendo, completamente diverso, è stato dedicato uno degli episodi più belli della serie, per quanto completamente inventato. Una bella fantasia.
Il presente
Nel 2023 nasce una nuova serie, Trigun Stampede.
La visione verso questo nuovo adattamento favorisce sicuramente chi si approccia per la prima volta a Trigun. Per chi conosce gli eventi, per chi ha amato la prima versione dell’anime, il manga o entrambi avrà notevoli difficoltà nell’accettare i vari stravolgimenti, ma non si rinnega il passato, rimane, rimane caro a chi lo ha amato, ma si va avanti. Molti non conoscono le precedenti versioni, il momento è stato giusto, molti speravano di vedere una versione più fedele del manga rispetto alla precedente, non è stata questa l’occasione, ma rimane un’opportunità.
Senza volerlo ho ricalcato le parole di Yoshihiro Watanabe (produttore associato dello studio Orange) dove affermava:
“Non si tratta di riscritttura, non è una rinascita. Ciò che è prezioso rimane inestimabile e immutato. Questo è un nuovo Trigun. Il canto di due fratelli di una tale entità da far rimbombare un pianeta”.
Interessante l’accostamento alla canzone di due fratelli capace di far scuotere un intero pianeta. Già, la prima grande differenza è proprio sul confronto dei due protagonisti a differenza della prima serie, incentrata sul viaggio solitario di Vash.
“Dannata strega. Quante volte ancora vuoi portarmelo via prima di ritenerti soddisfatta?”
A differenza dell’anime “storico” (e del manga) il passato del protagonista viene subito accennato e approfondito in seguito. Il mondo in cui è ambientato la storia non è quello originale. Gli esseri umani sono fuggiti dalla Terra dopo averne esaurito completamente le energie, le risorse disponibili. Fuggiti nello spazio, ibernati in capsule, con sole poche eccezioni, hanno trovato finalmente un pianeta abitabile.
Grazie a quanto scoperto in precedenza si è creata una sorta di co-dipendenza con un’affascinante razza aliena, i plant. Questi esseri in condizioni normali non riuscirebbero a controllarsi liberando continuamente tutta la loro energia fino a prosciugarsi e morire. Al fine di evitare tale triste epilogo gli umani hanno escogitato un sistema di controllo ottenendo l’energia necessaria per sopravvivere. Una co-dipendenza perfetta se non fosse per la natura imperfetta dell’essere umano.
L’uomo reduce della distruzione della Terra sembrerebbe non aver compreso molto dai propri errori, minacciando una nuova esistenza. Una pacifica convivenza sembra impossibile, convinti di agire per il bene di entrambe le razze danno priorità alla propria a discapito dell’altra sfruttandola. Questo è uno dei temi più importanti e interessanti (e soprattutto attuale) della serie: bisogna imparare a convivere con chi ci è estraneo, con il mondo in cui viviamo rispettandolo, se vogliamo continuare a esistere. Magari fosse solo fantascienza.
Liberare i plant e distruggere questa forma di vita tanto sconsiderata o nel mentre si continua questa precaria convivenza cercare una soluzione alternativa?
Trama e motivazioni dei vari protagonisti sono chiare e comprensibili da subito, schierarsi o non schierarsi, come viene persino richiesto agli altri protagonisti della storia, verrà naturale. Una domanda, in realtà, posta in maniera intelligente allo spettatore, Si cerca in vari modi di creare empatia con lo spettatore, ma non sempre si riesce.
“Salvare il mondo? Cos'è più importante di ciò che senti guardando questi bambini?”
Quanti cambiamenti ci sono stati nei personaggi, mai necessari, spesso interessanti.
Merryll da una senpai di una ditta di assicurazione è diventata una kohai di un giornalista ma i cambiamenti più drastici li ha avuti Nicholas D. Wolfwood, lui sembra non trovare mai pace. L’idea del personaggio venne a un amico dell’autore, consigliandogli quale legame potesse avere con Vash e infatti in tutte le forme, cartacee o meno, il legame con il protagonista rimane identico, il suo vissuto invece cambia drasticamente. Lo stesso Vash a prima vista si direbbe identico al passato ma qualcosa ha perso del suo fascino, risulta meno risoluto, meno spaventoso, più infantile, l’essenza può essere rimasta la stessa ma non l’apparenza è stranamente in questi casi c’è differenza. Una notevole differenza è stata aggiunta alle capacità di Vash, soltanto lui sembra essere dotato di un’abilità inquietante e sorprendente. Troppo pericolosa per un singolo individuo.
I nuovi personaggi introdotti completamente inesistenti nel manga come Roberto de Niro, se chiunque ha pensato all’originale anche lo stesso doppiatore, mancano del necessario spessore, ma non era facile concorrere con Vash o Nichloas, la sua utilità e da ricercare nel far maturare Merryll, personaggio interessante ma poco approfondito.
“Amore, affetto, il significato di questi termini non li conosco. Le emozioni sono inutili”.
