Recensione
Recensione di Doppelgänger
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Arrietty vive con la sua famiglia nelle fondamenta di una casa di campagna. Essi infatti sono dei borrowers, o dei prendi-in-prestito, esseri in tutto simili agli uomini meno che per la statura, essendo di fatto alti pochi centimetri. Essi vivono di ciò che trovano in natura e nella casa degli uomini, prendendo solo ciò di cui necessitano per sopravvivere.
La loro regola è quella di non farsi avvistare assolutamente dagli esseri umani, che potrebbero dargli la caccia. Ma Arrietty infrangerà questa regola quando nella casa arriverà Shoo, un ragazzino malato di cuore.
L'ultima produzione dello Studio Ghibli è perfettamente riconoscibile fin dalla scena d'apertura. Richiamando altri film quali "La città incantata" o "Il mio vicino Totoro", Arrietty si apre con una sorta di trasloco in campagna, luogo che evidentemente nella fantasia di Miyazaki è ancor più popoloso di quanto non lo sia già normalmente in natura. Probabilmente condivide con Shigeru Miyamoto (creatore di 'Super Mario') l' esperienza giovanile dell'esplorazione del giardino di casa, alla ricerca dei suoi segreti, di nuovi insetti da scoprire e di quant'altro possa stimolare la fantasia di un bambino.
"Arrietty", come ha fatto soprattutto "Totoro", parla proprio di quei segreti che si annidano nelle case di tutti che molti non conoscono, che alcuni hanno solo intravisto. Ma il mondo in cui vive Arrietty è più "crepuscolare" di quello in cui vive la mascotte dello Studio Ghibli. Ed è proprio su questa filosofia da "viale del tramonto" che s'instaura il rapporto tra la protagonista e il ragazzino umano Shoo: lei fa parte di una razza di cui ormai rimangono pochi membri, forse nessuno all'infuori della sua famiglia; lui, a causa del suo cuore, forse non potrà mai diventare adulto. E allora entrambi sono costretti a diventarlo precocemente, accettando il loro precario destino, che tra l' altro li porterà ad avvicinarsi superando la naturale diffidenza che separerebbe altrimenti due membri delle loro razze.
Concettualmente però pariamo più dalle parti de "La principessa Mononoke", ossia la necessità di rispettare la natura e di pagarle il giusto rispetto, sia anche nelle sue forme più piccole. Classico materiale Ghibli, per intenderci.
Unico mezzo neo è il villain: durante la visione mi chiedevo il perché di un comportamento così antipatico e apparentemente immotivato.
Le proporzioni minuscole dell'avventura si riflettono sul piano visivo. Stavolta a rappresentare il fantastico è soprattutto il mondo degli uomini visto dai borrowers, colossale e misterioso. E non ci si avventura molto oltre il giardino di casa, che però è un tripudio di colori e vita, in una delle rappresentazioni naturali più semplici ma incantevoli che lo studio ci abbia offerto. Il tutto accompagnato da una colonna sonora non invasiva che si adatta perfettamente alla visione.
Non è il capolavoro che bisserà i mostri sacri del passato firmati Ghibli, ma "Arrietty" è un prodotto più che valido, anzi, decisamente buono, largamente consigliabile a chiunque. Voto: 8.
La loro regola è quella di non farsi avvistare assolutamente dagli esseri umani, che potrebbero dargli la caccia. Ma Arrietty infrangerà questa regola quando nella casa arriverà Shoo, un ragazzino malato di cuore.
L'ultima produzione dello Studio Ghibli è perfettamente riconoscibile fin dalla scena d'apertura. Richiamando altri film quali "La città incantata" o "Il mio vicino Totoro", Arrietty si apre con una sorta di trasloco in campagna, luogo che evidentemente nella fantasia di Miyazaki è ancor più popoloso di quanto non lo sia già normalmente in natura. Probabilmente condivide con Shigeru Miyamoto (creatore di 'Super Mario') l' esperienza giovanile dell'esplorazione del giardino di casa, alla ricerca dei suoi segreti, di nuovi insetti da scoprire e di quant'altro possa stimolare la fantasia di un bambino.
"Arrietty", come ha fatto soprattutto "Totoro", parla proprio di quei segreti che si annidano nelle case di tutti che molti non conoscono, che alcuni hanno solo intravisto. Ma il mondo in cui vive Arrietty è più "crepuscolare" di quello in cui vive la mascotte dello Studio Ghibli. Ed è proprio su questa filosofia da "viale del tramonto" che s'instaura il rapporto tra la protagonista e il ragazzino umano Shoo: lei fa parte di una razza di cui ormai rimangono pochi membri, forse nessuno all'infuori della sua famiglia; lui, a causa del suo cuore, forse non potrà mai diventare adulto. E allora entrambi sono costretti a diventarlo precocemente, accettando il loro precario destino, che tra l' altro li porterà ad avvicinarsi superando la naturale diffidenza che separerebbe altrimenti due membri delle loro razze.
Concettualmente però pariamo più dalle parti de "La principessa Mononoke", ossia la necessità di rispettare la natura e di pagarle il giusto rispetto, sia anche nelle sue forme più piccole. Classico materiale Ghibli, per intenderci.
Unico mezzo neo è il villain: durante la visione mi chiedevo il perché di un comportamento così antipatico e apparentemente immotivato.
Le proporzioni minuscole dell'avventura si riflettono sul piano visivo. Stavolta a rappresentare il fantastico è soprattutto il mondo degli uomini visto dai borrowers, colossale e misterioso. E non ci si avventura molto oltre il giardino di casa, che però è un tripudio di colori e vita, in una delle rappresentazioni naturali più semplici ma incantevoli che lo studio ci abbia offerto. Il tutto accompagnato da una colonna sonora non invasiva che si adatta perfettamente alla visione.
Non è il capolavoro che bisserà i mostri sacri del passato firmati Ghibli, ma "Arrietty" è un prodotto più che valido, anzi, decisamente buono, largamente consigliabile a chiunque. Voto: 8.