Recensione
D.Gray-man
8.0/10
Premetto che ho letto la serie praticamente in blocco, fino al 14 volume circa, e anche un poco oltre (il perché ci tengo a fare la precisazione tenterò di spiegarlo strada facendo).
Partiamo con la trama innanzitutto: riassumendo un po’ a favore di un maggiore ordine, ci viene presentato quello che sarà il protagonista della storia, Allen Walker un ragazzino che, a causa del suo desiderio di resuscitare il padre adottivo, viene maledetto proprio da quest’ultimo.
Il perché della maledizione, e in cosa essa consista, è presto detto: coloro che vengono “riportati alla vita” in realtà non resuscitano, ma tornano sotto forma di “Akuma” (una sorta di diabolica arma vivente) e prendono come ospite il corpo di chi li ha invocati, per confondersi tra i comuni esseri umani.
Il padre di Allen quindi, poco prima di trasformarsi completamente in una di queste creature per colpa del suo stesso figlio, maledice il ragazzo, facendo in modo che con il suo occhio sinistro sia condannato a vedere le anime disperate che si celano dentro ogni Akuma, rendendoli così riconoscibili al ragazzo, ma condannandolo a vivere esperienze terribili sul piano emotivo.
Sarà allora che Allen risveglierà in sé un potere sopito che, inaspettatamente, gli consentirà di annientare ciò che resta del padre e procedere con quella che sarà la sua missione: diventare un “Esorcista” e sconfiggere così gli Akuma e colui che li guida: il Conte del Millennio.
Mettendo un momento da parte la trama, veniamo ora a parlare di quello che è l’aspetto grafico.
Le tavole presentano pesanti giochi di chiaroscuro, probabilmente per enfatizzare la componente cupa (e se vogliamo “opprimente”) della storia, e sia i personaggi che gli ambienti risultano molto ben caratterizzati e curati, tutti (o quasi) differenti gli uni dagli altri, il che sembra una bazzecola, ma oggi come oggi se ne vedono molti di fumetti con personaggi indistinguibili!
Un aspetto dello stile che può però risultare positivo o meno, a seconda dei casi, è la “rapida” evoluzione dello stesso: date un’occhiata a come era Allen nel primo volume e riguardatelo in uno degli ultimi. Ora prendete il volume quattro, guardate Lavi (il personaggio in cover), e ricercatelo in uno dei volumi più recenti. Al di là dei capi di vestiario diversi, la caratterizzazione grafica è decisamente diversa. Purtroppo certe variazioni non sono sempre così lineari e gradevoli, anzi, in certi casi, pur non essendo troppo evidente, i personaggi passano da una data fisionomia ad un’altra: prendete Kanda (dalla seconda cover), guardatelo, ricercatelo verso il volume 16 -17 e poi aspettate di vederlo nuovamente negli ultimi capitoli usciti.
Esempi simili si possono applicare (dove più, dove meno) a tutti i personaggi del fumetto, complici numerosi fattori non sempre (o non solo) riconducibili a quella che è l’evoluzione artistica.
Se da una parte è vero che la storia si svolge in un arco temporale abbastanza esteso, e i protagonisti (a maggior ragione quelli adolescenti) crescono e mutano di aspetto, dall’altra abbiamo avuto numerosi blocchi (dovuti alle più svariate cause) che hanno messo in stand-by la stesura dell’opera, rendendo possibile nel frattempo un cambio di stile che si è reso evidente anche a distanza di eventi che si susseguono in un arco di tempo tale che però non giustifica un cambio di fisionomia da parte dei personaggi.
Continuando a parlare delle pause subite dall’opera, qui mi vorrei soffermare un poco. E’ inutile dire che una lettura interrotta per lunghi periodi rischia di rovinare (e far dimenticare) la storia che fino a quel momento è stata raccontata, questo vale per qualsiasi fumetto. D.Gray-man, a mio parere, rientra tra quelli che escono veramente disastrati da un simile trattamento. Per i primi volumi i ritmi sono velocissimi, si introducono molti personaggi, storie e chi più e ha e più ne metta, moltissime cose rimangono in sospeso (e lo sono tutt’ora), poi i ritmi rallentano e si passa a dei volumi decisamente più “tranquilli” (e forse troppo carichi di cliché tipici del genere), per poi ripartire in quarta con altri misteri.
Ritornando a ciò che dissi all’inizio, leggere tutto d’un fiato fa sicuramente un effetto ben diverso da quello che potrebbe fare una lettura dilazionata in mesi e mesi di attesa, che rende sofferente la prosecuzione dell’opera da parte del lettore nei momenti “morti”, specialmente se si aspettava eventi incalzanti come nei primi episodi.
Il ritmo poi riprende a essere più o meno quello a cui ci si era abituati, ma bisogna comunque passare oltre quei tre o quattro volumi che decisamente non brillano per originalità.