Tutti i vari nemici, a partire da Millions Knives, sono notevolmente differenti nell’aspetto fisico originale, tanto da far fatica a riconoscerli, ma probabilmente traggono beneficio dalla nuova grafica. La psicologia dei nemici viene ben analizzata seppur, per il breve spazio concesso, non sempre approfondita come si poteva. Encomiabile la caratterizzazione di Zazie the Beast, il personaggio di Legato Bluesummers, rimane sempre avvolto nel mistero. I vari nemici sono tutte “persone” dal trascorso doloroso, tutti hanno delle cicatrici visibili o invisibili nel proprio cuore, nella propria anima e affrontano il presente, Vash. Del resto vedere un individuo ostinarsi nel non uccidere nessuno è un qualcosa di insopportabile ai loro occhi, come se venissero giudicati per i propri peccati, come se all’improvviso vedessero una diversa strada da poter percorrere mai intrapresa da nessuno di loro, sicuri di non aver avuto scelta. Non comprendono, non possono comprendere, per quanto non vengono mai giudicati.
Fanno la loro comparsa Livio the Double Fang e Elendira the Crimsonnail, personaggi per la prima volta trasposti in anime. Finalmente si direbbe.
La regia, affidata a Kenji Mutō è inspirata con alcune trovate interessanti come quella vista nel sesto episodio dove i ricordi sono esposti senza dialogo ma con scritte in stile film dell’epoca del cinema muto. Per quanto riguarda le animazioni è giusto rimandare in parte al nostro interessante approfondimento.
Lo studio Orange è specializzato nell’uso della computer grafica. Il loro lavoro Houseki no Kuni - Land of the Lustrous è uno dei migliori anime mai visti con tale utilizzo, senza mai dimenticare il più recente Beastars. Il problema sono le tempistiche, allo stato attuale per fare bene un lavoro simile ci vuole molto, molto, tempo. Il risultato visto è sorprendente, paragonandolo ad altre serie che potrebbero averci abituato male, fluido e convincente soprattutto nelle scene d’azione. Ovviamente a prescindere si può preferire uno stile tradizionale, sono gusti, ma nel cercare di restare obiettivi è innegabile il buon livello ottenuto.
Lato doppiaggio, visto il lungo tempo trascorso, non si è mantenuto nessuno del precedente lavoro. Yoshitsugu Matsuoka (Inosuke Hashibira in Demon Slayer, Taiga Hirano in Sasaki and Miyano) fa un buon lavoro nel dare vita a questo Vash e Jun'ya Ikeda ha un compito ben più difficile rispetto alla vecchia serie dovendo dare ampio spazio alla profondità dei pensieri di Knives, riuscendoci.
“Ushinaitakunai
Kore ijou no ai
Ushinaitakunai
Kore ijou no ai
Kyou to asu no sakainara imada naku
Nemurezu ni miru akumu wa owaranai
Soredemo boku wa kibou o wasurenai”
In italiano la sua traduzione sarebbe:
Non voglio più perdere l’amore
Non voglio più perdere l’amore
Non c’è più confine tra l’oggi e il domani
Insonne osservo l’incubo senza fine
ma io non dimentico la speranza
Nelle parole di "TOMBI" di Kvi Baba, sigla orecchiabile e allegra, si nasconde un messaggio forte, triste a cui si fornisce una risposta, una speranza altrettanto forte, una scelta indovinata. La sigla finale "Hoshi no Kuzu α” di Salyu e haruka nakamura è dolce e triste. Le OST sono in generale di buona fattura si pensi alle celebri Memory of Piano e No Man's Land, ma anche quelle meno conosciute come Chase e Common Front sanno intrattenere.
“Ho finito le lacrime”
La storia non termina al dodicesimo episodio, ma nel finale ci sono molto soprese, capaci, forse, persino di far rivalutare la serie agli occhi dei vecchi fan.
Durante gli episodi, ricordando la vecchia serie, diversi elementi stonavano con la mia memoria, certo alcuni sono comprensibili, questa è una storia differente, ma alcune differenze erano davvero insensate… o no? Certo quelle incongruenze potevano essere solo frutto di idee magari ingenue, persino stupide, ma potevano essere altro, quei tanti tasselli disseminati persino dai primi minuti, potevano suggerire un’idea forse mai presa in considerazione… si poteva nascondere un’idea di fondo, certo al momento di certo non si giustifica tutto ma il tentativo, riuscito o meno, lo si apprezza a prescindere.
A chi può, consiglio di vedere la serie del 1998 dopo aver terminato questa parte.
In questa terra di nessuno, un uomo dal cappotto rosso e dal volto gentile girovaga guidato dal destino. Forse questo tifone dalle sembianze umane è realmente una sorta di cataclisma, capace di sconvolgere città intere, ma di certo scuote il cuore di chiunque lo incontri. Nuovo o vecchio amico che tu sia è sempre un piacere vederti Vash.