Recensione
Bugie d'amore
8.0/10
Le storie di Kotomi Aoki si prestano bene come sceneggiatura di un film. Non è infatti la prima volta che una sua opera trova un adattamento cinematografico. Dal manga in corso Kanojo wa uso wo aishisugiteru (カノジョは嘘を愛しすぎてる), conosciuto in Italia col titolo "Bugie d'amore", nasce questo dolce e melodico live action, che della musica fa il suo centro propulsore.
"La musica nasce così. Dietro le canzoni si nascondono i sentimenti di qualcuno, si nasconde la vita di una persona."
È in questo modo che il cinico produttore discografico Tagaki Sōichirō parla alla liceale Koeda Riko il giorno del suo debutto con la band Mush & Co., cercando di incitarla ad imbracciare la chitarra, salire sul palco e cantare con tutta la voce che ha in corpo. Figlia di un fruttivendolo, Riko è una ragazza semplice che ama cantare e le belle canzoni. Un giorno vede per caso un ragazzo affacciato a un ponte giocare con un elicottero telecomandato, lo vede far schiantare il velivolo in terra e iniziare ad intonare un ritornello di punto in bianco. Di quella melodia si innamora al primo ascolto, di quel ragazzo si innamora a prima vista. Non poteva sapere che in quel momento dinanzi a lei c'era il compositore della band di successo Crude Play, Ogasawara Aki, in preda ad una cocente delusione d'amore. Aki è proprio una di quelle persone di cui parla Takagi, quelle che si nascondono dietro le canzoni; uno di quei geni che scrivono melodia, testo e sperano che una voce originale e calzante intoni il loro pezzo. Sarebbe andata bene chiunque quel giorno, bastava solo che qualcuna lo trascinasse fuori dal baratro in cui stava precipitando: con queste intenzioni Aki rivolge per la prima volta la parola a Riko, riempiendola di bugie per celare la sua vera identità, che tanti grattacapi gli stava dando. Voleva che lo conoscesse per chi è realmente, non come Aki dei Crude Play. Così fin dall'inizio l'amore si lega alle bugie. Una storia d'amore cresce assieme alle menzogne che i protagonisti si raccontano fra loro. Ma dietro quell'aria da grande mentitore che ha Aki si nasconde la persona sincera che con le sue canzoni ha colpito Riko.
" La musica è un buon mezzo per fare soldi."
Questa massima pronunciata dall'aitante manager Takagi accompagna lo spettatore per tutto il corso della visione. Incastrato in un mondo in cui non si rivede e in cui la musica non ha senso se non può essere venduta, Aki è un ragazzo scoraggiato, che non ha fiducia nel suo estro creativo e nelle sue capacità, che scappa dinanzi alla realtà e si rifugia nelle sue canzoni. Ma è anche una persona che dice di odiare le stesse, di odiare le donne che cantano. La sua idea di musica si scontra con quella che ci viene presentata dal suo spudorato datore di lavoro, che lo ha scoperto e reclutato, apostrofandolo come un genio. Aki è un idealista, di quelli che al liceo formano una band e sperano di sfondare con le loro sole forze, con gli strumenti suonati dal vivo, con le canzoni scritte in prima persona e cantate al momento. La prima grande bugia di Kanojo wa uso wo aishisugiteru è proprio il mondo della musica, che confeziona prodotti curati allo scopo di attirare l'attenzione delle persone e vendere, vendere, vendere; come un faro abbagliante distoglie lo sguardo dalla verità che ogni nota si porta dietro dall'alba dei tempi. Ma per quante bugie le racconti, per quanto è falso il contorno, la ragazza dalla capigliatura a forma di fungo buca le nuvole che aleggiano intorno al cuore di Aki, facendogli riscoprire attraverso la sua voce cristallina l'amore per le sette note. Lo stesso amore che inconsapevolmente lo aveva fatto posare il basso dei Crude Play e ritirarsi dalla scene per scrivere nell'ombra, coltivando la vera essenza della musica.
Il volto di Ogasawara Aki è quello di Satō Takeru, che negli ultimi anni si sta distinguendo oltre che per la sua bellezza, per le sue doti recitative, acquisendo sempre più ruoli da protagonista. Al suo fianco c'è la diciottenne Ōhara Sakurako, in una delle sue primissime esperienze lavorative, che con la freschezza che caratterizza i principianti riesce a interpretare alla perfezione Riko. E devo dire che la capigliatura a funghetto di Mush le sta proprio bene! Se la recitazione è stata positiva, ciò che colpisce di questo live action sono soprattutto le musiche. Una più bella dell'altra, le canzoni che compongono l'OST di Kanojo wa uso wo aishisugiteru restano impresse al primo ascolto e passano perfettamente l'idea di quanto geniale e meravigliosa sia la musica che crea Aki. D'altronde il primo obiettivo di un film sulla musica è quello di far ascoltare pezzi validi, e in questo caso hanno centrato l'obiettivo.
