Salone del Libro: reportage del panel "Inclusività attraverso il fumetto"
Ecco le riflessioni che sono state fatte dai membri del progetto TLON, assieme a Claudia Calzuola di Star Comics e Alessandro Falciatore di AnimeClick.
di Artax
Il Salone del Libro di Torino da qualche anno è stato invaso da editori e realtà inerenti al mondo del manga e del fumetto. Infatti, moltissimi incontri del vastissimo programma di eventi che hanno avuto luogo nei cinque giorni del Salone sono stati dedicati proprio ad essi.
Nel primo pomeriggio di venerdì 19 maggio si è infatti svolto un panel in collaborazione con Star Comics dal titolo "Inclusività attraverso il fumetto" con Claudia Calzuola di Star Comics, Alessandro Falciatore di AnimeClick e la famosa coppia del progetto filosofico TLON, Maura Gancitano e Andrea Colamedici. I quattro hanno portato al tavolo un discorso condiviso sulle tematiche dell'inclusività e l'eccezionale capacità del manga di poterne parlare in maniera accessibile e delicata, prendendo in considerazione principalmente due opere: Takopi's Original Sin di Taizan5 e A silent voice di Yoshitoki Ōima, entrambi editi da Star Comics.
A voi le trame delle due opere.
Al termine del corposo panel, Claudia Calzuola ha rimarcato alla Sala Fumetto che parlare di manga al Salone del Libro è giocare fuori casa, ancor di più visti gli ospiti per nulla accostati al mondo del fumetto: ma non si è trattato di un problema, bensì un immenso arricchimento poiché i due esperti di filosofia hanno potuto dare il punto di vista di chi il manga non lo vive ogni giorno; hanno potuto dare un parere su cosa il medium stia dando e cosa può ancora dare.
Quindi riportiamo ciò che è stato detto durante il panel qui di seguito.
Alessandro F.: So che avete letto dei manga molto interessanti per quello di cui stiamo andando a parlare. Pensate che il manga sia particolarmente adatto a parlare di inclusività? In che mondo queste storie possono dialogare con i lettori?
Andrea C.: Abbiamo letto opere bellissime tra cui Takopi's Original Sin e A silent voice e siamo rimasti colpiti dalle narrazioni. Ci è chiaro che il manga aiuti a capire come gestire il dolore. In quanto esseri umani non possiamo soccombere ad esso, ma nemmeno fare finta che non ci sia; dobbiamo accettare il dolore ed è proprio questo il grande lascito dell'esistenzialismo: nonostante il mondo non abbia senso, vale la pena continuare a vivere costruendo da noi quel senso assente. Takopi's Origial Sin lo racconta perfettamente. Il dolore può essere attraversato, è faticoso infuriarsi contro il morire della luce, come dice Dylan Thomas. Sia Takopi's Original Sin che A silent voice sono fenomenali in questo per come ribaltano l'idea che alla fine della storia ci sia sempre una morale: far finire una storia senza la lezioncina è essenziale, come lo è non dover per forza spingere il lettore a prendere le parti di qualcuno.
Alessandro F.: Prima avevamo i valori di Goldrake e poi col tempo abbiamo imparato che come A silent voice ci sono altre storie. Cosa ne pensate?
Maura G.: Perfino i più piccoli dettagli sono consistenti nella vita delle persone e la percezione diversa delle cose che ha ciascuno di noi ci rende differenti gli uni dagli altri. Molti pensano che siamo tutti uguali, che ci sia uno standard a cui adeguarsi e questo crea uno sacco di problemi. Per alcuni è impossibile essere "normali" e in loro provoca una sindrome d'inadeguatezza, porta a pensare di essere difettosi e anormali. Una fiera come il Salone del Libro non è un'esperienza uguale per tutti: per esempio per qualcuno può essere un vero problema essere circondati da una caotica folla, mentre altri ci si divertono. Non si può avere una società perfetta però è importante raccontare le storie di tutti nella loro diversità. Tutta la narrazione culturale commerciale o letteraria non si è mai curata di farlo: i sordi sono stati isolati per secoli, così come chi aveva caratteristiche tali da renderli inadeguati nello spazio sociale. In queste storie possiamo vedere anche loro e molti manga ce lo raccontano inquadrando una cultura diversa dalla nostra: ci è utile per capire dove siamo arrivati come società, perché ciò che ci sembra distante è più vicino di quanto pensiamo. Faccio l'esempio di Until I meet my husband manga tratto da un romanzo omonimo in cui un ragazzo incontra il suo futuro marito. Nel manga ci vengono raccontate tutte le difficoltà del matrimonio omosessuale in Giappone e le varie soluzioni, come l'adozione; ci presenta un problema nella sua doppia accezione di difficoltà culturale e legislativa. Parlare di sessualità non conformi è difficile.
