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6.0/10
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Per prima cosa, mi complimento con gli autori di questa serie per la loro creatività: non credo sia da tutti riuscire a mettere in piedi una storia basandosi unicamente su un singolo scenario di un videogioco, che tra parentesi si lega solo in minima parte con la nostra vicenda. Detto ciò, devo purtroppo costatare che l’anime in questione, Canaan appunto, nonostante qualche idea interessante e un comparto tecnico di tutto rispetto non è nulla più di un prescindibilissimo passatempo usa e getta, un prodotto non particolarmente riuscito sia come giocattolone disimpegnato ad alto tasso di adrenalina, sia nella sua componente sentimentale/psicologica. Io mi ci sono imbattuta cercando un titolo d’azione breve e non impegnativo, meglio se popolato da personaggi femminili tosti; Canaan sembrava rispondere perfettamente ai requisiti, in più disponeva di una trama intrigante, almeno sulla carta, e di un gran bel chara-design.

La storia prende il via in una coloratissima Shanghai in cui si sta per tenere un meeting antiterrorismo tra i più influenti Capi di Stato del mondo; con la speranza di realizzare lo scoop della vita, il giornalista Minoru Minorikawa vi si reca insieme a Maria Osawa, giovane fotografa che anni prima si salvò miracolosamente da un attentato batteriologico, pur perdendo tutti i ricordi legati al fatto per lo shock. Il destino vuole che nella stessa città e nello stesso momento stia “lavorando” anche Canaan, giovanissima ma formidabile mercenaria al soldo di un’organizzazione segreta che in passato salvò Maria, diventandone in seguito grande amica. Le due naturalmente non tarderanno ad incontrarsi e Maria rimarrà suo malgrado invischiata (mettendoci anche del suo per complicare le cose!) nella missione dell’amica, ovvero contrastare un gruppo terrorista denominato “Serpenti”, la cui leader è un’altra vecchia conoscenza di Canaan.

Contrariamente a molti dei precedenti commentatori, a me i primissimi episodi non hanno fatto una cattiva impressione, anzi, offrivano esattamente quello che stavo cercando.
La storia, che dal riassunto appare cupa e seriosa, ben presto mette in campo una serie di esagerazioni, assurde coincidenze, comparse decisamente folli, se non delle vere e proprie tamarrate da B-movie che lasciano intendere di trovarci di fronte a un titolo decisamente spensierato: riunioni “volute dal destino” (come altro definire il fatto che i personaggi si incontrino sempre per caso in una metropoli sovrappopolata come Shanghai? Forzatura forse?), delinquenti mascherati, sparatorie improbabili, un virus che dona superpoteri o fa esplodere il cervello, pin-up vestite da gatta, tassisti e presidenti USA completamente fuori di testa, assassine morbosamente attratte dalla propria “sorella”, per non parlare dell’abilità speciale della protagonista! Eh già, mi ero dimenticata di dirvelo, ma la peculiarità di Canaan è quella di possedere uno Sharingan avanzato da Naruto, qui prontamente ribattezzato “sinestesia”: la nostra eroina si concentra, le vengono gli occhi rossi ed ecco che può schivare i proiettili, anticipare i colpi e vedere i “colori” delle persone, riuscendo così a distinguere i cattivi nella folla per via della loro aura omicida (che per la cronaca è blu). Altro che anime serioso.
Ma, come ho già detto, io volevo proprio un prodotto simile, per cui il primo impatto è stato soddisfacente: il mix di azione, gag e mistero funziona, i combattimenti appassionano, l’ambientazione è ottima e la nemica principale, nonostante la scarsa presenza sulla scena, è un personaggio dannatamente intrigante. Purtroppo, c’è voluto davvero poco perché i miei entusiasmi cominciassero a raffreddarsi: la serie, che avevo erroneamente inquadrato come un incrocio tra Black Lagoon e Full Metal Panic con più ragazzine e superpoteri, dopo poche puntate prende una piega del tutto inattesa, lasciando ampio spazio a lunghe riflessioni su amicizia e amore, approfondimenti psicologici e legami sentimentali di vario genere. Questa componente, che anch’io mi azzardo a definire shojo, è senza dubbio abbastanza interessante e originale per il contesto in cui viene inserita, ma alla fine si è rivelata un’arma a doppio taglio: infatti, mentre nella prima metà dell’anime sentimentalismi e azione riescono tutto sommato ad amalgamarsi, anche se in modo non sempre impeccabile, nella seconda parte, nonostante non manchino avvenimenti tragici e determinanti, si fanno sentire prepotentemente la noia e la sensazione di “minestrone indefinito”, almeno finché trama e sceneggiatura non alzano bandiera bianca, si dichiarano incapaci di gestire l’enorme quantità di carne precedentemente messa al fuoco e optano per l’approfondimento psicologico, lasciando sullo sfondo tutto il resto.