Volendo poi dirla tutta (ma qua concedo il beneficio del dubbio finché non sarà conclusa l’opera), tutti i vari colpi di scena e misteri accennati possono piacere e invogliare il lettore a continuare, ma hanno anche il difetto (ripeto, almeno fino ad ora) di essere trascinati come grosse incognite per molto, forse troppo, a lungo, rendendo il tutto vagamente difficile da seguire, specialmente se i pezzi da mettere assieme son sparsi qua e la come indizi celati durante la narrazione.
Per dirla con altre parole, probabilmente è una di quelle opere a cui giova maggiormente una lettura “tutta d’un fiato” che non una piena di lunghe pause.
Mi rendo conto che fino ad adesso mi son prodigata più che altro a esporre quelli che sono (o potrebbero essere), gli elementi di debolezza dell’opera, facendo così sembrare quello che in realtà è un giudizio più che positivo una stroncatura su parecchi fronti. Veniamo quindi a quelli che sono invece i punti di forza.
Se si apprezzano le atmosfere dark e “soffocanti” sicuramente il comparto grafico non mancherà di farsi apprezzare nel suo insieme, dai già citati personaggi, all’ambientazione nel suo complesso, che mescola senza far cozzare, scenari ottocenteschi ed attrezzature (fanta)scientifiche, riuscendo sempre a mantenere una resa grafica molto curata e precisa, infatti il tratto di quest’opera è davvero pulitissimo e dettagliato al punto giusto.
Anche i combattimenti sono ben dosati e strutturati: raramente troverete pagine e pagine di contendenti prodighi a raccontarsi lunghi aneddoti senza passare ai fatti, così come non vi capiterà di incappare in stressanti battaglie che durano decine di episodi senza mandare avanti la trama. Il tutto sarà inoltre gradevolmente condito da pose e inquadrature dinamiche, ma mai troppo confusionarie.
Alle scene d’azione poi, si alterneranno sequenze di esplorazione, flashback, o digressioni di varia natura che però non smorzano “l’adrenalina” del combattimento, e ben si integrano con la narrazione nel suo insieme e vi invoglieranno senz’altro a proseguire ulteriormente nella lettura.
Di personaggi poi, come già ribadito in altri punti, ce n’è per tutti i gusti, alcuni forse non troppo ispirati, mentre altri sono decisamente accattivanti e particolari, certuni “bizzarri” oserei dire.
Il protagonista poi, devo ammettere, l’ho trovato un personaggio interessante e ben studiato, che riesce a mantenersi al centro dell’attenzione anche quando affiancato da comprimari di tutto rispetto, altra cosa questa apparentemente scontata, ma che ho constatato non costituire sempre la norma.
Concludendo, ritengo questo fumetto decisamente un buon prodotto, piacevole e non troppo impegnativo, molto gradevole soprattutto se si cerca anche una trama abbastanza articolata e non solo le classiche “botte da orbi”.
Partiamo con la trama innanzitutto: riassumendo un po’ a favore di un maggiore ordine, ci viene presentato quello che sarà il protagonista della storia, Allen Walker un ragazzino che, a causa del suo desiderio di resuscitare il padre adottivo, viene maledetto proprio da quest’ultimo.
Il perché della maledizione, e in cosa essa consista, è presto detto: coloro che vengono “riportati alla vita” in realtà non resuscitano, ma tornano sotto forma di “Akuma” (una sorta di diabolica arma vivente) e prendono come ospite il corpo di chi li ha invocati, per confondersi tra i comuni esseri umani.
Il padre di Allen quindi, poco prima di trasformarsi completamente in una di queste creature per colpa del suo stesso figlio, maledice il ragazzo, facendo in modo che con il suo occhio sinistro sia condannato a vedere le anime disperate che si celano dentro ogni Akuma, rendendoli così riconoscibili al ragazzo, ma condannandolo a vivere esperienze terribili sul piano emotivo.
Sarà allora che Allen risveglierà in sé un potere sopito che, inaspettatamente, gli consentirà di annientare ciò che resta del padre e procedere con quella che sarà la sua missione: diventare un “Esorcista” e sconfiggere così gli Akuma e colui che li guida: il Conte del Millennio.
Mettendo un momento da parte la trama, veniamo ora a parlare di quello che è l’aspetto grafico.
Le tavole presentano pesanti giochi di chiaroscuro, probabilmente per enfatizzare la componente cupa (e se vogliamo “opprimente”) della storia, e sia i personaggi che gli ambienti risultano molto ben caratterizzati e curati, tutti (o quasi) differenti gli uni dagli altri, il che sembra una bazzecola, ma oggi come oggi se ne vedono molti di fumetti con personaggi indistinguibili!
Un aspetto dello stile che può però risultare positivo o meno, a seconda dei casi, è la “rapida” evoluzione dello stesso: date un’occhiata a come era Allen nel primo volume e riguardatelo in uno degli ultimi. Ora prendete il volume quattro, guardate Lavi (il personaggio in cover), e ricercatelo in uno dei volumi più recenti. Al di là dei capi di vestiario diversi, la caratterizzazione grafica è decisamente diversa. Purtroppo certe variazioni non sono sempre così lineari e gradevoli, anzi, in certi casi, pur non essendo troppo evidente, i personaggi passano da una data fisionomia ad un’altra: prendete Kanda (dalla seconda cover), guardatelo, ricercatelo verso il volume 16 -17 e poi aspettate di vederlo nuovamente negli ultimi capitoli usciti.