Il manga per molto è stato di nicchia, seppur una nicchia molto forte. Oggi sappiamo che è oggetto di un interesse intergenerazionale enorme. Ci ricordiamo però di come a lungo sia stato visto come intrattenimento un po' sporco e violento. Ora è interessante vedere come molti temi, anche appena riscoperti, possono essere presenti nella narrativa manga e trattati in maniera diversa. Ad esempio Takopi's Original Sin ha degli elementi fantasy, in altri manga si parla d'identità di genere. Si ha la sensazione che le storie debbano trattare grosse tematiche in modo complesso ma è solo una convinzione figlia di una limitazione culturale.
Alessandro F.: Hai citato Takopi e il bullismo: spesso la diversità è qualcosa da schermire. Da genitore, quando leggo queste cose mi fanno male.
Claudia C.: Stando ad una ricerca condotta tra ragazzi e ragazze quindicenni il 18% è stato vittima di bullismo. Se ci pensiamo è un dato agghiacciante, significa che è necessario parlare di queste cose. Non solo in Giappone, ma in tutta l'Asia il bullismo è un problema sociale ed è fondamentale che venga trattato. Come dice Maura i manga erano mal visti ma oggi possiamo dire che stiano venendo riconosciuti in quanto cultura, e viene riconosciuta loro la capacità di parlare ad un pubblico molto ampio. Quando parliamo di tematiche importanti non dobbiamo spiegare le cose in modo estremamente complesso, funziona benissimo l'approccio intuitivo e immediato del manga; sicuramente è stato uno degli elementi che ha portato questo medium ad avere successo in Italia.
Alessandro F.: Il manga è ottimo per imparare a comprendere la propria diversità ma ci sono titoli come My son is probably gay e A silent voice che possono anche aiutare i genitori perché cercano di parlare a coloro che non prendono nemmeno in considerazione la presenza di un problema dove di fatto c'è.
Andrea C.: Il manga non ti dice "non sei degno di leggermi", non ti serve un cursus honorum o una solida base teorica come se dovessi leggere "La fenomenologia dello spirito". Semplicemente ti suggerisce che "questo ti riguarda e io ti vengo incontro". Può essere una storia piana e chiara, e nonostante questo riesce ad essere estremamente profonda, e lo dico senza andare a scomodare I cavalieri dello Zodiaco, Neon Genesis Evangelion, L'attacco dei giganti che non hanno niente da invidiare a Dostoevskij o Tolstoj e fa paura dirlo qui al Salone.
Il punto è che questa forma non produce naturalmente qualità ma ha permesso ai lettori di mettersi a tu per tu con la propria interiorità. Io ho imparato tantissimo da Holly e Benji. My son is probably gay può arrivare a parlare ad un genitore che non ha gli strumenti per capire le paure del figlio.
Meglio un manuale? Non è vero: calarsi nella scena è l'anticamera della comprensione. La vita è complessa; per esempio in A Silent voice e Takopi c'è il bullismo e di solito ci sono due narrazioni riguardo l'oppressore: o il bullo da piccolo era vittima di bullismo quindi si vendica facendo il bullo a sua volta, o il bullo alla fine diventa buono, ma non c'è la reale soluzione al problema. In queste opere i due tropi vengono ribaltati perché non possiamo appiattire la storie, non possiamo poter scegliere solo tra vittimizzare il bullo o aspettarne la redenzione. In un caso o nell'altro però non sappiamo come venirne a capo e il problema permane; al massimo ci si può limitare a dire "oh poverino" o "un giorno cambierà". La figura del bullo non è nemmeno statica, in A silent voice cambia e può capire: il punto però è l'elaborazione del processo collettivo della complessità del reale. L'abbiamo appena detto che si tratta di un processo collettivo. Molto spesso nelle culture la lettura non si fa in autonomia: il manga, infatti, ha una modalità di fruizione decisamente collettiva. Ci sono più condivisioni ed esperienze, si fa attenzione ad alcuni dettagli totalmente oscuri alla generazione precedente di lettori, come la grana del foglio, la qualità di stampa e così via. Si torna all'attenzione quasi radicale, seicentesca, della complessità dell'oggetto libro. Il volume fisico è strumento di un'analisi interiore collettiva in quanto esperienza comunitaria. Ciò dovrebbe essere fatto non solo dai ragazzi che già lo fanno, bensì anche dagli adulti: perché non facciamo un gruppo di letture manga con i genitori?