Bene, tanto di cappello per aver saputo scegliere un percorso preciso e averlo seguito fino in fondo, ma se questo anime ha deciso di diventare serio, allora è giusto giudicarlo seriamente, quindi dico che, per quanto mi riguarda, ho trovato il percorso in questione poco convincente e sprecone. Non si possono lasciare tanti pezzi per strada e giustificarsi dicendo: “Ehi, guarda che la storia del terrorismo, la fantapolitica, le armi biologiche e compagnia bella erano dei meri espedienti per far incontrare i personaggi e costringerli a far emergere la loro emotività, non pretenderai mica che li approfondiamo?”.
Pensavate che il fatto che Maria fosse scampata ad un attentato potesse essere un elemento importante? Beh, non lo è, anzi, ad un certo punto la faccenda viene completamente dimenticata nonostante gli ovvi collegamenti con quanto sta accadendo. Il potere di Canaan? Serve più che altro per poter parlare dei sentimenti che la ragazza riesce “vedere”. Il villaggio-cavia? Solo una scusa per avere storie tristi da raccontare. Gli esperimenti sui sinestesisti? Un espediente per fornire ad una psicotica delle particolari pillole. Il serissimo discorso di Alphard su terrorismo e traffico d’armi? Paroloni al vento per dare un po’ di spessore. E cosa abbiamo guadagnato dall’aver lasciato indietro tutti questi elementi? Un mucchio di riflessioni e sentimentalismi non inverosimili, non sciocchi, ma spesso prevedibili e ripetitivi. Esempio by Maria: penso che la mia amica, nonostante la vita che conduce, sia una ragazza normale, ma quando per salvarmi ammazza un tizio a sangue freddo mi traumatizzo, lei lo percepisce e si rattrista, io ci rifletto mezza puntata e capisco che voleva solo proteggermi, così mi scuso e amiche come prima. Non fa una piega, ma converrete che è un ragionamento piuttosto elementare.

Il finale riserva alla maggior parte dei personaggi degli epiloghi soddisfacenti, anche se alcune cose mi hanno fatto davvero storcere il naso, come il fatto che in questa serie o si muore facilmente o si sopravvive anche ai peggiori incidenti; nel complesso comunque è una buona fine, anche se poco emozionante.
Per quanto riguarda il cast di personaggi lo giudico nell’insieme discreto, tuttavia nemmeno qui mancano sprechi e mezze delusioni. Cominciamo dalla protagonista, Canaan: tutti la nominano, tutti la cercano, nessuno può fare a meno di amarla o odiarla intensamente, perché lei è una luce abbagliante. Bah, per me è al massimo un lumicino! Scherzi a parte, poveretta, ha un bel design, un bel potere, combatte bene e non se la tira, ma è tutto meno di un personaggio che sprizza carisma.
Molto meglio la sua nemesi, Alphard, anche se purtroppo mi crolla sul finale: dopo dodici episodi di estrema figaggine (adoro le cattive fredde, bastarde e insensibili alle sofferenze altrui!), nel tredicesimo viene improvvisamente colta da una variante della sindrome di Light Yagami, ovvero “dopo aver costantemente mantenuto un certo contegno, sbrocco per uno sguardo truce”.
Maria non delude, ma non stupisce nemmeno, è esattamente quella che ci aspettavamo: una svampita damigella perennemente in pericolo, dotata di incrollabile fiducia nella sua salvatrice e dispiaciuta per il fatto di dover sempre essere soccorsa. I personaggi femminili secondari invece tutto sommato se la cavano. Quella che rimane più impressa è la squilibrata Liang Qi, costantemente e coerentemente sopra le righe dall’inizio alla fine; Yunyun onestamente è assai poco utile alla storia, ma molto simpatica e discretamente approfondita; Hakko è invece un personaggio dalla personalità soporifera, ma la sua storia, passata e futura, è ben congegnata e triste al punto giusto.
Il cast maschile, al contrario, non è davvero nulla di che, basti pensare che il più carismatico è una comparsa comica (il tassista). Quello col ruolo più importante, in quanto responsabile della “formazione” di protagonista e antagonista, in realtà è già morto e appare solo nei flashback (peraltro sempre gli stessi), per il resto abbiamo: il povero Minorikawa, presentato come un personaggio importante e invece destinato a compiti assolutamente secondari; Cummings, che dovrebbe essere un mercenario ma sembra più che altro una specie di maggiordomo masochista il cui scopo è quello di fare da bersaglio ai proiettili di una pistola ad aria compressa; infine c'è Santana, uno scontatissimo agente CIA pentito che, dopo essersi dato arie da strafigo in tutte le sue (pochissime) apparizioni, appena si mette in gioco decidendo di combattere... beh, diciamo solo che fa una figura decisamente ingloriosa.

Parlando infine del lato tecnico, devo dire che è stato fatto un lavoro più che soddisfacente: il design, come ho già detto, mi piace molto, così come i fondali, curati e ricchi di dettagli; anche l’animazione è buona e la colonna sonora orecchiabile. Molto bella la opening, lenta ma adeguata la ending.
Per concludere (finalmente, starete pensando!), non mi resta che assegnare il voto, e credo che un sei calzi alla perfezione. Canaan è una delle tante serie che nulla tolgono e nulla aggiungono al modo dell’animazione; può piacere o no, ma di certo non entrerà mai negli annali. La sua pecca principale, una volta tanto, non è la mancanza di idee, anzi, trovate abbastanza originali ne ho viste, ma purtroppo non mi hanno convinto molto e non saprei dire se la colpa sia di una loro cattiva gestione o se, invece, tali trovate non fossero poi così buone. Mi spiace un po’ dirlo, perché uno dei maggiori problemi dell’animazione giapponese odierna è proprio quello di non saper osare, ma per ottenere risultati migliori forse Canaan avrebbe dovuto seguire una strada più classica invece di cercare di rimescolare le carte in tavola, in modo da ritagliarsi uno spazio come poco innovativo ma godibile prodotto d’azione votato al disimpegno.
Mi astengo dal consigliarlo o meno: se non avete di meglio da fare è anche guardabile, ma se cercate un’opera davvero meritevole di una visione avete proprio sbagliato indirizzo!