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Spettacolarizzazione e "fracassonate" a più non posso: ecco in poche parole gli attributi di Gurren Lagann. Entrambe le caratteristiche, in effetti, danno la giusta linfa al titolo, ma la contropartita negativa si fa sentire non poco, evidenziando delle tare non trascurabili nella struttura narrativa.
La Gainax si cimenta nell'esplorazione della parodia di un genere che ha fatto la storia, il mecha, sondandone le potenzialità visive, e stroncandone allo stesso tempo, con una bella dose di kitsch, gli elementi che avevano reso i prodotti dei miti. È indiscutibile che la vena dissacratoria sia ciò che dà carattere alla prima parte della serie, che, nonostante il crescente numero di comparse - che in seguito diventerà eccessivo -, mostra un'ilarità e una leggerezza che scompariranno in seguito, lasciando spazio alla retorica tronfia e vanagloriosa degli eroi della brigata Dai Gurren.

Le manie di protagonismo di Kamina, al limite dell'esagerazione caricaturale, avevano dato una fisionomia particolare all'anime. Ma questa caratteristica si andrà perdendo con la volontà del titolo di mettere tra parentesi il parossismo fine a se stesso per trattare finalmente "una storia per come si deve".
Vero è che la fisionomia caratteriale degli scagnozzi di Lord Genom è quanto di più ridicolo si possa concepire sulla polverizzazione di qualsivoglia briciolo di orgoglio. Lord Genom stesso, a più riprese, sarà l'emblema della dissacrazione del <i>topos</i> del nemico affascinante e misterioso, vittima di una parabola involutiva davvero imbarazzante.
Purtroppo i buchi di sceneggiatura del secondo blocco di episodi non si possono tacere: ci si alterna tra uno schizofrenico Rossiu che si atteggia a uomo di stato e i vaneggiamenti sulla vera essenza di Nia.
Il difetto peggiore sta nelle spiegazioni di certi fenomeni che - tanto per restare in tema - non stanno né in cielo né in terra. Meglio stendere un velo pietoso su cosa ci si inventa per potere rendere plausibile l'esistenza del mare nello spazio. Il problema di queste argomentazioni fisiche non sta tanto nella loro completa inaccettabilità, ma nel fatto che esse vengano proposte con quella saccenteria da scienziati puntualmente smentita da apocalissi inconcepibili - si pensi alla Luna trainata dall'astronave (!).

Tirando le somme non è problematico ammettere che Gurren Lagann abbia perso di vista il suo iniziale obiettivo: quello di trattare con brio temi che potevano anche essere impegnativi. Se si fosse mantenuta tale tendenza forse il risultato sarebbe stato migliore. A conti fatti invece lo spettatore si ritrova con una serie composta da due metà quasi irriconoscibili tra loro. Vi è una prima metà molto frizzante, ilare e piacevolmente fracassona, seppure con delle pecche relative al lato tecnico, ma concentrate su pochi episodi. A essa si contrappone una seconda metà completamente dominata da una sceneggiatura puerile, incastonata su una notevole armatura di effetti speciali di grande respiro e da suggestive quanto improbabili ambientazioni.
Certo, le citazioni alle produzioni animate del genere mecha sono impressionanti per numero - lode a coloro che le hanno concepite e alla loro cultura otaku -, per non parlare dei riferimenti palesemente parodistici a "Capitan Harlock" e alla stessa Arcadia, costante filo rosso di tutta la serie, spudorate nella loro continua ridondanza.

In conclusione "Sfondamento dei Cieli Gurren Lagann" si potrebbe ben ritenere uno spettacolare inno al cattivo gusto. La sufficienza premia gli intenti, ma punisce quell'aspirazione a fare la differenza che, invece, fa deragliare "Sfondamento dei Cieli Gurren Lagann" dai binari pur tuttavia originali dell'esagerazione parodistica.