Alessandro F.: Datemi un pizzicotto. Siamo davvero al Salone del Libro? Queste cose non pensavo che saremmo venuti a dirle fin qui. In effetti come siamo arrivati a fare una beatificazione del manga in un santuario della cultura come il Salone? Dalla pandemia in poi come siamo arrivati a vedere le librerie piene di manga? Come siamo arrivati a parlarne qui ed ora?
Maura G.: Noi abbiamo una casa editrice indipendente e abbiamo notato che due anni fa si sono chiesti se inserire nelle classifiche settimanali dei best seller anche i manga. Cosa si fa in questi casi? Si istituisce una categoria a parte? C'è stato un momento nella top 10 in cui 5 erano manga, molte cose successe ora succedono perché le persone vanno tutte in una certa direzione e vedono di organizzarsi. Ci sono molte ragazze giovani che arrivano oggi per la prima volta al Salone del Libro ed è fondamentale. Questo evento da alcuni è considerato di serie B perché pensano che i libri di loro interesse qui non vengano considerati vera letteratura. Un vero problema se si pensa che ci sono dei giovani che nonostante tutti gli stimoli oggi decidono di leggere. Pensate che grandissima ricchezza, soprattutto perché l'hanno scelto da soli e hanno costruito un linguaggio comune attorno alle loro letture, di cui parlano e si confrontano. La mia prima fumetteria a Treviglio una ventina di anni fa era un luogo in cui alcuni che si sentivano "diversi" si ritrovavano e si immergevano nei propri interessi. Oggi anche altri si sono ritrovati in questa situazioni.
Mi incuriosisce che ad un certo punto i giornali hanno dovuto prenderne atto di tutto ciò. Quando la comunità dei lettori va in una certa direzione, prima non si dà loro peso, poi si è costretti. Con i tempi che corrono anche persone che non hanno mai letto un manga possono riavvicinarsi a quelle storie. Innanzitutto genitori ed insegnanti sono fondamentali. Prima si parlava di My son is probably gay, perché è la storia di una madre che è sicura che il figlio sia gay ma lui ha troppa paura per parlarne, così come il padre che evita l'argomento appena può. Ho letto solo il primo volumetto ma ho visto una madre che nella vita quotidiana cerca di capire come agire per supportare il figlio. Questa rappresentazione è estremamente importante perché spesso anche per dare supporto a qualcuno non si hanno gli strumenti adatti. Un manga magari non è un manuale o uno specialista, ma semplifica la vita a chi si trova in una situazione simile.
Il cambiamento culturale è forte, ad esempio possiamo vedere come molte narrazioni cui siamo abituati, parlano di personaggi queer che hanno dovuto fronteggiare la vergogna, hanno dovuto nascondersi ed entrare in conflitto con i genitori. Qui la storia è diversa e ci dice che le diversità si possono vivere in modo naturale a patto che le persone siano consapevoli. In Boy meets Maria si parla sia di violenza che d'identità di genere. I temi messi a corredo sono tanti, ma è bene sottolineare come Boy Meets Maria, non parla solo di una persona che si sta interrogando sulla sua identità ma porta la complessità all'esperienza. In Giappone sono stati dei titoli di rottura ma pure qui in Italia.
