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"Aspettando quell'estate."
Quell'estate. Già. Sì. Perché questa è una stagione magica. E' il periodo più caldo dell'anno, ma anche il più breve. Capace di potere concentrare una miriade di emozioni, sensazioni. Sentimenti. Talvolta inaspettati. Difficili anche da gestire.
E così un giorno, per caso, arriva una ragazza, una perfetta sconosciuta che si presenta al nostro protagonista come una studentessa "straniera" e lì comincerà il suo anno scolastico.
Le vacanze estive sono ormai alle porte. Il frinire delle cicale e il Sole cocente invitano sei ragazzi, sei amici del liceo, a vivere quel momento tra impacci, confessioni, incomprensioni, momenti divertenti e lacrime. Comincia così quell'estate. Per Kaito, Kanna, Mia, Remon, Tetsuro e ultima a unirsi al gruppo, nonché protagonista, Ichika.
Protagonista maschile di questa storia è Kaito, un liceale al quale piace riprendere luoghi e persone con una vecchia cinepresa (per l'esattezza una 8mm Fujica P 300 che fu prodotta tra il '67 e il '71). Così viene fuori di creare un film amatoriale con una sceneggiatura buttata sul momento. Un ricordo fatto di goffa recitazione, un po' arrangiata, e di effetti speciali alla buona. Ma il meglio, come spesso accade, si crea quasi per caso, soprattutto quando siamo tra amici, con inquadrature fuori dal set, sguardi distratti, profili presi un po' di nascosto. Tutto evidenzia la vera natura dei protagonisti, delle persone, con momenti rubati al tempo passato insieme.
I ricordi sono impressi nella celluloide e offrono quell'effetto sgranato, un po' sfocato, dal sapore vintage pieno di calore.
E poi magari un giorno prenderai quella pellicola. La posizionerai sul proiettore. La farai partire. E assieme ai presenti vivrai quei ricordi. Sarai carico di nostalgia perché erano momenti unici. Le tue espressioni in viso cambieranno al cambio di ogni scena. Ti sentirai imbarazzato/ta, ti scapperà qualche sorriso. Poi magari scenderà qualche lacrima. I ricordi sono fatti di momenti passati. Di istanti. Sta a noi farli vivere per sempre con ogni mezzo.

"Ano Natsu De Matteru" è un anime in 12 episodi della stagione invernale 2012. In un anime, la cui componente romance è alla base, non possono mancare gli intrecci tra i protagonisti. Ma qui mi voglio fermare, onde evitare la perdita di quello "stupore" che si ha quando si scoprono le piccole cose. Sia chiaro: non fornisce spunti di originalità. In una trama che è un cliché, dove i protagonisti e i loro ruoli possono essere (o sono) stereotipati, si racconta una storia con un buon ritmo, con gli elementi necessari che rendono piacevole la visione di questo anime allo spettatore strizzando l'occhio con nostalgia a quei momenti che non torneranno più.
La realizzazione è dell'ormai celebre J.C Staff che in questo genere riesce sempre a fare centro. Dal punto di vista tecnico direi un ottimo prodotto. Credo siamo negli standard: ottime animazioni, chara molto gradevole, ambientazioni che ricreano la vita di una tranquilla località immersa nella natura, uso dei colori molto piacevole dalle tonalità brillanti. Si notano poche comparse: una regia creata per mettere a fuoco i ruoli dei personaggi principali e secondari. Sono 12 episodi. Scelta intelligente.
Le musiche create sono in linea con tutto l'insieme. Si parte con l'opening "Sign" di Ray, un brano pop-dance dal sound molto spensierato senza peso alcuno. Si chiude con l'ending "Vidro Moyou" di Yanagi Nagi. Anche qui un pop-dance ma dalle linee più nostalgiche. Nonostante la leggerezza, è meno spensierato di "Sign". Le varie bgm accompagnano a dovere le varie scene.
Una cosa che ho apprezzato molto sono i monologhi che partono a inizio e fine episodio di Kaito-kun. Un valore aggiunto.

In conclusione: talvolta creare qualcosa di originale a tutti i costi non porta ai risultati sperati. Si può fare della buona animazione partendo da idee già collaudate e funzionanti, migliorandone i vari elementi che le caratterizzano. "Ano Natsu De Matteru" riesce nel suo intento fornendo novità zero a un format già collaudato, ma migliora nell'interazione e nell'intreccio tra i personaggi inserendo elementi che a primo acchito potrebbero risultare irrilevanti ma, a mio modesto parere, accattivanti. Come l'uso di una Fujica P 300 con i suoi 40 anni sulle spalle. (Vedasi Tamayura e la Rollei 35 S). Ben riprodotta dallo staff dello studio, crea un ponte tra passato e presente. Un ponte da noi spesso varcato, chiamato Ricordo.