Esempi simili si possono applicare (dove più, dove meno) a tutti i personaggi del fumetto, complici numerosi fattori non sempre (o non solo) riconducibili a quella che è l’evoluzione artistica.
Se da una parte è vero che la storia si svolge in un arco temporale abbastanza esteso, e i protagonisti (a maggior ragione quelli adolescenti) crescono e mutano di aspetto, dall’altra abbiamo avuto numerosi blocchi (dovuti alle più svariate cause) che hanno messo in stand-by la stesura dell’opera, rendendo possibile nel frattempo un cambio di stile che si è reso evidente anche a distanza di eventi che si susseguono in un arco di tempo tale che però non giustifica un cambio di fisionomia da parte dei personaggi.
Continuando a parlare delle pause subite dall’opera, qui mi vorrei soffermare un poco. E’ inutile dire che una lettura interrotta per lunghi periodi rischia di rovinare (e far dimenticare) la storia che fino a quel momento è stata raccontata, questo vale per qualsiasi fumetto. D.Gray-man, a mio parere, rientra tra quelli che escono veramente disastrati da un simile trattamento. Per i primi volumi i ritmi sono velocissimi, si introducono molti personaggi, storie e chi più e ha e più ne metta, moltissime cose rimangono in sospeso (e lo sono tutt’ora), poi i ritmi rallentano e si passa a dei volumi decisamente più “tranquilli” (e forse troppo carichi di cliché tipici del genere), per poi ripartire in quarta con altri misteri.
Ritornando a ciò che dissi all’inizio, leggere tutto d’un fiato fa sicuramente un effetto ben diverso da quello che potrebbe fare una lettura dilazionata in mesi e mesi di attesa, che rende sofferente la prosecuzione dell’opera da parte del lettore nei momenti “morti”, specialmente se si aspettava eventi incalzanti come nei primi episodi.
Il ritmo poi riprende a essere più o meno quello a cui ci si era abituati, ma bisogna comunque passare oltre quei tre o quattro volumi che decisamente non brillano per originalità.
Volendo poi dirla tutta (ma qua concedo il beneficio del dubbio finché non sarà conclusa l’opera), tutti i vari colpi di scena e misteri accennati possono piacere e invogliare il lettore a continuare, ma hanno anche il difetto (ripeto, almeno fino ad ora) di essere trascinati come grosse incognite per molto, forse troppo, a lungo, rendendo il tutto vagamente difficile da seguire, specialmente se i pezzi da mettere assieme son sparsi qua e la come indizi celati durante la narrazione.
Per dirla con altre parole, probabilmente è una di quelle opere a cui giova maggiormente una lettura “tutta d’un fiato” che non una piena di lunghe pause.
Mi rendo conto che fino ad adesso mi son prodigata più che altro a esporre quelli che sono (o potrebbero essere), gli elementi di debolezza dell’opera, facendo così sembrare quello che in realtà è un giudizio più che positivo una stroncatura su parecchi fronti. Veniamo quindi a quelli che sono invece i punti di forza.
Se si apprezzano le atmosfere dark e “soffocanti” sicuramente il comparto grafico non mancherà di farsi apprezzare nel suo insieme, dai già citati personaggi, all’ambientazione nel suo complesso, che mescola senza far cozzare, scenari ottocenteschi ed attrezzature (fanta)scientifiche, riuscendo sempre a mantenere una resa grafica molto curata e precisa, infatti il tratto di quest’opera è davvero pulitissimo e dettagliato al punto giusto.
Anche i combattimenti sono ben dosati e strutturati: raramente troverete pagine e pagine di contendenti prodighi a raccontarsi lunghi aneddoti senza passare ai fatti, così come non vi capiterà di incappare in stressanti battaglie che durano decine di episodi senza mandare avanti la trama. Il tutto sarà inoltre gradevolmente condito da pose e inquadrature dinamiche, ma mai troppo confusionarie.
Alle scene d’azione poi, si alterneranno sequenze di esplorazione, flashback, o digressioni di varia natura che però non smorzano “l’adrenalina” del combattimento, e ben si integrano con la narrazione nel suo insieme e vi invoglieranno senz’altro a proseguire ulteriormente nella lettura.
Di personaggi poi, come già ribadito in altri punti, ce n’è per tutti i gusti, alcuni forse non troppo ispirati, mentre altri sono decisamente accattivanti e particolari, certuni “bizzarri” oserei dire.
Il protagonista poi, devo ammettere, l’ho trovato un personaggio interessante e ben studiato, che riesce a mantenersi al centro dell’attenzione anche quando affiancato da comprimari di tutto rispetto, altra cosa questa apparentemente scontata, ma che ho constatato non costituire sempre la norma.
Concludendo, ritengo questo fumetto decisamente un buon prodotto, piacevole e non troppo impegnativo, molto gradevole soprattutto se si cerca anche una trama abbastanza articolata e non solo le classiche “botte da orbi”.