Ci piace suggerire di usare nelle scuole strumenti diversi da quelli classici, molti insegnanti vogliono parlare di questi temi ma non riescono ad avere strumenti di supporto per farlo. Noi consigliamo per esempio di usare i meme per la filosofia, elementi che originariamente si rifanno alla cultura manga perché erano le citazioni ad opere appartenenti ad un immaginario, non solo le immagini riutilizzate e virali di oggi. Usare i meme è anche un modo per insegnare.
Vero è che noi usiamo queste cose per altro, però i manga di cui parliamo sono opere che trattano temi importanti in maniera davvero accessibile senza voler dichiaratamente dare degli insegnamenti. Magari adesso vi sembrerà che stiamo dicendo che i manga siano esclusivamente didattici, però non sono affatto dei manuali: sono delle storie. Takopi's Original Sin non possiamo usarlo per capire dove stia il bene o il male, o nemmeno usare My son is probably gay come un manuale per vedere se nostro figlio sia omosessuale.
C'è una relazione tra messaggi che una storia veicola e il cambiamento sociale che producono. I manga stanno facendo questo, in parallelo all'essere opere di narrativa non votate esclusivamente a dare un messaggio. Ci sono casi in cui ci si affeziona ai personaggi protagonisti e non è sempre un bene.
Claudia C.: Interessante questo discorso, anche perché storie come Takopi ci fanno chiedere chi sia il buono e il cattivo. Probabilmente non ci sono linee nette, ma ci sono invece molte sfaccettature. Una delle cose belle del manga non è solo la sua immediatezza, ma la capacità incredibile di creare empatia con il lettore. Si genera un processo nel quale il lettore riesce a distaccarsi da certe sue cose personali ma vuole anche andare a fondo di cosa sta leggendo, e qui arriva il processo di condivisione. Forse è stato proprio questo processo ad aver fatto arrivare il manga dove è ora. Il voler comunicare va anche contro lo stereotipo del lettore di manga che non esce mai dalla sua bolla e dai social. Il lettore passa invece attraverso le community, come quella di Animeclick e nascono sempre più processi di discussione e condivisione legati al fumetto.
Alessandro F.: All'epoca c'erano i forum in cui non si litigava solo sui Cavalieri dello Zodiaco, ma si prendeva parte anche a discussioni interessanti. La bellezza del manga è che rispetto ai supereroi c'è il discorso dell'empatia in cui ci si può immergere nei personaggi e chiederci cosa avremmo fatto noi al posto loro, perché sono tutti persone normali. E poi non ci sono mai il bene e il male così netti, anche negli shonen di stampo più classico ultimamente anche il cattivo ha un movente, condivisibile da chiunque visto che anche noi saremmo potuti essere dei villain se avessimo fatto un'altra strada. Lo vediamo per esempio ne L'attacco dei Giganti o anche nelle opere di Tatsuki Fujimoto.
Claudia C.: Quando pensiamo come il fumetto vada tantissimo in America dobbiamo renderci conto che anche lì il manga sta prendendo piede in maniera consistente. Si parla addirittura di geek therapy, cioè percorsi appositi per superare alcune difficoltà leggendo specifici fumetti. Il manga può arricchirci e dirci qualcosa di noi. Andrebbe proposto nelle scuole, però purtroppo non tutte le realtà sono così ben disposte: ancora è visto da alcuni come cultura bassa per bimbi.
Alessandro F.: Ranking of kings, ad esempio passa pe runa favoletta ma non lo è assolutamente.
Claudia C.: Il fumetto può parlare di noi e raccogliere un pubblico estremamente ampio, è poi il lettore a recepire i messaggi in base a quello che vuole recepire: non sempre c'è una volontà didascalica o di attivismo, ma ognuno vi legge quello che vuole.
Alessandro F.: Infatti il manga non nasce con un fine didattico, è intrattenimento che fa riflettere. ad esempio io l'ho vissuto con le serie TV: ho visto tanti personaggi di colore nelle serie americane e questo ha fatto parte dei fattori che mi hanno portato, nella mia vita e formazione, a non essere un razzista. Ci sono molti genitori che hanno paura del manga, ma bisogna chiedere al genitore di informarsi per avvicinarsi e per abbracciare i loro interessi.