Consiglio caldamente la visione di questa delicata storia d'amore che attraverso le lyrics scritte dal protagonista arriva dritta al cuore, non solo alle fan dell'autrice o del bel Satō Takeru, ma a tutte quelle ragazze (e perché no, anche ragazzi) che adorano sentire le farfalle nello stomaco sviolinate da una elegante colonna sonora.
"La musica nasce così. Dietro le canzoni si nascondono i sentimenti di qualcuno, si nasconde la vita di una persona."
È in questo modo che il cinico produttore discografico Tagaki Sōichirō parla alla liceale Koeda Riko il giorno del suo debutto con la band Mush & Co., cercando di incitarla ad imbracciare la chitarra, salire sul palco e cantare con tutta la voce che ha in corpo. Figlia di un fruttivendolo, Riko è una ragazza semplice che ama cantare e le belle canzoni. Un giorno vede per caso un ragazzo affacciato a un ponte giocare con un elicottero telecomandato, lo vede far schiantare il velivolo in terra e iniziare ad intonare un ritornello di punto in bianco. Di quella melodia si innamora al primo ascolto, di quel ragazzo si innamora a prima vista. Non poteva sapere che in quel momento dinanzi a lei c'era il compositore della band di successo Crude Play, Ogasawara Aki, in preda ad una cocente delusione d'amore. Aki è proprio una di quelle persone di cui parla Takagi, quelle che si nascondono dietro le canzoni; uno di quei geni che scrivono melodia, testo e sperano che una voce originale e calzante intoni il loro pezzo. Sarebbe andata bene chiunque quel giorno, bastava solo che qualcuna lo trascinasse fuori dal baratro in cui stava precipitando: con queste intenzioni Aki rivolge per la prima volta la parola a Riko, riempiendola di bugie per celare la sua vera identità, che tanti grattacapi gli stava dando. Voleva che lo conoscesse per chi è realmente, non come Aki dei Crude Play. Così fin dall'inizio l'amore si lega alle bugie. Una storia d'amore cresce assieme alle menzogne che i protagonisti si raccontano fra loro. Ma dietro quell'aria da grande mentitore che ha Aki si nasconde la persona sincera che con le sue canzoni ha colpito Riko.
" La musica è un buon mezzo per fare soldi."
Questa massima pronunciata dall'aitante manager Takagi accompagna lo spettatore per tutto il corso della visione. Incastrato in un mondo in cui non si rivede e in cui la musica non ha senso se non può essere venduta, Aki è un ragazzo scoraggiato, che non ha fiducia nel suo estro creativo e nelle sue capacità, che scappa dinanzi alla realtà e si rifugia nelle sue canzoni. Ma è anche una persona che dice di odiare le stesse, di odiare le donne che cantano. La sua idea di musica si scontra con quella che ci viene presentata dal suo spudorato datore di lavoro, che lo ha scoperto e reclutato, apostrofandolo come un genio. Aki è un idealista, di quelli che al liceo formano una band e sperano di sfondare con le loro sole forze, con gli strumenti suonati dal vivo, con le canzoni scritte in prima persona e cantate al momento. La prima grande bugia di Kanojo wa uso wo aishisugiteru è proprio il mondo della musica, che confeziona prodotti curati allo scopo di attirare l'attenzione delle persone e vendere, vendere, vendere; come un faro abbagliante distoglie lo sguardo dalla verità che ogni nota si porta dietro dall'alba dei tempi. Ma per quante bugie le racconti, per quanto è falso il contorno, la ragazza dalla capigliatura a forma di fungo buca le nuvole che aleggiano intorno al cuore di Aki, facendogli riscoprire attraverso la sua voce cristallina l'amore per le sette note. Lo stesso amore che inconsapevolmente lo aveva fatto posare il basso dei Crude Play e ritirarsi dalla scene per scrivere nell'ombra, coltivando la vera essenza della musica.
Il volto di Ogasawara Aki è quello di Satō Takeru, che negli ultimi anni si sta distinguendo oltre che per la sua bellezza, per le sue doti recitative, acquisendo sempre più ruoli da protagonista. Al suo fianco c'è la diciottenne Ōhara Sakurako, in una delle sue primissime esperienze lavorative, che con la freschezza che caratterizza i principianti riesce a interpretare alla perfezione Riko. E devo dire che la capigliatura a funghetto di Mush le sta proprio bene! Se la recitazione è stata positiva, ciò che colpisce di questo live action sono soprattutto le musiche. Una più bella dell'altra, le canzoni che compongono l'OST di Kanojo wa uso wo aishisugiteru restano impresse al primo ascolto e passano perfettamente l'idea di quanto geniale e meravigliosa sia la musica che crea Aki. D'altronde il primo obiettivo di un film sulla musica è quello di far ascoltare pezzi validi, e in questo caso hanno centrato l'obiettivo.
Consiglio caldamente la visione di questa delicata storia d'amore che attraverso le lyrics scritte dal protagonista arriva dritta al cuore, non solo alle fan dell'autrice o del bel Satō Takeru, ma a tutte quelle ragazze (e perché no, anche ragazzi) che adorano sentire le farfalle nello stomaco sviolinate da una elegante colonna sonora.