Andrea C.: Dobbiamo sottolineare che, come tutta l'arte, un manga non vale l'altro, è abbastanza ovvio. Il genitore non si deve preoccupare se il figlio stia leggendo un manga piuttosto che un altro tipo di fumetto, ma deve chiedersi che manga stia leggendo. Magari sta leggendo un manga, che siamo qui a raccontarvi quanto sia importante, però magari sta leggendo certe porcherie; quindi non dovrebbe spaventarsi se al posto di un manga il figlio ha in mano Watchmen. Watchmen oggi è un fumetto attuale più che mai, ci aiuta a riposizionarci rispetto al panorama odierno. I fumetti classici come Watchmen e L'Eternauta mettono nella condizione di capire la loro epoca e la nostra: la forza della letteratura classica è di parlare anche alle generazioni successive.
Penso che si debba capire che la lettura non finisce quando chiudi il libro e non inizia quando lo apri: è un processo che parte dal desiderio, si manifesta dal testo e se la ricerca è condivisa dal genitore è anche bello. Prendiamo un esempio che vediamo spesso nelle fumetterie: i ragazzini si fiondano dentro e i genitori stanno fuori ad aspettare. La ricerca del volume è parte dell'esperienza di lettura. Poi dopo c'è la ricerca del confronto e si concretizza con il fandom, Wattpad, per esempio. La scrittura è compensamento: mia figlia si appassiona alle storie alternative di Harry Potter in cui lui si innamora di Ron e si sviluppa tutta la relazione.
Il punto fondamentale è che l'esperienza finale è parte dell'esperienza della letteratura e rischiamo di perdercelo. Un evento come questo non dobbiamo vederlo come una cosa che accade solo una volta in cui la gente si scaraventa a prendere degli oggetti e poi basta. L'esperienza va diluita e si deve creare un dialogo e condivisione. Sono in esplosione i gruppi di lettura perché sta cambiando il modo di fruire l'oggetto libro; la lettura sarà anche un processo d'isolamento ma non finisce con il finire il libro fisico. Se avete letto un'opera di un autore italiano è possibile che siate corsi su Instagram a ringraziarlo. Questa cosa ha lati positivi e negativi. Negativi perché state praticamente chiedendo "ti prego esperienza, continua in qualche modo!" e la letteratura ha bisogno dei suoi tempi. Anche far passare del tempo è importante, come delle volte è meglio non conoscere gli autori. Dall'altra parte questo ci dà la possibilità di far proseguire la lettura dopo la fase di sedimentazione, nel gruppo di lettura o condivisione questo è qualcosa che possiamo espandere.
Maura G.: Probabilmente qualcuno qui di manga non sa niente. Io non son niente, sono una lettrice casuale mentre mia figlia è esperta dei vari generi e target. Posso capire che ci sia un po' di timore verso qualcosa di cui non si sa nulla, anche se si continua a dire che sia solo intrattenimento e cultura bassa. In qualche modo capisco la paura di incontrare un immaginario molto distante, ma il manga accoglie tutti positivamente se paragonato ad altri ambiti, e finisce per regalare una lettura davvero piacevole. Ve lo consiglio: non abbiate paura di non essere preparati intellettualmente e non essere in grado di collocarlo nel panorama culturale. Dobbiamo essere lettori imperfetti, perché il manga è a disposizione di tutti; l'unica cosa da capire sono i propri gusti. La resistenza al manga deriva dal fatto che non lo si conosce o non si pensa di averne i requisiti.
Alessandro F.: I manga sono adatti ai genitori. Anche la mia generazione è nata con i cartoni giapponesi e sempre di quello si tratta. Abbiamo visto gli anime ma è la stessa radice culturale, non è vero che il manga ci è sconosciuto. Oggi sicuramente c'è più attenzione al mondo delle specificità giapponesi, non abbiamo più le traduzioni con il "brodo" al posto del ramen. Ad esempio in Piccoli problemi di cuore che pur di non parlare dei genitori divorziati hanno totalmente snaturato la storia e chi si è letto il manga si è trovato davanti ad un'altra opera. In Italia abbiamo fruito prodotti giapponesi ormai da più di quarant'anni.
E con i ringraziamenti ai relatori si chiude il panel.
Ricordiamo che potete trovare Andrea Colamedici e Maura Gancitano a parlare di filosofia sui loro social a dimostrare che la materia e il pensiero sono importanti e non sono per forza qualcosa di distante e noioso.